Area 51_ La verita, senza censu - Annie Jacobsen
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d’emergenza sul letto di un lago asciutto non lontano da Beatty. Esisteva una legge che<br />
vietava il passaggio di rimorchi attraverso la Valle della Morte dopo il calar del sole nei<br />
fine settimana, e di conseguenza l’X-15 dovette trascorrere la notte nel vialetto dei<br />
Barnes. Per tutto il weekend le figlie di Barnes, di cinque e otto anni, non fecero che<br />
correre attorno al razzo che sembrava uscito da un film di James Bond, esclamando: «<strong>La</strong><br />
nave spaziale di papà!» 12 . Nessun altro a Beatty disse una parola.<br />
Per decollare l’X-15 veniva sganciato da un aereo madre, un B-52, e poi il suo motore a<br />
razzo lo sparava come un missile al confine tra l’atmosfera e lo spazio esterno. Dopo<br />
essere arrivato ai limiti dell’atmosfera, l’X-15 invertiva la rotta e “volava” alla base,<br />
raggiungendo velocità di Mach 6. Velocità di quel genere significavano una traiettoria<br />
incredibilmente irregolare. Nel giro di qualche mese Barnes diventò un esperto nel<br />
supporto ai voli ipersonici. Monitorava numerosi parametri, tra cui la telemetria, e<br />
rimaneva sempre stupito nel notare come ciascuno dei piloti rispondesse in maniera<br />
diversa allo stress fisico. «Da Beatty monitoravamo tutto: il battito cardiaco, la pressione<br />
e inoltre ogni cosa che succedeva al pilota e all’aeroplano.» In caso di incidente, la NASA<br />
aveva squadre di emergenza sparse in California, Nevada e Utah sui bacini di diversi laghi<br />
prosciugati dove l’X-15 sarebbe potuto atterrare se fosse stato necessario 13 . Uno era il<br />
Groom <strong>La</strong>ke. «Guardando i miei radar, sapevo che al Groom <strong>La</strong>ke era in corso qualcosa.<br />
Sullo schermo vedevo cose che non avrei dovuto vedere. Una di quelle “cose” andava<br />
davvero molto veloce. In seguito, quando mi fu detto che si trattava dell’Oxcart, capii<br />
cosa avevo visto. Ma a quell’epoca non erano informazioni strettamente necessarie per il<br />
mio ruolo, sicché non dissi una parola di quello che avevo visto al Groom <strong>La</strong>ke e nessuno<br />
fece domande» spiega Barnes.<br />
<strong>La</strong>vorare sull’X-15 era entusiasmante e impegnativo, dato che c’erano missioni<br />
sperimentali due volte alla settimana. Come accadeva con tantissimi dei primi progetti<br />
relativi al volo a velocità e a quote elevate, nel programma erano coinvolte agenzie<br />
diverse, non solo la NASA: l’aeronautica militare finanziava gran parte del progetto; la CIA<br />
non era interessata al volo nello spazio ma in compenso era interessatissima alla<br />
tecnologia dello statoreattore applicata all’X-15, che aveva voluto per il suo drone D-21.<br />
«Tutti si monitoravano reciprocamente, dal punto di vista tecnologico» dice Barnes. Per<br />
far funzionare l’intera operazione, esisteva una specifica rete radio per quelli coinvolti nel<br />
progetto. «C’erano persone provenienti dalla base di Vandenberg, dal White Sands Missile<br />
Range, da Dryden, e la CIA che non faceva che controllare quello che succedeva.»<br />
Anche se aveva solo ventisette anni, Barnes era lo specialista più esperto a Beatty. E<br />
quasi subito si accorse che sembrava esserci un grosso problema con il radar.<br />
«Tracciavamo l’X-15 con postazioni radar a Edwards, in California, e a Ely, in Nevada. Il<br />
mio radar a Beatty era a posto, ma notai che c’era un problema a Edwards e a Ely.<br />
Quando l’X-15 era parcheggiato sulla pista in una delle due basi, i radar rilevavano che<br />
era invece a 610 metri dal suolo.»<br />
Barnes andò sul canale radio 14 e riferì del problema al controllo di missione del Dryden<br />
Flight Research Center. Dryden attribuì la colpa al radar di Beatty, anche se il radar di<br />
Barnes rilevava l’esatta posizione dell’aereo. Parlando via radio, Barnes sostenne il suo<br />
punto di vista. Il capo della postazione di Beatty rimase scioccato dal fatto che Barnes