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che al momento eravamo Msembi e io, avevamo scoperto che cosa significasse<br />
saccheggiare una città e conoscevamo entrambi, malgrado l’argomento non venisse<br />
mai discusso ma solo condiviso in segreto, che cosa significasse la frase della Bibbia<br />
sugli uomini passati per il filo delle spade e sulle donne ridotte in cattività. I buoni<br />
fratelli sono difficili da trovare, ma quelli cattivi si possono incontrare in qualunque<br />
posto.<br />
Come continuava a dichiarare, l’Informatore era mio fratello. Ma non l’avevo<br />
scelto io. Nella situazione di adesso, che non era un safari e in cui il Bwana era molto<br />
prossimo a un insulto diretto, Msembi e io eravamo buoni fratelli e quella sera, senza<br />
bisogno di parlarne, ricordavamo tutti e due che i commercianti di schiavi arrivati per<br />
vie diverse dal mare erano tutti musulmani, e sapevamo che per questo Mthuka, con<br />
le sue cicatrici sulle guance, non si sarebbe mai convertito, né avrebbe mai potuto<br />
essere convertito alla religione adottata da suo padre Keiti, dal mite, onesto Charo e<br />
da quell’abile, sincero snob di Mwindi.<br />
Così me ne rimasi seduto nella tenda a condividere la tristezza con Msembi.<br />
Ngui entrò una sola volta, umile come deve esserlo un nanake, ma desideroso di far<br />
pesare anche la sua, di tristezza, se glielo permettevamo. Non glielo permettemmo, e<br />
io gli mollai una manata sul sedere coperto dalla tunica verde, affettuosamente, e gli<br />
dissi: «Morgen ist auch nach ein Tag». Si trattava di un vecchio detto tedesco dal<br />
significato opposto a no hay remedio, che era una bella frase incisiva, ma io mi<br />
sentivo colpevole di averla diffusa, colpevole come se fossi stato un disfattista o un<br />
collaborazionista. Aiutato da Msembi la tradussi con cura in Kamba e poi, provando<br />
il senso di colpa di uno che borbotta frasi sbagliate, chiesi a Ngui di portarmi le lance<br />
perché quando si fosse alzata la luna sarei andato a caccia.<br />
Era un po’ troppo teatrale, ma d’altra parte lo è anche Amleto. Eravamo tutti<br />
profondamente commossi. Ma forse, non avendo misurato le parole, io ero il più<br />
commosso dei tre.<br />
Ora la luna era al di sopra della spalla della Montagna e io avrei voluto con me<br />
un cane grosso e bravo e mi pentii di aver detto che mi sarei esibito in qualcosa che<br />
poteva farmi apparire migliore di Keiti. Ma l’avevo detto, e così controllai le lance e<br />
mi misi i morbidi mocassini e ringraziai Ngui e uscii dalla tenda. Fuori c’erano due<br />
uomini di guardia con i fucili e le munizioni e una lanterna appesa all’albero, e io mi<br />
lasciai dietro le luci e mi lasciai la luna sopra la spalla sinistra e mi avviai per la lunga<br />
camminata.<br />
L’asta della lancia era pesante e mi rassicurava; era avvolta in cerotto chirurgico<br />
in modo da non scivolare se si aveva la mano sudata. Spesso, quando si usa la lancia,<br />
si suda copiosamente sotto le ascelle e il sudore scivola lungo l’asta. L’erba spezzata<br />
era gradevole sotto i miei piedi, e poi sentii la compattezza delle tracce di pneumatici<br />
che conducevano alla pista di decollo e all’altra pista che chiamavamo Grande Strada<br />
del Nord. Era la prima sera che uscivo da solo con la lancia e avrei voluto avere uno<br />
dei miei vecchi fucili o almeno il grosso cane. Con un pastore tedesco sapevi sempre<br />
se c’era qualcosa nel cespuglio successivo, perché rallentava l’andatura e procedeva<br />
con il muso contro la parte posteriore del tuo ginocchio. Ma avere una sacrosanta<br />
paura come l’avevo io in giro di notte con la lancia è un lusso per il quale bisogna<br />
pagare e, come per i lussi migliori, molto spesso vale la pena di pagarlo. Mary, G.C. e