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Ernest Hemingway VERO ALL'ALBA

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mi rendeva felice. Ed eccomi là, con una moglie che amavo e che mi amava e<br />

tollerava i miei errori e si riferiva a quella ragazza come alla mia fidanzata, e per certi<br />

versi mi sopportava perché ero un buon marito e per altri perché era dotata di<br />

generosità e gentilezza e tolleranza e perché voleva che di quel paese scoprissi più di<br />

quanto non avevo il diritto di scoprire. Eravamo felici almeno per la maggior parte di<br />

ogni giornata e quasi sempre di notte e quella notte, a letto insieme, eravamo molto<br />

felici sotto la zanzariera, con il telo della tenda aperto in modo da poter vedere i<br />

lunghi ceppi inceneriti del grande fuoco e la meravigliosa oscurità che sembrava<br />

recedere a zigzag quando il vento notturno sferzava il fuoco per poi richiudersi in<br />

fretta quando il vento calava.<br />

«Siamo fin troppo fortunati» disse Mary. «Amo molto l’Africa. Non so come<br />

potremo mai lasciarla.»<br />

La notte era fredda per il vento proveniente dalla Montagna innevata e noi ce ne<br />

stavamo al riparo sotto le coperte. Cominciavano i rumori notturni, e avevamo già<br />

sentito la prima iena e poi le altre. A Mary piaceva ascoltarle di notte. Se si ama<br />

l’Africa, le iene emettono un rumore gradevole. Ridemmo insieme mentre giravano<br />

attorno al campo e vicino alla tenda del cuoco, dove la carne era appesa a un albero.<br />

Non riuscivano a raggiungere la carne ma continuavano a parlarne.<br />

«Sai, se tu dovessi morire e io fossi tanto sfortunata da non morire insieme a te,<br />

e se qualcuno mi chiedesse che cosa ricordo di più di mio marito, direi tutto il posto<br />

che riuscivi a lasciare a tua moglie in una brandina di tela. Si può sapere dov’è che ti<br />

metti?»<br />

«Di fianco, sul bordo. Ho un sacco di spazio.»<br />

«Se fa abbastanza freddo, riusciamo a dormire comodi in un letto in cui non<br />

starebbe comoda una persona sola.»<br />

«È questo il segreto. Deve fare freddo.»<br />

«Possiamo fermarci in Africa più a lungo e non tornare a casa fino alla<br />

primavera?»<br />

«Certo. Diciamo finché non abbiamo più un soldo.»<br />

Poi sentimmo il brontolio cupo di un leone che arrivava dal fiume attraverso la<br />

radura verde.<br />

«Ascolta» disse Mary. «Tienimi stretta e ascolta.»<br />

«È tornato» bisbigliò dopo un po’.<br />

«Non puoi essere sicura che sia lui.»<br />

«Invece lo sono. È lui. L’ho sentito fin troppe notti. È sceso dal Manyatta dove<br />

ha ucciso le due mucche. Arap Meina l’aveva detto che sarebbe tornato.»<br />

Sentivamo il ruggito irregolare mentre il leone si spostava per la radura verso il<br />

punto in cui avevamo costruito la pista per il piccolo aeroplano.<br />

«Lo sapremo domani mattina se è lui» dissi. «Io e Ngui sappiamo riconoscere le<br />

sue tracce.»<br />

«Anch’io le so riconoscere.»<br />

«Okay, allora andrai tu a cercarlo.»<br />

«No. Volevo solo dire che so riconoscere le sue tracce.»<br />

«Sono terribilmente grandi.» Avevo sonno e pensavo che se la mattina dovevo<br />

andare a dare la caccia al leone con Miss Mary bisognava che dormissi un po’. Da

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