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Area 51_ La verita, senza censu - Annie Jacobsen

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americana USS Pueblo entrò nelle acque gelide al largo della Corea del Nord e gettò<br />

l’àncora. <strong>La</strong> storia di copertura voleva che la Pueblo stesse conducendo ricerche<br />

scientifiche, ma in realtà si trattava di una missione di spionaggio 17 , un’operazione<br />

congiunta dell’NSA e della marina con lo scopo di raccogliere informazioni mediante<br />

l’intercettazione e l’analisi di segnali (SIGINT). Oltre all’equipaggio regolare, a bordo<br />

c’erano 28 specialisti SIGINT che lavoravano a porte chiuse in una zona vietata della nave.<br />

Ancorata 15,8 miglia al largo dell’isola nordcoreana di Ung-do, tecnicamente la Pueblo<br />

era in acque internazionali.<br />

Il regime comunista della Corea del Nord non la vedeva in quel modo. <strong>La</strong> nave era<br />

abbastanza vicina perché fosse possibile intercettarne le comunicazioni sul porto di<br />

Wonson, il che la rendeva un obiettivo per l’esercito popolare coreano, il KPA. Quando uno<br />

dei membri dell’equipaggio della Pueblo rilevò sul radar che una nave del KPA si stava<br />

avvicinando, il capitano dell’incrociatore, Lloyd M. Bucher, andò sul ponte per dare<br />

un’occhiata. Quello che Bucher vide con il binocolo non era una semplice nave militare,<br />

ma un cacciatorpediniere con i lanciamissili puntati dritti sulla Pueblo. Bucher ordinò di<br />

segnalare tramite bandiere che la Pueblo stava conducendo una missione di ricerca<br />

idrografica, una storia a cui i nordcoreani ovviamente già non credevano. Nel giro di pochi<br />

minuti il maresciallo Gene <strong>La</strong>cy individuò all’orizzonte parecchie imbarcazioni più piccole:<br />

motosiluranti provenienti da Wonson. Quindi comparvero due MIG 18 .<br />

A quel punto il capitano Bucher aveva tra le mani un incubo di sicurezza nazionale. <strong>La</strong><br />

sua nave era zeppa di migliaia di documenti classificati, manuali di crittografia e<br />

macchine cifranti. Peggio ancora, sulla Pueblo c’era una macchina crittografica KW-7,<br />

l’equivalente della stele di Rosetta della cifratura navale. Il capitano prese in<br />

considerazione l’eventualità di affondare la nave 19 , operazione che avrebbe richiesto 47<br />

minuti, ma in seguito spiegò che se l’avesse fatto avrebbe certamente scatenato uno<br />

scontro a fuoco. <strong>La</strong> maggior parte delle zattere di salvataggio della Pueblo sarebbero<br />

state distrutte e in quelle acque gelide gli uomini sarebbero morti nel giro di qualche<br />

minuto. Bucher decise di filarsela.<br />

<strong>La</strong> nave nordcoreana issò una bandiera che segnalava: «Fermatevi o apriamo il fuoco».<br />

Il capitano Bucher segnalò in risposta: «Grazie per l’avvertimento. Stiamo lasciando la<br />

zona». Ma i nordcoreani aprirono il fuoco. Bucher fu ferito dalle schegge di uno shrapnel<br />

che lo colpirono a una gamba e alla schiena. Mentre la Pueblo si allontanava, i<br />

nordcoreani continuarono a sparare, uccidendo un marinaio americano di nome Duane<br />

Hodges. Nel frattempo, dietro la porta segreta, gli specialisti SIGINT distruggevano gli<br />

strumenti di cifratura con delle asce e ficcavano i documenti in un piccolo inceneritore.<br />

Nonostante la fretta e la rapidità con cui bruciavano le carte, il 90 per cento dei<br />

documenti rimase intatto 20 . Sessantun minuti dopo essere stato colpito, il capitano<br />

Bucher non aveva più il controllo della nave. L’esercito popolare coreano abbordò la<br />

Pueblo prendendo in ostaggio il capitano e gli 82 membri dell’equipaggio. Per la prima<br />

volta dopo 160 anni, un’imbarcazione americana era stata catturata da una nazione<br />

straniera. <strong>La</strong> scelta dei tempi non avrebbe potuto essere più infelice; l’America stava già<br />

perdendo un’altra guerra.<br />

Il presidente Johnson era furioso. Poche ore dopo la cattura della Pueblo, il Pentagono

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