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Ernest Hemingway VERO ALL'ALBA

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A chi piaceva, la birra dello Shamba poteva anche andare bene. Aveva lo stesso<br />

sapore della birra fatta in casa nell’Arkansas ai tempi del Proibizionismo. C’era un<br />

uomo, un calzolaio, che durante la Prima guerra mondiale aveva combattuto da eroe e<br />

che faceva una birra molto simile a quella. La bevevamo spesso nel soggiorno della<br />

sua casa. La mia fidanzata e la Vedova vennero fuori e la mia fidanzata salì in<br />

macchina e si sedette vicino a Mthuka. Teneva gli occhi bassi, ma lanciò uno sguardo<br />

trionfante alle altre donne del villaggio. Indossava un abito che era stato lavato troppe<br />

volte e attorno alla testa aveva legato un bellissimo fazzoletto ottenuto con uno<br />

scambio merci. La Vedova si sistemò fra Ngui e il portatore d’armi di Pop.<br />

Mandammo l’Informatore a prendere altre sei bottiglie di birra, ma nel villaggio ce<br />

n’erano solo quattro. Le presi e le detti a mio suocero. Debba non guardò nessuno e<br />

se ne rimase seduta eretta, con i seni che puntavano in avanti, paralleli al mento.<br />

Mthuka mise in moto e lasciammo il villaggio, con tutta la gente che era gelosa<br />

e disapprovava, i bambini, le capre, le madri che allattavano, i polli, i cani e mio<br />

suocero.<br />

«Qué tal, tú?» chiesi a Debba. «En la puta gloria.»<br />

Era la seconda frase che preferiva in spagnolo. Una frase strana, che nessuno<br />

mai avrebbe tradotto allo stesso modo di un altro.<br />

«Il chui ti ha ferito?»<br />

«No. Niente d’importante.»<br />

«Era grosso?»<br />

«Non molto.»<br />

«Ha ruggito?»<br />

«Molte volte.»<br />

«Ha ferito qualcuno?»<br />

«Nessuno. Nemmeno te.»<br />

Debba si premeva contro la coscia la fondina incisa della pistola e poi mise la<br />

mano dove le piaceva tenerla.<br />

«Mimi bili chui» disse lei. Nessuno di noi era uno studioso di Swahili, ma<br />

ricordavo i due leopardi dell’Inghilterra, quindi qualcuno doveva aver conosciuto i<br />

leopardi molto tempo prima.<br />

«Bwana» disse Ngui, e la sua voce aveva quella durezza che nasce dall’amore o<br />

dalla rabbia o dalla tenerezza.<br />

«Wakamba, tu» dissi io. Lui rise e interruppe la cosa volgare e cattiva.<br />

«Abbiamo tre bottiglie di birra che Msembi ha rubato per noi.»<br />

«Grazie. Quando avremo superato la salita ci fermiamo e mangiamo gli spuntini<br />

al salmone.»<br />

«E anche buona carne fredda» disse Ngui.<br />

«Mzuri.»<br />

Fra i Wakamba l’omosessualità non esiste. Ai vecchi tempi dei processi kingole<br />

che, come mi aveva spiegato Mwindi, significavano la riunione di tutti per<br />

l’uccisione di qualcuno, gli omosessuali venivano condannati, legati per qualche<br />

giorno nel fiume o in una pozza d’acqua perché la loro carne diventasse più tenera e<br />

poi uccisi e mangiati. E io avevo pensato che sarebbe stato un destino ben triste per<br />

molti commediografi. Comunque, la convinzione era che mangiare una qualunque

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