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Ernest Hemingway VERO ALL'ALBA

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«Voglio imparare.»<br />

«Imparerai. Ma devi essere prudente.»<br />

«Lo sarò.»<br />

«Nessuno conosce la notte, tranne dentro un albero o dentro un posto sicuro. La<br />

notte appartiene ad animali.»<br />

Keiti era troppo delicato per parlare della religione, ma nei suoi occhi vidi<br />

l’espressione di chi è stato portato in cima a una montagna e ha visto le tentazioni del<br />

mondo distese davanti a sé, e questo mi ricordò che non dovevamo corrompere<br />

Charo. Capii che ora stavamo vincendo e che potevo avere a cena Debba e la Vedova,<br />

con tanto di menu e di segnaposti. E così, poiché vincevo, feci un po’ di pressione per<br />

assicurarmi un punto in più.<br />

«Naturalmente, nella nostra religione tutto è possibile.»<br />

«Sì. Charo mi ha detto di vostra religione.»<br />

«È molto piccola, ma molto vecchia.»<br />

«Sì» disse Keiti.<br />

«Be’, buonanotte, allora. Se tutto è in ordine.»<br />

«È tutto in ordine» rispose Keiti, e io gli augurai di nuovo la buonanotte e lui<br />

fece un inchino e io invidiai Pop perché Keiti era un suo uomo. Ma, pensai, cominci<br />

ad averli pure tu, i tuoi uomini, e anche se Ngui non può essere certo paragonato a<br />

Keiti, per certi aspetti è più duro e più divertente, e i tempi sono cambiati.<br />

La notte rimasi ad ascoltare i rumori della notte e tentai di capirli tutti. Quello<br />

che aveva detto Keiti era vero: nessuno conosce la notte. Ma io l’avrei conosciuta, se<br />

possibile a piedi e da solo. L’avrei conosciuta e non volevo condividerla con nessuno.<br />

Si condivide il denaro, non una donna, né io avrei condiviso la notte. Non riuscivo a<br />

dormire e non intendevo prendere un sonnifero perché volevo sentire la notte e<br />

ancora non avevo deciso se al sorgere della luna sarei andato fuori. Sapevo di non<br />

avere abbastanza esperienza con le lance per poter cacciare da solo senza mettermi<br />

nei guai, e per giunta era mio dovere e mio grande, amoroso piacere, essere al campo<br />

per il ritorno di Miss Mary. Era anche mio dovere e mio meraviglioso piacere essere<br />

con Debba, ma ero sicuro che lei avrebbe dormito bene almeno finché fosse sorta la<br />

luna, e dopo che fosse sorta la luna avremmo scontato tutti qualunque piacere e<br />

qualunque sofferenza ci eravamo meritati. Rimasi nella brandina con accanto il<br />

vecchio fucile rigido e confortevole, e la pistola, che era la mia migliore amica e il<br />

più severo critico di qualunque mancanza di riflessi o di qualunque decisione,<br />

comodamente sistemata fra le gambe nella fondina incisa che Debba aveva lucidato<br />

tante volte con le sue mani dure. Pensai a quanto ero stato fortunato a conoscere Miss<br />

Mary e ad avere avuto l’onore che sposasse me e anche Miss Debba, la Regina degli<br />

Ngoma. Ora che avevamo la nostra religione era facile. Potevamo essere io, Ngui e<br />

Mthuka a decidere che cosa era peccato e che cosa non lo era.<br />

Ngui aveva cinque mogli, e sapevamo che era vero, e venti capi di bestiame,<br />

cosa di cui dubitavamo. Per via delle leggi americane, io avevo una sola moglie, ma<br />

tutti ricordavano e rispettavano Miss Pauline, che era stata in Africa molto tempo<br />

prima ed era molto ammirata e amata soprattutto da Keiti e da Mwindi, e io sapevo<br />

che consideravano lei la mia moglie indiana bruna e Miss Mary la mia moglie indiana<br />

bionda. Erano tutti convinti che Miss Pauline fosse rimasta a prendersi cura dello

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