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giovane. I membri di una cuadrilla conoscono tutti i difetti del matador e sono ben<br />
pagati. Tutti hanno perso completamente la fiducia nel matador e tutti l’hanno<br />
ritrovata molte volte. Mentre ce ne stavamo seduti in macchina o girellavamo in<br />
attesa che ci fosse abbastanza luce per muoverci, mi tornò in mente com’era prima di<br />
una corrida. Il nostro matador era solenne, e così noi eravamo solenni e, cosa del tutto<br />
insolita, amavamo il nostro matador. Il nostro matador non stava bene. Questo<br />
rendeva ancora più necessario che fosse protetto e che gli venissero fornite le migliori<br />
probabilità di successo, qualunque cosa avesse deciso di fare. Ma mentre ce ne<br />
stavamo seduti o ci adagiavamo sui sedili e sentivamo il sonno fluire via da noi,<br />
eravamo felici come sanno essere felici i cacciatori. Forse nessuno è felice come un<br />
cacciatore che ha davanti a sé una giornata nuova, eccitante, imprevedibile, e anche<br />
Mary era una cacciatrice. Ma si era impegnata in quel compito dopo essere stata<br />
addestrata, guidata e indottrinata da Pop sulle virtù e sull’assoluta purezza<br />
dell’uccisione di un leone, e Pop l’aveva considerata la sua ultima allieva e le aveva<br />
comunicato il senso dell’etica che non era mai stato capace di imporre alle altre<br />
donne, tanto che ora l’uccisione del leone non doveva avvenire in base a come queste<br />
cose vanno fatte, ma a come dovrebbero idealmente essere fatte. Pop aveva trovato<br />
finalmente in Mary lo spirito di un gallo da combattimento infuso in una donna, e lei<br />
aveva imparato a uccidere con entusiasmo ma in ritardo, e con l’unico difetto che<br />
nessuno sapeva dove sarebbe finito il colpo. Pop le aveva insegnato la morale della<br />
caccia e poi era dovuto andare via. Così ora lei possedeva la morale, ma aveva solo<br />
G.C. e me, e nessuno dei due era affidabile quanto Pop. E ora stava per iniziare la sua<br />
corrida, che era sempre stata rimandata.<br />
Mthuka mi fece cenno che la luce cominciava a essere accettabile e partimmo<br />
attraverso i campi di fiori bianchi, dove il giorno prima tutte le radure erano verdi.<br />
Quando raggiungemmo gli alberi della foresta con alla nostra sinistra l’alta erba<br />
gialla e morta, Mthuka rallentò piano fino a fermare la macchina. Voltò la testa e io<br />
vidi sulla sua guancia la cicatrice a forma di lancia e gli altri tagli. Non disse niente e<br />
io seguii il suo sguardo. Il grosso leone dalla criniera scura, la testa enorme sopra<br />
l’erba, veniva verso di noi. Sull’alta erba giallastra e rigida si vedeva solo quella<br />
testa.<br />
«Che ne dici» sussurrai a G.C., «se giriamo e ce ne torniamo tranquillamente al<br />
campo?»<br />
«Sono d’accordo» sussurrò lui.<br />
Mentre parlavamo, il leone si voltò per avviarsi di nuovo verso la foresta. Di lui<br />
vedevamo solo il movimento dell’erba.<br />
Quando tornammo al campo, facemmo colazione, e Mary capì perché avevamo<br />
fatto quello che avevamo fatto e disse che era giusto e necessario. Ma la corrida era<br />
stata sospesa di nuovo quando lei era tesa e pronta ad affrontarla, e in quel momento<br />
G.C. e io non le eravamo molto simpatici. Mi dispiaceva molto che non si sentisse<br />
bene e se possibile volevo che lasciasse defluire la tensione. Era inutile continuare a<br />
ripetere che finalmente il leone aveva commesso un errore. Tanto G.C. quanto io<br />
eravamo sicuri di averlo in mano, ormai. Durante la notte non aveva mangiato e la<br />
mattina era uscito a cercare l’esca. Poi era tornato nella foresta. Se ne sarebbe stato<br />
rintanato in preda alla fame e se niente lo disturbava, la sera presto sarebbe tornato. O