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Ernest Hemingway VERO ALL'ALBA

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semicerchio, con la coda alzata, la testa alzata e la schiena abbassata. Quando piombò<br />

giù e colpì il terreno con un tonfo, il corpo era ricurvo come una luna nuova.<br />

Ngui e Mthuka mi dettero delle pacche sulle spalle e Charo mi strinse la mano.<br />

E mentre mi stringeva la mano, il portatore d’armi di Pop piangeva, perché<br />

l’uccisione del leopardo era stata una cosa emozionante. Inoltre, continuava a ripetere<br />

la stretta di mano segreta dei Kamba. Dopo un attimo ricaricavo il fucile con la mano<br />

libera e Ngui, nella sua eccitazione, imbracciava il .557 invece della carabina, mentre<br />

avanzavamo guardinghi per vedere il corpo del flagello che aveva ucciso le capre di<br />

mio suocero. Ma il corpo del leopardo non c’era.<br />

Sul terreno dov’era caduto vidi un affossamento, e la striscia di sangue, lucida e<br />

a chiazze, che andava verso un folto di arbusti sulla sinistra degli alberi. I cespugli<br />

erano intricati come possono esserlo solo le rizofore delle paludi, e ora nessuno più<br />

mi dava la stretta di mano segreta dei Kamba.<br />

«Signori» dissi in spagnolo, «la situazione è radicalmente cambiata.» E lo era.<br />

Ormai sapevo il fatto mio, avendo imparato da Pop che qualunque leopardo ferito in<br />

un folto di arbusti è un leopardo ferito diverso. Nessun leopardo si comporta mai<br />

come un altro, tranne che balzano sempre tutti fuori, e per uccidere. Per questo avevo<br />

mirato prima alla base della testa e al collo. Ma ormai era troppo tardi per analizzare i<br />

colpi mancati.<br />

Il primo problema era Charo. Era stato aggredito due volte dai leopardi ed era<br />

vecchio, nessuno sapeva quanto, ma certo abbastanza vecchio da essere mio padre.<br />

Era eccitato quanto un cane da caccia dietro alla preda.<br />

«Tu tieniti fuori dai coglioni e sali sul tetto della macchina.»<br />

«Hapana, Bwana» disse.<br />

«Ndio troppo maledetto ndio.»<br />

«Ndio» disse lui, senza dire “Ndio Bwana” che per noi era un insulto. Ngui<br />

aveva caricato il Winchester a pompa calibro 12 con SSG, che tradotto significa<br />

pallini da schioppo. Non avevamo mai sparato a niente con gli SSG e io non volevo<br />

pasticci, e così feci scattare l’espulsore e lo riempii di cartucce da caccia n’ 8 che<br />

avevo tirato fuori dalla loro scatola e mi riempii le tasche con quelle che restavano. A<br />

distanza ravvicinata, una carica di buoni pallini da caccia sparata da un fucile<br />

completamente riempito è solida quanto un proiettile. Ricordavo di averne visto<br />

l’effetto su un corpo umano, con il piccolo foro dai bordi di un nero azzurrognolo nel<br />

retro della giacca di pelle e l’intera carica dentro il torace.<br />

«Kwenda» dissi a Ngui, e ci incamminammo lungo la scia di sangue, io che<br />

coprivo Ngui con il fucile e lui che seguiva le tracce, e il portatore d’armi di Pop<br />

seduto sulla macchina con il .557. Charo non era salito sul tetto del veicolo, ma si era<br />

sistemato sul sedile posteriore con la migliore delle tre lance. Ngui e io procedemmo<br />

a piedi.<br />

Da una chiazza di sangue Ngui tirò su un appuntito frammento d’osso e me lo<br />

passò. Era un pezzo di scapola e io me lo misi in bocca. Non ci sono spiegazioni, per<br />

questo. Lo feci senza pensarci. Ma ci legò maggiormente al leopardo, e io lo morsi e<br />

assaggiai il sangue fresco, che aveva lo stesso sapore del mio, e capii che il leopardo<br />

non aveva perso solo l’equilibrio. Ngui e io seguimmo le tracce di sangue fino a dove<br />

si perdevano nella folta macchia di rizofore. Le foglie delle rizofore erano di un verde

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