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Ernest Hemingway VERO ALL'ALBA

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9<br />

Andai alla tenda per vedere se Mary era sveglia, ma dormiva ancora profondamente.<br />

Si era svegliata, aveva bevuto un po’ di tè e si era riaddormentata.<br />

«Lasciamola dormire» dissi a G.C. «Non cambia niente, se aspettiamo anche<br />

fino alle nove e mezzo, prima di scuoiare il leone. Mary deve concedersi tutto il<br />

sonno che può.»<br />

G.C. stava leggendo il libro di Lindbergh e siccome quella mattina io non avevo<br />

la forza per L’anno del leone, presi un volume sugli uccelli. Era un buon libro di<br />

Praed e Grant, appena uscito, e io ero consapevole che dando accanitamente la caccia<br />

a un solo animale e concentrandomi su di lui avevo perso molto a non osservare gli<br />

uccelli come avrei dovuto. Se non ci fosse stato quell’animale, saremmo stati più che<br />

soddisfatti di osservare gli uccelli e ora mi rendevo conto di averli terribilmente<br />

trascurati. Mary si era comportata molto meglio. Lei vedeva sempre uccelli che io<br />

non notavo neppure e li studiava in tutti i particolari mentre io rimanevo seduto al<br />

campo con lo sguardo perso in lontananza. Ora capivo quanto ero stato stupido e tutto<br />

il tempo che avevo perduto.<br />

A casa, seduto vicino alla piscina, ero sempre contento di vedere i martin<br />

pescatori tuffarsi per tirare gli insetti fuori dall’acqua e di guardare il grigio<br />

biancastro del loro petto farsi verdognolo per il riflesso della piscina. Mi piaceva<br />

osservare le tortore appollaiate sui platani e osservare i mimi poliglotti che cantavano.<br />

Veder passare gli uccelli migratori in primavera e in autunno era eccitante e vedere<br />

gli aironi venire a bere alla piscina e osservarli mentre cercavano i girini negli stagni<br />

rallegrava il pomeriggio. Ora qui in Africa in giro per il campo c’erano sempre dei<br />

begli uccelli. Se ne stavano sugli alberi o fra i cespugli di rovi o zampettavano a terra<br />

e io li vedevo solo come frammenti di colore, mente Mary li amava e li conosceva<br />

tutti. Non riuscivo a capire come avevo fatto a diventare tanto stupido e insensibile e<br />

me ne vergognavo.<br />

Mi resi conto che per molto tempo ero stato attento solo alle bestie feroci, agli<br />

avvoltoi e agli uccelli buoni da mangiare e agli uccelli che avevano a che fare con la<br />

caccia. Poi, mentre pensavo a quali uccelli avevo notato, ne venne fuori un elenco<br />

talmente lungo che alla fine non mi sentii più tanto colpevole, ma comunque presi la<br />

decisione di osservare meglio gli uccelli che giravano per il campo e di interrogare<br />

Mary su tutti quelli che non conoscevo e soprattutto di guardarli veramente e di non<br />

limitarmi a vederli.<br />

Questa storia del vedere e non guardare le cose era un gran peccato, pensai, e<br />

per giunta un peccato in cui era facile cadere. Era sempre l’inizio di qualcosa di male<br />

e meditai che non meritavamo di vivere nel mondo, se non lo guardavamo. Mi chiesi<br />

come avevo fatto ad arrivare al punto di non vedere i piccoli uccelli che giravano per<br />

il campo e decisi che per lo più era dovuto al fatto che leggevo troppo allo scopo di<br />

distogliere la mente dalla caccia e in parte, di sicuro, perché quando tornavamo dalla<br />

caccia bevevo per rilassarmi. Ammiravo Mayito, che non beveva quasi niente perché

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