scienze della vita roma, 22-23 ottobre 2012 - SIF
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RELAZIONE INTRODUTTIVA<br />
E’ la prima volta, dopo le tante relazioni da me tenute in occasione dell’ apertura dei nostri<br />
incontri nazionali, che mi accingo a relazionare, al contrario delle altre volte, con una vena di<br />
profondo pessimismo, in forte contrasto con il mio stesso carattere. E come non essere pessimisti se<br />
si ha la sensazione, ma non solo la sensazione, di operare in un ambiente disastrato persino<br />
moralmente? Siamo in crisi non solo come Consorzi Interuniversitari ma anche, e soprattutto, come<br />
singoli Ricercatori in quanto ci rendiamo sempre più conto che la maggior parte dei politici e di<br />
coloro che comunque decidono le sorti <strong>della</strong> ricerca sembrano non credere più quanto sia<br />
vantaggioso investire nella ricerca. Siamo alla vigilia di nuove elezioni politiche e tutti speriamo in<br />
un positivo cambiamento, ma la situazione sembra quella descritta dal venditore di almanacchi di<br />
Giacomo Leopardi. Ci sarà il cambiamento? Ogni venti anni, in Italia, c’è una crisi che comporta<br />
cambiamenti radicali nella politica e conseguente scompaginamento delle classi dirigenti. Così<br />
abbiamo avuto il fascismo, la resistenza, il sessantotto, mani pulite, ed ora siamo agli scandali delle<br />
regioni. I tempi sembrano maturi per il cambiamento. Ci saranno cambiamenti e prospettive di<br />
crescita anche per il mondo <strong>della</strong> ricerca? Vogliamo avere un atteggiamento non di parte politica in<br />
questa relazione, ma non possiamo non evidenziare la circostanza che chiunque sia stato al<br />
Governo, destra o sinistra, non ha fatto altro che tradire le promesse elettorali di un aumento degli<br />
investimenti per l’Università e Ricerca, investimenti ritenuti indispensabili nella fase elettorale dal<br />
momento che solo investendo in Ricerca ed Innovazione si può concorrere allo sviluppo economico<br />
e sociale del paese. Belle promesse pre-elettorali, puntualmente tradite in un’Italia che vive alla<br />
giornata. La nostra comunità scientifica ha una sola certezza: i tagli sicuri ai fondi destinati<br />
all’Università e Ricerca. Sono i tagli più facili da fare perché interessano una collettività poco<br />
efficace nelle pressioni sociali <strong>della</strong> propria protesta. Ne parlano per poco tempo i giornali per<br />
esclusiva strumentazione politica, ma nessuno fa vere e proprie campagne di sostegno per la<br />
Ricerca. E’ vero che tutte le Nazioni sono state travolte da una crisi economica di carattere<br />
mondiale e che non siamo ancora usciti da questa crisi, ma nessun grande paese industrializzato ha<br />
ridotto i fondi per l’Università e la Ricerca. Da noi invece si è tagliato, ma tagliare lì dove<br />
l’investimento è ed è stato storicamente piccolo, significa ridurre ancor di più la linfa <strong>vita</strong>le a quel<br />
soggetto e quindi condannarlo ad una morte lenta e sicura. A volte mi chiedo: ma i ricercatori e la<br />
ricerca sono veramente un lusso per il paese? E’ chiaro che si tratta di una domanda retorica: non<br />
siamo un lusso, non siamo dei fannulloni, certamente siamo dei privilegiati. Sicuramente sono<br />
privilegiati coloro che, avendo raggiunto posizioni di stabilità lavorativa e di riconosciuto valore<br />
scientifico, sono liberi di lavorare su quel che li gratifica e sono motivati esclusivamente dalla<br />
curiosità e dal desiderio <strong>della</strong> conoscenza. Ma dietro questi privilegiati quanti frustrati, quanti<br />
precari, bravi ma precari! Il mondo <strong>della</strong> ricerca, probabilmente, è l’unico settore lavorativo in cui il<br />
numero dei precari è paragonabile, se non superiore, al numero degli occupati stabilmente. Così non<br />
va, così non può andare! Bisogna cambiare, ma cambiare in positivo. L’Università, la Ricerca e<br />
l’Innovazione sono una ricchezza fondamentale per l’Italia: devono e dovranno sempre viaggiare<br />
affiancate. Scrive Indur M. Goklany che «L'età <strong>della</strong> pietra non finì perché l'uomo rimase senza<br />
pietre e l'età del ferro non finì perché rimase senza ferro ... Finirono perché l'uomo seppe escogitare<br />
qualcosa di nuovo, di meglio...». E questo è il potere <strong>della</strong> Ricerca e dell’Innovazione. Per tornare<br />
ad essere uno strumento davvero efficace di crescita sociale, il mondo <strong>della</strong> ricerca deve però saper<br />
cogliere la richiesta di rinnovarsi, dimostrando la capacità di raggiungimento di risultati precisi e<br />
tangibili e di poter essere protagonista nel progettare un futuro ambizioso, interagendo anche, e<br />
soprattutto, con il mondo delle Imprese.<br />
Partendo da queste osservazioni generali mi riesce difficile separare il discorso<br />
sull’Università, la Ricerca e l’innovazione da quello sull’INBB, per cui farò prima delle riflessioni<br />
sulla ricerca italiana nel contesto europeo, sfiorando il confronto con i grandi paesi investitori come<br />
Stati Uniti, Cina e Giappone, poi riserverò qualche osservazione, come doveroso, sul sistema dei<br />
Consorzi Interuniversitari.<br />
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