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grammatica comparata fracesese italiano

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La vocale “a” si realizza di solito con massima apertura orale e<br />

minima elevazione linguale; la “e” e la “i” sono vocali “plateali”, si<br />

realizzano all’altezza del palato e la seconda è più chiusa della prima;<br />

la “o” e la “u” sono vocali velari, si realizzano all’altezza del velo<br />

pendulo e la seconda è più chiusa della prima. In entrambe si realizza<br />

una spinta in avanti delle labbra (protrusione labiale o procheilìa) che<br />

non si ha invece per la “e” e per la “i”. Esiste una vocale “centrale”, di<br />

suono indistinto, chiamata con termine ebraico “scevà”, che<br />

corrisponde abbastanza bene alla cosiddetta “e muta” del francese, ed<br />

è presente in sillaba non accentata in molte parole dei dialetti italiani<br />

centro - meridionali. Nel caso delle consonanti distinguiamo<br />

innanzitutto tra “modo di articolazione” e “luogo di articolazione”.<br />

Secondo il modo le consonanti possono essere “sorde” (pronunciate<br />

senza vibrazione delle corde vocaliche: “p”, “t”, “k” in <strong>italiano</strong>) o<br />

“sonore” (pronunciate con vibrazione delle corde vocaliche: “b”, “d”,<br />

“g” di gatto in <strong>italiano</strong>). Secondo il grado di apertura del punto in cui<br />

avviene l’articolazione distinguiamo inoltre tra “occlusive o<br />

momentanee”, che sono pronunciate con una chiusura completa degli<br />

organi deputati alla fonazione (es. “t”), e “fricative o durature”, per la<br />

pronuncia delle quali gli organi di fonazione si accostano<br />

semplicemente, lasciando passare tra di loro l’aria proveniente dai<br />

polmoni (es. “s”).

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