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Ernest Hemingway VERO ALL'ALBA

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Strinse la mano a Charo, che poi portò il libro e il fucile nella nostra tenda.<br />

«Sarà meglio che anch’io vada a lavarmi. Grazie per essere stati così carini riguardo<br />

all’uccisione dello gnu.»<br />

«Manderemo il camion a prenderlo e lo metteremo dov’è giusto che stia.»<br />

Io andai nella nostra tenda, mentre G.C. andava a cambiarsi nella sua. Mary si<br />

stava lavando con il sapone da safari, e poi s’infilò e annusò la camicia pulita, che era<br />

stata lavata con un sapone diverso e asciugata al sole. Ci piaceva guardarci mentre<br />

facevamo il bagno, ma non se c’era in giro G.C. perché per lui poteva essere<br />

imbarazzante. Ero seduto a leggere su una poltroncina davanti alla tenda quando<br />

arrivò Mary, che mi passò le braccia attorno al collo.<br />

«Stai bene, tesoro?» chiesi.<br />

«No. Ero così orgogliosa, e Charo era così orgoglioso, ed è stato un colpo solo,<br />

bang, come quando la pelota batte contro il muro del frontón. Lo gnu non deve<br />

neanche avere sentito il colpo, e io e Charo ci siamo stretti la mano. Capisci che cosa<br />

vuol dire far qualcosa da soli per la prima volta, assumendosi tutta la responsabilità?<br />

Tu e G.C. lo sapete bene, ed è per questo che lui mi ha baciata.»<br />

«Chiunque ti bacerebbe in qualunque momento.»<br />

«Forse, se lo volessi. O se li spingessi a farlo. Ma oggi non è stato così.»<br />

«Perché sei scontenta, tesoro?»<br />

«Lo sai. Non fingere di non saperlo.»<br />

«No che non lo so» mentii.<br />

«Ho mirato diritto al centro delle spalle. Era grosso e nero e lucido e io ero a una<br />

ventina di metri da lui. Era voltato a metà verso di me e ci guardava. Potevo vedergli<br />

gli occhi, che erano tanto tristi. Sembrava sul punto di piangere. Era più triste di<br />

qualunque cosa mi sia capitato di vedere e la zampa era in condizioni terribili.<br />

Tesoro, aveva un muso così lungo, così triste. Non devo dirlo a G.C., vero?»<br />

«No.»<br />

«Non dovevo dirlo neanche a te. Ma dobbiamo dare la caccia al leone insieme e<br />

ora la mia maledetta fiducia è di nuovo scomparsa.»<br />

«Spari benissimo. Sono orgoglioso di poter essere con te e con il leone.»<br />

«La cosa orribile è che so anche sparare bene. Tu lo sai.»<br />

«Ricordo tutti i bei colpi che hai tirato. E tutte le volte che a Escondido hai<br />

sparato meglio di chiunque altro.»<br />

«Aiutami a riconquistare la fiducia. Ma c’è così poco tempo.»<br />

«La riconquisterai, e non diremo niente a G.C.»<br />

Mandammo il camion a prendere lo gnu. Quando tornò, G.C. e io salimmo a<br />

bordo per dargli un’occhiata. Da morti, gli animali non sono mai belli. Quello<br />

giaceva impolverato e con la pancia grossa, tutta l’aggressività scomparsa, le corna<br />

grigie e privo di qualunque particolarità. «Mary gli ha piazzato un colpo ben strano»<br />

disse G.C. Lo gnu aveva gli occhi vitrei e la lingua fuori. Anche la lingua era<br />

polverosa, ed era stato colpito dietro l’orecchio, alla base del cranio.<br />

«A che distanza pensi che fosse, Miss Mary?»<br />

«Ha sparato da appena venti metri. Aveva il diritto di mirare dove voleva.»<br />

«Avrei pensato che volesse colpirlo alla spalla» disse G.C.

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