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Ernest Hemingway VERO ALL'ALBA

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E lui rispose: «Hapana. Twendi kwa chui».<br />

E così entrammo di nuovo nel folto, ma questa volta Ngui sapeva dove andare.<br />

Dopo poco più di un metro, dove le radici erano cresciute fuori dalla terra, c’era un<br />

rialzo. Avanzammo strisciando, con Ngui che mi dirigeva da una parte o dall’altra<br />

battendomi la mano sulla gamba. Poi vidi l’orecchio del leopardo e le piccole<br />

macchie in alto sul rigonfiamento del collo e della spalla. Sparai e sparai ancora e non<br />

vi furono ruggiti e strisciammo indietro e io ricaricai e poi aggirammo l’estremità<br />

occidentale della macchia di arbusti fino a raggiungere la camionetta sul lato più<br />

lontano.<br />

«Kufa» disse Charo. «Mzuri cuba sana.»<br />

«Kufa» disse Mthuka. Tutti e due riuscivano a vedere il leopardo, ma io no.<br />

Scesero dalla camionetta e proseguimmo tutti e io dissi a Charo di tenersi<br />

indietro, con la sua lancia. Ma lui disse: «No. È morto, Bwana. Io visto morire».<br />

Coprii Ngui con il fucile mentre lui si apriva la strada calando colpi di panga<br />

contro le radici e gli arbusti come se fossero stati i nostri nemici o tutti i nostri nemici<br />

e poi lui e il portatore di armi di Pop trascinarono fuori il leopardo, che caricammo<br />

sul retro della camionetta. Era un buon leopardo e noi l’avevamo braccato bene e<br />

allegramente e come fratelli, senza Cacciatori Bianchi né Ranger della Caccia, ed era<br />

un leopardo kamba condannato per omicidi inutili commessi in uno Shamba kamba<br />

illegale e noi eravamo tutti Wakamba e tutti assetati.<br />

Charo fu l’unico a esaminare da vicino l’animale perché era stato aggredito due<br />

volte dai leopardi e mi mostrò il punto in cui era penetrata la carica di proiettili<br />

sparati a distanza ravvicinata, praticamente accanto alla ferita alla spalla provocata<br />

dalla prima pallottola. Sapevo che doveva essere stata la prima, perché ero certo che<br />

le radici e i tronchi dovevano aver deviato le altre, ed ero felice e orgoglioso di noi<br />

tutti e per come eravamo stati durante l’intera giornata e felice di tornare al campo e<br />

all’ombra e alla birra fredda.<br />

Entrammo nel campo con il claxon che suonava e vennero fuori tutti e Keiti era<br />

soddisfatto e credo anche orgoglioso. Scendemmo dalla macchina e Charo fu l’unico<br />

a continuare a guardare il leopardo. Keiti rimase con lui, mentre lo scuoiatore si<br />

occupava dell’animale. Non scattammo neanche una fotografia. Keiti mi aveva<br />

chiesto: «Piga picha?» e io avevo risposto: «Merda piga».<br />

Ngui e il portatore di Pop sistemarono le armi nella tenda, sul letto di Mary, e io<br />

arrivai con le macchine fotografiche, che appesi. Dissi a Msembi di mettere il tavolo<br />

sotto l’albero insieme a qualche poltroncina e di andare a prendere la birra fresca e la<br />

Coca-Cola per Charo. E dissi a Ngui di non preoccuparsi di pulire subito le armi, ma<br />

di andare a chiamare Mthuka e poi avremmo bevuto la birra con tutte le formalità.<br />

Mwindi disse che dovevo fare il bagno. Avrebbe preparato l’acqua in pochi<br />

minuti. Risposi che mi sarei lavato alla catinella e per favore che andasse a cercarmi<br />

una camicia pulita.<br />

«Devi fare grande bagno» disse.<br />

«Farò grande bagno più tardi. Ho troppo caldo.»<br />

«Come sporcato con tutto quel sangue? Preso da chui?»<br />

Era una domanda ironica, ma l’ironia era attentamente mascherata.<br />

«Da rami d’albero» risposi.

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