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Ernest Hemingway VERO ALL'ALBA

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vedesse l’ora di vivere la giornata. Pensai che se anche ero tanto rozzo e tanto debole<br />

da lasciarmi coinvolgere così a fondo dalle cose dell’Africa che non capivo, non era<br />

giusto che coinvolgessi anche lei. Ci si coinvolgeva già abbastanza da sola quando<br />

andava ai bordi del campo a imparare la musica, i ritmi dei tamburi e le canzoni,<br />

trattando gli uomini così bene e con tanta gentilezza che tutti si innamoravano di lei.<br />

So che ai vecchi tempi Pop non avrebbe mai permesso niente del genere. Ma i vecchi<br />

tempi erano finiti, e nessuno lo sapeva meglio di Pop.<br />

Quando la colazione fu terminata e la camionetta tornò dallo Shamba, io e Mary<br />

facemmo un giro spingendoci fin dove fu possibile. Il terreno si stava asciugando in<br />

fretta, ma era ancora infido, e le ruote giravano a vuoto e affondavano nel fango<br />

perfino nei punti in cui il giorno dopo la macchina sarebbe passata senza problemi.<br />

Accadeva anche sul terreno più compatto, dove le piste si erano assestate e indurite.<br />

Su a nord, dove il fondo era di argilla scivolosa, passare era impossibile.<br />

Si vedeva il verde dell’erba nuova scintillare sulla pianura, e la selvaggina<br />

sparpagliata che ci prestava ben poca attenzione. Ancora non c’era stato un grande<br />

passaggio di animali, ma scorgemmo le tracce degli elefanti che avevano attraversato<br />

la pista la mattina presto, dopo che la pioggia aveva smesso di cadere, per andare<br />

verso la palude. Era lo stesso branco che avevamo visto dall’aereo e, anche tenuto<br />

conto dell’effetto prodotto dallo spostarsi del fango, le orme del maschio apparivano<br />

enormi.<br />

Sulle pianure era grigio e freddo e ventoso, e lungo la pista i pivieri correvano<br />

indaffarati a cercare nutrimento, per poi volare via cacciando acuti versi selvaggi. Ce<br />

n’erano di tre tipi, uno solo dei quali realmente commestibile. Ma gli uomini non ne<br />

avrebbero mangiato, e decisi che se li avessi uccisi avrei sprecato le pallottole.<br />

Sapevo che con ogni probabilità più avanti c’erano i chiurli, ma potevamo andare a<br />

cercarli un altro giorno.<br />

«Proseguiamo per un po’» dissi a Mary. «C’è un rialzo del terreno dove<br />

riusciremo a girare la macchina.»<br />

«Andiamo, allora.»<br />

Poi cominciò a piovere e pensai che era meglio voltare dove potevamo e tornare<br />

al campo prima di restare impantanati nel fango.<br />

Vicino al campo, bello contro gli alberi tra la foschia grigia, con il fumo dei<br />

fuochi che si alzava nell’aria e le comode tende bianche e verdi che sapevano di casa,<br />

vedemmo delle pernici delle sabbie che bevevano alle piccole pozze d’acqua sulla<br />

radura aperta. Scesi con Ngui per prenderne qualcuna da mangiare, mentre Mary<br />

raggiungeva il campo. Le pernici erano chine sull’acqua, sparpagliate nell’erba bassa<br />

dove cresceva il miglio. Quando si alzavano erano pesanti, e colpirle non era difficile,<br />

se le si coglieva mentre spiccavano il volo. Erano di media grandezza e sembravano<br />

grassi piccioni del deserto mascherati da pernici. Il loro strano volo, simile a quello<br />

dei piccioni o dei greppi, mi piaceva, e mi piaceva il modo in cui usavano le lunghe<br />

ali protese all’indietro quando erano in pieno volo. Avvicinarsi a loro a quel modo<br />

non era certo come sparargli quando di mattina arrivavano all’acqua a interi stormi, e<br />

G.C. e io miravamo solo a quelle più alte e più lontane, pagando uno scellino di multa<br />

tutte le volte che ne abbattevamo più di una contemporaneamente. Avvicinarsi a piedi<br />

significava perdere il chiocciante verso gutturale che lo stormo emetteva quando

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