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Ernest Hemingway VERO ALL'ALBA

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Poi ricordai quello che avevo detto nel pomeriggio a proposito della morte del<br />

leone e ricordai anche che ora era tutto finito e che Mary aveva vinto, e parlai con<br />

Ngui e Mthuka e con i portatori d’armi di Pop e con gli altri della nostra religione e<br />

scuotemmo la testa e ridemmo e Ngui volle che buttassi giù un’altra sorsata dalla<br />

fiaschetta Jinny. Per la birra, preferivano aspettare di essere al campo, ma volevano<br />

che bevessi subito con loro, anche se sfioravano appena la bottiglia con le labbra.<br />

Dopo le fotografie, Mary se ne rimase eretta davanti a noi, e ci vide bere e chiese la<br />

fiaschetta e bevve a canna e la passò a G.C. Ce la restituirono e io bevvi e poi mi<br />

sdraiai vicino al leone e gli parlai molto piano in spagnolo e gli chiesi di perdonarci<br />

se l’avevamo ucciso e mentre me ne stavo sdraiato accanto a lui tastai le ferite. Erano<br />

quattro. Mary l’aveva colpito a una zampa e in un fianco. Mentre gli passavo la mano<br />

sulla schiena sentii il punto della spina dorsale dove l’avevo colpito io e il foro più<br />

grande provocato dalla pallottola di G.C. molto più avanti, dietro la spalla. E intanto<br />

non smettevo di accarezzarlo e di parlargli in spagnolo, ma molti tafani stavano<br />

passando da lui a me, e così, con l’indice disegnai un pesce per lui nel terriccio, e poi<br />

lo cancellai con il palmo della mano.<br />

Durante il tragitto di ritorno al campo, Ngui, Charo e io non parlammo. A un<br />

certo punto sentii Mary chiedere a G.C. se veramente non avevo sparato prima di lei,<br />

e lui rispondere che si era conquistata il suo leone. Che era stata lei a colpirlo per<br />

prima e che certe cose non si svolgono sempre nel modo ideale e che quando un<br />

animale era ferito doveva essere ucciso e che eravamo maledettamente fortunati e lei<br />

doveva essere contenta. Ma io sapevo che la contentezza di Mary subiva alti e bassi<br />

perché non era andata come lei aveva sperato e sognato e temuto e atteso per tutti<br />

quei mesi. Ero angosciato per come si sentiva e sapevo che mentre per gli altri non<br />

faceva nessuna differenza, per lei faceva tutta la differenza del mondo. Ma se anche<br />

l’avessimo fatto di nuovo, non ci sarebbe stato modo di farlo diversamente. G.C.<br />

l’aveva portata più vicina di quanto nessuno tranne un grande tiratore aveva il diritto<br />

di portarla. Se il leone avesse caricato dopo che lei l’aveva colpito, G.C. avrebbe<br />

avuto tempo per un solo sparo, prima che il leone piombasse su di loro. Il suo grosso<br />

fucile era efficiente e micidiale se il leone si avvicinava lentamente e se G.C. poteva<br />

sparare da un paio di centinaia di metri. Lo sapevamo tutti e due e non ci avevamo<br />

neanche scherzato sopra. Sparando contro l’animale così da vicino, Mary era stata in<br />

grande pericolo, ma tanto io quanto G.C. eravamo consapevoli che anche alla<br />

distanza a cui lui l’aveva portata, quando si trattava di selvaggina viva, Mary aveva<br />

comunque una possibilità di errore di una cinquantina di centimetri. Non era il<br />

momento di parlarne, ma lo sapevano anche Ngui e Charo, e io me ne preoccupavo<br />

da molto tempo. Il leone, decidendo di condurre la lotta nell’erba alta, dove aveva<br />

maggiori possibilità di atterrare qualcuno, aveva fatto la sua scelta e per poco non<br />

aveva vinto. Non era uno stupido e non era un vigliacco. Aveva voluto lottare dove le<br />

probabilità erano in suo favore.<br />

Arrivammo al campo e ci sedemmo vicino al fuoco e distendemmo le gambe e<br />

bevemmo. Ciò di cui avevamo bisogno era Pop, e Pop non c’era. Avevo detto a Keiti<br />

di portare della birra agli uomini, e ora aspettavo di sentirlo arrivare. E arrivò<br />

improvviso come una valanga d’acqua dalle alte onde bordate di schiuma che piombi<br />

nel letto di un fiume asciutto. Si erano presi il tempo sufficiente per decidere chi

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