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Area 51_ La verita, senza censu - Annie Jacobsen

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Cinquanta denominati in codice Teak e Orange. E il dipartimento della Difesa aveva<br />

persino testato come uno stock di armi nucleari immagazzinate in un bunker sotterraneo<br />

avrebbe resistito a un’eplosione atomica.<br />

Richard Mingus ha passato parecchio tempo all’interno di questi complessi sotterranei,<br />

sorvegliando molte delle bombe nucleari 31 usate nei test prima che venissero fatte<br />

detonare. Nei cinquant’anni di lavoro al poligono, erano gli incarichi che a Mingus<br />

piacevano di meno. «I tunnel erano polverosi, sporchi, bisognava mettersi grossi scarponi<br />

perché non si faceva che camminare su frammenti di roccia» spiega Mingus. «L’aria era<br />

viziata e irrespirabile. C’erano un sacco di persone impegnate nei lavori più disparati.<br />

Carpentieri, saldatori… Per terra c’erano quindici centimetri di residui di lavorazione.» <strong>La</strong><br />

maggior parte dell’equipaggiamento veniva trasportato su binari, il che spiega almeno in<br />

parte la convinzione dei teorici del complotto che vi fossero treni sotto l’<strong>Area</strong> <strong>51</strong>, benché<br />

costoro siano convinti che servissero a portare avanti e indietro dal Nevada alla East<br />

Coast l’élite di governo. In realtà, secondo i documenti dell’Atomic Energy Commission, il<br />

dipartimento della Difesa costruì il sistema di treni nei tunnel per trasportare pesante<br />

attrezzatura militare.<br />

A differenza dei test in atmosfera o di quelli nei pozzi verticali che lasciavano crateri<br />

lunari, per i test nucleari eseguiti nei tunnel T la bomba era la prima cosa a comparire<br />

sulla scena. «<strong>La</strong> bomba veniva cementata alla fine del tunnel, in un locale chiamato<br />

camera zero» dice Mingus. «Era a circa un chilometro di distanza.» Mingus detestava<br />

quegli incarichi all’interno delle gallerie perché gli ricordavano una parte della sua vita<br />

precedente che avrebbe preferito dimenticare. «Da bambino lavoravo nelle miniere di<br />

carbone» racconta. Ma per quanto potesse essere ansioso un uomo messo a sorvegliare<br />

delle bombe nucleari, Mingus rimaneva calmo. Dice che le miniere di carbone della sua<br />

infanzia erano molto più pericolose. «All’epoca non esistevano perforatrici elettriche, così<br />

mio fratello e io scavavamo a mano. Dovevi stare in ginocchio in quelle strette gallerie<br />

larghe un metro e così basse da non potersi alzare in piedi. Come esplosivo usavamo<br />

polvere nera, non dinamite. Mettevamo la polvere nel buco, la comprimevamo con una<br />

sbarra di ferro, usavamo una miccia che sembrava fatta di carta igienica, le davamo<br />

fuoco, correvamo via e poi aspettavamo che il fumo si diradasse. Certe cose non le<br />

dimentichi neppure se vuoi» dice Mingus.<br />

Prima del trattato sul bando parziale dei test nucleari del 1963 il Pentagono seguì la<br />

politica di annunciare pubblicamente i test di armi atomiche, in genere una o due ore<br />

prima dell’ora prevista per l’esplosione. Dopo il bando, il Pentagono adottò la politica<br />

esattamente contraria 32 : le informazioni relative ai test sotterranei adesso erano tenute<br />

segrete. Ci sarebbe stato un annuncio pubblico del test solo se uno scienziato prevedeva<br />

che a <strong>La</strong>s Vegas, poco più di cento chilometri a sud, si sarebbe avvertita una scossa<br />

simile a quella di un terremoto. E così, dal 1963 fino all’ultimo test del 1992, ci furono<br />

circa 800 esplosioni sotterranee. Alla fine degli anni Novanta, decenni dopo che la prima<br />

perforatrice era penetrata nella roccia al Nevada Test Site, le bombe nucleari, i minatori e<br />

l’<strong>Area</strong> <strong>51</strong> erano diventati un tutt’uno. Come molte leggende metropolitane riguardanti la<br />

base segreta, anche quella dei tunnel sotterranei aveva presto spunto da fatti reali.

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