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Area 51_ La verita, senza censu - Annie Jacobsen

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Stockman la pensa in un altro modo: «In quei giorni 34 , non riflettevo granché sulla<br />

questione morale. Ero giovane. Veder esplodere quegli ordigni è scioccante. Ero molto<br />

impressionato» ricorda. «Le [bombe atomiche] fatte detonare al poligono in Nevada<br />

erano un’inezia paragonate a quei mostri nel Pacifico. Erano potenza bruta. Quando<br />

esplodevano attraversavano l’atmosfera della Terra e puntavano dritte nello spazio.»<br />

Dopo essere finalmente arrivati nel Pacifico, i piloti eseguirono «voli per familiarizzarsi<br />

e ripassare le procedure» nei giorni che precedettero il test di Mike. Ma niente avrebbe<br />

potuto preparare gli uomini alla realtà di un’esplosione termonucleare. Il collega di<br />

Stockman Jimmy P. Robinson era uno dei sei piloti 35 che si erano “offerti volontari” per<br />

attraversare il fungo atomico di Mike. Dal momento che la bomba aveva le dimensioni di<br />

un hangar, non era possibile definirla un’arma. Era così grande che fu costruita a partire<br />

dal suolo su un’isola, nella parte settentrionale dell’atollo Elugelab. Dato lo straordinario<br />

potenziale della bomba termonucleare, è stupefacente che poco dopo aver attraversato il<br />

gambo del fungo a bordo del suo F-84G, Robinson sia stato in grado di comunicare<br />

lucidamente via radio con il suo comandante, che si trovava a 40 chilometri di distanza,<br />

su Eniwetok. «<strong>La</strong> luce era rossa, come all’interno di una fornace» disse Robinson secondo<br />

la documentazione. Quindi descrisse come gli indicatori dei suoi strumenti radio stessero<br />

girando impazziti, «come la lancetta dei secondi di un orologio». Dopo essere passato nel<br />

fungo una seconda volta, Robinson riferì che il suo «aereo era andato in stallo e in vite».<br />

Il pilota automatico si disinserì e la radio smise di funzionare, ma il coraggioso pilota<br />

continuò a volare secondo le istruzioni. Girò in cerchio e poi attraversò il gambo del fungo<br />

e la parte superiore della nube, per circa quattro ore. Solo quando fu il momento di<br />

rifornirsi, Robinson si rese conto che la pulsazione elettromagnetica della bomba<br />

termonucleare aveva mandato in avaria il suo radioricevitore, il che significava che gli era<br />

impossibile localizzare l’aerocisterna.<br />

Robinson si mise in contatto radio con la torre di controllo su Eniwetok perché lo<br />

aiutassero. «Circa 155 chilometri a nord dell’isola, [Robinson] riferì di aver captato un<br />

segnale su Eniwetok» secondo i documenti ufficiali declassificati nel 1986, da dove il<br />

nome di Robinson è stato cancellato. A quel punto gli rimanevano solo 300 litri di<br />

carburante e ci si mise il brutto tempo: «Scrosci di pioggia gli bloccavano la visuale».<br />

L’indicatore segnò che il carburante era finito e il motore si spense. «Quando si trovava a<br />

3.000 metri di quota, la torre di Enitowek pensò che sarebbe potuto atterrare, aveva<br />

l’isola in vista» scrisse un investigatore dell’aeronautica assegnato al caso. Ma non poteva<br />

planare perché il suo aereo era rivestito di piombo per proteggerlo dalle radiazioni. A<br />

1.500 metri di quota Robinson riferì che non ce l’avrebbe fatta e che si sarebbe lanciato.<br />

A meno di sei chilometri dalla pista di Eniwetok e a una quota compresa tra 150 e 250<br />

metri l’aereo di Robinson si capovolse e precipitò in mare. «Circa un minuto dopo [un]<br />

elicottero era sul posto» scrisse l’investigatore. Ma era troppo tardi. L’elicotterista trovò<br />

solo «una chiazza d’olio, un guanto e diverse mappe». Il corpo di Robinson e il suo aereo<br />

erano colati a picco come una pietra. Il corpo non fu mai recuperato e la sua famiglia<br />

avrebbe saputo com’era morto solo nel 2008, dopo che l’aeronautica militare si decise<br />

infine a rispondere alle innumerevoli richieste fatte sulla base del Freedom of Information<br />

Act.

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