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Ernest Hemingway VERO ALL'ALBA

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15<br />

Quella serata risultò molto tranquilla. Nella tenda Debba si rifiutò di fare il bagno, e<br />

altrettanto fece la Vedova. Tutte e due avevano paura di Mwindi, che doveva portare<br />

l’acqua calda, e avevano paura della grande vasca di tela posata su sei zampe. Era<br />

comprensibile e fu compreso.<br />

Avevamo lasciato i Masai ai loro Manyatta e ormai avevamo superato lo stadio<br />

delle bravate. Le cose, al buio e in un posto ben definito, si erano fatte difficili, ma<br />

senza ripensamenti. Avevo detto alla Vedova di andarsene, dato che la proteggevo e<br />

non sapevo se, in base alla legge kamba, aveva il diritto di stare là. Ero pronto a<br />

rispettare qualunque diritto la legge kamba le concedesse. La Vedova era una donna<br />

delicata, molto carina e di buone maniere.<br />

A un certo punto, più tardi, entrò l’Informatore, e tanto Debba quanto io lo<br />

vedemmo rubare la bottiglia di grasso di leone. Era una bottiglia di Grand Macnish e<br />

io e Debba sapevamo che Ngui l’aveva adulterata con grasso di antilope, prima che<br />

lui e io decidessimo di diventare fratelli. Un po’ come se invece di un whisky a<br />

quaranta gradi, ce ne fosse uno a trenta. Ci svegliammo per vedere l’Informatore che<br />

la rubava, e Debba rise allegramente, rideva sempre allegramente, e disse: «Chui tu».<br />

E io dissi: «No hay remedio».<br />

«La puta gloria» rispose lei.<br />

Non avevamo un grande vocabolario e non eravamo grandi conversatori e non<br />

avevamo bisogno di un interprete tranne che per la legge kamba e ci rimettemmo a<br />

dormire per qualche minuto, con la Vedova che faceva rigidamente la guardia. Aveva<br />

visto l’Interprete rubare la bottiglia con il grasso di leone troppo bianco che tutti noi<br />

conoscevamo bene ed era stato il suo colpo di tosse ad attirare la nostra attenzione.<br />

A questo punto chiamai Msembi, il bravo ragazzo un po’ rozzo che ci faceva da<br />

cameriere. Era un Kamba cacciatore, non coltivatore di grano, ma non un cacciatore<br />

esperto, e dopo la guerra era stato ridotto a uno stato servile. Eravamo tutti servi. Io<br />

servivo il governo tramite il Dipartimento della Caccia, e servivo Miss Mary e una<br />

rivista chiamata “Look”. Il mio servizio per Miss Mary era terminato, sia pure<br />

temporaneamente, con la morte del leone. Anche il mio servizio per “Look” era<br />

temporaneamente sospeso: avevo sperato che lo fosse in via definitiva. Mi ero<br />

sbagliato, naturalmente. Ma né a Msembi né a me pesava servire, e nessuno dei due<br />

aveva servito il nostro Dio o il nostro Re tanto bene da poter fare il difficile in<br />

proposito.<br />

Le uniche leggi sono le leggi tribali e io ero un Mzee, il che significa anziano,<br />

ma anche dotato delle prerogative dei guerrieri. Era difficile essere tutte e due le cose,<br />

e i Mzee più vecchi si irritavano per la stranezza di questa posizione. Bisognerebbe<br />

rinunciare a qualcosa, o se necessario a qualunque cosa, e non tentare di avere tutto.<br />

Avevo imparato questa lezione in un posto chiamato Schnee Eifel, dove era stato<br />

necessario passare dall’offensiva alla difensiva. Quando si rinuncia a ciò che si è<br />

conquistato a caro prezzo come se non fosse costato un centesimo, si diventa<br />

apertamente vulnerabili. È difficile da farsi e spesso si dovrebbe essere uccisi per<br />

averlo fatto; ma se non si opera il cambio, si sarà uccisi più in fretta.

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