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doveva portare Miss Mary e poi da dietro le tende si riversò verso di noi il battere<br />
sordo delle danze wakamba, con tutti che cantavano la canzone del leone. Il grosso<br />
cameriere che serviva in tavola e l’autista del camion si avvicinarono con una sedia,<br />
la misero giù e Keiti, ballando e battendo le mani, guidò Miss Mary per farcela<br />
sedere, poi la sollevarono e cominciarono a ballare con lei attorno al fuoco e poi via<br />
verso i confini del campo e attorno al fuoco della cucina e al fuoco degli uomini e<br />
attorno alle macchine e al camion, dentro e fuori, muovendosi a serpente. Gli Scout<br />
del Dipartimento della Caccia erano a torso nudo, così come lo erano tutti gli altri,<br />
tranne i vecchi. Guardai la testa luminosa di Mary e i bei corpi forti e neri che la<br />
circondavano e si piegavano e battevano i piedi nella danza e poi alzavano le mani<br />
per toccarla. Era una bella danza selvaggia per il leone e alla fine misero giù la sedia<br />
con Mary, vicino alla poltroncina accanto al fuoco e tutti le strinsero la mano e fu<br />
finita. Mary era felice e consumammo una bella cena allegra e andammo a letto.<br />
Durante la notte mi svegliai e non riuscii a riprendere sonno. Mi svegliai di<br />
soprassalto e tutto era assolutamente silenzioso. Poi sentii il leggero respiro regolare<br />
di Mary e provai una sensazione di sollievo all’idea che non dovevamo più prepararla<br />
tutte le mattine allo scontro con il leone. Dopo un po’ cominciai a provare dispiacere<br />
perché la morte del leone non era stata come lei aveva sperato e come l’aveva<br />
progettata. Con le celebrazioni e la danza veramente selvaggia e l’affetto di tutti i<br />
suoi amici e la loro lealtà, la sua delusione era stata anestetizzata. Ma ero sicuro che<br />
dopo le cento mattine e più in cui era andata a cercare il grande leone, la delusione<br />
sarebbe tornata. Mary non sapeva in che pericolo si era trovata. O forse lei lo sapeva<br />
e io no. Né G.C. né io volevamo dirglielo perché ce l’eravamo vista brutta tutti e due<br />
e non era stato certo senza ragione, se ci eravamo inzuppati di sudore nel freddo della<br />
sera. Ricordai com’erano gli occhi del leone quando si era girato a guardarmi e poi li<br />
aveva abbassati e poi li aveva voltati verso Mary e G.C., senza più staccarli da loro.<br />
Rimasi nel letto a chiedermi come facevano i leoni, partendo da fermi, a coprire cento<br />
metri in poco più di tre secondi. Partono rasenti al terreno, più veloci dei levrieri, e<br />
non balzano finché non sono sulla preda. Il leone di Mary doveva pesare ben oltre i<br />
duecento chili ed era abbastanza forte da superare con un salto una capanna con sopra<br />
una mucca. Gli era stata data la caccia per diversi anni ed era molto intelligente. Ma<br />
noi l’avevamo rassicurato e spinto a commettere un errore. Ero contento che prima di<br />
morire si fosse sdraiato sull’alto terrapieno giallo e rotondo, con la coda abbandonata<br />
e le grosse zampe distese davanti a sé e lo sguardo che vagava sul suo paese, verso la<br />
foresta bluastra e le alte nevi bianche della grande Montagna. Io e G.C. avremmo<br />
voluto che venisse ucciso dal primo colpo di Mary o, se fosse rimasto ferito, che<br />
caricasse. Ma lui aveva giocato la partita a modo suo. Il primo sparo non doveva<br />
essergli sembrato più di una puntura improvvisa e acuta. Il secondo, che gli era<br />
passato attraverso il muscolo della zampa mentre balzava verso il rifugio d’alberi<br />
dove ci avrebbe costretti a combattere, al massimo doveva avergli dato la sensazione<br />
di un violento schiaffo. Non mi piaceva pensare che cosa doveva aver provato<br />
quando il mio colpo, sparato di corsa e da grande distanza con l’intenzione di<br />
centrarlo e farlo cadere, l’aveva casualmente preso alla spina dorsale. Si era trattato di<br />
un proiettile con duecentoventi grani di polvere, e non volevo pensare all’effetto che<br />
aveva avuto. Non mi avevano mai spezzato la schiena e non lo sapevo. Ero contento