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Ernest Hemingway VERO ALL'ALBA

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ilico come il bordo di una valanga, e me lo portai alle labbra, delicatamente e senza<br />

rovesciarlo, tirando su il primo sorso con il labbro superiore.<br />

«Niente male per un cacciatore sfortunato» disse G.C. «Sono stati occhi così<br />

bordati di rosso e iniettati di sangue e mani così ferme a fare grande la nostra<br />

Inghilterra.»<br />

«“Andando per mare tirando la randa beviamo forte come Dio comanda”» dissi.<br />

«Hai già attraversato l’Atlantico?»<br />

«Sto passando sull’Irlanda» rispose G.C. «Paurosamente verde. Quasi quasi<br />

vedo le luci del Le Bourget. Imparerò a volare, generale.»<br />

«L’hanno già detto in molti. La domanda è come volerai?»<br />

«Mi tirerò su e spiccherò il volo.»<br />

«Sui tuoi stessi piedi e quando la fortuna è a terra?»<br />

«No. Su un aereo.»<br />

«Probabilmente su un aereo si è più al sicuro. E porterai questi principi dentro la<br />

Vita, figliolo?»<br />

«Bevi la tua birra, Billy Graham» disse G.C. «Che farai, quando me ne sarò<br />

andato, generale? Niente crollo di nervi, spero. Niente trauma. Ne sarai all’altezza, mi<br />

auguro. Non è mai troppo tardi per non porgere il fianco.»<br />

«Quale fianco?»<br />

«Qualunque fianco. È uno dei pochi termini militari che ricordo. Mi sono<br />

sempre rifiutato di porgergli il fianco, a quelli. Nella vita reale si porge un fianco<br />

difensivo, ancorandolo da qualche parte. Finché non porgerò il fianco a nessuno, non<br />

resterò menomato.»<br />

«Mon flanc gauche est protégé par une colline» dissi, ricordando fin troppo<br />

bene. «J’ai les mitrailleuses bien placés. Je me trouve très bien ici et je reste.»<br />

«Ti stai rifugiando in una lingua straniera. Versa da bere e poi andiamo e la<br />

facciamo finita con quelle misurazioni, mentre i miei arzilli ruffiani fanno qualunque<br />

cosa stiano facendo stamattina, prima di finire ai margini della società a mendicare<br />

per tutta la vita.»<br />

«Hai mai letto Sergeant Shakespeare?»<br />

«No.»<br />

«Andrò a prendertelo. Me l’ha dato Duff Cooper. L’ha scritto lui.»<br />

«Non è Reminiscences?»<br />

«No.» Avevamo letto Reminiscences a puntate su uno dei quotidiani di sottile<br />

carta aerea portati a Nairobi sui Comet che poi proseguivano per Entebbe. Nella<br />

serializzazione fatta dal giornale non mi era piaciuto granché. Invece Sergeant<br />

Shakespeare mi era piaciuto moltissimo e mi era piaciuto anche Duff Cooper, purché<br />

senza la moglie. Ma in Reminiscences lei era molto presente, e io e G.C. ne eravamo<br />

rimasti delusi.<br />

«E tu, G.C., quando scriverai le tue reminiscenze?» chiesi. «Non sai che i vecchi<br />

dimenticano?»<br />

«Non ho mai realmente pensato di scriverle.»<br />

«Dovrai farlo. Non ne restano molti, di veterani. Potresti cominciare subito col<br />

raccontare dei vecchi tempi. Pensa ai primi volumi. Tanto tempo fa in Abissinia<br />

sarebbe un buon inizio. Tralascia l’università e il periodo della bohème a Londra e sul

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