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Opposizione all'esecuzione - Inps

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Processo civile - Esecuzione forzata - Crediti di<br />

lavoro e di previdenza e assistenza obbligatoria -<br />

<strong>Opposizione</strong> <strong>all'esecuzione</strong> - E' competente il<br />

giudice dell'esecuzione.<br />

Tribunale di Taranto - 11.5/17.12.2000, n. 1258/00<br />

– Dott. Cavallone - INPS (Avv. Monaco) - Catello<br />

(Avv. Pollicoro).<br />

Ai sensi dell'art. 618 bis c.p.c., nelle esecuzioni<br />

fondate su crediti in materia di lavoro, previdenza<br />

ed assistenza obbligatoria, le opposizioni<br />

<strong>all'esecuzione</strong> rientrano nella competenza del<br />

giudice dell'esecuzione non solo per i<br />

provvedimenti da assumersi nella prima fase del<br />

processo, ma anche per la trattazione del merito<br />

dell'opposizione, dovendosi escludere, con<br />

riferimento a tale ultima fase, la competenza del<br />

giudice del lavoro.<br />

FATTO. - Con ricorso depositato il 23.9.1996 l'INPS<br />

proponeva opposizione <strong>all'esecuzione</strong> intrapresa, mediante<br />

pignoramento presso terzi, da Catello Antonio, in virtù<br />

del dispositivo di sentenza dell'1.12.1994. Sosteneva:<br />

1) l'erronea indicazione nel pignoramento che il titolo<br />

esecutivo inerisse l'assegno di invalidità, piuttosto che<br />

la pensione di inabilità ai sensi dell'art. 2 L. 222 del<br />

1984, ciò che inficiava il conteggio e la validità<br />

dell'atto esecutivo;<br />

2) la carenza di liquidità del diritto fatto valere,<br />

indeterminato, indeterminabile sulla base di un mero<br />

calcolo aritmetico e comunque condizionato<br />

all'accertamento dell'omesso percepimento di retribuzione,<br />

da cui derivava l'arbitrarietà dei conteggi contenuti nel


precetto, dai quali non emergeva essersi detratte le somme<br />

già corrisposte, a titolo di assegno di invalidità;<br />

3) l'inesistenza del titolo esecutivo per le spese<br />

giudiziali, emergendo dagli artt. 431 e 447 c.p.c solo il<br />

diritto del lavoratore o dell'assicurato di procedere in<br />

base al dispositivo, ciò al fine di tutelare il credito<br />

alimentare di costoro, non certamente il diritto<br />

dell'avvocato che ne aveva curato la difesa giudiziale;<br />

4) la carenza di esigibilità del diritto, conseguenza<br />

dell'incertezza ed illiquidità del credito azionato;<br />

5) l'impignorabilità delle somme.<br />

La causa, rimasta di fatto congelata per carenze<br />

d'organico, era assegnata al sottoscritto giudicante con<br />

provvedimento del 25.11.1998.<br />

Alla prima udienza, tenutasi il 17.2.1999, nessuno si<br />

costituiva per l'opposto, per cui, potendo ciò dipendere<br />

dal lungo periodo di congelamento del giudizio, si<br />

disponeva la comunicazione al Catello della ripresa del<br />

giudizio.<br />

All'udienza del 14.7.1999 si costituiva anche Catello<br />

Antonio, che deduceva: 1) la nullità dell'opposizione e<br />

comunque l'esaurimento delle procedure esecutive, ragion<br />

per cui non vi sarebbe stata più materia del contendere;<br />

2) che indipendentemente da erronei riferimenti, il titolo<br />

era quello prodotto in atti; 3) la liquidità del credito,<br />

richiesto al minimo previsto dalla legge; 4)<br />

l'indeterminatezza della deduzione difensiva circa il<br />

periodo e le somme da detrarre; 5) la valenza del titolo<br />

anche per le spese, peraltro già pagate; 6) l'infondatezza<br />

dell'eccezione di inesigibilità, che farebbe dipendere il<br />

pagamento della prestazione dalla volontà del debitore; 7)<br />

la pignorabilità delle somme, aggredite per il pagamento<br />

di una prestazione previdenziale.<br />

Chiedeva dichiararsi la nullità dell'opposizione,<br />

l'inammissibilità o il rigetto della stessa, e la


imessione della causa al Tribunale di Taranto, giudice<br />

del lavoro.<br />

La causa, istruita documentalmente e mediante<br />

l'acquisizione del fascicolo dell'esecuzione, precisate<br />

come sopra detto le conclusioni, all'udienza del 26.1.2000<br />

era riservata per la decisione, con assegnazione di<br />

termini per il deposito delle comparse conclusionali e<br />

delle memorie di replica.<br />

DIRITTO. - I) Anzitutto va chiarito che la presente causa<br />

va qualificata come opposizione <strong>all'esecuzione</strong>. Ed invero,<br />

tutte le questioni sollevate dall'INPS vertono sulla<br />

contestazione del diritto di procedere ad esecuzione<br />

forzata (ovvero sulla pignorabilità delle somme), e non<br />

sul quomodo della stessa. È, infatti, insegnamento<br />

costante della Suprema Corte (si veda, ad esempio, di<br />

recente Cass. sent. 485 del 20/01/1999 sez. 3), che,<br />

"mentre l'opposizione <strong>all'esecuzione</strong> investe l'an<br />

dell'azione esecutiva, consistendo nella contestazione del<br />

diritto della parte istante a procedere ad esecuzione<br />

forzata per difetto originario o sopravvenuto del titolo<br />

esecutivo o della pignorabilità dei beni, l'opposizione<br />

agli atti esecutivi attiene al quomodo del procedimento,<br />

consistendo nella contestazione dello svolgimento<br />

dell'azione esecutiva attraverso il processo ... "<br />

(massima CED).<br />

II) Va poi chiarito (pur non trattandosi, evidentemente,<br />

di questione di competenza, ma di riparto di affari<br />

all'interno del medesimo ufficio) il perché la causa non<br />

sia stata trasmessa alla sezione lavoro di questo<br />

Tribunale. Orbene, evidenziato come nel caso di specie<br />

siano stati portati in esecuzione titoli emessi dal<br />

Pretore di Taranto, in funzione di giudice del lavoro, si<br />

impone nel caso di specie l'applicazione dell'art.618 bis<br />

c.p.c..<br />

Tale norma stabilisce, al suo primo comma,


l'applicabilità, in ipotesi di opposizione <strong>all'esecuzione</strong><br />

e agli atti esecutivi nelle "materie trattate nei capi I e<br />

II del titolo IV del libro secondo" (rectius, secondo la<br />

pacifica interpretazione dottrinaria e giurisprudenziale:<br />

nel caso siano portati in esecuzione crediti di lavoro o<br />

di natura previdenziale o assistenziale) della disciplina<br />

delle controversie di lavoro, in quanto applicabile:<br />

secondo la costante interpretazione dottrinaria e<br />

giurisprudenziale, il richiamo opera anche con riferimento<br />

alla competenza, per cui l'opposizione andrebbe proposta<br />

al giudice individuato ex art. 413, in deroga alla<br />

disciplina prevista dal combinato disposto degli artt.<br />

615, c. 1°, 17, 27 e 617, c. 1 °, c.p.c. (fra le tante si<br />

vedano: Cass. 5283/88; Cass. 5604/87; Cass. 5371/86; Cass.<br />

3642/84).<br />

Al secondo comma l'art. 618 bis c.p.c. stabilisce invece<br />

che "resta ferma la competenza del giudice dell'esecuzione<br />

nei casi previsti dal secondo comma dell'art. 615 e dal<br />

secondo comma dell'art. 617", e quindi ad esecuzione già<br />

iniziata. Non sfugge al giudicante come tale norma sia<br />

interpretata dalla prevalente giurisprudenza di<br />

legittimità nel senso di consentire solo una prima fase<br />

dinanzi al giudice dell'esecuzione, quella per i<br />

cosiddetti provvedimenti indilazionabili (per lo più<br />

inerenti la sospensione dell'esecuzione), dovendosi poi<br />

rimettere la causa al giudice competente ex art. 413<br />

c.p.c. "stante il carattere di principio di ordine<br />

generale ravvisabile nell'integrale richiamo, contenuto<br />

nel primo comma, delle norme sul rito del lavoro, alle<br />

quali quindi occorre fare riferimento per determinare il<br />

giudice competente, per materia e per territorio, per la<br />

prosecuzione del giudizio" (Cass. 3874/95; Cass. 8718/90;<br />

Cass. 5283/88; Cass. 6047/86; Cass. 5029/85; Cass.<br />

1348/85; Cass. 3560/84). Tanto più che recentemente è<br />

stato ribadito che "ai sensi degli artt. 615 e 618 bis


cod. proc. civ. nelle esecuzioni forzate promosse in base<br />

a provvedimenti giurisdizionali emessi dal giudice del<br />

lavoro, le opposizioni alla esecuzione rientrano nella<br />

competenza per materia del Pretore in funzione di giudice<br />

del lavoro in considerazione dell'origine del credito e<br />

della natura della relativa causa, restando salva la<br />

competenza del giudice dell'esecuzione soltanto nella<br />

prima fase del processo qualora l'opposizione sia proposta<br />

dopo l'inizio dell'esecuzione forzata e in ricorso a quel<br />

giudice" (Cass. 3514 del 4/4/ 1998).<br />

Ciononostante, sempre di recente, la Suprema Corte ha più<br />

volte evidenziato (invero con sentenze redatte sempre dal<br />

medesimo relatore) come "a norma dell'art. 618 bis cod<br />

proc. civ. (nel testo introdotto dalla legge n. 533 del<br />

1973) nelle esecuzioni forzate relative a titoli esecutivi<br />

costituiti da provvedimenti giurisdizionali in materia di<br />

lavoro e di previdenza ed assistenza obbligatorie, le<br />

opposizioni agli atti esecutivi proposte quando è già<br />

iniziata l'esecuzione ai sensi del secondo comma dell'art.<br />

617 cod. proc. civ., rientrano nella competenza del<br />

giudice della esecuzione, espressamente fatta salva dal<br />

secondo comma dell'art. 618 bis cit., che concerne non<br />

soltanto la prima fase del processo, ma si estende anche<br />

alla cognizione del merito della opposizione fino alla<br />

pronuncia della sentenza, quale prevista dal secondo comma<br />

dell'art. 618 cod. proc. civ., con esclusione quindi in<br />

ogni caso della competenza del giudice del lavoro, a<br />

differenza dell'ipotesi dell'opposizione <strong>all'esecuzione</strong> ai<br />

sensi del secondo comma dell'art. 615 cod, proc. civ. che,<br />

ove l'opposizione sia già iniziata, ricade nella<br />

competenza del giudice dell'esecuzione limitatamente alla<br />

prima fase, mentre per la cognizione del merito<br />

quest'ultimo è tenuto ai sensi dell'art. 616 cod. proc.<br />

civ. a rimettere le parti al giudice del lavoro" (Cass.<br />

5312 del 13/6/1997. Conf. Cass. 7505 del 12/8/1997 e Cass.


6536 del 16/7/1997).<br />

Pur negandosi, in tali sentenze, la competenza del giudice<br />

del lavoro a decidere in merito all'opposizione agli atti<br />

esecutivi ad esecuzione già iniziata, rimane confermato,<br />

quanto alle ipotesi di opposizione <strong>all'esecuzione</strong>, la<br />

teoria della "doppia fase", con conseguente competenza del<br />

giudice del lavoro in applicazione, questa volta,<br />

dell'art. 616 c.p.c. anziché dell'art. 618 bis, c.1°,<br />

c.p.c..<br />

Le soluzioni interpretative predette non sono, ad avviso<br />

di questo giudice, condivisibili. La considerazione<br />

dell'esistenza di un "principio di ordine generale<br />

ravvisabile nell'integrale richiamo, contenuto nel primo<br />

comma (dell'art. 618 bis), delle norme sul rito del<br />

lavoro" (come anzidetto secondo la giurisprudenza<br />

maggioritaria delle Cassazione), se condivisibile in sé e<br />

per sé (ed in special modo nella parte in cui si ritiene<br />

derogata la ordinaria disciplina della competenza a<br />

giudicare in ordine alle opposizioni in questione), non lo<br />

è nelle conclusioni a cui essa viene portata. Invero, in<br />

applicazione del canone interpretativo di specialità, la<br />

norma speciale (il c. 2° dell'art. 618 bis) prevale e<br />

deroga alla norma generale (il c. 1° dell'art. 618 bis):<br />

per cui, nel caso di esecuzione già iniziata non v'è<br />

dubbio che vada applicato il c. 2° dell'art. 618 bis. A<br />

ben vedere, del medesimo avviso è anche la Suprema Corte:<br />

ed infatti, se essa non avesse considerato il c. 2° norma<br />

speciale rispetto al c. 1°, avrebbe dovuto statuire, in<br />

virtù del principio generale di cui s'è detto, ricavabile<br />

dal medesimo c. 1°, che anche nell'ipotesi di esecuzione<br />

già iniziata competente è sin dall'inizio, anche nella<br />

fase dei provvedimenti indilazionabili, il giudice del<br />

lavoro. Ma certamente questa sarebbe stata<br />

un'interpretazione sostanzialmente abrogatrice del c. 2°<br />

dell'art. 618 bis c.p.c., il quale non avrebbe trovato


alcuno spazio di operatività. È quindi chiaro, anche<br />

secondo la Suprema Corte, come questa norma deroghi a<br />

quanto previsto nel c. l°.<br />

Appurato che il c. 2° è norma derogatrice del comma 1°<br />

dell'art. 618 bis c.p.c., il problema si sposta<br />

sull'interpretazione della norma in oggetto: la<br />

giurisprudenza dominante è infatti orientata ad<br />

interpretare in maniera restrittiva la deroga prevista dal<br />

c. 2°, intendendone limitare la portata ad una prima fase,<br />

quella, come detto, dei provvedimenti indilazionabili, che<br />

si svolgerebbe davanti al giudice dell'esecuzione,<br />

restando per il resto confermato il predetto "principio di<br />

ordine generale" che vuole competente il giudice del<br />

lavoro in ordine al merito della questione.<br />

A sostegno di questa sorta di "soffocamento" del 2° comma<br />

ad opera del 1° comma non è stato addotto altro argomento.<br />

Ribadendo come ad avviso di questo giudice non possa<br />

utilizzarsi un principio generale per derogare ad una<br />

norma speciale che a quel principio a sua volta deroga, e<br />

come tale argomentazione non abbia convinto nemmeno i<br />

giudici della Suprema Corte che hanno pronunziato la sent.<br />

6536/97 (i quali, invero, si sono solo limitati ad<br />

affermare come non possa la natura del credito "comportare<br />

deroga alla competenza funzionale di cui all'art. 27. c. 2<br />

°, c.p.c."), va detto che la lettera della norma spinge ad<br />

interpretare la stessa in diverso modo.<br />

In primo luogo, nessuno dubita che la sez. III del titolo<br />

V del libro terzo disciplini l'intero giudizio di<br />

opposizione, e che il c. 1° dell'art. 618 bis c.p.c.<br />

estenda il rito del lavoro a queste controversie per<br />

intero: l'ampia portata della norma deve allo stesso modo<br />

far propendere, in assenza di valide argomentazioni in<br />

contrario, che anche nel c. 2° si faccia riferimento<br />

all'intero procedimento che nasce con l'opposizione. Per<br />

cui, nel mentre il c. 1° derogherebbe, nelle materie in


questione, alle norme applicabili negli ordinari giudizi<br />

di opposizione, ivi comprese le norme sulla competenza del<br />

giudice da adire, il c. 2° derogherebbe a sua volta al c.<br />

1° proprio in ordine alla competenza, stabilendo che<br />

"resta ferma la competenza del giudice dell'esecuzione", e<br />

quindi, che è competente il giudice dell'esecuzione nel<br />

caso di esecuzione già iniziat.<br />

Tale interpretazione, pur certamente in contrasto con<br />

l'orientamento dominante della Cassazione, trova però<br />

conforto in alcuni ormai lontani precedenti della<br />

medesima, nei quali si è evidenziato come in siffatte<br />

ipotesi debba restare ferma la competenza del giudice<br />

dell'esecuzione per le opposizioni <strong>all'esecuzione</strong> e agli<br />

atti esecutivi promosse dopo l'inizio dell'esecuzione e<br />

per quelle che riguardano la pignorabilità dei beni"<br />

(Cass. 4111 del 28/6/80. Conf. Cass. 2597/77).<br />

Essa, peraltro, oltre ad essere più aderente al sofferto<br />

dato testuale, risponde poi ad esigenze di carattere<br />

logico: ed infatti (come è stato anche sostenuto dalla già<br />

citata Cass. 6536/97, seppur con limitato riferimento<br />

all'opposizione agli atti esecutivi) le opposizioni de<br />

quibus danno vita, per definizione pacifica della dottrina<br />

e della giurisprudenza, a delle parentesi di cognizione<br />

nell'ambito del processo esecutivo già iniziato, talché<br />

esse vanno decise con la massima rapidità e mal<br />

tollererebbero la "trasmigrazione dal giudice<br />

dell'esecuzione ad altro giudice, e in particolare a un<br />

pretore del lavoro che ... ben potrebbe aver sede in un<br />

luogo lontanissimo dalla città nella quale l'esecuzione si<br />

svolge" (Cass. 6536/97). Rapidità che è obiettivo cui pure<br />

le norme lavoristiche si ispirano, al fine di accordare<br />

una tutela quanto più pronta possibile al lavoratore. Ed è<br />

proprio per queste esigenze di snellezza e celerità che,<br />

nel caso di esecuzione già iniziata, il legislatore ha<br />

voluto evitare lo spostamento della controversia da un


giudice ad un altro, esigenze a cui certamente non va<br />

incontro l'interpretazione della doppia fase del<br />

procedimento di opposizione data dalla giurisprudenza<br />

dominante della Suprema Corte.<br />

Per queste ragioni non si ritiene convincente<br />

l'interpretazione che ritiene, in virtù del predetto<br />

principio di ordine generale, competente a decidere in<br />

ordine all'opposizione <strong>all'esecuzione</strong> o agli atti<br />

esecutivi il giudice del lavoro. Come pure per analoghe<br />

ragioni si ritiene di non poter condividere la lettura che<br />

fa di tale norma un semplice richiamo agli artt. 616 e 618<br />

c.p.c. (i quali, invero, non sono per nulla menzionati dal<br />

precetto in esame), così distinguendo l'opposizione agli<br />

atti esecutivi (che andrebbe decisa dal giudice<br />

dell'esecuzione) dall'opposizione <strong>all'esecuzione</strong> (che<br />

andrebbe decisa dal giudice del lavoro).<br />

La norma de qua, infatti, lungi dal richiamare gli artt.<br />

616 e 618 c.p.c., disciplina direttamente la competenza<br />

nei casi in cui il c. 1° dell'art. 618 bis c.p.c., in<br />

relazione ad un esecuzione non ancora iniziata ma solo<br />

preannunziata, deroga a sua volta alla competenza<br />

stabilita dalle norme generali in materia di esecuzione:<br />

la disciplina direttamente attribuendola al giudice<br />

dell'esecuzione.<br />

III) Ancora in via preliminare deve rigettarsi l'eccezione<br />

formulata dall'opposto circa la nullità dell'opposizione<br />

per omessa indicazione del pignoramento a cui l'INPS si<br />

sarebbe opposto: non è neppure dedotto, men che meno<br />

provato, quali siano le altre procedure esecutive<br />

intraprese dal Catello idonee ad ingenerare confusione e a<br />

determinare la nullità dell'atto introduttivo della causa<br />

per l'incertezza sul suo oggetto.<br />

IV) Deve poi rilevarsi come la questione sia oramai<br />

rilevante solo ai fini delle spese, atteso che come emerge<br />

dal fascicolo dell'esecuzione n. 4686/96, la procedura


esecutiva è estinta per omessa comparizione delle parti a<br />

due udienze consecutive ex art. 631 c.p.c.. Infatti, "La<br />

cosiddetta "cessazione della materia del contendere" ...<br />

costituisce il mero riflesso processuale del mutamento<br />

della situazione sostanziale che fa venire meno la ragion<br />

d'essere della lite per la sopravvenienza di un fatto che<br />

priva le parti di ogni interesse a proseguire il giudizio<br />

... " (Cass. Sent. 2268 del 13/03/1999 sez. L., massima<br />

CED); detta situazione "va rilevata anche di ufficio, in<br />

qualsiasi grado e stato del giudizio, e comporta il<br />

superamento delle domande e delle deduzioni inizialmente<br />

formulate dalle parti" (Cass. Sent. 5097 del 26/05/1999<br />

sez. 1, massima CED. Si veda, sempre in tal senso, anche<br />

Cass. Sent. 1068 del 6/2/1999 sez. L.). Deve comunque<br />

procedersi all'esame della fondatezza del ricorso per la<br />

pronunzia in ordine alle spese, secondo il noto principio<br />

della soccombenza virtuale (su cui si vedano, ad esempio,<br />

Cass. Sent. 3734 del 10/4/1998 sez. 3; Cass. Sent. 2332<br />

del 3/3/1998 sez. 3; Cass. Sent. 4884 del 27/5/1996 sez.<br />

2).<br />

V) Circa l'erronea indicazione che nel caso de quo si<br />

trattava di pensione di inabilità e non di assegno di<br />

invalidità è agevole sottolineare come il diritto fosse<br />

comunque ben indicato nella sentenza posta a fondamento<br />

dell'esecuzione, né, analogamente a quanto prima detto sub<br />

III) nei confronti di un'eccezione dell'opposto,<br />

l'opponente ha provato che vi fossero più titoli<br />

giudiziali e che potessero, per tali ragioni, insorgere<br />

dubbi in ordine a quel fosse il diritto vantato dal<br />

Catello nel mentre agiva esecutivamente.<br />

VI) Fondata, invece, è la doglianza circa la<br />

indeterminabilità, sulla base della sentenza del diritto<br />

del Catello: come si evince chiaramente dal c. 3°<br />

dell'art. 2 L. 222 del 1984 la misura dell'assegno varia a<br />

seconda della categoria di appartenenza del beneficiario,


per cui nessuna certezza può derivare dalla mera<br />

dichiarazione del diritto in capo al Catello. Peraltro, la<br />

stessa norma, al comma 2°, subordina la concessione della<br />

pensione "alla cancellazione dell'interessato dagli<br />

elenchi anagrafici degli operai agricoli, dagli elenchi<br />

nominativi dei lavoratori autonomi e dagli albi<br />

professionali, alla rinuncia ai trattamenti a carico<br />

dell'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione e<br />

ad ogni altro trattamento sostitutivo o integrativo della<br />

retribuzione", statuendo altresì che "nel caso in cui la<br />

rinuncia o la cancellazione avvengano successivamente alla<br />

presentazione della domanda, la pensione è corrisposta a<br />

decorrere dal primo giorno del mese successivo à quello<br />

della rinuncia o della cancellazione".<br />

Orbene, emerge chiaramente dalla sentenza portata in<br />

esecuzione - la n. 7632 del 1994 del Pretore di Taranto -,<br />

pagine 3 - 4, l'insussistenza, al momento della pronunzia,<br />

di detto presupposto: sicché, in caso di contestazione da<br />

parte dell'INPS, e di suo non spontaneo adempimento, detto<br />

requisito non può che essere oggetto di accertamento<br />

giudiziale, rendendo comunque certamente ineseguibile<br />

coattivamente il disposto giudiziale. Sicché, per entrambe<br />

queste ragioni l'opposizione proposta dall'INPS è fondata.<br />

VII) Ovviamente, l'accoglimento della domanda sotto tale<br />

profilo farebbe ritenere assorbiti gli altri motivi di<br />

opposizione inerenti il credito principale. Peraltro è<br />

opportuno (proprio ai fini delle spese di lite) chiarire<br />

che: a) la inesigibilità del credito è strettamente<br />

connessa, per come dedotto dall'INPS, alla incertezza ed<br />

illiquidità del credito: per cui, tale doglianza non è che<br />

un riflesso di quella esaminata sub VI, e non ha carattere<br />

di autonomia; b) circa l'impignorabilità, l'INPS non ha<br />

dimostrato come e perché il credito oggetto di<br />

pignoramento fosse impignorabile, sicché la domanda sotto<br />

tale aspetto è senz'altro infondata.


VIII) Circa, infine, la questione delle spese giudiziali,<br />

la stessa non può essere certamente promossa ed affrontata<br />

nei confronti del Catello, trattandosi di credito proprio<br />

del suo procuratore, avv. Vincenzo Pollicoro, che infatti<br />

risulta dal pignoramento promotore egli stesso dell'azione<br />

esecutiva: e poco importa che il medesimo professionista<br />

abbia partecipato a questo giudizio in veste di difensore<br />

del Catello, atteso che quel che rileva è che egli non è<br />

stato mai ritualmente evocato in giudizio (come si evince<br />

dal ricorso d'opposizione e dal pedissequo decreto di<br />

comparizione parti che risultano notificati al Catello,<br />

presso il suo difensore, avv. Vincenzo Pollicoro, ed al<br />

terzo, Credito Italiano - filiale di Taranto), né alcuno<br />

ha mai dedotto di costituirsi per lui. Sicché superfluo<br />

(ed inammissibile, per carenza di legittimazione passiva)<br />

sarebbe statuire in ordine ad un preteso diritto esecutivo<br />

di soggetto estraneo alla lite.<br />

(Omissis)

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