07.12.2012 Views

Ernest Hemingway VERO ALL'ALBA

Ernest Hemingway VERO ALL'ALBA

Ernest Hemingway VERO ALL'ALBA

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

Risposi di sì e lei si tirò su, e ora eravamo sdraiati vicini, stretti, e lei mise la<br />

bocca contro la mia e ci baciammo con molta intensità. Le piaceva giocare ed<br />

esplorare e rimaneva deliziata dalle mie reazioni e dalle mie cicatrici, e mi prese i<br />

lobi delle orecchie tra indice e pollice, per mostrarmi il punto in cui avrebbero dovuto<br />

essere i fori. Lei non se l’era mai fatte forare e voleva che io sentissi dove se le<br />

sarebbe fatte forare per me e io le tastai con attenzione e le baciai e poi le mordicchiai<br />

molto delicatamente.<br />

«Mordile davvero, con denti di cane.»<br />

«No.»<br />

Lei morse le mie per indicarmi il punto e fu una sensazione estremamente<br />

gradevole.<br />

«Perché non hai mai fatto prima?» chiese.<br />

«Non lo so. Nella nostra tribù non lo facciamo.»<br />

«È meglio farlo. È meglio e più onesto.»<br />

«Faremo molte buone cose.»<br />

«Abbiamo già fatte. Ma io voglio essere moglie utile, no moglie per giocare o<br />

moglie da lasciare.»<br />

«Chi ti lascerebbe?»<br />

«Tu.»<br />

Come ho detto, in Kamba non esiste la parola scusa e non esiste la parola amore.<br />

Ma io le sussurrai in spagnolo che l’amavo molto e che amavo tutto di lei, dalla testa<br />

ai piedi, e contammo tutte le cose che amavo e lei fu molto felice e anch’io fui felice,<br />

e convinto di non aver mentito su niente.<br />

Restammo sdraiati sotto l’albero ad ascoltare i babbuini che scendevano verso il<br />

fiume e dormimmo un po’ e poi la Vedova tornò al nostro albero per sussurrarmi in<br />

un orecchio: «Nyanyi».<br />

Il vento soffiava dall’alto del fiume verso di noi e un gruppo di babbuini<br />

attraversava il fiume saltando sui sassi. Erano sbucati dalla foresta e si dirigevano<br />

verso il muretto di recinzione del campo di grano dello Shamba, dove il maize (il<br />

nostro granturco) era alto tre metri e mezzo. I babbuini non potevano sentire il nostro<br />

odore e non potevano vederci, sdraiati com’eravamo nella radura sotto l’albero.<br />

Erano sbucati silenziosamente dalla foresta e attraversavano il fiume come una truppa<br />

d’assalto. Alla testa del branco c’erano tre vecchi maschi molto grossi, uno più grosso<br />

degli altri, e avanzavano guardinghi, girando e scuotendo le teste piatte e i lunghi<br />

musi e le enormi mascelle. Riuscivo a vedere i muscoli potenti, le spalle massicce e i<br />

larghi posteriori e le code arcuate che ricadevano verso il basso e i grandi corpi tozzi,<br />

e dietro di loro arrivava la tribù, le femmine e i giovani, che ancora stava uscendo<br />

dalla foresta.<br />

La ragazza rotolò via lentamente, in modo da lasciarmi libero di sparare, e io<br />

alzai il fucile lentamente e cautamente e, restando sdraiato, me lo passai davanti alle<br />

gambe e tirai indietro l’otturatore, tenendolo per il pomello rigato, poi lo feci<br />

scivolare in avanti, lasciandolo in posizione eretta.<br />

Ancora sdraiato, mirai alla spalla del babbuino più grosso e tirai il grilletto con<br />

molta delicatezza. Sentii il tonfo, ma non guardai per vedere che cosa gli era successo<br />

e rotolai su me stesso e mi alzai e cominciai a sparare agli altri due, che stavano

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!