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Ernest Hemingway VERO ALL'ALBA

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che dava a Miss Mary la faccia squisitamente semitica di un ragazzo, con in più un<br />

corpo femminile quanto quello di una buona moglie masai. Arap non la chiamava<br />

Mama, come di solito gli africani chiamano le donne bianche sposate quando non si<br />

sentono di usare il termine Memsahib, ma Mummy. Miss Mary, che non era mai stata<br />

chiamata Mummy da nessuno, gli aveva chiesto di non chiamarla così. Ma quello era<br />

il titolo più nobile che Arap Meina fosse riuscito a salvare dai suoi contatti con la<br />

lingua inglese e così aveva cominciato a chiamarla Miss Mary Mummy o Mummy<br />

Miss Mary, a seconda se aveva usato le erbe o le cortecce d’albero allucinogene o se<br />

era entrato in contatto con il suo vecchio amico, l’alcol.<br />

Dopo cena eravamo seduti davanti al fuoco a parlare della devozione di Arap<br />

Meina per Miss Mary e io mi preoccupavo perché quel giorno non l’avevo visto,<br />

quando Mary disse: «Non è un male che tutti siano innamorati di tutti gli altri, come<br />

succede in Africa, vero?».<br />

«No.»<br />

«Sei sicuro che all’improvviso non ne verrà fuori qualcosa di terribile?»<br />

«Con gli europei viene continuamente fuori qualcosa di terribile. Bevono troppo<br />

e sono troppo promiscui e poi danno la colpa all’altitudine.»<br />

«C’è veramente qualcosa nell’altitudine, o almeno, nell’altitudine all’Equatore.<br />

È l’unico posto che conosco dove il gin puro sa d’acqua. È innegabile, e dunque<br />

dev’esserci qualcosa nell’altitudine o roba del genere.»<br />

«Certo che c’è qualcosa. Ma noi che lavoriamo sodo e andiamo a caccia a piedi<br />

e buttiamo fuori l’alcol con il sudore e ci arrampichiamo su per quella maledetta<br />

scarpata e ci arrampichiamo attorno a questa montagna non dobbiamo preoccuparci<br />

per i liquori. Ci escono dai pori. Tesoro, cammini più tu andando avanti e indietro da<br />

quel gabinetto di quanto la maggior parte delle donne che vengono per i safari<br />

camminino per tutta l’Africa.»<br />

«Non nominiamo il gabinetto. È sempre zeppo del miglior materiale di lettura e<br />

c’è anche un magnifico viottolo per arrivarci. Non l’hai ancora finito, il libro sui<br />

leoni?»<br />

«No. Lo conservo per quando sarai via.»<br />

«Non conservare troppe cose per quando sarò via.»<br />

«Conservo solo questo.»<br />

«Spero che ti insegni a essere buono e prudente.»<br />

«Lo sono comunque.»<br />

«No che non lo sei. Tu e G.C. siete molto simili, a volte, e tu lo sai. Quando<br />

penso che tu, un buono scrittore e un uomo prezioso e mio marito, fai le cose che tu e<br />

G.C. fate in quelle orribili spedizioni notturne.»<br />

«Dobbiamo studiare gli animali di notte.»<br />

«Ma non li studiate. Fate solo delle cose diaboliche per esibirvi l’uno con<br />

l’altro.»<br />

«Non è così, gattina. Facciamo quello che facciamo per divertirci. Quando si<br />

smette di fare qualcosa per divertirsi, tanto vale essere morti.»<br />

«Ma non c’è bisogno che tu faccia cose che possono ucciderti e fingere che la<br />

Land Rover sia un cavallo e che stai correndo al Grand National. Nessuno di voi due<br />

cavalca abbastanza bene da correre ad Aintree su quella pista.»

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