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«Non sono cupo, ma fammi bere. Vuoi sparare ancora tu? Dobbiamo prendere<br />
una gazzella di Thomson o un impala per Keiti, Charo, Mwindi, te e me.»<br />
«Mi piacerebbe prendere un impala. Ma non ho più voglia di sparare, per oggi.<br />
Ti prego, preferisco di no. Non voglio rovinare tutto. Ormai sparo esattamente nel<br />
punto che voglio.»<br />
«Dove avevi mirato, gattina?» chiesi, odiando di dover fare quella domanda.<br />
Mentre parlavo, bevvi un sorso, per dare un’impressione di disinvoltura ma non di<br />
eccessiva casualità.<br />
«Esattamente al centro della spalla. Diritto al centro. Hai visto il foro.»<br />
C’era stata una grossa goccia di sangue che dalla parte alta della spina dorsale<br />
era rotolata giù fino in mezzo alla spalla e là si era fermata. L’avevo vista quando lo<br />
strano gnu nero era sdraiato nell’erba, con la parte anteriore ancora viva, ma<br />
immobile, e la parte posteriore morta.<br />
«Bene, gattina» dissi.<br />
«Prendo con me la fiaschetta Jinny. Non devo più sparare. Sono così felice di<br />
averlo abbattuto come piace a te. Peccato che Pop non fosse qui.»<br />
Ma Pop non era là e, praticamente a bruciapelo, lei aveva sparato una quarantina<br />
di centimetri troppo in alto rispetto a dove aveva mirato, colpendo lo gnu alla spina<br />
dorsale. Quindi, un certo problema esisteva ancora.<br />
Attraversammo la zona dei parchi, diritti nel vento e con il sole alle spalle. Di<br />
fronte vedevo le chiazze bianche sui sederi delle gazzelle di Grant e le code in<br />
movimento delle gazzelle di Thomson, mentre brucavano davanti a noi per saltare via<br />
quando la macchina si avvicinava. Ngui sapeva bene che cosa mi preoccupava, così<br />
come lo sapeva Charo. Ngui si girò verso di lui, dicendo: «La fiaschetta Jinny».<br />
Charo gliela porse di sopra lo schienale del sedile fra il grosso fucile messo a<br />
canna in su e le armi che stringevano in pugno. Ngui svitò il tappo e mi offrì la<br />
bottiglia. Bevvi un sorso e non sapeva per niente d’acqua. Quando andavamo a caccia<br />
di leoni con Mary non potevo toccare l’alcol, per via della responsabilità, ma il gin mi<br />
avrebbe disteso i nervi. Dopo l’uccisione dello gnu ci eravamo tutti innervositi,<br />
tranne il portatore, che era orgoglioso e felice. Anche Miss Mary era orgogliosa e<br />
felice.<br />
«Vuole che ti esibisci» disse. «Esibisciti, Papa. Ti prego, esibisciti.»<br />
«Okay» dissi io. «Mi esibirò per l’ennesima volta.»<br />
Tesi la mano verso la fiaschetta Jinny e Ngui scosse la testa. «Hapana. Mzuri.»<br />
Davanti a noi, nella prima radura, brucavano due gazzelle di Thomson. Avevano<br />
tutte e due delle belle teste, eccezionalmente lunghe e simmetriche, e muovevano la<br />
coda mentre mangiavano in fretta e avidamente. Mthuka fece cenno di averle viste<br />
anche lui e girò la macchina, in modo che una volta ferma mi avrebbe coperto mentre<br />
mi avvicinavo. Feci fuoruscire due cartucce dallo Springfield e inserii due proiettili,<br />
tolsi la sicura, scesi e cominciai a camminare verso il folto ammasso di cespugli come<br />
se fossi stato interessato a quello. Non mi chinai perché i cespugli mi offrivano una<br />
copertura sufficiente e perché ero giunto da tempo alla conclusione che quando si<br />
bracca una preda e in giro c’è molta selvaggina, è meglio procedere eretti e con aria<br />
disinvolta. Altrimenti si rischia di allarmare gli animali che possono vederci, che a<br />
loro volta possono allarmare gli animali ai quali si dà la caccia. Ricordando che Miss