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Ernest Hemingway VERO ALL'ALBA

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Il brindisi successivo fu un po’ volgare, ma con le tendenze dell’epoca e la<br />

necessità di dare alla nostra nuova religione una qualche forma di programma<br />

percorribile che in seguito potesse essere incanalato verso fini più alti e nobili,<br />

proposi: «Tunaua».<br />

Bevemmo solennemente, anche se notai che Charo aveva delle riserve. Quando<br />

ci rimettemmo a sedere, per conquistare l’approvazione del musulmano, dissi: «Na<br />

jehaad tu». Ma era un’approvazione difficile da ottenere. Sapevamo tutti che Charo<br />

era con noi solo per i brindisi formali e per la fratellanza, ma non lo sarebbe mai stato<br />

per la nostra nuova religione e per la politica.<br />

Msembi si avvicinò al tavolo e versò di nuovo e disse che ora la birra era quisha<br />

e io dissi che la nostra era un’organizzazione che faceva acqua da tutte le parti e che<br />

dovevamo montare in sella per andare immediatamente a Laitokitok a procurarcene<br />

dell’altra. Ci saremmo portati dietro della carne fredda da mangiare lungo la strada e<br />

qualche scatola di spuntini al salmone. Mthuka disse: «Kwenda na Shamba». E così<br />

decidemmo di passare dallo Shamba a prendere qualche bottiglia di birra, se<br />

l’avevano, per tenere insieme il gruppo finché non avessimo raggiunto Laitokitok o<br />

un altro Shamba dove fabbricavano birra. Ngui mi consigliò di prendere la mia<br />

fidanzata e la Vedova e aggiunse che tanto lui quanto Mthuka sarebbero stati okay al<br />

terzo Shamba masai che avremmo incontrato. Il portatore d’armi di Pop disse che<br />

anche lui era okay e sarebbe stato il protettore della Vedova. Avremmo voluto portare<br />

anche Msembi, ma eravamo in quattro, e con la Vedova e la mia fidanzata facevamo<br />

sei, e non sapevamo in quanti Masai ci saremmo imbattuti. C’erano sempre un sacco<br />

di Masai, a Laitokitok.<br />

Andai alla tenda, dove Mwindi aveva aperto il baule di metallo. Volevo tirare<br />

fuori la vecchia giacca di tweed comprata a Hong Kong, con il denaro riposto nei<br />

taschini interni dalle pattine abbottonate.<br />

«Quanti soldi vuoi?» chiese.<br />

«Quattrocento shillingi.»<br />

«Molti soldi. Cosa fai? Compri moglie?»<br />

«Compro birra, forse posho, medicine per Shamba, regali di Natale, compro<br />

lancia, riempio macchina di benzina, compro whisky per moto di polizia, compro<br />

sputini al salmone.»<br />

Rise per gli sputini al salmone. «Prendi cinquecento» disse. «Vuoi anche<br />

shillingi di metallo?»<br />

Gli shillingi di metallo erano in un portamonete di pelle. Ne contò trenta e<br />

chiese: «Metti giacca buona?».<br />

La giacca che preferiva vedermi indossare era una specie di giubbotto pieno di<br />

tasche, anche quello preso a Hong Kong.<br />

«No. Metto giacca di pelle. Prendi giacca con zip.»<br />

«Prendi anche lana. Freddo viene giù da Montagna.»<br />

«Vestimi come vuoi» dissi. «Ma attento, quando mi infili gli stivali.»<br />

Mi consegnò un paio di calze di cotone lavate di fresco e io me le misi, e lui mi<br />

aiutò a calzare gli stivali, che lasciò aperti senza tirare su le chiusure lampo ai due<br />

lati. Nella tenda entrò Ngui. Indossava gli stessi calzoncini puliti e una nuova camicia<br />

sportiva che non avevo mai visto. Gli dissi che avremmo portato con noi solo il 30-06

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