Scarica l'edizione di maggio - Biblioteca di via Senato
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<strong>maggio</strong> 2012 – la <strong>Biblioteca</strong> <strong>di</strong> <strong>via</strong> <strong>Senato</strong> Milano 29<br />
inSEDICESIMO<br />
SPIGOLATURE – CATALOGHI – L’INTERVISTA D’AUTORE –<br />
RECENSIONI – MOSTRE – ASTE<br />
ET AB HIC ET AB HOC<br />
Minima pascoliana. Tra gli scaffali<br />
a passeggio tra i versi <strong>di</strong> Giovanni Pascoli<br />
<strong>di</strong> laura mariani conti e matteo noja<br />
�<br />
Nido. Una delle voci più frequenti<br />
nella poesia pascoliana è “nido”. Ma cosa<br />
vuol <strong>di</strong>re per il poeta? Vissuto sempre<br />
nella provincia agreste romagnola<br />
e garfagnina, è innanzitutto metafora<br />
della famiglia, degli affetti e dei legami<br />
<strong>di</strong> sangue. Dopo la morte del padre,<br />
prima, e della madre poi, si fa più<br />
ossessiva la sua volontà <strong>di</strong> ricreare<br />
gelosamente quell’intimità con le sorelle<br />
e i fratelli. Idea fissa e ossessiva per tutta<br />
la vita, che gli impe<strong>di</strong>rà <strong>di</strong> avere una sua<br />
famiglia, provocando in lui forti<br />
risentimenti quando, rimasto solo con<br />
Maria e Ida, quest’ultima deciderà <strong>di</strong><br />
sposarsi e abbandonare appunto il nido.<br />
Che è sinonimo <strong>di</strong> parole come casolare,<br />
focolare, culla e anche siepe, quella<br />
che nella poesia de<strong>di</strong>cata a d’Annunzio<br />
delimita per lui il suolo patrio. E che,<br />
a causa dei lutti familiari, non sarà<br />
mai <strong>di</strong>sgiunto dal senso <strong>di</strong> pericolo<br />
e <strong>di</strong> morte.<br />
�<br />
Onomatopea e fonosimbolismo.<br />
Il fonosimbolismo consiste nella<br />
valorizzazione dell’aspetto fonico delle<br />
parole per particolari scopi espressivi,<br />
come l’allitterazione: «…trema un trotto<br />
tranquillo…». L’onomatopea<br />
è la coniazione <strong>di</strong> voci sulla base<br />
<strong>di</strong> una suggestione sonora collegabile<br />
al significato <strong>di</strong> esse, fino alla pura<br />
suggestione fonica. Cigolare, bisbigliare,<br />
ticchettio, borbottare sono parole<br />
onomatopeiche. Ma a queste non<br />
si limita Pascoli, che dà voce ad animali<br />
e oggetti: scilp, <strong>di</strong>cono i passeri;<br />
vitt…videvitt, le ron<strong>di</strong>ni; kikkabau,<br />
la civetta; dan, dan, le campane; finc finc,<br />
la foglia che cade. «Non, quin<strong>di</strong>,<br />
propriamente <strong>di</strong> fonosimbolismo si tratta,<br />
ma <strong>di</strong> una sfera, per così <strong>di</strong>re, al <strong>di</strong> qua<br />
o al <strong>di</strong> là del suono, che non simbolizza<br />
nulla, ma, semplicemente, in<strong>di</strong>ca<br />
un’intenzione <strong>di</strong> significato, cioè la voce<br />
nella sua purezza originaria…»<br />
(G. Agamben).<br />
�<br />
Rebus. Antica è l’enigmistica,<br />
e i rebus sono tra le sue prime<br />
manifestazioni. Dai faraoni che nei<br />
sigilli giocavano con le parole per<br />
comporre il loro proprio nome, passando<br />
da Leonardo per arrivare a Duchamp,<br />
la storia dei rebus è molto lunga. Cosa<br />
poco nota è che Pascoli sia stato<br />
inventore e <strong>di</strong>segnatore <strong>di</strong> questi giochi.<br />
Per lui le parole erano scomponibili in<br />
sillabe o altre parole con significati<br />
affatto <strong>di</strong>fferenti. Ne sono esempio i vari<br />
rebus che, de<strong>di</strong>cati alle sorelle, ha lasciato<br />
<strong>di</strong>segnati sui suoi biglietti da visita.<br />
«Il D 8 [sormontato da una corona=re] G<br />
I [ova] N N IP [città in Italia=Ascoli] A M<br />
[ale] S O [sormontato da una corona=re]<br />
LLE = Il dottore Giovanni Pascoli ama le<br />
sorelle». Nello stesso periodo, il grande<br />
linguista Fer<strong>di</strong>nand de Saussure<br />
gli chiede conto <strong>di</strong> un anagramma<br />
contenuto in una poesia latina,<br />
Catullocalvos.<br />
�<br />
Parole. Tra i vari, preziosi<br />
vocabolarietti che Giuseppe Lando<br />
Passerini ha compilato non manca certo<br />
quello che riguarda Giovanni Pascoli.<br />
440 pagine <strong>di</strong> parole curiose, desuete,<br />
<strong>di</strong>alettali, arcaiche, poetiche che il poeta<br />
<strong>di</strong> Castelvecchio ha usato. Molte desunte<br />
da lessici specialistici, quello botanico<br />
e agricolo sopra tutti, ma anche da quello<br />
del mondo me<strong>di</strong>evale o quello relativo<br />
al mondo classico. Duddo e palestrita,<br />
battifallo e bastita: parole <strong>di</strong> cui non si<br />
immagina l’esistenza, ma che sono lì col<br />
loro bel significato (in or<strong>di</strong>ne: il tesoriere<br />
presso i Longobar<strong>di</strong>, colui che frequenta<br />
la palestra e due tipi <strong>di</strong> fortificazioni<br />
me<strong>di</strong>evali). Ci colpisce la definizione<br />
<strong>di</strong> grigio: «per metafora, <strong>di</strong> cosa oscura,<br />
incerta, come è il color grigio o bigio, che<br />
“non è nero ancòra e ’l bianco muore”».<br />
Il poeta, sempre attento alla precisione<br />
nel linguaggio, pensa alla lingua “grigia”,<br />
cioè incerta, che «si presta poco all’arte».