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Area 51_ La verita, senza censu - Annie Jacobsen

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condizioni meteo. Madre natura aveva sempre l’ultima parola: un leggero cambiamento<br />

del vento avrebbe significato mandare nuovamente all’aria la missione prevista per quella<br />

mattina. Magari non sarebbe stata cancellata, ma li avrebbe costretti ad aggiornare in<br />

tutta fretta le mappe di navigazione. L’attesa era un’agonia, eppure era anche<br />

necessaria. Se gli obiettivi da fotografare fossero stati nascosti dalle nuvole, le immagini<br />

scattate dall’U-2 sarebbero state inutili. I navigatori dovevano calcolare quando e se il<br />

tempo sarebbe stato sereno. Mentre Powers era seduto ad aspettare, il suo superiore, il<br />

colonnello Shelton, attraversò il pavimento di cemento dell’hangar e gli fece cenno di<br />

volergli parlare 6 .<br />

Il colonnello Shelton allungò la mano e aprì il pugno: al centro del palmo c’era una<br />

grossa moneta d’argento. «Vuoi il dollaro d’argento?» chiese a Powers. Quello che<br />

Shelton gli stava offrendo non era una normale moneta, bensì un’invenzione della CIA che<br />

nascondeva un sottile ago avvelenato. L’ago, che il pilota poteva estrarre semplicemente<br />

mettendo una mano in tasca e passando un dito sul bordo della moneta, era ricoperto di<br />

una sostanza marrone appiccicosa chiamata “curaro”, il veleno letale che in Amazzonia<br />

usano per i proiettili delle cerbottane. Una puntura dell’ago e il pilota sarebbe morto nel<br />

giro di pochi secondi.<br />

Gary Powers era uno dei piloti di U-2 più esperti dell’agenzia. Aveva compiuto 27<br />

missioni, fra cui alcune sulla Cina. Una volta gli si era spento il motore dell’aereo sopra la<br />

Russia e aveva rischiato di morire, ma era riuscito a farcela. Gli avevano offerto la<br />

moneta con il veleno molte volte, e ogni volta l’aveva rifiutata. Ma il 1° maggio 1960<br />

Powers inaspettatamente la accettò e se la fece scivolare nella tasca della tuta di volo. In<br />

seguito si sarebbe chiesto se non fosse una premonizione 7 di quello che stava per<br />

succedere.<br />

Alle 5.20 del mattino venne il momento di partire. Il sergente addetto<br />

all’equipaggiamento lo legò nella cabina di pilotaggio dell’U-2. Due uomini tennero una<br />

maglietta sospesa sopra la testa di Powers per ripararlo dal sole accecante e dal caldo<br />

mentre lui scambiava codici radio con il funzionario dell’agenzia. I piloti sapevano di non<br />

dover mai usare la radio quando sorvolavano territori vietati, ma ascoltavano con<br />

attenzione i codici che avrebbero ricevuto. Un unico clic significava procedere. Tre clic<br />

significava invertire la rotta e tornare alla base. Sotto il pesante casco il sudore gli colava<br />

in faccia, facendolo sentire profondamente a disagio. Finalmente arrivò il colonnello<br />

Shelton per gli ultimi aggiornamenti. Adesso il volo di Powers aspettava l’autorizzazione<br />

del presidente Eisenhower in persona. Un ritardo dell’ultimo minuto come questo non si<br />

era mai verificato prima e Powers si convinse che il volo sarebbe stato cancellato di<br />

nuovo. Invece, alle 6.20 un ufficiale dell’intelligence diede un segnale. I due uomini che<br />

reggevano la maglietta sopra la testa di Powers scesero dalle scalette; il sergente<br />

addetto all’equipaggiamento chiuse la calotta, sigillandolo nell’aeroplano; e Gary Powers<br />

fu autorizzato al decollo.<br />

Si staccò da terra e prese a salire con l’inclinazione e la velocità straordinarie che erano<br />

caratteristiche dell’U-2. Dopo qualche minuto raggiunse una quota dove la temperatura<br />

esterna era di <strong>51</strong> °C sotto zero; adesso non sudava più. Inserì il pilota automatico per<br />

poter scrivere qualche appunto nel diario di bordo. L’attesa era sempre di una noia

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