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Ernest Hemingway VERO ALL'ALBA

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«Non sono cupo, ma fammi bere. Vuoi sparare ancora tu? Dobbiamo prendere<br />

una gazzella di Thomson o un impala per Keiti, Charo, Mwindi, te e me.»<br />

«Mi piacerebbe prendere un impala. Ma non ho più voglia di sparare, per oggi.<br />

Ti prego, preferisco di no. Non voglio rovinare tutto. Ormai sparo esattamente nel<br />

punto che voglio.»<br />

«Dove avevi mirato, gattina?» chiesi, odiando di dover fare quella domanda.<br />

Mentre parlavo, bevvi un sorso, per dare un’impressione di disinvoltura ma non di<br />

eccessiva casualità.<br />

«Esattamente al centro della spalla. Diritto al centro. Hai visto il foro.»<br />

C’era stata una grossa goccia di sangue che dalla parte alta della spina dorsale<br />

era rotolata giù fino in mezzo alla spalla e là si era fermata. L’avevo vista quando lo<br />

strano gnu nero era sdraiato nell’erba, con la parte anteriore ancora viva, ma<br />

immobile, e la parte posteriore morta.<br />

«Bene, gattina» dissi.<br />

«Prendo con me la fiaschetta Jinny. Non devo più sparare. Sono così felice di<br />

averlo abbattuto come piace a te. Peccato che Pop non fosse qui.»<br />

Ma Pop non era là e, praticamente a bruciapelo, lei aveva sparato una quarantina<br />

di centimetri troppo in alto rispetto a dove aveva mirato, colpendo lo gnu alla spina<br />

dorsale. Quindi, un certo problema esisteva ancora.<br />

Attraversammo la zona dei parchi, diritti nel vento e con il sole alle spalle. Di<br />

fronte vedevo le chiazze bianche sui sederi delle gazzelle di Grant e le code in<br />

movimento delle gazzelle di Thomson, mentre brucavano davanti a noi per saltare via<br />

quando la macchina si avvicinava. Ngui sapeva bene che cosa mi preoccupava, così<br />

come lo sapeva Charo. Ngui si girò verso di lui, dicendo: «La fiaschetta Jinny».<br />

Charo gliela porse di sopra lo schienale del sedile fra il grosso fucile messo a<br />

canna in su e le armi che stringevano in pugno. Ngui svitò il tappo e mi offrì la<br />

bottiglia. Bevvi un sorso e non sapeva per niente d’acqua. Quando andavamo a caccia<br />

di leoni con Mary non potevo toccare l’alcol, per via della responsabilità, ma il gin mi<br />

avrebbe disteso i nervi. Dopo l’uccisione dello gnu ci eravamo tutti innervositi,<br />

tranne il portatore, che era orgoglioso e felice. Anche Miss Mary era orgogliosa e<br />

felice.<br />

«Vuole che ti esibisci» disse. «Esibisciti, Papa. Ti prego, esibisciti.»<br />

«Okay» dissi io. «Mi esibirò per l’ennesima volta.»<br />

Tesi la mano verso la fiaschetta Jinny e Ngui scosse la testa. «Hapana. Mzuri.»<br />

Davanti a noi, nella prima radura, brucavano due gazzelle di Thomson. Avevano<br />

tutte e due delle belle teste, eccezionalmente lunghe e simmetriche, e muovevano la<br />

coda mentre mangiavano in fretta e avidamente. Mthuka fece cenno di averle viste<br />

anche lui e girò la macchina, in modo che una volta ferma mi avrebbe coperto mentre<br />

mi avvicinavo. Feci fuoruscire due cartucce dallo Springfield e inserii due proiettili,<br />

tolsi la sicura, scesi e cominciai a camminare verso il folto ammasso di cespugli come<br />

se fossi stato interessato a quello. Non mi chinai perché i cespugli mi offrivano una<br />

copertura sufficiente e perché ero giunto da tempo alla conclusione che quando si<br />

bracca una preda e in giro c’è molta selvaggina, è meglio procedere eretti e con aria<br />

disinvolta. Altrimenti si rischia di allarmare gli animali che possono vederci, che a<br />

loro volta possono allarmare gli animali ai quali si dà la caccia. Ricordando che Miss

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