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Ernest Hemingway VERO ALL'ALBA

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stati tutti insieme. Miss Mary, essendo stata giornalista, aveva una splendida capacità<br />

inventiva. Non l’avevo mai sentita raccontare una storia due volte allo stesso modo e<br />

avevo sempre la sensazione che la rivedesse per l’ultima edizione. Avevamo bisogno<br />

anche di Pop, perché volevo il suo permesso, prima di montarlo a grandezza naturale<br />

e sistemarlo nella hall, nel caso fosse mai morto. Forse ci sarebbe stata qualche<br />

opposizione da parte della sua famiglia, ma dovevamo discutere a fondo l’intero<br />

progetto e raggiungere la decisione più consona. Pop non aveva mai espresso molto<br />

affetto per Laitokitok, che considerava più o meno una trappola del peccato, e<br />

pensavo che volesse essere sepolto sulle montagne del suo paese. Ma se non altro<br />

potevamo discuterne.<br />

Il miglior modo per non sentire la solitudine, mi dissi, è scherzare, deridere o<br />

disprezzare, e prevedere il peggior esito per qualunque cosa. L’umorismo nero è il<br />

più valido, anche se non il più durevole, dato che di per sé è necessariamente<br />

momentaneo. Rilessi quella lettera triste e immaginando il nuovo Hilton di<br />

Laitokitok, risi. Il sole era quasi calato e sapevo che ormai Mary doveva essere al<br />

New Stanley, probabilmente nella vasca da bagno. Mi piaceva pensare a lei nella<br />

vasca e speravo che quella sera si divertisse. A lei non andavano i locali pubblici che<br />

frequentavo io, e decisi che probabilmente quella sera sarebbe finita al Travelers Club<br />

o in un posto del genere, e fui felice che fosse lei a divertirsi a quel modo e non io.<br />

La smisi di pensare a lei e pensai a Debba e al fatto che le avevo promesso di<br />

portarla con la Vedova a comprare i tessuti per i vestiti che avrebbero indossato per la<br />

celebrazione della Nascita di Gesù Bambino. L’acquisto ufficiale di abiti con la mia<br />

fidanzata presente e la scelta dei tessuti per i quali avrei pagato io, mentre venivo<br />

osservato da una cinquantina di donne e guerrieri masai, rappresentavano l’occasione<br />

più formale significativa che Laitokitok avrebbe offerto in quella stagione mondana e<br />

probabilmente in qualunque altra. Essendo uno scrittore, la qual cosa è una vergogna<br />

ma a volte anche una comodità, mentre non riuscivo a prendere sonno mi chiesi come<br />

avrebbe risolto la situazione Henry James. Lo ricordavo sulla terrazza del suo albergo<br />

di Venezia a fumare un buon sigaro e a chiedersi che cosa stava succedendo in quella<br />

città dove era molto più difficile tenersi fuori dai guai che ficcarcisi dentro, e ricordai<br />

anche che nelle notti in cui non riuscivo a dormire traevo grande conforto dal ricordo<br />

di Henry James in piedi sulla terrazza dell’albergo a guardare la città e i passanti,<br />

ognuno con i suoi bisogni e i suoi doveri e i suoi problemi, le sue piccole economie e<br />

la sua felicità provinciale e i rumori della ben organizzata vita del canale, e pensai a<br />

James, che non conosceva un solo posto in cui andare e rimaneva sulla terrazza con il<br />

suo sigaro. Ora che ero felice in una notte in cui ero lieto di decidere se dormire o non<br />

dormire, mi piaceva pensare sia a Debba sia a James e chiedermi che cosa sarebbe<br />

successo se avessi tolto il sigaro consolatorio dalle labbra di James per passarlo a<br />

Debba, la quale se lo sarebbe potuto mettere dietro l’orecchio o magari darlo a Ngui,<br />

che aveva imparato a fumare sigari in Abissinia, dove, come fuciliere dell’esercito<br />

keniota, aveva combattuto, a volte anche vincendo, contro le truppe bianche e i loro<br />

sostenitori, imparando nel frattempo molte altre cose. Poi la smisi di pensare a Henry<br />

James e al suo sigaro consolatorio e al bel canale che avevo immaginato spazzato da<br />

un buon vento venuto ad aiutare tutti i miei fratelli e amici che dovevano lottare<br />

contro la corrente, e non mi importò più di ricordare la tozza figura robusta dalla testa

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