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Ernest Hemingway VERO ALL'ALBA

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«Tu lava con sapone azzurro. Io metto roba rossa.»<br />

Se riuscivamo a procurarcelo, usavamo il mercurocromo invece della tintura di<br />

iodio, anche se alcuni africani preferivano la tintura di iodio perché, facendo male,<br />

era considerata una medicina più efficace. Mi lavai e mi sfregai i graffi finché furono<br />

scoperti e puliti e Mwindi me li pennellò con cura.<br />

Indossai gli indumenti puliti, sapendo che anche Mthuka, Ngui, il portatore di<br />

Pop e Charo si stavano cambiando.<br />

«Chui è venuto?»<br />

«No.»<br />

«Perché tutti molto felici, allora?»<br />

«È stato shauri divertentissimo. Divertentissima caccia per tutta mattina.»<br />

«Perché tu vuoi essere africano?»<br />

«Diventerò Kamba.»<br />

«Forse» disse Mwindi.<br />

«Forse un cazzo.»<br />

«Ecco che arrivano tuoi amici.»<br />

«Fratelli.»<br />

«Forse fratelli. Charo non tuo fratello.»<br />

«Charo mio buon amico.»<br />

«Sì» disse tristemente Mwindi, porgendomi un paio di pantofole che, come<br />

sapeva, erano strette e rimanendo a guardare per vedere quanto mi avrebbero fatto<br />

male quando le avessi messe. «Charo buono amico. Ha molta cattiva fortuna.»<br />

«Come?»<br />

«In tutti i modi. Lui è uomo sfortunato.»<br />

Uscii per raggiungere gli altri, che erano in piedi accanto al tavolo con Msembi<br />

in tunica verde e copricapo a tamburello dello stesso colore, pronto a prendere la birra<br />

dalla sacca di tela di un verde sbiadito. Le nubi erano molto alte nel cielo e il cielo era<br />

il cielo più alto del mondo e io guardai oltre la tenda e vidi la Montagna alta e bianca<br />

sopra gli alberi.<br />

«Signori» dissi, e feci un inchino e ci sedemmo tutti sulle poltroncine dei Bwana<br />

e Msembi versò quattro bicchieroni di birra e la Coca-Cola per Charo. Charo era il<br />

più vecchio e così detti la precedenza a lui e Mwindi lo servì per primo. Charo si era<br />

messo un turbante un po’ meno grigio e indossava inappuntabili calzoncini ben<br />

rammendati e una giubba azzurra dai bottoni d’ottone chiusa al collo con uno spillone<br />

che gli avevo regalato vent’anni prima.<br />

Quando i bicchieri furono pieni, mi alzai per proporre un brindisi. «Alla<br />

Regina.» Bevemmo tutti e poi dissi: «Al signor Chui, signori, vera Fauna Reale».<br />

Bevemmo ancora, formali e dignitosi, ma con entusiasmo. Msembi riempì di nuovo i<br />

bicchieri, questa volta cominciando da me e finendo con Charo. Aveva grande<br />

rispetto per gli anziani, ma era difficile rispettare la bibita gassata, quando c’era la<br />

birra Tusker.<br />

«A noi» dissi, facendo un inchino a Ngui, che aveva imparato l’italiano nei<br />

bordelli requisiti di Addis Abeba e dalle amanti lasciate frettolosamente da un<br />

esercito in fuga. Aggiunsi: «Wakamba rossa e libertà. Wakamba rossa trionferà».<br />

Vuotammo i bicchieri fino in fondo e Mwindi li riempì di nuovo.

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