ORIENTAMENTI DI BASE: modelli, elementi e criteri Paolo Calidoni
ORIENTAMENTI DI BASE: modelli, elementi e criteri Paolo Calidoni
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Dall’analisi alla ri-progettazione<br />
dell’ambiente educativo<br />
Materiale Didattico 1<br />
<strong>ORIENTAMENTI</strong> <strong>DI</strong> <strong>BASE</strong>:<br />
<strong>modelli</strong>, <strong>elementi</strong> e <strong>criteri</strong><br />
<strong>Paolo</strong> <strong>Calidoni</strong><br />
Università San Marino - Master Disagio<br />
1
L’innovazione della scuola che si è realizzata negli ultimi lustri<br />
ha posto in evidenza lo stretto rapporto intercorrente tra organizzazione<br />
e funzione, scopi e qualità della didattica.<br />
L’ampliamento del tempo scolastico, la cooperazione tra i docenti,<br />
la flessibilità nella costituzione dei gruppi ecc. sono entrati<br />
nella scuola dapprima come ‘sperimentazioni’ volute dai movimenti<br />
degli insegnanti impegnati nel cambiamento, poi come<br />
possibilità offerte dalle indicazioni programmatiche e normative,<br />
infine come previsione normativa dell’ordinario funzionamento<br />
della scuola. In concreto, però, la loro diffusione quantitativa è<br />
stata spesso contenuta e comunque non di rado la ‘routine’ e la<br />
relazione educativa nelle classi non è stata positivamente trasformata<br />
dai cambiamenti organizzativi. Tuttavia, è ormai acquisito<br />
che la flessibilità dell’organizzazione didattica è in funzione del<br />
successo formativo di ciascun alunno, nell’articolazione dei tempi,<br />
dei raggruppamenti degli alunni, della configurazione collaborativa<br />
del lavoro dei docenti.<br />
Nelle pagine seguenti, pertanto, presenteremo:<br />
- I principali <strong>modelli</strong> di lettura dell'organizzazione scolastica<br />
- Gli <strong>elementi</strong> che compongono l'ambiente formativo e<br />
- alcuni <strong>criteri</strong> professionali di progettazione dell'ambiente<br />
educativo.<br />
(estratti, con adattamenti, da <strong>Calidoni</strong> P., L'organizzazione della scuola: tecnologia, processi, relazioni -<br />
in AA.VV., La cultura del dirigente scolastico, La Scuola, Brescia, 2001 e da ID., Progettazione, organizzazione<br />
didattica, valutazione, La Scuola, Brescia, 1999)<br />
2
1. Metafore e tipologie dell'organizzazione<br />
Le organizzazioni sono 'costrutti sociali formalmente costituiti<br />
per il perseguimento di determinati fini' attraverso 'forme di azione<br />
collettiva reiterata basata su processi di differenziazione<br />
(dei ruoli e dei compiti) e di integrazione (piramide gerarchica,<br />
insieme di norme e procedure, tecnologie, schemi, programmi e<br />
strategie d'azione, sistema di valori condivisi) tendenzialmente<br />
stabili ed intenzionali' (Ferrante-Zan). Esse sono complesse,<br />
ambigue e paradossali, e possono essere diverse cose contemporaneamente.<br />
Le metafore sono uno dei modi per rappresentarle e comprenderle.<br />
Le metafore sono artefatti linguistici che mettono in rapporto<br />
diverse idee e (ri)strutturano la nostra percezione del mondo<br />
(Morgan). In alcuni casi, le nostre metafore 'creano' la realtà,<br />
influenzano e guidano le nostre azioni; in un certo senso, operano<br />
come profezie che si auto-avverano.<br />
Secondo Argyris e Schon l'azione umana riflette le 'teorie professate'<br />
(che si rifanno alle visioni ufficiali - pubblicamente proponibili<br />
e politicamente corrette) e le 'teorie in azione' (che sono<br />
costruite sulla base dell'esperienza personale e spesso rimangono<br />
a livello inconscio). Ad esempio, nessun educatore ufficialmente<br />
considera la scuola come una prigione, ma alcuni ricordano<br />
i loro giorni di scuola come se si fosse trattato di una prigione<br />
in cui i docenti svolgevano prevalentemente funzioni di controllo,<br />
gli studenti e i genitori non avevano diritti. Questa 'metafora/modello<br />
mentale/teoria in azione' struttura il loro modo di<br />
considerare la e di agire nella organizzazione scolastica, anche se<br />
resta inconsapevole (cfr., per un'esemplificazione, lezione 2 videoregistrata<br />
- in particolare, dal film Asini).<br />
Può quindi essere utile riprendere sommariamente alcune delle<br />
principali metafore dell'organizzazione che hanno particolarmente<br />
3
Elementi<br />
significativi<br />
influenzato la strutturazione dell'azione collettiva nella scuola nell'ultimo<br />
mezzo secolo e sono, pertanto, presenti anche nel repertorio<br />
di 'teorie in azione' degli attori (insegnanti, genitori, alunni,<br />
dirigenti, amministratori) che interagiscono nell'organizzazione<br />
della scuola.<br />
Riprendendo Collins, Alessandrini riassume i principali <strong>modelli</strong><br />
di lettura ed interpretazione delle organizzazioni sintetizzandole<br />
nella seguente griglia<br />
4<br />
Definizione Modello<br />
SISTEMA<br />
RAZIONALE<br />
L'organizzazione senza<br />
definizione Accezione prevalente<br />
nel modello<br />
focus Criterio aggregante<br />
i sottosistemi<br />
organizzativi<br />
Struttura Caratteristica che<br />
denota la dimensione<br />
strutturale<br />
del modello<br />
persone<br />
o. come strumento disegnato<br />
per raggiungere<br />
fini<br />
Specializzazione delle<br />
funzioni, coordinamen-<br />
to e controllo<br />
Philosophy Idea guida L'uomo è motivato da<br />
interessi economici<br />
Modello Metafora che sta<br />
alla base della<br />
rappresentazione<br />
simbolica<br />
Modello<br />
SISTEMA<br />
NATURALE<br />
L'organizzazione di<br />
persone<br />
o. come sistema polimorfo<br />
che interagisce<br />
con l'ambiente e ha sue<br />
finalità autoalimentate<br />
Intelligenza dei membri<br />
come 'attori' organizzativi<br />
Formalizzazione Organizzazione informale<br />
Meccanico (metafora<br />
della macchina)<br />
L'uomo è spinto anche<br />
da valori e interpreta la<br />
realtà<br />
Organico (metafora<br />
dell'organismo adattivo)<br />
Modello<br />
SISTEMA APERTO<br />
L'organizzazione senza<br />
confini<br />
o. come coalizione di<br />
gruppi di interessi durevoli<br />
nel tempo<br />
Visione processuale;<br />
complessità e variabilità<br />
dei flussi informativi<br />
Interdipendenza organizzazione/ambiente<br />
L'ambiente è visto come<br />
sorgente di energia e di<br />
informazione<br />
Dinamico (metafora cibernetica)
Visione Rapporto tra organizzazione<br />
come<br />
mezzo e finalità<br />
perseguibile nel<br />
contesto<br />
Assunti teorici Autori che hanno<br />
contribuito a costruire<br />
il modello<br />
Esempio nella<br />
scuola<br />
Organizzazione come<br />
mezzo per raggiungere<br />
fini<br />
Taylor: organizzazione<br />
scientifica del lavoro<br />
Weber: teoria della burocrazia<br />
Decisioni centralizzate,<br />
struttura gerarchica,<br />
esecuzione formale delle<br />
direttive<br />
Organizzazione come<br />
un tutto auto sufficiente<br />
Mayo<br />
Scuola relazioni umane<br />
Parsons<br />
Partecipazione assemblearistica<br />
Organizzazione come<br />
processo che interagisce<br />
nell' ambiente<br />
Weick<br />
Pfeiffer<br />
Argyris<br />
Ognuno dei <strong>modelli</strong> enfatizza e considera centrale uno degli aspetti/<strong>elementi</strong><br />
dell'organizzazione. In particolare, il modello dell'organizzazione<br />
come sistema razionale attribuisce particolare rilievo<br />
alla tecnologia, ovvero al rapporto mezzi-fini in termini di<br />
macchine, attrezzature, procedure, competenze e capacità in grado<br />
di trasformare in-put in out-put. In questa prospettiva, la<br />
struttura dell'organizzazione è funzione, logica e razionale conseguenza<br />
dei suoi scopi. Ad esempio, l'organizzazione della scuola<br />
è influenzata dagli scopi, dagli assunti e dalle aspettative dei suoi<br />
responsabili e dei suoi docenti; questi influenzano i rapporti tra<br />
colleghi, con gli studenti e con i genitori, nonché i metodi d'insegnamento,<br />
la gestione della classe ed i <strong>criteri</strong> di valutazione. Questi<br />
diventano schemi di comportamento abituale e sono incorporati<br />
nell' organizzazione. La congruenza tra aspettative ed esperienze<br />
aumenta il livello di soddisfazione, che a sua volta incrementa<br />
l'identità e lo sviluppo della scuola. Ma non di rado si verificano<br />
anche conflitti tra intenzioni dichiarate e pratiche reali.<br />
Questo modello di lettura offre un costrutto in grado di descrivere<br />
il funzionamento razionale (se ed in quanto) dell'organizzazio-<br />
Impianto normativo della<br />
legge sull'autonomia scolastica<br />
5
ne e del suo modo di interagire ed adattarsi nel contesto, secondo<br />
lo schema del rapporto fini-mezzi. Lo sguardo sincronico sulla<br />
tecnologia, prevale sull'attenzione ai soggetti ed ai processi. La<br />
razionalizzazione della macchina organizzativa per incrementarne<br />
l'efficacia e l'efficienza è al centro della ricerca e del lavoro.<br />
Le relazioni sociali tra i membri sono invece al centro del modello<br />
dell'organizzazione come sistema naturale. Secondo l'orientamento<br />
struttural-funzionalista di T. Parsons, tuttora molto diffuso<br />
ed utilizzato, ogni sistema organizzato deve:<br />
- "reperire e adattare le risorse necessarie;<br />
- determinare e perseguire i propri fini;<br />
- mantenere consenso, cooperazione ed integrazione interna;<br />
- fornire motivazioni e valori di riferimento".<br />
In rapporto al prevalere dell'uno o dell'altro elemento si configurano<br />
diverse tipologie di organizzazione, rispettivamente: economica,<br />
politica, di controllo ed educativa.<br />
Secondo Leavitt (in Scott) la componente struttura sociale si articola<br />
in struttura normativa (valori: <strong>criteri</strong> utilizzati per scegliere i<br />
fini dei comportamenti; norme: regole che guidano i comportamenti<br />
e specificano i mezzi appropriati; ruoli: aspettative e <strong>criteri</strong><br />
di valutazione dei comportamenti di coloro che occupano determinate<br />
posizioni) e struttura comportamentale (comprendente le<br />
relazioni di potere tra i membri dell'organizzazione).<br />
In questa prospettiva, secondo Tuohy, sono di particolare interesse<br />
le considerazioni di Etzioni che ha proposto una tipologia<br />
dell'organizzazione come sistema sociale caratterizzato dall'uso<br />
del potere, dagli stili di partecipazione e dagli scopi (che non sono<br />
solo dati ma sono in gran parte anche) decisi e mediati tra i<br />
membri. Etzioni ha identificato tre principali modi di esercitare il<br />
potere ed altrettante risposte tipiche, in rapporto agli scopi dell'organizzazione.<br />
6
- L'uso coercitivo del potere, in cui le persone sono forzate a<br />
comportarsi in un certo modo per non incorrere in sanzioni,<br />
che genera risposte alienate;<br />
- L'uso remunerativo, in cui i detentori del potere ricompensano<br />
i partecipanti in rapporto a particolari scale di livelli d'esercizio<br />
della funzione, che genera risposte calcolate adattando il<br />
coinvolgimento al riconoscimento in un clima utilitaristico;<br />
- L'uso simbolico, che pone il richiamo a valori come imperativo<br />
del comportamento, che genera dedizione all'organizzazione<br />
in un clima normativo basato sulla convinzione e condivisione<br />
di valori.<br />
Uno scopo delle organizzazioni, compresa la scuola in cui molte<br />
persone devono essere coordinate e vivere in armonia, è l'ordine,<br />
che comporta l'uso coercitivo del potere ed inevitabilmente un<br />
certo livello di alienazione tra i partecipanti. Ma altrettanto importanti<br />
e presenti sono gli scopi di ordine 'economico', che generano<br />
un clima utilitaristico in cui si utilizzano premi e sanzioni. Tuttavia,<br />
se un'organizzazione -come la scuola- ha anzitutto scopi<br />
culturali, allora è necessario un clima di condivisione e dedizione.<br />
La tipologia di Etzioni evidenzia importanti aspetti in ordine<br />
agli scopi ed ai processi di socializzazione interna delle scuole.<br />
Le scuole hanno scopi culturali, che possono essere identificati<br />
nei contenuti del curricolo e nello status attribuito a certe discipline<br />
ed attività anche extracurricolari. Le scuole hanno anche<br />
scopi economici: preparano gli studenti a partecipare alla vita economica,<br />
rendicontano sull'efficienza-efficacia della loro attività<br />
didattica. Ma le scuole hanno anche scopi di ordine simbolico,<br />
ad esempio nella definizione e nel rispetto dei diritti e dei dovere<br />
dei membri dell'organizzazione. La diversa enfasi attribuita nelle<br />
singole scuole ai diversi tipi di scopi determina il clima della<br />
scuola.<br />
7
Infine, il modello del sistema aperto pone particolare attenzione<br />
ai processi che s'innescano nel rapporto tra l'organizzazione e<br />
l'ambiente. In questa prospettiva può essere utile richiamare Blau<br />
& Scott (in Tuohy) che classificarono le organizzazioni sulla base<br />
del loro ruolo nella società e dei loro beneficiari ed in tal modo<br />
ne identificarono quattro tipi che assumono differenti strutture<br />
di socializzazione delle aspettative e delle attitudini dei membri.<br />
Beneficiari Tipo di organizzazione Struttura caratteristica<br />
Membri Club Democratico-partecipativa<br />
Proprietari Aziende Filiera-catena produttiva<br />
Clienti privati Servizi esperti/no-profit Uno a uno, basata sulla competenza<br />
Pubblico Servizi sociali e pubblici Burocrazia<br />
Le scuole non rientrano facilmente in uno o nell'altro tipo. Ognuna<br />
ha <strong>elementi</strong> dei quattro tipi simultaneamente presenti. Tuttavia<br />
le singole scuole si differenziano per la prevalenza di alcuni aspetti.<br />
Alcune enfatizzano i processi democratici di decisione, altre<br />
sono più orientate ai risultati; alcune curano la personalizzazione<br />
mentre altre si specializzano in una particolare area del curriculum.<br />
E queste differenze si ritrovano anche nell'organizzazione<br />
interna delle singole classi. Un docente può curare il clima ma<br />
avere bassa produttività; un altro può perseguire elevati standard<br />
di risultato. Gli studenti possono sperimentare tutti i tipi nel medesimo<br />
giorno.<br />
Con specifico riferimento alle organizzazioni di servizi, Carlson<br />
(in Tuohy) ha sviluppato una tipologia a due dimensioni, basata<br />
sul rapporto tra controllo e partecipazione nella relazione tra<br />
cliente e struttura, che identifica quattro tipi.<br />
8
L'organizzazione<br />
Controlla l'ammissione<br />
del cliente<br />
Il cliente controlla la propria partecipazione all'organizzazione<br />
Sì No<br />
Sì Competitiva/di mercato Coscrittiva<br />
No Di servizio Fatalistica/domestica<br />
La tipologia offre un quadro di riferimento concettuale anche per<br />
comprendere il rapporto tra la scuola e l'ambiente. Ad esempio,<br />
il carattere 'domestico' della scuola dell'obbligo (che per ciò ha<br />
comunque una clientela garantita) è stato particolarmente segnalato<br />
negli anni '80 nel nostro Paese da Romei, che l'ha identificato<br />
come principale limite strutturale dell'organizzazione scolastica.<br />
A partire dal modello del sistema naturale e da quello del sistema<br />
aperto, già nei primi anni '80, si sviluppò la metafora culturale<br />
delle organizzazioni viste, appunto, come 'culture' ognuna con la<br />
propria storia. Con particolare riferimento alla scuola, R.<br />
Schmuck (in Brody-Davidson) identifica le seguenti componenti<br />
della cultura di una organizzazione:<br />
- norme: accordi taciti condivisi sui comportamenti approvati e<br />
disapprovati,<br />
- ruoli: norme su come devono operare le persone che occupano<br />
determinate posizioni nell’organizzazione,<br />
- strutture: norme sui ruoli attribuiti a lavori interrelati, compiti e<br />
responsabilità reciproci; in verticale: autorità e gerarchia; in orizzontale:<br />
divisione del lavoro e specializzazione,<br />
- procedure: azioni svolte nell’ambito delle strutture per compiere<br />
specifici compiti;<br />
la combinazione di norme, ruoli, strutture e procedure formali e<br />
informali produce la specifica cultura di ogni scuola. E conclude<br />
affermando che “ Quando gli insegnanti collaborano con il dirigente<br />
ed i colleghi nella definizione degli scopi della scuola e nella<br />
progettazione di nuovi assetti formativi, si sentono valorizzati<br />
9
come docenti, e la loro autostima e dedizione professionale si<br />
consolidano ed aumentano. Poiché si sentono rispettati ed aiutati,<br />
probabilmente fanno altrettanto con gli studenti. Soprattutto,<br />
quando i docenti diventano reciprocamente più interdipendenti,<br />
possono più facilmente migliorare le loro strategie didattiche<br />
dando e ricevendo feed-back”. Prototipi di questa ‘cultura organizzativo/didattica’<br />
sono identificati nel ‘peer coaching’ e nel<br />
‘peer mentoring’, modalità operative di sviluppo professionale<br />
basate prevalentemente sullo scambio orizzontale, all’interno di<br />
una comunità di pratiche:<br />
- alla quale ciascuno sente di appartenere, nel rispetto della diversità<br />
delle prospettive, dei valori, degli stili di vita;<br />
- dove i membri lavorano in un continuo rapporto faccia-afaccia<br />
verso scopi comuni;<br />
- formando un gruppo coeso ed auto-riflessivo.<br />
Negli anni ’90 la metafora dell’organizzazione progressivamente<br />
più diffusa è stata quella dell’apprendimento, che vede<br />
l’organizzazione non solo come un contesto di apprendimento,<br />
ma che apprende essa stessa.<br />
Le scuole diventano organizzazioni che apprendono quando (<br />
Watkins et al., 1996, citati in Askew-Carnell):<br />
- si collegano con altri contesti di apprendimento,<br />
- non vi sono barriere insormontabili tra la scuola e la comunità,<br />
- i ruoli sono intercambiabili: i docenti si considerano in apprendimento,<br />
gli alunni possono ‘insegnare’,<br />
- la leadership è distribuita ed aperta, la distribuzione delle risorse<br />
è trasparente, il potere e le decisioni sono delegate,<br />
- si pone al centro l’apprendimento efficace,<br />
- la scuola e i suoi leader incoraggiano la valutazione, il feedback,<br />
la ricerca e l’iniziativa,<br />
10
- si condividono aspettative di alto livello in un clima positivo,<br />
- la diversità è considerata un valore e c’è attenzione alla dimensione<br />
affettiva,<br />
Nella prospettiva della ‘learning organization’ si tratta di creare le<br />
condizioni affinché la scuola, anziché essere una ‘macchina/burocrazia<br />
d’insegnamento’ diventi un ‘ambiente/contesto di<br />
apprendimento che apprende esso stesso’.<br />
In altri termini, come propone Orsi, l'idea di professionalità riflessiva<br />
si collega a quella di organizzazione riflessiva o ricorsiva.<br />
Seguendo il filone teorico della learning organization, la<br />
scuola -come ogni altra organizzazione del contesto postindustriale<br />
della service economy- può essere interpretata come<br />
organizzazione che apprende. Ma, nel contempo, essa produce<br />
apprendimento. Per dirla con uno slogan – che è un giro di parole<br />
- essa produce un prodotto che le necessita per produrre il<br />
suo prodotto. Di qui la riflessività o ricorsività che dir si voglia.<br />
L’approccio dominante è invece ancora troppo vittima del vizio<br />
tayloristico / tecnicistico: la scuola non funzione allora<br />
a) modifichiamo il contenitore (riforma di cicli /autonomia a livello<br />
di organizzazione) e automaticamente si avrà la qualità;<br />
b) facciamo formazione ai docenti (per esempio) per spiegare<br />
loro come debbono svolgere il loro mestiere…. ecc.<br />
La tensione tra tendenza alla standardizzazione dei sistemi e delle<br />
pratiche scolastiche, da una parte, e tendenza all’enfatizzazione<br />
del carattere unico di ogni comunità scolastica come ‘mondo vitale’,<br />
dall’altra, rappresenta il principale dilemma del dibattito sulla<br />
scuola e nella scuola oggi, come evidenziano vicende nazionali<br />
e letteratura.<br />
Nel proporre una diagnosi della situazione Sergiovanni utilizza la<br />
teoria di J.Habermas che identifica 2 dimensioni dei gruppi sociali:<br />
systemworld e lifeworld. La prima attiene al raggiungimento<br />
11
degli obiettivi funzionali nel modo più efficace; la seconda<br />
all’attenzione ai bisogni dei soggetti e alla condivisione di valori.<br />
Le scuole identificano scopi, promuovono visioni e valori, pianificano<br />
operazioni e realizzano l’insegnamento-apprendimento incorporando<br />
le 4 forme di azione indicate da Habermas: espressiva<br />
(dei bisogni dei soggetti) e normativa (secondo i valori condivisi)<br />
per il lifeworld; teleologica (per raggiungere obiettivi) e strategica<br />
( adottando i mezzi più efficaci) per il systemworld. In altri<br />
termini, standardizzazione e ‘mondo della vita’ sarebbero due<br />
dimensioni, anziché alternative, dell’organizzazione sociale scuola,<br />
ma a condizione che si rispetti un certo equilibrio di rapporti<br />
tra l’una e l’altra. Infatti, a giudizio di Sergiovanni, quando le organizzazioni<br />
sociali funzionano correttamente, il lifeworld è al<br />
centro; al contrario si ha una ‘colonizzazione’ quando il systemworld<br />
comincia a prevalere sul lifeworld e ciò si realizza gradualmente<br />
ed in modo ampiamente sommerso. Pertanto, egli<br />
propone la lettura organizzativa della scuola, non come azienda<br />
ma, come 'casa' (schoolhouse) e 'mondo della vita' (lifeworld) di<br />
cui identifica alcune dimensioni fondamentali:<br />
- Cultura – che fornisce sistemi di conoscenze, credenze e<br />
norme sui quali si costruiscono significati;<br />
- Comunità – che ci ricorda la nostra responsabilità per il bene<br />
comune: relazioni, affetti, impegni ; in cui genitori, docenti,<br />
studenti e le loro famiglie si sentono un ‘noi’;<br />
- Persona – che rimanda ai bisogni e alle competenze individuali<br />
nella ricerca di identità, senso e significato.<br />
In sintesi, alcune delle metafore dell'organizzazione (scolastica)<br />
che si sono succedute, ma che restano anche compresenti, nella<br />
ricerca e nell'immaginario dei soggetti, rimandano a:<br />
- la macchina,<br />
- l'organismo socio-relazionale,<br />
12
- l'intelligenza adattiva,<br />
- la cultura antropologicamente intesa,<br />
- l'apprendimento,<br />
- il mondo della vita comunitaria.<br />
Ognuna di esse offre un costrutto euristico utile per rappresentare<br />
e comprendere aspetti della complessità e ambiguità paradossale<br />
dell'organizzazione e dei modi di porsi delle persone al suo<br />
interno (e nei suoi confronti).<br />
Insomma, per dirla ancora con le parole di Sergiovanni, l'organizzazione<br />
da prendere come modello di riferimento (benchmark)<br />
non è quella delle 'zoned school' che<br />
- Hanno un compito ampio definito dall’esterno,<br />
- Sono essenzialmente in franchising, riflettono un modello<br />
standard stabilito dal centro;<br />
ma quella delle 'focus school' che<br />
- Hanno una chiara e semplice mission focalizzata sugli studenti<br />
e un curricolo limitato, concentrato su ciò che è considerato<br />
importante, definito dai soggetti, non sono semplici aggregati<br />
di individui ai quali capita di essere assegnati al medesimo<br />
posto di lavoro;<br />
- Sono organizzazioni forti in grado ‘fare’, di risolvere problemi,<br />
non si considerano puri esecutori, che operano sulla base<br />
di un contratto sociale interno che motiva la disciplina e<br />
l’impegno scolastico;<br />
- Considerano come parte centrale della loro responsabilità educativa<br />
la trasmissione e l’insegnamento dell’etica pratica;<br />
- I curricula sono costruiti in modo da portare tutti gli alunni ad<br />
una comune base di abilità ed esperienze intellettuali ;<br />
- Si considerano (e sono considerate) uniche/speciali, ma non<br />
solo per quanto riguarda il curricolo, hanno una specifica i-<br />
13
dentità che ispira senso di lealtà e partecipazione ad un comune<br />
impegno<br />
- Sono impegnate nella formazione dello studente intero. Inducono<br />
valori, influenzano attitudini e integrano diverse forme<br />
di sapere. Trasmettono anche abilità, ma soprattutto tentano<br />
di far diventare i ragazzi degli adulti responsabili e produttivi ;<br />
- Si sentono responsabili nei confronti di coloro che dipendono<br />
dalle loro prestazioni, piuttosto che dalle organizzazioni<br />
centrali di regolamentazione, monitoraggio e valutazione;<br />
- Hanno discrezione, possibilità di scelta; lavorano per sviluppare<br />
le proprie capacità e caratteristiche organizzative attraverso<br />
la selezione e la socializzazione di nuovi insegnanti e<br />
operatori.<br />
Questa prospettiva, che considera le scuole come organizzazioni<br />
sociali più che formali, non può essere perseguita basandosi esclusivamente<br />
o principalmente su contratti sociali di scambio,<br />
liste dettagliate di regolamentazioni, incentivi ecc, sulla promessa<br />
di un guadagno o la minaccia esterna, tipici delle organizzazioni<br />
formali (systemworld, rule-based) per la soddisfazione del cliente<br />
in risposta a domanda individuale. Sono necessari, invece, anche<br />
convenzioni sociali, rapporti più morali che di convenienza, legati<br />
alla condivisione di idee e valori, grazie all’assunzione di importanti<br />
decisioni sugli scopi e i valori della scuola, mantenute in virtù<br />
di lealtà, fedeltà ecc., tipici delle organizzazioni sociali (lifeworld,<br />
norm-based) basate sull'affidamento (fiduciario) e non solo<br />
sullo scambio.<br />
Allora è necessario porre alcune coordinate teoriche e metodologiche,<br />
riassumibili sotto due aspetti:<br />
1) l’istruzione è solo una parte di un processo, l’evento educativo,<br />
il quale è costruito su due variabili, un curriculum esplicito<br />
(la programmazione didattica) ed un curriculum implicito<br />
(spazio, tempo, atteggiamento, stile relazionale, idea di bam-<br />
14
ino), che a pari livello definiscono la qualità<br />
dell’apprendimento e dello stare bene a scuola;<br />
2) il cognitivo, se con questo termine ci riferiamo ai contenuti<br />
delle discipline, non può essere disgiunto dal relazionale. Semplificando<br />
possiamo affermare che ogni attività didattica prende<br />
forma all’interno di un contesto relazionale articolato nelle sue<br />
diverse forme (diadico, a piccolo e grande gruppo).<br />
In rapporto a queste due variabili possiamo affermare che esiste,<br />
nella scuola, una intenzionalità educativa esplicita, dichiarata,<br />
consapevole costituita per l'appunto dalla didattica: si fa programmazione,<br />
si pongono indicatori, obiettivi, strumenti, ecc.;<br />
probabilmente è uno degli ambiti della pedagogia più argomentati,<br />
approfonditi, documentati. Ma esiste anche una modalità implicita<br />
di intervenire e di agire, meno consapevole, meno argomentata,<br />
meno approfondita e salvo rare eccezioni meno documentata:<br />
ci riferiamo all'analisi dei significati degli spazi. L'ottica<br />
adottata concepisce come centrale non tanto il singolo alunno,<br />
quanto le relazioni di bambini e adulti: quindi scuola come un sistema<br />
composto di relazioni multiple tra alunni e insegnanti. Un<br />
mondo, per dirla con un termine ormai già entrato nell'universo<br />
dei significati, "complesso".<br />
15
16<br />
2. Componenti dell'ambiente formativo<br />
L’organizzazione degli spazi e dei tempi, la strumentazione, i<br />
raggruppamenti degli alunni, l’organigramma e la dislocazione dei<br />
poteri, le modalità della comunicazione interna nella classe e nella<br />
scuola corrispono a scelte educative precise, spesso implicite e<br />
più di una volta non del tutto coerenti con quelle esplicitate. A<br />
parità di vincoli e risorse si possono realizzare organizzazioni<br />
formative differenti in rapporto ai <strong>criteri</strong> di riferimento ed alle<br />
scelte che si operano. L’organizzazione influenza la definizione<br />
del ‘mestiere dell’alunno’ e di quello dell’insegnante, cioè il sistema<br />
di valori e di regole di comportamento, la ‘cultura’ della<br />
scuola e della classe: il cosiddetto curricolo nascosto nel costume<br />
didattico. E’ ciò che fa il ‘clima’, che comunica messaggi<br />
soprasegmentali che lasciano il segno nei vissuti personali, di cui<br />
si fanno spesso interpreti la letteratura, il teatro, il cinema sulla<br />
scuola.<br />
L’orario di attività e l’articolazione dei compiti dei docenti<br />
sono, oltre alla strutturazione dell’ambiente, i principali fattori<br />
che influenzano/condizionano il processo d’insegnamentoapprendimento<br />
nel suo svolgersi quotidiano. La distribuzione<br />
settimanale dell’attività e la composizione del gruppo docente<br />
determinano le condizioni del lavoro didattico: tempi di insegnamento<br />
strutturato, momenti di ‘cura’, presenza dei docenti e<br />
conseguente possibilità di diversi raggruppamenti degli alunni; insomma,<br />
qualificano il clima educativo.<br />
La significatività della scuola per gli alunni e per la comunità in<br />
cui opera, oltre che all’articolazione oraria ed alla integrazione<br />
con altre opportunità del servizio che offre, è legata anche alle<br />
caratteristiche dell’ambiente di apprendimento che presenta, i cui<br />
caratteri sono anch’essi frutto dell’interazione più o meno positi-
va e virtuosa tra che vi opera e chi ne fruisce. Certo non sono le<br />
sole condizioni materiali a fare la qualità della scuola, ma queste<br />
sono indicative -anche nella modestia dei mezzi- del valore che a<br />
quest’esperienza formativa è attribuito dagli operatori e dagli utenti.<br />
L'organizzazione didattica è lo strumento per svolgere<br />
quel compito, non fine a sé stessa. Un orario scolastico calibrato<br />
secondo il progetto formativo, insegnanti competenti che<br />
cooperano alla definizione, attuazione e valutazione di un progetto<br />
di lavoro mirato alle esigenze degli alunni ed operano<br />
funzionalmente ad esso, l'organizzazione di gruppi e momenti<br />
di apprendimento articolati sono gli strumenti della scuola. E<br />
come tali vanno impiegati, per attivare processi e conseguire risultati<br />
positivi, giocando con flessibilità ed intelligenza gli spazi<br />
di manovra, che dovranno comunque aumentare. Le decisioni<br />
in materia, infatti, spettano alla responsabilità tecnicoprofessionale.<br />
Il <strong>criteri</strong>o pedagogico della strumentalità dell’organizzazione<br />
didattica in funzione dell’insegnamento-apprendimento costituisce<br />
un punto chiave che dovrà essere centrale nell’esercizio della<br />
progettazione dell'ambiente educativo. In sintesi, la flessibilità organizzativa<br />
e didattica è considerata lo strumento per incrementare<br />
l’efficacia e l’efficienza della scuola nel raggiungere gli obiettivi,<br />
adeguando i percorsi formativi alle caratteristiche degli alunni<br />
e del contesto operativo. Gli spazi di manovra per i docenti sono<br />
sempre più ampi : dall’orario all’organizzazione dei gruppi alunni,<br />
dalla metodologia all’articolazione curricolare, con significative<br />
conseguenze nel lavoro didattico.<br />
Il modello organizzativo-didattico che si intravede, è quello<br />
che gli studi dell’ISIP-OCSE definivano negli anni ’80 come<br />
‘modulare’, cioè basato sul lavoro collaborativo di un gruppo di<br />
docenti che condividono la responsabilità del percorso formati-<br />
17
vo di un gruppo di alunni e che definiscono per e con essi itinerari<br />
flessibili ad hoc (OCSE-CERI, 1990). Le caratteristiche del<br />
funzionamento del modello innovativo-modulare indicate<br />
dall’OCSE sono :<br />
- la struttura di piccolo gruppo. Da 5 a 8 insegnanti insistono<br />
su 60-100 studenti, in una struttura che rimane stabile per tutta<br />
la durata dei corsi, in cui tutti gli insegnanti affiancano alle capacità<br />
disciplinari forti competenze di relazione e orientamento.<br />
- l’autonomia del modulo ... è il team di modulo che costruisce<br />
il suo piano di lavoro, rileva i bisogni espressi e latenti ... per<br />
venire incontro ai bisogni di tutti ...<br />
- lo sviluppo di una cultura interna .. il progetto della scuola<br />
serve come schema generale ... un terreno comune di riferimento,<br />
una meta-cultura condivisa dall’intera scuola e fondata<br />
sul pluralismo, sull’accettazione di strategie diverse e sulla<br />
centralità dei bisogni degli studenti. Se i team si chiudono in<br />
sé stessi o sviluppano campanilismi pedagogici o ideologici,<br />
il risultato può essere disastroso.<br />
2.1. Tempi e spazi per l’insegnamento/apprendimento<br />
Nell'articolazione un orario settimanale si intravedono<br />
le finalità della scuola ed il modello pedagogico in atto;<br />
ad esempio, "per quanto si attribuisca rilevanza fondamentale<br />
ad un insegnamento, se a questo viene assegnato<br />
un tempo ristretto, non solo diventa impossibile<br />
svilupparne il potenziale formativo, com'è ovvio, ma si<br />
tende regolarmente a irrigidirne -fino a standardizzarle- le<br />
procedure didattiche." Infatti, il tempo scolastico non può<br />
"essere considerato alla stregua di un contenitore di<br />
18
qualsivoglia 'routine' educativo-scolastica; esso stesso<br />
condiziona non superficialmente i comportamenti degli<br />
operatori ed il 'senso' che questi attribuiscono ai loro<br />
comportamenti" (Damiano, 1987).<br />
Pertanto l'organizzazione dell'orario delle attività è indicatore<br />
significativo della qualità delle relazioni e dell'azione,<br />
è il 'precipitato' della programmazione educativa e<br />
didattica, quindi la sua definizione sarà particolarmente<br />
ponderata e valutata e dovrà tener conto di tutti gli<br />
<strong>elementi</strong> qualitativi in campo.<br />
Con le parole di R.Dottrens potremmo ripetere oggi:<br />
"Se si vuole che a scuola si sperimenti, manipoli, operi, occorre<br />
tempo. Se si vuole che a scuola il bambino comprenda,<br />
assimili, possegga, occorre tempo. Se si vuole<br />
che il bambino impari a riflettere, a giudicare, a ragionare,<br />
occorre del tempo. Se si vuole che a scuola i bambini<br />
imparino a comportarsi, a vivere insieme, a collaborare,<br />
occorre tempo. Se si vuole che il maestro conosca i propri<br />
allievi e sia in grado di dare a ciascuno di loro quanto gli è<br />
necessario per crescere, occorre tempo" (Dottrens, 1964).<br />
Non di rado le esigenze didattiche si ‘scontrano’ con la<br />
diversificazione della domanda dei genitori e con la linea<br />
politica ed i vincoli di bilancio degli enti locali. Nella costruzione<br />
di soluzioni ‘negoziali’ è utile tener presente che<br />
qualsiasi soluzione organizzative non ha valore in sé, è solo<br />
strumentale in funzione di progetti: dati certi scopi e certi<br />
vincoli si ricercano le modalità più opportune per impiegare<br />
-possibilmente al meglio- le risorse. I problemi di organizzazione,<br />
quindi, spesso nascono dall’inadeguatezza dei progetti,<br />
dalla scarsa condivisione degli stessi o dall’incoerenza<br />
delle soluzioni rispetto ad essi; comunque non sono af-<br />
19
frontabili disgiuntamente. Quando una scuola procede per<br />
giustapposizione di <strong>elementi</strong> è perché non ha un progetto<br />
d’integrazione delle risorse. D’altra parte, l’affermazione<br />
spesso contenuta nei Progetti d’Istituto dell’integrazione<br />
scuola-famiglia resta lettera morta se ad essa non corrisponde<br />
una definizione degli orari di attività didattica che<br />
tenga conto anche della effettiva domanda di servizi che<br />
viene dalle famiglie.<br />
Criterio prioritario, comunque, devono essere le esigenze<br />
formative dei ragazzi che la scuola può soddisfare solo parzialmente;<br />
essa –quindi- è impegnata a lasciare/incentivare lo<br />
spazio per opportunità formative diverse: famigliari, extrascolastiche,<br />
associative ecc..<br />
Le considerazioni fin qui svolte influenzano anche l'impostazione<br />
del problema dell'articolazione interna del tempo<br />
scolastico cioè la risposta all'interrogativo 'come usare<br />
il tempo disponibile ?'<br />
Non è solo un problema di attribuzione e distribuzione<br />
del tempo di insegnamento per le discipline curricolari, le<br />
loro aggregazioni in aree o le attività opzionali ed aggiuntive.<br />
Infatti, tutta la ricerca psicodidattica sul tempo come<br />
variabile significativa nei processi di apprendimento, ed in<br />
particolare la procedura del mastery learning, hanno messo<br />
in evidenza che la variazione della quantità del tempo<br />
disponibile è di per sé insufficiente a determinare cambiamenti<br />
significativi nei livelli di apprendimento se non si<br />
accompagna ad una diversificazione delle pratiche didattiche,<br />
che risulta particolarmente necessaria nella civiltà dell'informazione<br />
che -per così dire- ha rubato alla scuola il<br />
ruolo nella trasmissione delle conoscenze. Inoltre, anche i<br />
tempi e i modi di gestione di alcuni aspetti della quotidiana<br />
vita della scuola come l'accoglienza, l'intervallo,<br />
20
l'uscita, l'avvicendamento dei docenti -e l'ordine degli<br />
stessi-, i trasferimenti da un locale all'altro ecc. hanno precisi<br />
significati educativi che veicolano messaggi 'soprasegmentali'<br />
di indubbio peso e che quindi meritano di essere<br />
considerati soprattutto in sede di programmazione educativa<br />
e didattica. In breve, il tempo non è un puro<br />
contenitore, il modo di organizzarlo implica e veicola un<br />
progetto educativo. In questa prospettiva alcuni <strong>criteri</strong> di<br />
riferimento generale possono essere utili per orientare le<br />
scelte operative.<br />
La flessibilità nell’impiego del tempo scolastico consente<br />
di conciliare l'esigenza di avere un quadro orario definito -<br />
per dare adeguato spazio a tutti gli insegnamenti- e quella<br />
di avere spazi di ‘manovra’ che consentano di andare<br />
incontro ai reali bisogni formativi degli alunni, di zone<br />
operative di interventi di recupero e sostegno tempestivi,<br />
volti a creare una comune base culturale della scolaresca.<br />
"In parole povere, l'avere a disposizione una 'pattuglietta',<br />
se così possiamo chiamarla, di ore da usare strategicamente<br />
là dove di volta in volta le circostanze contingenti,<br />
l'insorgere di difficoltà operative, ne richiedono la<br />
presenza, consente un processo di feed-side control (controllo<br />
collaterale), da porre in prospettiva complementare a<br />
quello di feed-back control. Una scuola che nella struttura<br />
generale del proprio piano di studio prevede una variabile,<br />
estremamente indipendente, ma non certo folle, in<br />
quanto razionalmente programmabile e programmata, è l'unica<br />
scuola che può realmente fare i conti con la realtà degli<br />
alunni, raccogliendone le sollecitazioni e gli stimoli,<br />
sciogliendone i condizionamenti, arricchendone<br />
le capacità potenziali, o inventandole, se necessario.<br />
21
...le attività didattiche che si svolgono in quest'ambito realizzano<br />
una propria funzionalità autonoma ma valorizzano,<br />
con singoli interventi, con sempre nuove strategie, con<br />
sempre nuovi e/o ritornanti obiettivi, la funzionalità delle discipline<br />
" (Portolano).<br />
Per quanto riguarda i tempi da assegnare a ciascuna disciplina,<br />
in rapporto a quanto indicato dalle normative,<br />
•il numero minimo di ore per ogni disciplina è definito<br />
nel suo complesso e resta alla scuola ed ai docenti la responsabilità<br />
della distribuzione in rapporto alla progettazione<br />
didattica locale;<br />
•inoltre, ogni docente, all’interno del tempo<br />
d’insegnamento assegnatogli per ogni gruppo classe o<br />
d’apprendimento, opererà flessibilmente -in particolare nelle<br />
classi iniziali- nella realizzazione della programmazione didattica<br />
prevista per l’ambito di competenza e concordata<br />
con i colleghi;<br />
•la distribuzione dei docenti e dei tipi d’attività nell’arco<br />
della settimana tipo risulterà armonica e regolare, salvo<br />
adattamenti funzionali per particolari esigenze didattiche<br />
es. tempo dell’accoglienza, progetti particolari ecc;<br />
•nei tempi di contemporanea presenza di un numero di<br />
docenti superiore al numero delle classi, normalmente si<br />
formano raggruppamenti degli alunni diversi dalle classi<br />
funzionali alle esigenze didattiche.<br />
All’interno di questo approccio, lo spazio non può essere lasciato<br />
alla casualità, cioè non definito; deve essere tradotto in termini<br />
di possibilità di esperienze, ancora una volta di possibilità di relazione.<br />
Lo spazio parla un linguaggio fortemente condizionante in<br />
quanto è un linguaggio "metaforico", fatto di simboli, impregnato<br />
e definito dalla cultura di appartenenza. Dice C.Rinaldi: " La qua-<br />
22
lità relazionale tra il soggetto ed il suo habitat sono reciproche,<br />
perciò sia l'uomo, sia l'ambiente sono attivi e si modificano a vicenda"<br />
(Rinaldi, 1998, 116).<br />
La scuola in questi ultimi tempi, ponendo al centro delle proprie<br />
intenzionalità educative il percorso di crescita di ogni ragazzo, ha<br />
di fatto obbligato gli insegnanti a rivalutare ogni esperienza, eliminando<br />
di fatto il privilegio accordato negli ultimi anni alle esperienze<br />
socializzanti. La ricerca pedagogica più avanzata invita a<br />
riflettere con sempre maggior consapevolezza sul significato educativo<br />
dello spazio, nella direzione di un ripensamento ed una<br />
riorganizzazione dell’architettura scolastica. Si delinea così una<br />
concezione dello spazio dai molteplici impliciti educativi, capace<br />
di garantire lo scambio con l’altro da sè (interazione e socializzazione)<br />
ma anche con l’altro che è dentro di sé (introspezione),<br />
capace quindi di accogliere contemporaneamente l’io ed il noi,<br />
l’agire ed il riflettere sull’agire; uno spazio dalle caratteristiche di<br />
“trasparenza ma anche di opacità, cioè dove e quando al bambino<br />
è concesso sottrarsi allo sguardo dell’adulto e la sua privacy<br />
è rispettata” (Rinaldi, 1998).<br />
"Pensare lo spazio" implica prioritariamente pensare alla qualità<br />
della relazione e della didattica a scuola. Non si tratta di un mero<br />
espediente per rendere le mura scolastiche esteticamente più belle,<br />
ma significa rideterminare il concetto stesso di apprendimento.<br />
Il focus è spostato dall'oggetto dell'apprendimento (i saperi,<br />
le discipline, i contenuti) al soggetto dell'apprendimento<br />
(l'alunno). In questo senso, ed in linea con le più recenti ricerche<br />
in campo neuropsicologico non si tratta di apprendimento per la<br />
conservazione e cioè finalizzato all'acquisizione di concezioni e<br />
metodi prefissati, di regole di comportamento capaci di far fronte<br />
ad aventi noti e ricorrenti. Partendo dal fatto che il bambino è<br />
capace, cioè competente in virtù dell'interazione e scambio con<br />
23
gli altri e con l'ambiente, di elaborare e costruire propri <strong>criteri</strong> di<br />
lettura, di classificazione, di categorizzazione e interpretazione<br />
della realtà, l'apprendimento si pone come "autoorganizzazione"<br />
della realtà e come costruzione del nuovo. Il nuovo non si<br />
riferisce alla sola e semplice novità, nel senso di unire le cose<br />
nuove a quelle conosciute, di strutturare una realtà apparentemente<br />
disordinata: in questa ottica apprendere non è più solo<br />
"portare dentro" la realtà come copia (la rappresentazione cognitiva),<br />
quanto piuttosto prefigurarsi mondi possibili, o se non si<br />
vuole accettare sino in fondo il principio dell'indeterminatezza,<br />
rielaborare mondi già conosciuti. L'educazione, la pedagogia,<br />
così come altre scienze si trovano di fronte ad un grande compito<br />
che non dovrebbe più consistere nel cercare di dare risposte<br />
a vecchi problemi, quanto di porre nuove domande (Morin,<br />
1983). Rinunciare all'apprendimento conservativo (trasmissivo)<br />
non significa necessariamente rinunciare alla propria mission educativa;<br />
al contrario, si apre la strada ad un nuovo modo di<br />
pensare alla scuola, basata sull'idea di cambiamento di tutte le<br />
parti che lo compongono. Banathy (1988) parlava di apprendimento<br />
evolutivo, che trova nell'idea di cambiamento la sua naturale<br />
declinazione. Stiamo infatti parlando non di tecniche o metodologie<br />
nuove, ma di modalità diverse di organizzazione delle<br />
medesime: soggetti destinatari del percorso di apprendimento<br />
sono non solo il gruppo di bambini, ma il gruppo di bambini insieme<br />
al team di docenti. Il nodo centrale è quindi l'elaborazione<br />
di un idea che vede il soggetto che cambia all'interno di un contesto<br />
che a sua volta si modifica: l'instabilità che apparentemente<br />
si ricava da questa concettualizzazione è bilanciata dall'azione regolatrice<br />
(e non normativa) dell'adulto inteso come soggetto mediatore<br />
delle relazioni che a scuola si instaurano. Ancora una volta<br />
semplificando: gli apprendimenti dei bambini, monitorati, documentati<br />
e valutati nel corso dell'anno, avvengono all'interno di<br />
24
un sistema di relazioni che producono inevitabilmente cambiamento<br />
e quindi apprendimento anche negli adulti che partecipano<br />
in quel momento e con quei bambini ai loro successi od insuccessi.<br />
Gli insegnanti accorti hanno percepito questo come l'aspetto<br />
principale sul quale investire una buona parte delle loro risorse.<br />
Per rapportarsi a questa idea di alunno, occorre ripensare al ruolo<br />
dell'adulto all'interno del contesto scolastico. Si tratta di un<br />
adulto che deve scegliere sempre tra due alternative: o operare in<br />
modo predeterminato con obiettivi standardizzati, oppure porsi<br />
in un ottica di cambiamento continuo, cioè di adulto che apprende:<br />
è di questi ultimi anni la coniazione del concetto di formazione<br />
permanente che, a nostro avviso implica da un parte la necessità<br />
sia di promuovere percorsi formativi di innovazione sul piano<br />
metodologico-disciplinare, ma soprattutto la necessità di formare<br />
una professionalità centrata sulla versatilità, cioè sulla capacità<br />
di percepirsi in evoluzione all'interno di un processo più<br />
ampio di cambiamento. In questa seconda accezione l'intervento<br />
dell'adulto è essenzialmente un intervento di regia teso a creare<br />
situazioni che permettano agli alunni di scoprire se stessi a confronto<br />
con la realtà che li circonda. L'insegnante nella sua proposta<br />
educativa tiene presente le variabili che possono favorirla od<br />
ostacolarla: la disposizione degli spazi, dell'arredo e degli oggetti.<br />
La gamma degli interventi degli adulti è molto ampia: dal supporto<br />
al singolo bambino, allo scambio nel gruppo, con attenzione ai<br />
segnali di declino dell'interesse, di impasse ripetitiva, di fuga, ma<br />
anche ai contributi creativi ed alla smentita delle previsioni (le cosiddette<br />
“prime impressioni”).<br />
L’immagine della scuola si esprime innanzitutto nel momento<br />
del primo approccio tra i docenti, gli alunni, i genitori<br />
delle classi 1^. Questo dà un imprinting indelebile alla qualità<br />
della relazione che si stabilisce tra i protagonsti del con-<br />
25
tratto formativo. Ad esempio, l’itinerario di lavoro nel corso<br />
di un anno di ogni scuola si manifesta anche attraverso<br />
espliciti eventi ‘esterni’. Il clima di una scuola che condivide<br />
un impegno di solidarietà, che ‘adotta’ un monumento o<br />
uno spazio verde, che produce un giornalino, una monografia<br />
o una semplice rappresentazione teatrale o in video-tape<br />
ecc. è di solito molto diverso da quello della scuola in cui<br />
gli unici <strong>elementi</strong> in comune sono la macchina fotocopiatrice<br />
e quella per il caffè, ed in ogni classe si lavora poi intensamente<br />
in attività prevalentemente istruttive. Ma anche<br />
l’adesione formale a ‘progetti’ pensati e voluti dal di fuori si<br />
giustappone all’ordinaria amministrazione e appesantisce<br />
ulteriormente il clima anzichè migliorarlo. Si tratta, invece, di<br />
recuperare la migliore tradizione della scuola come momento<br />
significativo nella vita della comunità, che si esprime attraverso<br />
una attività cooperativa e ‘produttiva’ di esperienze<br />
rilevanti: un contesto/ambiente di apprendimento in cui trovano<br />
opportuna collocazione gli indispensabili momenti istruttivi,<br />
con una flessibile gestione dei tempi, dei compiti<br />
dei docenti, delle attività.<br />
Una scuola che sia ambiente educativo di apprendimento<br />
cura anche l’organizzazione degli spazi. Infatti, se le aule in<br />
cui operano le diverse classi sono i principali spazi di attività<br />
e la loro strutturazione non evolve gradualmente in rapporto<br />
all’attività. Al contrario,<br />
- l’identificazione dei locali (aule, corridoi, altri vani) in cui operano<br />
classe cooperanti come area comune di attività (ad esempio,<br />
contrassegnata da un colore o da un logo guida);<br />
- l’articolazione degli stessi in ‘angoli’ per particolari attività<br />
collettive, di piccolo gruppo o individuali, formali, ludiche o<br />
di socializzazione;<br />
26
- l’ordine della documentazione murale dell’attività e dei materiali<br />
di lavoro (anche con l’impiego di materiale povero come<br />
semplici scaffalature costruite con imballaggi di recupero)<br />
sono tutti aspetti molto importanti della progettazione didattica.<br />
L’impiego non stereotipo degli spazi è anche condizione<br />
per una diversificazione delle attività, dei gruppi e delle metodologie<br />
che possa qualificare l’insegnamentoapprendimento,<br />
superando i limiti di una didattica in cui<br />
prevalgono le forme collettive e consegnative. Dedicare<br />
tempo ed attenzione a questi aspetti operativi nell’ambito<br />
della programmazione didattica del gruppo docente, la rende<br />
particolarmente utile per un confronto sui comportamenti<br />
quotidiani in classe, per la costruzione di quelle intese<br />
professionali necessarie per il buon funzionamento del<br />
team.<br />
2.2. Raggruppamenti degli alunni e individualizzazione<br />
L’organizzazione didattica per classi (d’età), in cui prevalgono<br />
attività collettive ed uguali per tutti, che rimane tuttora<br />
la modalità operativa più diffusa nella scuola, costituisce<br />
il modello di lavoro più coerente con l’ipotesi che i percorsi<br />
di apprendimento degli alunni di una certa età presentino<br />
una diversificazione limitata e comunque riconducibile<br />
ad un itinerario comune. Ma anche l’esperienza diretta dei<br />
docenti, oltre che la ricerca, evidenziano che queste ipotesi<br />
non reggono, che servono soluzioni diverse se si vuole<br />
perseguire il massimo dell’apprendimento per ciascuno. C'è<br />
comunque una difficoltà culturale e professionale a superare<br />
un modello operativo ormai consolidato, forse perché se ne<br />
27
conoscono e dominano i vantaggi e gli svantaggi mentre altrettanto<br />
non si può dire delle soluzioni alternative.<br />
I percorsi dell’apprendimento e dello sviluppo personale,<br />
come si è visto, sono oggi caratterizzati da una sempre più<br />
marcata diversificazione, legata alla dotazione genetica ed<br />
alle opportunità offerte dal contesto famigliare, ambientale e<br />
culturale di vita, che configura una ‘pluralità delle intelligenze’,<br />
per dirla con Gardner. Si pensi solo all’incidenza<br />
dell’impiego delle tecnologie della comunicazione (che può<br />
andare dalla fruizione passiva ed in solitudine della TV alla<br />
interazione multimediale) o della partecipazione a contesti di<br />
vita con cultura, lingue, sistemi di valori molto diversi.<br />
L’intreccio di questi fattori e situazioni genera una pluralità<br />
di percorsi di formazione individuale che rende sempre più<br />
inadeguate le soluzioni didattiche basate sulla relativa omogeneità<br />
degli alunni in rapporto ad alcune caratteristiche<br />
comuni, come ad esempio l’età. La consapevolezza della<br />
diversità individuale, l’esigenza e le tecniche<br />
dell’individualizzazione -evidentemente- non sono una novità,<br />
anzi rappresentano uno dei tratti portanti della ricerca<br />
educativa del nostro secolo, pur non essendo ancora una<br />
pratica adeguatamente diffusa nel nostro sistema scolastico.<br />
Ma le dimensioni quantitative e qualitative delle diversità sono<br />
oggi tali da rendere insufficienti le soluzioni finora adottate<br />
e da richiedere un ripensamento radicale. Nella maggior<br />
parte dei casi, infatti, il ‘trattamento’ delle diversità è stato<br />
orientato a recuperare svantaggi ed a perseguire, attraverso<br />
strade diverse, obiettivi -almeno minimi- comuni. In<br />
quest’impostazione la diversità dei percorsi viene ancora vista<br />
come un’esigenza funzionale, ma la ricerca<br />
dell’omogeneità è continua : infatti gli interventi differenziati<br />
sono prevalentemente finalizzati al recupero, cioè puntano<br />
28
alla riduzione -e possibilmente all’azzeramento- dei ‘decalages’<br />
nell’apprendimento rispetto alla classe (d’età)<br />
d’appartenenza degli alunni. Inoltre, sono per lo più sottovalutate<br />
le esigenze degli alunni (anch'essi a rischio di 'disagio')<br />
che per ragioni diverse potrebbero affrontare livelli di<br />
apprendimento più elevati rispetto alla media dell’età, anche<br />
solo in alcuni specifici campi. In una parola, prevale un<br />
modello didattico egualitaristico, di massa, che tende a livellare,<br />
piuttosto che a riconoscere e valorizzare tutte le diversità.<br />
Una didattica basata sul riconoscimento e la valorizzazione<br />
delle diversità individuali comporta una concezione ed<br />
un’organizzazione non selettiva ma cumulativa e orientativa<br />
del percorso formativo :<br />
- non si pone traguardi uguali per tutti ad una certa età, ma persegue<br />
il massimo per ciascuno ad ogni età ;<br />
- non richiede di ripercorrere itinerari già percorsi , ma riconosce<br />
le competenze comunque acquisite (anche<br />
nell’extrascuola), per incrementarle ;<br />
- non esprime valutazioni comparative di merito, ma certifica -<br />
descrivendole- le competenze reali -crediti formativi-.<br />
Occorre quindi una interpretazione dei programmi,<br />
dell’organizzazione didattica e della valutazione che non si<br />
basi sull’ipotesi di obiettivi e percorsi omogenei, di recuperi,<br />
sbarramenti o ripetenze ma su quella di livelli -<br />
capitalizzabili- di acquisizione di competenze, sviluppando<br />
pienamente -ad esempio- la logica ed il valore di strumenti<br />
come il 'portfolio' dell’alunno inteso in modo non burocratico<br />
ma formativo.<br />
L’apprendimento e la formazione, infatti, si basano sulla<br />
relazione tra il soggetto con la sua storia e la cultura (rappresentata<br />
dagli altri in forma diretta o mediata dagli stru-<br />
29
menti della comunicazione -libro, arte, media ecc.-) ; si impara<br />
facendo e parlando a sé stessi ed agli altri di quello che<br />
si sta facendo (e ciò consente l’acquisizione di metacompetenza<br />
) pertanto il gruppo è il contesto più favorevole<br />
per apprendimenti significativi, se non è solo un burocratico<br />
raggruppamento di alunni, ma è concepito e strutturato come<br />
opportunità per misurasi con la ricerca della soluzione di<br />
qualche problema, in cui dimensione cognitiva, affettiva e<br />
sociale s’intrecciano. In questo senso, anche la classe può<br />
diventare un gruppo ma è necessario che non sia un’isola e<br />
che anche al suo interno non si configuri rigidamente e solo<br />
come una serie di banchi allineati : ha bisogno di essere e<br />
sentirsi parte di una comunità più ampia e di articolarsi in<br />
più piccoli gruppi di attività.<br />
Se si esaminano i diversi tipi di raggruppamento degli alunni<br />
(per età, per livello di capacità, per interessi ecc.) si<br />
possono evidenziare vantaggi e svantaggi di ciascuno, così<br />
come è evidente che risulta controproducente sia la fissità<br />
della classe sia una continua variazione dei raggruppamenti<br />
; occorre quindi individuare soluzioni flessibili che siano<br />
in grado di massimizzare i benefici formativi e di ridurre le<br />
dispersioni.<br />
Ad esempio, il valore della classe come contesto sociale<br />
di convivenza delle diversità e di condivisione di esperienze<br />
significative comuni può risultare ancora maggiore se si applica<br />
ad una comunità un po’ più vasta (le classi del modulo<br />
o parallele, un piccolo plesso ecc.) che offre la possibilità<br />
di uno scambio ricco e di un progetto aperto. A questo<br />
scopo, ad esempio, in diverse scuole l’accoglienza degli alunni<br />
di prima classe avviene organizzando uno spazio comune,<br />
alcune attività comuni che consentono loro -e ai genitori-<br />
di conoscersi ed ai docenti di osservarli ; successiva-<br />
30
mente e progressivamente si strutturano dei gruppi in rapporto<br />
alle attività proposte ed alle caratteristiche dei bambini<br />
e si formano le classi .<br />
Anche la formazione di gruppi in rapporto alle capacità<br />
ed agli interessi degli alunni può risultare facilitata e funzionale,<br />
oltre alla singola classe. Ma ciò che è determinante<br />
per una didattica che valorizzi le differenze individuali è<br />
un’organizzazione del lavoro articolata in cui la maggior<br />
parte del tempo (anche all’interno della classe) non è impegnata<br />
nell’insegnamento collettivo e nell’esercitazione individuale<br />
uguale per tutti ma nella realizzazione di piani e progetti<br />
‘autogovernati’ a coppie, per piccoli gruppi o individuali<br />
e con l’impiego di una strumentazione varia, anche se<br />
semplice. Ovviamente adottando modalità operative adeguate<br />
all’età degli alunni, via via sempre più strutturate ed<br />
autonome.<br />
Infatti, una efficace modalità d'individualizzazione si avvale<br />
di tutte le tecniche che consentono di fare in modo<br />
che la comunicazione didattica sia differenziata a seconda<br />
delle caratteristiche degli alunni. Una tecnica molto<br />
semplice è quella di prendere un piccolo gruppo di alunni<br />
e lavorare con loro. Questo modo di lavorare, se si appoggia<br />
ad una organizzazione per classi è una forma di<br />
emarginazione; se invece è inserito in una struttura dove i<br />
raggruppamenti hanno una loro flessibilità, è una attività<br />
ordinaria. Anche questo modo di lavorare può valersi di una<br />
serie di tecniche e di strumenti di vario genere, che vanno<br />
dalle schede, ai materiali audiodidattici, all'utilizzo del lavoro<br />
di gruppo. Tutte modalità attraverso le quali è possibile<br />
fare in modo che ogni soggetto svolga un compito secondo<br />
i suoi ritmi e le sue possibilità. Ad esempio, la tecnica<br />
d'insegnamento individualizzato per schede utilizza ma-<br />
31
teriale strutturato che consente agli alunni di potere autonomamente<br />
controllare il lavoro svolto, magari con l'aiuto<br />
di un compagno. Una tecnica, quindi, che da un lato fa<br />
risparmiare tempo all'insegnante e dall'altro crea una forma<br />
di autocontrollo del proprio lavoro da parte dell'alunno,<br />
una acquisizione di metacompetenze che poi rimangono<br />
nel tempo.<br />
Inoltre, l'intervento non deve esplicarsi sul sintomo,<br />
sulla manifestazione specifica, settoriale, ma deve risalire<br />
alla fonte generatrice dell'incertezza; in particolare,<br />
l'intervento individualizzato non è attuato come fuga,<br />
come sollievo, come tendenzialmente emarginante, è invece<br />
un momento di impegno non eludibile funzionale ad<br />
un ritorno nel gruppo accompagnato da motivazione,<br />
da sicurezza di poter contribuire personalmente all'elaborazione<br />
comune. In questa prospettiva, trovano spazio<br />
anche momenti di 'esercizio' guidato ed autonomo che<br />
tuttavia non rappresentano né l'unica né la principale strategia<br />
d'azione. Si pensi ad esempio alle ancora attuali e<br />
stimolanti suggestioni offerte da G.Rodari (1973) sull'uso<br />
didattico degli errori che, invece di rappresentare solo un<br />
mortificante momento di colpevolizzazione, possono diventare<br />
il punto di partenza, in senso creativo, di svariate<br />
attività didattiche per 'giocare con la lingua' e per<br />
padroneggiarla in misura sempre maggiore. E sulla stessa<br />
linea si pongono le proposte tendenti a valorizzare l'utilizzo<br />
di vari tipi di gioco e semplici tecnologie strumentali ed<br />
organizzative come, ad esempio, le tecniche dell'aiuto<br />
reciproco, dell'oggetto mediatore, dello sfondo che<br />
tendono ad integrare dimensione cognitiva ed affettiva<br />
nell'approccio alle difficoltà di apprendimento in funzione<br />
di un loro superamento non meramente strumen-<br />
32
tale o temporaneo.<br />
L'alunno, come ogni persona pressoché a tutte le età,<br />
è un soggetto attivo che, come la psicologia ci ha insegnato,<br />
continuamente elabora le informazioni che riceve<br />
incorporandole negli schemi cognitivi che già possiede o<br />
ristrutturandoli in vari modi. E' nell'interazione con gli altri<br />
e nel 'dialogo con sé stessi' che questo processo si<br />
realizza affrontando situazioni, compiti e problemi nuovi e<br />
diversi. In questa prospettiva, i più accreditati <strong>modelli</strong><br />
del comportamento insegnante evidenziano in primo<br />
luogo l'ascolto, il porre domande e stimolare, il dare risposte<br />
e ristrutturare o sintetizzare e, solo da ultimo, il<br />
fornire informazioni o dare istruzioni. Inoltre, in particolare<br />
l'esperienza con i bambini più piccoli e con gli adolescenti,<br />
mostra che l'interazione tra soggetti con caratteristiche,<br />
'culture' ed età diverse è assai stimolante ed arricchente<br />
anche in ordine agli apprendimenti cognitivi.<br />
Quante 'cose' e abilità vengono imparate senza che<br />
nessuno le abbia insegnate in modo diretto, strutturato e<br />
formale? E quante di quelle apprese in modo scolastico si<br />
disperdono facilmente? Sono domande certamente retoriche,<br />
ma comunque doverose per impostare l'azione didattica<br />
nella scuola primaria. Infatti, spesso gli insegnanti<br />
segnalano la ristrettezza dei tempi e tendono a realizzare<br />
interventi molto strutturati nelle attività collettive ed<br />
a privilegiare il rapporto di un docente con un alunno<br />
per gli interventi di recupero. Al contrario, come abbiamo<br />
ricordato, sono le occasioni 'esplorative' e 'sociali'<br />
quelle che vengono considerate più produttive per<br />
l'apprendimento e la formazione. Un'impostazione dell'attività<br />
per 'progetti' da affrontare insieme, a coppie e per<br />
33
gruppi, forme di 'aiuto reciproco' e di condivisione dei<br />
compiti, scambi di esperienze rappresentano utili modalità<br />
di lavoro didattico che l'articolazione dei tempi e delle<br />
competenze nella nuova organizzazione della scuola<br />
possono e debbono valorizzare, non comprimere come<br />
sembra avvenire nell'ansia quantitativa che investe molti<br />
docenti. Sarebbe assai strano, infatti, che mentre i docenti<br />
sono chiamati ad un lavoro in team gli alunni finissero per<br />
vedere privilegiati i momenti collettivi e quelli individuali<br />
soltanto.<br />
L'esperienza e la ricerca insegnano, piuttosto, che una<br />
vita quotidiana nella scuola fatta di ampie e vivaci relazioni<br />
umane, di uno scambio con un congruo numero di compagni<br />
che portano diverse esperienze, della 'negoziazione'<br />
di scelte, procedure, conoscenze ecc. facilitano l'apprendimento<br />
significativo più di quanto possano fare la quantità<br />
di informazioni presentate, di schede ed esercizi svolti,<br />
di momenti 'individualizzati' che si configurano come 'ripetizioni'.<br />
La scuola è una delle agenzie educative; essa "concorre"<br />
alla formazione , con la famiglia ed altri gruppi sociali,<br />
nel contesto di una civiltà delle informazioni, della televisione<br />
e sempre più interculturale.<br />
Il <strong>criteri</strong>o pedagogico della continuità (orizzontale e verticale)<br />
sintetizza l’idea di una scuola che non è l'unica agenzia<br />
educativa, nè si propone come prioritaria rispetto ad altre,<br />
ma che con esse interagisce per svolgere il compito di<br />
formazione delle dimensioni conoscitiva, relazionale, affettiva,<br />
oltre che corporea di ogni alunno. Ciò implica una<br />
articolata serie di fattori di qualità e di condizioni operative<br />
nella strutturazione organizzativa e nell’impostazione peda-<br />
34
gogico-didattica della scuola, in termini di contestualizzazione<br />
del servizio rispetto alla domanda dei genitori e della<br />
comunità, oltre che di gradualità e progressività del curricolo<br />
e delle forme dell’insegnamento-apprendimento.<br />
La costruzione di un ambiente formativo è un processo sociale e<br />
dinamico, non lineare. Opportunità di ricostruzione dell’ambiente<br />
formativo sono offerte da numerose possibilità operative, peraltro<br />
parziali, di cui la scuola può oggi disporre: progetti, stage,<br />
corsi di recupero, area di progetto, tempo prolungato/flessibile<br />
nella scuola media, carta dei servizi e comunicazione istituzionale,<br />
ecc.. Il riconoscimento istituzionale dell’autonomia dovrebbe<br />
garantire quegli spazi di flessibilità didattica ed organizzativa necessari<br />
per la costruzione di ambienti formativi coerenti con i<br />
progetti educativi.<br />
Spazi, tempi, strumenti, relazioni sono le principali variabili<br />
dell’organizzazione didattica strumentale all’attuazione di progetti<br />
d’insegnamento-apprendimento. Occorre operare la selezione di<br />
situazioni e di ‘setting’ appropriati agli esiti della formazione, ai<br />
contenuti del lavoro, alle sue fasi; superando il taylorismo degli<br />
orari, delle classi ecc. ed individuando soluzioni organizzative<br />
funzionali: nella gestione d’aula come nell’organizzazione complessiva<br />
d’istituto.<br />
35
3. Criteri d'orientamento<br />
In questa prospettiva, l'organizzazione scolastica della scuola va<br />
condotta come:<br />
- Interattiva e negoziale<br />
- Creativa e problem-solving<br />
- Pro-attiva e responsiva<br />
- Partecipativa e collaborativa<br />
- Flessibile e innovativa<br />
- Responsabile e intraprendente<br />
- (auto)Valutativa e riflessiva<br />
- supportiva e promozionale (Clegg-Billington)<br />
con tutti e per tutti i soggetti che partecipano di questo 'mondo<br />
della vita'.<br />
Infatti, per diventare comunità di apprendimento le scuole, oltre a<br />
rispondere alle domande: cosa facciamo, perché e come, devono<br />
essere ridefinite come comunità di persone ed idee, (piuttosto<br />
che come strutture di edifici e attrezzature, ruoli e funzioni) che<br />
sostengono l’insegnamento-apprendimento perchè<br />
- credono che tutti gli alunni possono apprendere<br />
- credono nella possibilità d’insegnare<br />
- offrono un insegnamento focalizzato e organizzato<br />
- adattano l’insegnamento ai bisogni degli alunni<br />
- anticipano e correggono le misconcezioni degli alunni<br />
- usano una pluralità di strategie d’insegnamento<br />
- sviluppano un clima positivo caratterizzato da ordine e finalizzazione<br />
In conclusione, per costruire un ambiente formativo non basta<br />
compilare i <strong>modelli</strong> d’orario settimanale, di disponibilità delle aule<br />
e d’attività degli operatori è necessario formulare nuove domande<br />
pedagogico-didattiche e co-costruire adeguate risposte<br />
secondo <strong>criteri</strong> ecologici.<br />
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