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Scarica l'edizione di maggio - Biblioteca di via Senato

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<strong>maggio</strong> 2012 – la <strong>Biblioteca</strong> <strong>di</strong> <strong>via</strong> <strong>Senato</strong> Milano 9<br />

Storia e poesia si intrecciano nel racconto delle vicende<br />

umane. L’estinzione della <strong>di</strong>nastia aragonese coincide<br />

con il finis Italiae, ovvero con la <strong>di</strong>scesa nella Penisola<br />

degli eserciti asburgici e francesi. La civiltà dell’Umanesimo<br />

italiano, <strong>di</strong> cui Sannazaro era stato uno degli<br />

esponenti <strong>di</strong> punta, giunge a naturale conclusione, cadendo<br />

nel vuoto drammatico della per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> ogni autonomia<br />

politica. Nel triste commiato, in<strong>di</strong>rizzato «a la<br />

sampogna» (zampogna), l’autore <strong>di</strong>chiara che imporrà<br />

al proprio strumento musicale, secondo il volere del fato,<br />

«lungo silenzio forse eterna quiete». Alla zampogna,<br />

strumento boschereccio, non si ad<strong>di</strong>cono<br />

gli alti palagi de’ prencipi, né le superbe piazze de le<br />

populose citta<strong>di</strong>, per avere i sonanti plausi, gli adombrati<br />

favori, o le ventose glorie: vanissime lusinghe,<br />

falsi allettamenti, stolte e aperte adulazioni de l’infido<br />

volgo. Il tuo umile suono mal si sentirebbe tra quello<br />

delle spaventevoli buccine o de le reali trombe. Assai ti<br />

fia qui tra questi monti essere da qualunque bocca <strong>di</strong><br />

pastori gonfiata, insegnando le rispondenti selve <strong>di</strong> risonare<br />

il nome de la tua donna e <strong>di</strong> piagnere amaramente<br />

con teco il duro e inopinato caso de la sua immatura<br />

morte, cagione efficacissima de le mie eterne lacrime<br />

e de la dolorosa e inconsapevole vita ch’io sostengo;<br />

se pur si può <strong>di</strong>r che viva chi nel profondo delle<br />

miserie è sepelito. Dunque, sventurata, piagni; piagni<br />

che ne hai ben ragione.<br />

La poesia nulla può <strong>di</strong> fronte alla morte della persona<br />

amata (ulteriore toposche l’Arca<strong>di</strong>acon<strong>di</strong>vide col Polifilo).<br />

Non può richiamarla in vita: solo piangerne l’assenza<br />

eterna. La poesia nulla può neppure <strong>di</strong> fronte al fato. Di<br />

fronte al <strong>di</strong>lagare della guerra e della violenza, dell’avi<strong>di</strong>tà<br />

e della corruzione della natura umana, gli umanisti si arrendono,<br />

abbandonando per sempre la ricerca <strong>di</strong> una rigenerazione<br />

dell’uomo attraverso la cultura e lo stu<strong>di</strong>o.<br />

Nulla possono più fare per salvare quel mondo (idealizzato<br />

e cristallizzato da Castiglione nel Cortegiano) nel quale<br />

avevano sperato e per il quale avevano lavorato. Agli uomini<br />

<strong>di</strong> buona volontà non rimane che ritirarsi, serbando<br />

nel proprio cuore il seme della cortesia e della civiltà, <strong>di</strong>ventando<br />

esempi viventi <strong>di</strong> stile e sobrietà.<br />

Onde per cosa vera e indubitata tener ti puoi che chi<br />

più <strong>di</strong> nascoso e più lontano dalla moltitu<strong>di</strong>ne vive, miglior<br />

vive; e colui tra’ mortali si può con più verità chia-<br />

mar beato che, senza invi<strong>di</strong>a de le altrui grandezze, con<br />

modesto animo de la sua fortuna si contenta.<br />

Sannazaro, utilizzando la prima persona plurale,<br />

quasi scrivesse a nome <strong>di</strong> un’intera generazione, fa scivolare<br />

sul proprio mondo una pietra tombale. Muore la poesia,<br />

muore la storia, muore l’utopia. Rimane solo il sogno<br />

sfumato <strong>di</strong> un’Arca<strong>di</strong>a lontana, nel tempo e nello spazio.<br />

Le nostre Muse sono estinte, secchi sono i nostri lauri,<br />

ruinato è il nostro Parnaso, le selve son tutte mutole, le<br />

valli e i monti per doglia son <strong>di</strong>venuti sor<strong>di</strong>. Non si trovano<br />

più ninfe o satiri per li boschi, i pastori han perduto<br />

il cantare. […] Ogni cosa si perde, ogni speranza è<br />

mancata, ogni consolazione è morta. Non ti rimane altro<br />

omai, sampogna mia, se non dolerti, e notte e giorno<br />

con obstinata perseveranza attristarti. 6<br />

NOTE<br />

1 G. Ferroni, Storia della letteratura<br />

italiana, Torino, Einau<strong>di</strong>,<br />

2000, I, p. 385.<br />

2 J. SANNAZARO, Arca<strong>di</strong>a, a c. <strong>di</strong><br />

F. Erspamer, Milano, Mursia, 2000,<br />

p. 25 (dall’intr. <strong>di</strong> F. Erspamer).<br />

3 Ibidem, pp. 53-54.<br />

4 Ib., p. 56.<br />

5 Ib., pp. 221-222.<br />

6 Ib., pp. 238-241.

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