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Ernest Hemingway VERO ALL'ALBA

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«Come tutti noi. Possiamo assaggiare quel cibo, Miss Mary? Papa e io<br />

dobbiamo andare a dare un’occhiata in giro.»<br />

«Lete chakula.»<br />

«Ndio Memsahib.»<br />

Quando fummo in aria, volammo lungo il fianco della Montagna, guardando la<br />

foresta, il paesaggio che rotolava via e il terreno irregolare attorno alle pozze d’acqua,<br />

e vedendo le zebre, sempre grasse se viste dall’alto, che correvano sulle zampe corte<br />

sotto di noi, poi l’aereo virò per seguire la strada, di modo che il nostro ospite, seduto<br />

vicino a Willie, potesse orientarsi, mentre noi gli spianavamo davanti la strada e il<br />

villaggio. Eccola, la strada, che partiva dalla palude dietro di noi per proseguire verso<br />

l’abitato, e lui poté vedere i crocicchi, i negozi, il distributore, gli alberi lungo<br />

l’arteria principale e gli altri alberi che conducevano all’edificio bianco con l’alta<br />

recinzione di filo di ferro del Boma della polizia, dove distinguemmo l’asta della<br />

bandiera con il vessillo al vento.<br />

«Dov’è il tuo Shamba?» gli chiesi all’orecchio, e mentre lui puntava il dito,<br />

Willie virò, e fummo sul Boma e su, lungo il fianco della Montagna, dove erano<br />

visibili molte radure e case a forma di cono e campi di granoturco, verde contro la<br />

terra marrone rossiccio.<br />

«Riesci a vedere il tuo Shamba?»<br />

«Sì.» Puntò di nuovo il dito.<br />

E poi lo Shamba ci rombò incontro e si distese, verde e ben irrigato, davanti a<br />

noi e sotto l’ala.<br />

«Hapana tembo» mi bisbigliò Ngui all’orecchio.<br />

«Tracce?»<br />

«Hapana.»<br />

«Sei sicuro che sia quello, il tuo Shamba?» chiese Willie all’uomo.<br />

«Sì» rispose lui. «Papa» esclamò Willie, voltandosi verso di me, «mi sembra in<br />

ottimo stato. Faremo un altro giro.»<br />

«Passaci sopra lentamente.»<br />

I campi sfrecciarono via di nuovo, ma più piano e più vicino, come se potessero<br />

librarsi verso di noi. Non c’erano danni, né tracce di elefanti.<br />

«Non c’è bisogno che imballi il motore.»<br />

«Sono io il pilota, Papa. Vuoi vederlo dall’altro lato?»<br />

«Sì.»<br />

Questa volta i campi ci vennero incontro lentamente, dolcemente, come se<br />

fossero stati un vassoio verde con il cibo disposto alla perfezione, offerto al nostro<br />

esame da un cameriere abile e delicato. Di nuovo, nessun danno e nessuna traccia di<br />

elefanti. Riprendemmo velocemente quota e virammo, in modo da permettermi di<br />

vedere lo Shamba in relazione a tutti gli altri.<br />

«Sei sicuro che è quello, il tuo Shamba?» chiesi all’uomo.<br />

«Sì» rispose, e fu impossibile non ammirarlo. Nessuno di noi disse niente. Ngui<br />

aveva la faccia priva di qualunque espressione. Guardò fuori dal finestrino di<br />

plexiglas e si passò l’indice della mano destra attraverso la gola.<br />

«Tanto vale chiudere la partita e tornare a casa» dissi.

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