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Area 51_ La verita, senza censu - Annie Jacobsen

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tracciate per un decollo alle sei del mattino, ma lui era partito alle 6.26. E così per<br />

rimanere in rotta poteva contare solo su una bussola e un sestante. Grazie a un varco tra<br />

le nuvole riuscì a stabilire di essere a sudest del lago d’Aral, sopra l’Uzbekistan. Cinquanta<br />

chilometri a nord c’era il suo primo obiettivo: il cosmodromo Tyuratam.<br />

Resosi conto di trovarsi leggermente fuori rotta, Powers stava correggendo la<br />

traiettoria quando vide la scia di un jet sotto di lui. «Si muoveva veloce, a velocità<br />

supersonica, parallelo a me ma nella direzione opposta» scrisse Powers nelle sue<br />

memorie intitolate Operation Overflight pubblicate nel 1970. Dopo cinque minuti seppe di<br />

essere inseguito da almeno un MIG. Poi vide un altro aereo che volava nella sua stessa<br />

direzione. «A quel punto ero sicuro che mi stessero seguendo sul radar e che stessero<br />

trasmettendo le mie coordinate al caccia.» Ma il MIG era molto più basso dell’U-2 e non<br />

costituiva una vera minaccia. Protetto dall’altitudine, Powers continuò la sua missione:<br />

era certo di essere fuori tiro. Prima oltrepassò gli Urali, un tempo considerati il confine<br />

naturale tra Est e Ovest, e poi proseguì diretto a Sverdlovsk, duemila chilometri<br />

all’interno della Russia. Sverdlovsk giocava un ruolo importante nel sistema industriale<br />

bellico sovietico perché era lì che venivano fabbricati carri armati e missili. Era anche il<br />

luogo dove i russi portavano avanti il loro programma di armi biologiche 11 di cui all’epoca<br />

del volo di Powers la CIA non sapeva ancora nulla.<br />

Nei pressi di Sverdlovsk Powers effettuò una virata di novanta gradi, dirigendosi verso<br />

quello che sembrava un aeroporto non segnato sulla mappa. All’improvviso comparvero<br />

enormi nuvole temporalesche, oscurandogli la visione. Mise in funzione la macchina<br />

fotografica: non aveva idea di stare per fotografare un’installazione segreta chiamata<br />

Kyshtym 40, nella quale si produceva materiale nucleare e si fabbricavano armi atomiche.<br />

Kyshtym 40 era la controparte sovietica 12 di quello che Los Alamos e Sandia messi<br />

insieme rappresentavano per l’America.<br />

A terra, una batteria di missili terra-aria a difesa di Kyshtym stava seguendo l’aereo di<br />

Powers. Alle 8.53 ora locale, il comandante della contraerea ricevette l’ordine ufficiale.<br />

«Distruggere il bersaglio» 13 disse l’ufficiale. Fu lanciato un missile SA-2 a velocità Mach 3.<br />

Sull’U-2, Powers stava scrivendo delle annotazioni di routine – altitudine, ora, lettura degli<br />

strumenti – quando all’improvviso avvertì un tonfo sordo e fu investito da un accecante<br />

lampo arancione. «L’aereo ebbe un violento scossone, mandandomi a sbattere contro le<br />

pareti della cabina di pilotaggio» scrisse Powers in seguito. «Pensai di aver perso<br />

entrambe le ali. Quello che rimaneva dell’aereo iniziò a precipitare a vite, solo al<br />

contrario, con il muso rivolto verso l’alto.» Mentre l’U-2 cadeva fuori controllo, la tuta<br />

pressurizzata di Powers si gonfiò, incastrandolo nella cabina. L’aereo stava per<br />

schiantarsi. Doveva eiettarsi. Nella posizione in cui si trovava, se avesse premuto il<br />

pulsante per eiettarsi si sarebbe tranciato entrambe le gambe. Doveva uscire dall’aereo e<br />

attivare il meccanismo che l’avrebbe fatto esplodere una volta che l’avesse abbandonato,<br />

ma era acutamente consapevole di non potersi eiettare <strong>senza</strong> amputarsi le gambe. Per<br />

un uomo che di rado aveva avuto paura, Gary Powers era sull’orlo del panico.<br />

All’improvviso, in mezzo al caos, gli vennero in mente tre parole: “Fermati e pensa” 14 .<br />

Un vecchio amico pilota una volta gli aveva detto che se si fosse trovato in un pasticcio,<br />

tutto quello che doveva fare era “fermarsi e pensare”. Il ricordo risaliva ai tempi

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