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Ernest Hemingway VERO ALL'ALBA

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«Non dire sta’ a sentire e non bisbigliare. E non dire cammina con le tue gambe<br />

e nemmeno che quando le probabilità sono sfavorevoli non ci si muove.»<br />

«Certo che a volte rendi la caccia al leone molto gradevole. In quanti ti hanno<br />

tradita, finora?»<br />

«Tu e Pop e non ricordo chi altro. Probabilmente mi tradirà anche G.C. Se ne sai<br />

tanto, onnisciente generale della caccia al leone, come mai gli avvoltoi sono ancora<br />

lassù, se il leone ha abbandonato la carcassa della sua preda?»<br />

«Forse perché una o tutte e due le leonesse la stanno ancora mangiando, o sono<br />

lì vicino.»<br />

«E non andiamo a vedere?»<br />

«Guarderemo quando saremo più lontani sulla strada, in modo da non<br />

disturbarle. Voglio che si sentano tutti al sicuro.»<br />

«Comincio a stancarmi di questa frase. “Voglio che si sentano al sicuro.” Se non<br />

riesci a variare il tuo modo di pensare, sforzarti di variare almeno il tuo linguaggio.»<br />

«Da quanto tempo dai la caccia a questo leone, tesoro?»<br />

«Da sempre, mi sembra, e avrei potuto ucciderlo tre mesi fa, se tu e G.C. non me<br />

l’aveste impedito. Avevo una buona occasione, e voi non mi avete permesso di<br />

sfruttarla.»<br />

«Perché non eravamo sicuri che si trattasse di questo leone. Poteva anche essere<br />

un leone arrivato da Amboseli per la siccità. G.C. ha una coscienza.»<br />

«Voi due avete la stessa coscienza di un brigante della foresta» disse Miss Mary.<br />

«Quando vedremo le leonesse?»<br />

«Quarantacinque gradi alla tua destra, fra circa trecento metri.»<br />

«E il vento di che forza è?»<br />

«Circa forza due» risposi. «Tesoro, tu sei un po’ maniaca, rispetto a questo<br />

leone.»<br />

«Chi ha più diritto di esserlo? Io, naturalmente. Io li prendo sul serio, i leoni.»<br />

«Perché, io no? Penso di provare per loro lo stesso interesse che provi tu, anche<br />

se io non ne parlo.»<br />

«Tu ne parli fin troppo. Ma non preoccuparti. Tu e G.C. siete due assassini privi<br />

di coscienza. Condannate a morte le cose ed eseguite la sentenza. Ma G.C. ha un po’<br />

più di coscienza di te, e i suoi uomini sono addestrati come si deve.»<br />

Toccai Mthuka sulla coscia, perché fermasse la macchina. «Guarda, tesoro. Ecco<br />

che cosa resta della zebra uccisa, ed ecco le due leonesse. Possiamo essere amici?»<br />

«Sono sempre stata tua amica. Tu fraintendi sempre. Posso avere il binocolo, per<br />

favore?»<br />

Le porsi l’ottimo binocolo, e lei osservò le leonesse. Una era tanto grossa per la<br />

gravidanza da sembrare un leone senza criniera. L’altra poteva essere una sua figlia<br />

cresciuta, o solo un’amica devota. Erano sdraiate tutte e due al riparo del folto dei<br />

cespugli. La prima calma, maestosa, matronale, con le ganasce scurite dal sangue;<br />

l’altra giovane e snella, ma anche lei con le ganasce scure. Della zebra non restava<br />

granché, ma le leonesse proteggevano ugualmente la loro proprietà. Dai rumori che<br />

avevo sentito durante la notte non avrei saputo dire se erano state loro a uccidere per<br />

il leone, o se era stato lui a uccidere e loro si erano unite al suo pasto.

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