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<strong>maggio</strong> 2012 – la <strong>Biblioteca</strong> <strong>di</strong> <strong>via</strong> <strong>Senato</strong> Milano 39<br />

scrivania ci è arrivato tar<strong>di</strong> lo scrittore<br />

francese e spesso gli piace ancora<br />

scrivere nei bar (vedere il suo Tentativo<br />

<strong>di</strong> esaurimento <strong>di</strong> un luogo parigino,<br />

e<strong>di</strong>to in questi giorni da Voland, scritto<br />

interamente nei caffè <strong>di</strong> Place Saint-<br />

Sulpice). Ma se si trova a casa, non può<br />

scrivere che sul suo tavolo da lavoro, e<br />

questo non serve a null’altro.<br />

«In quest’angolo del salone, vicino<br />

alla finestra, è collocata la scrivania. Per<br />

uno scrittore questo dovrebbe essere il<br />

mobile principale, il primo da ricercare<br />

conforme al concetto che si sarà<br />

formato della propria missione, il quale<br />

non potrà non possedere un certo<br />

grado <strong>di</strong> elevatezza, per quanto voglia la<br />

sua modestia schermirsi. Lo scrittoio è<br />

per lui quel che per la bella donna è la<br />

psiche; e lo specchio sarà nel suo caso il<br />

foglio bianco su cui si rifletterà il<br />

contenuto della sua anima, sicché con<br />

piena ragione si potrà <strong>di</strong>re essere la<br />

scrivania la psiche dello scrittore». Per<br />

Praz, la scrivania è quin<strong>di</strong> quanto <strong>di</strong> più<br />

intimo possa appartenere allo scrittore,<br />

l’atelier dove esercitare la sua arte.<br />

Perciò deve essere consona alla sua<br />

personalità e rispecchiarne peculiarità<br />

ed eleganze. Ne ebbe <strong>di</strong>verse il critico <strong>di</strong><br />

scrivanie: da quella dove scrisse la tesi<br />

<strong>di</strong> laurea (l’in<strong>di</strong>menticabile La carne, la<br />

morte e il <strong>di</strong>avolo nella letteratura<br />

romantica), mobile <strong>di</strong> cui non ricorda<br />

più le fattezze, fino ad arrivare a quella<br />

stile impero <strong>di</strong> Casa, la vita. Non<br />

nasconde però <strong>di</strong> avere scritto ovunque,<br />

anche in camere d’albergo in Inghilterra<br />

o ad<strong>di</strong>rittura sotto un pino a Viareggio.<br />

Con<strong>di</strong>tio sine qua non, la quiete, il<br />

silenzio, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> Gogol che<br />

scriveva anche nelle osterie vocianti.<br />

Piuttosto che il rumore, Praz amava<br />

sentire magari un odore che, con<br />

qualche «associazione sentimentale<br />

manifesta o recon<strong>di</strong>ta», potesse acuire<br />

la sua sensibilità e affilare l’ingegno.<br />

Dicevamo all’inizio <strong>di</strong> una<br />

fotografia, che idealmente lega i due<br />

libri. Ritrae Ezio Raimon<strong>di</strong> seduto alla<br />

scrivania, con alle spalle i suoi libri.<br />

Paolo Ferratini, nella postfazione a La<br />

voce dei libri, scrive: «Tra le fotografie <strong>di</strong><br />

Raimon<strong>di</strong> nella sua biblioteca, ve n’è<br />

una scattata dall’alto che lo ritrae<br />

seduto al tavolo, mentre guarda<br />

l’obiettivo. Non c’è finzione<br />

grandangolare, le proporzioni sono<br />

rispettate. Le pareti scolpite <strong>di</strong> volumi<br />

intorno, lo spazio libero per il lavoro,<br />

sulla scrivania, ridotto al minimo,<br />

asse<strong>di</strong>ato da colonne <strong>di</strong> libri in dubbio<br />

equilibrio. Ma il rischio del crollo non<br />

pare avvertito dal signore del luogo, che<br />

posa a suo agio, incorniciato dalle<br />

copertine, lo sguardo appena stupito e<br />

interrogante. Forse si domanda che<br />

cosa, del suo stare al proprio posto,<br />

meriti <strong>di</strong> essere immortalato».<br />

La lista dei titoli accademici del<br />

critico bolognese è talmente lunga che,<br />

anche per non contrad<strong>di</strong>re Perec, la<br />

tralasciamo. Ci ha ammaliato la sua<br />

storia semplice, <strong>di</strong> figlio <strong>di</strong> artigiani che<br />

si imbatte nei libri e <strong>di</strong> loro <strong>di</strong>venta<br />

signore, non prigioniero. Ci parla <strong>di</strong> libri<br />

incontrati e mai <strong>di</strong>menticati: da Sein<br />

und Zeit letto tra le macerie <strong>di</strong> Bologna,<br />

a Curtius (Europäische Literatur und<br />

lateinisches Mittelalter) che l’amico<br />

Franco Serra (nipote <strong>di</strong> Renato) gli porta<br />

dalla Germania appena stampato, a<br />

Rabelais <strong>di</strong> Lucien Febvre, dall’incontro<br />

con Bachtin a Fuoco pallido <strong>di</strong> Nabokov.<br />

«Ho già raccontato come le letture, per<br />

me, in quegli anni, dentro un mestiere<br />

che era <strong>di</strong> volta in volta quello<br />

dell’impiegato, del maestro, fossero un<br />

modo per uscire dal tran tran grigio del<br />

quoti<strong>di</strong>ano, per dare uno spazio più<br />

luminoso a una strada da percorrere,<br />

chissà con quali passaggi. Tutto questo<br />

era la fede nel futuro, con magari<br />

qualcosa <strong>di</strong> allucinato. I gran<strong>di</strong> eventi si<br />

vivono come i passaggi delle comete, si<br />

vivono senza sapere <strong>di</strong> esserci dentro: si<br />

apprendono dopo, quando sono passati<br />

e <strong>di</strong>ventano il richiamo, il senso<br />

dell’origine, il bisogno del passato, il<br />

lascito della tra<strong>di</strong>zione, il problema delle<br />

ra<strong>di</strong>ci».<br />

Al termine del libro, Raimon<strong>di</strong><br />

confessa: «Ho parlato <strong>di</strong> libri che<br />

<strong>di</strong>vengono compagni <strong>di</strong> strada e <strong>di</strong> doni<br />

che durano una vita; resta da chiederci,<br />

guardandoci intorno e ascoltando i<br />

segni e i suoni della fenomenologia<br />

quoti<strong>di</strong>ana, se libri, doni e amicizie siano<br />

ancora plausibili in una vita che al<br />

piccolo negozio del passato sostituisce<br />

le cattedrali del consumo e la mitologia<br />

mercantile del consumatore che ripete<br />

un’esperienza or<strong>di</strong>nata da altri. Ciò, che<br />

si è detto finora non è solo il racconto<br />

<strong>di</strong> quanto è accaduto a un in<strong>di</strong>viduo<br />

figlio ancora dell’universo <strong>di</strong> Gutenberg,<br />

ma una speranza, un desiderio, un<br />

orientamento eventuale, il non cedere<br />

all’evidenza del contrario vittorioso».<br />

“Kafka, Perec, Praz, Scrivanie”,<br />

Milano, Henri Beyle, 2012; e<strong>di</strong>zione<br />

<strong>di</strong> 575 copie num.; 39 p., € 25,00<br />

Ezio Raimon<strong>di</strong>, “Le voci dei libri”,<br />

Bologna, Il Mulino, 2012;<br />

113 p., € 13,00

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