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50 NOTE 1 G. BERETTA, Le opere di Andrea Appiani primo pittore in Italia di S.M. Napoleone, Milano, 1848, p. 228 citato in F. MAZZOCCA, «Vicende e fortuna grafica dei Fasti Napoleonici di Andrea Appiani», in Mito e storia nei “Fasti di Napoleone” di Andrea Appiani. La traduzione grafica di un ciclo pittorico scomparso, Roma, De Luca, 1986, p.18. 2 Due tavole delle trentacinque vennero realizzate da Giuseppe Benaglia, ma «rimangono addietro per disegno e per gusto»; probabilmente l’incarico di incisore gli venne affidato come ricompensa per aver sostituito Longhi per un breve periodo nella sua cattedra a Brera. 3 Il primo gruppo di rami fu oggetto di una disputa tra l’Intendente generale, che suggeriva al Viceré di depositare le lastre presso il tesoro della Corona, per evitare la contraffazione o la riproduzione non autorizzata delle stesse, e lo stesso Appiani, che si mosse invece verso le ragioni degli artisti incisori, che ne- cessitavano di possedere sino alla fine del lavoro i rami incisi: «L’incisione de’ miei bassirilievi a tempera forma una serie talmente connessa, che non può un rame incidersi senza aver sott’occhio il rame precedente. Ciò fa sì che indispensabile sia che i rami di mano in mano eseguiti rimangano presso l’autore dell’opera..» cit. in F. MAZZOCCA, p. 19. 4 Fastes de Napoleon Premier, Paris, Typographie de Firmin Didot Frères, Fils et C ie , [1860], p. 3. 5 Due edizioni vennero promosse successivamente in Italia, dall’editore Moretti di Milano e dal tipografo Landi di Firenze nel 1890, sfruttando un’ultima tiratura degli ormai esausti rami passati in proprietà della calcografia di F. Chardon il vecchio a Parigi. 6 F. MAZZOCCA, p. 22. L’alto valore delle incisioni venne registrato sin da subito da Giulio Ferrario, bibliotecario della Braidense che già nel suo repertorio Le classiche stampe suggeriva: «e siccome il Longhi e altri valenti artisti coetanei incisero per eccellenza […] i la Biblioteca di via Senato Milano – maggio 2012 Napoleone Re d’Italia, 26 maggio 1805: Appiani ferma il momento in cui Napoleone si cinge il capo con la Corona Ferrea piani inserisce una stella – allusiva al mito del Sidus Iulium – e il cavallo alato Pegaso, a stabilire un collegamento tra le vicende di Bonaparte e Giulio Cesare, e a far assumere alla rievocazione allegorica il valore dell’apoteosi. Ultima testimonianza di un ciclo pittorico andato distrutto, punto più alto della produzione di Appiani in una «carriera pittorica spesso sfiorata, nelle troppe occasioni ufficiali, dalla noia della convenzione», 8 i Fasti di Napoleone sono anche lo specchio della convinta e partecipata adesione di un popolo al vento e ai principi di un’epoca nuova, che confermava le parole che Stendhal aveva scelto come incipit per la sua Certosa di Parma: «Il 15 maggio 1796 il general Bonaparte entrò a Milano, alla testa del giovine esercito che aveva allora varcato il ponte di Lodi e mostrato al mondo che, dopo tanti secoli, Cesare e Alessandro avevano un successore». 9 Fasti di Napoleone, dall’Appiani in 35 rami, io consiglierei gli amatori d’ornare la loro scelta galleria di questo bellissimo fregio». G. FERRA- RIO, Le classiche stampe, Milano, Santo Bravetta, 1836, p. 196. 7 Tavv. 1-2: Battaglia di Montenotte; 3-4: Combattimento e passaggio del Ponte di Lodi; 5-7: Ingresso dei Francesi a Milano; 8: Incontro con il messaggero austriaco a Lonato; 9-10: Battaglia di Arcole; 11: Battaglia di Rivoli; 12: Battaglia della Favorita; 13: Festa della Federazione e della Repubblica Cisalpina; 14-18: Campagna d’Egitto; 19-20: Bonaparte Primo Console; 21-22: Passaggio del Gran San Bernardo; 23-26: Battaglia di Marengo; 27: La convenzione di Alessandria; 28: Congiura del 24 dicembre 1800; 29-30: Bonaparte Imperatore dei Francesi; 31: Napoleone Re d’Italia; 32-35: Medaglioni decorativi. 8 F. MAZZOCCA, op. cit., p. 23. 9 STENDHAL, La Certosa di Parma, Milano, Rizzoli, 1953.

maggio 2012 – la Biblioteca di via Senato Milano 51 BvS: il Fondo Sicilia � La “Biblioteca popolare” di Giuseppe Pitrè Turpe est in patria vivere et patriam non cognoscere di media statura, dalle forme «Uomo asciutte ed agili: fronte ampia sopra due occhi vivi, mobili, nerissimi: barba breve e piena, in cui il nero e il bianco cozzavano senza mescolarsi e fondersi nel grigio dell’età che lenta decade; e tutta la faccia e la persona denotava, ancora sui sessant’anni, un vigore gagliardo di spirituale giovinezza ribelle agli abiti e ai gusti dell’incipiente vecchiaia. Breve ed arguta come la barba era la sua parlata; e anch’essa mista di due forme fortemente distinte, poiché egli, dopo aver usato la lingua italiana con i forestieri e con le persone che gli venivano presentate per la prima volta, passava d’un tratto al suo siciliano: al siciliano di Palermo, con le sue intense nasalità, con le sue erre sonanti e coi suoi forti accenti, guizzante di frizzi e motti proverbiali. Ma era conversazione gentile, di uomo che parla con gli occhi negli occhi, e ha il cuore caldo e affettuoso». 1 Questa la descrizione che Giovanni Gentile (1875-1944) fece del medico, storico, filologo e poeta Giuseppe Pitrè (1841-1916), fondatore in Italia della scienza folcloristica, da lui in seguito definita demopsicologia. Pitrè nacque a Palermo nel BEATRICE PORCHERA Ritratto di Giuseppe Pitrè 1841 da una famiglia di pescatori residente in uno dei sobborghi più popolari della città. Nonostante le umili origini dei genitori, riuscì a frequentare l’università laureandosi in medicina e chirurgia. La professione di medico gli permise di continuare a mantenere un contatto diretto e concreto con quella parte di popolo che tanto lo incuriosiva e affascinava; egli dedicò infatti la sua intera vita allo studio delle tradizioni popolari italiane, in particolar modo siciliane, raccogliendo instancabilmente do- cumenti e testimonianze. Frutto di questo faticoso lavoro furono i 25 volumi della “Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane” pubblicati nella sua città natale tra il 1870 e il 1913, impareggiabile contributo alla conoscenza della cultura e della civiltà siciliane – sono conservati presso la Biblioteca di via Senato sia alcuni volumi della monumentale opera in edizione originale, sia l’intera edizione anastatica realizzata a Bologna da Forni tra il 1968 e il 1969 –. 2 Pitrè manifestò un forte interesse nei confronti del folclore fin da fanciullo. Nella prefazione ai Proverbi (ottavo volume della “Biblioteca”) scrisse: «L’anno 1858 io ero in un istituto d’istruzione e di educazione. Avevo appena diciassett’anni, e tra’ pochi miei libri contavo la Raccolta di proverbi toscani di G. Giusti. Quel libro mi occupava di continuo, principalmente pei riscontri che io trovavo coi proverbi siciliani […]; e non passava giorno che io non vi studiassi sopra un poco imparandone qualche pagina. Un mio cugino, amante anche lui dei proverbi, venivami allo spesso a visitare, e discorrendo del più e del meno toccava dell’argomento prediletto, e mi pregava di volergli scrivere quando uno quando un altro dei proverbi toscani corrispon-

50<br />

NOTE<br />

1 G. BERETTA, Le opere <strong>di</strong> Andrea Appiani<br />

primo pittore in Italia <strong>di</strong> S.M. Napoleone, Milano,<br />

1848, p. 228 citato in F. MAZZOCCA, «Vicende<br />

e fortuna grafica dei Fasti Napoleonici<br />

<strong>di</strong> Andrea Appiani», in Mito e storia nei “Fasti<br />

<strong>di</strong> Napoleone” <strong>di</strong> Andrea Appiani. La traduzione<br />

grafica <strong>di</strong> un ciclo pittorico scomparso,<br />

Roma, De Luca, 1986, p.18.<br />

2 Due tavole delle trentacinque vennero<br />

realizzate da Giuseppe Benaglia, ma «rimangono<br />

ad<strong>di</strong>etro per <strong>di</strong>segno e per gusto»; probabilmente<br />

l’incarico <strong>di</strong> incisore gli venne affidato<br />

come ricompensa per aver sostituito<br />

Longhi per un breve periodo nella sua cattedra<br />

a Brera.<br />

3 Il primo gruppo <strong>di</strong> rami fu oggetto <strong>di</strong> una<br />

<strong>di</strong>sputa tra l’Intendente generale, che suggeriva<br />

al Viceré <strong>di</strong> depositare le lastre presso il<br />

tesoro della Corona, per evitare la contraffazione<br />

o la riproduzione non autorizzata delle<br />

stesse, e lo stesso Appiani, che si mosse invece<br />

verso le ragioni degli artisti incisori, che ne-<br />

cessitavano <strong>di</strong> possedere sino alla fine del lavoro<br />

i rami incisi: «L’incisione de’ miei bassirilievi<br />

a tempera forma una serie talmente connessa,<br />

che non può un rame incidersi senza<br />

aver sott’occhio il rame precedente. Ciò fa sì<br />

che in<strong>di</strong>spensabile sia che i rami <strong>di</strong> mano in<br />

mano eseguiti rimangano presso l’autore dell’opera..»<br />

cit. in F. MAZZOCCA, p. 19.<br />

4 Fastes de Napoleon Premier, Paris, Typographie<br />

de Firmin Didot Frères, Fils et C ie ,<br />

[1860], p. 3.<br />

5 Due e<strong>di</strong>zioni vennero promosse successivamente<br />

in Italia, dall’e<strong>di</strong>tore Moretti <strong>di</strong> Milano<br />

e dal tipografo Lan<strong>di</strong> <strong>di</strong> Firenze nel 1890,<br />

sfruttando un’ultima tiratura degli ormai<br />

esausti rami passati in proprietà della calcografia<br />

<strong>di</strong> F. Chardon il vecchio a Parigi.<br />

6 F. MAZZOCCA, p. 22. L’alto valore delle incisioni<br />

venne registrato sin da subito da Giulio<br />

Ferrario, bibliotecario della Braidense che<br />

già nel suo repertorio Le classiche stampe<br />

suggeriva: «e siccome il Longhi e altri valenti<br />

artisti coetanei incisero per eccellenza […] i<br />

la <strong>Biblioteca</strong> <strong>di</strong> <strong>via</strong> <strong>Senato</strong> Milano – <strong>maggio</strong> 2012<br />

Napoleone Re d’Italia, 26 <strong>maggio</strong> 1805: Appiani ferma il momento in cui Napoleone si cinge il capo con la Corona Ferrea<br />

piani inserisce una stella – allusiva<br />

al mito del Sidus Iulium – e il cavallo<br />

alato Pegaso, a stabilire un collegamento<br />

tra le vicende <strong>di</strong> Bonaparte e<br />

Giulio Cesare, e a far assumere alla<br />

rievocazione allegorica il valore<br />

dell’apoteosi.<br />

Ultima testimonianza <strong>di</strong> un<br />

ciclo pittorico andato <strong>di</strong>strutto,<br />

punto più alto della produzione <strong>di</strong><br />

Appiani in una «carriera pittorica<br />

spesso sfiorata, nelle troppe occasioni<br />

ufficiali, dalla noia della convenzione»,<br />

8 i Fasti <strong>di</strong> Napoleone<br />

sono anche lo specchio della convinta<br />

e partecipata adesione <strong>di</strong> un<br />

popolo al vento e ai principi <strong>di</strong><br />

un’epoca nuova, che confermava le<br />

parole che Stendhal aveva scelto<br />

come incipit per la sua Certosa <strong>di</strong><br />

Parma: «Il 15 <strong>maggio</strong> 1796 il general<br />

Bonaparte entrò a Milano, alla<br />

testa del giovine esercito che aveva<br />

allora varcato il ponte <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> e mostrato<br />

al mondo che, dopo tanti secoli,<br />

Cesare e Alessandro avevano<br />

un successore». 9<br />

Fasti <strong>di</strong> Napoleone, dall’Appiani in 35 rami, io<br />

consiglierei gli amatori d’ornare la loro scelta<br />

galleria <strong>di</strong> questo bellissimo fregio». G. FERRA-<br />

RIO, Le classiche stampe, Milano, Santo Bravetta,<br />

1836, p. 196.<br />

7 Tavv. 1-2: Battaglia <strong>di</strong> Montenotte; 3-4:<br />

Combattimento e passaggio del Ponte <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>;<br />

5-7: Ingresso dei Francesi a Milano; 8: Incontro<br />

con il messaggero austriaco a Lonato;<br />

9-10: Battaglia <strong>di</strong> Arcole; 11: Battaglia <strong>di</strong> Rivoli;<br />

12: Battaglia della Favorita; 13: Festa<br />

della Federazione e della Repubblica Cisalpina;<br />

14-18: Campagna d’Egitto; 19-20: Bonaparte<br />

Primo Console; 21-22: Passaggio del<br />

Gran San Bernardo; 23-26: Battaglia <strong>di</strong> Marengo;<br />

27: La convenzione <strong>di</strong> Alessandria; 28:<br />

Congiura del 24 <strong>di</strong>cembre 1800; 29-30: Bonaparte<br />

Imperatore dei Francesi; 31: Napoleone<br />

Re d’Italia; 32-35: Medaglioni decorativi.<br />

8 F. MAZZOCCA, op. cit., p. 23.<br />

9<br />

STENDHAL, La Certosa <strong>di</strong> Parma, Milano,<br />

Rizzoli, 1953.

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