31.07.2015 Views

IL DIARIO DEL CONCILIO DI YVES CONGAR

IL DIARIO DEL CONCILIO DI YVES CONGAR

IL DIARIO DEL CONCILIO DI YVES CONGAR

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

BLOGTeologi@Internet13 - <strong>IL</strong> <strong><strong>DI</strong>ARIO</strong> <strong>DEL</strong> CONC<strong>IL</strong>IO <strong>DI</strong> <strong>YVES</strong><strong>CONGAR</strong>di Jan GrootaersIl teologo francese Yves Congar (1904-1995), uno dei teologi più rappresentatividella teologia francese del XX secolo, e uno dei principali periti conciliari alconcilio ecumenico Vaticano II, aveva consegnato il manoscritto Il mio diario delConcilio presso l’Università cattolica di Lovanio (Belgio), esprimendo la volontàche questo suo Diario fosse pubblicato dopo l’anno 2000. Ed è effettivamenteapparso solo ora, in occasione della Buchmesse di Francoforte 2002 e del 40°anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II (1962-1965). Edito in duevolumi (I, pp. 596; II, pp. 632) presso le Éditions du Cerf di Parigi, dove Congaraveva diretto la grande collana ecclesiologica Unam Sanctam, rappresenta undocumento di una portata eccezionale: il Vaticano II è come raccontatodall’interno.Presentiamo questo commento dello storico Jan Grootaers.Se è vero che abbiamo potuto scoprire recentemente il Diario di un teologo diYves Congar [Journal d’un théologien 1946-1956, Cerf 2000], questo libro appenaedito ci offre una ben altra testimonianza della vita del padre Congar. È verod’altra parte che disponiamo di altre confidenze biografiche, sia scritte, nella lungaprefazione della raccolta Chrétiens en dialogue (Cerf 1964), sia orali, nel libroJean Puyo interroge le Père Congar (Centurion 1975). Tali testi non hanno però ilvalore di testimonianza in un certo modo “diretta” che il diario conciliare ci offre aogni pagina.Solo in parte “racconto”, questo diario è in sostanza un documento allo stato puro;e questo gli conferisce, ai nostri occhi, un valore storico diretto. In esso possiamoseguire il cammino a volte difficoltoso, sempre sincero, di un grande protagonista.Congar partecipa a un evento di grande portata il cui significato non è sempre1


facile da valutare e il cui sviluppo conserva fino in fondo l’ambiguità del vissuto.Un lungo periodo di oscillazioneGli inizi di Il mio diario del Concilio I rivelano innanzi tutto al lettore gli ostacoliesterni ma anche interni che il p. Congar ha dovuto superare prima di essererealmente impegnato nei lavori della Commissione dottrinale del Vaticano II, apartire dal marzo 1963. Gli resta la convinzione che un certo ambiente romano loconsidera ancora come un sospetto e che glielo fanno capire. Secondo un’analisidel diario conciliare che Étienne Fouilloux ha presentato all’École française diRoma quindici anni fa, Congar vive all’epoca un lungo periodo di oscillazione tra,da una parte, la stanchezza e la disillusione di una prima sessione conciliare chetende a insabbiarsi e, dall’altra, «l’impressione forte che nella Chiesa cattolica staaccadendo qualcosa di decisivo e che occorre assolutamente parteciparvi» II .Un altro freno ci sembra costituito dalla mancanza di premura dei vescovi francesi– in particolare mons. Weber e mons. Garrone – a ricorrere a lui come esperto III .Alla fine è il gruppo belga a “requisirlo”, ed è grazie a questo ambiente accoglientee dinamico che egli entra finalmente nell’evento (il lettore troverà almeno unatrentina di passi che testimoniano della collaborazione intensa del teologo francesecon il Collegio belga, presso il quale egli andrà anche a sistemarsi).L’esperienza di questa lenta entrata nel vivo dell’esperienza differenzia Congar daiteologi tedeschi che sembrano arrivare a Roma da conquistatori o da professori diLovanio che apparentemente si sentono subito perfettamente a loro agio inConcilio, come ha osservato Étienne Fouilloux.Onnipresenza …Il notevole contributo che il p. Congar ha dato all’opera del Vaticano II può esserevalutato in base a due elementi sostanziali: la sua “onnipresenza” in variecommissioni conciliari e la sua appartenenza alla corrente “possibilista” in senoalla maggioranza. Mentre in linea di massima si prevedeva che ogni espertofacesse parte di una determinata commissione, si vedono nel corso dellediscussioni alcuni teologi particolarmente impegnati a partecipare anche ad altre, operché invitati, o perché si propongono essi stessi. Yves Congar fa parte di quelristretto gruppo di specialisti che si trovano e ritrovano in numerose commissioni,collaborando a parecchi testi importanti IV . Venivano a volte chiamati “le donnetuttofare” (la definizione è di Charles Moeller).Per convincersene basta fare l’inventario delle costituzioni e dei decreti delVaticano II ai quali Congar ha dato un contributo significativo: Lumen gentium(sulla Chiesa), Dei Verbum (la lettura della Bibbia), Ad gentes (l’opera missionariadella Chiesa), Presbyterorum Ordinis (il ministero e la vita sacerdotale). È ancheda citare Gaudium et spes (la presenza della Chiesa nel mondo), la cui cosiddettaversione di Lovanio (1963) ebbe in Congar uno dei principali redattori; loritroviamo più tardi nel gruppo redazionale di Zurigo (1964) e di Ariccia (1965).2


Questa polivalenza di Congar può spiegarsi con il fatto che la sua riflessione diprecursore aveva interessato parecchi aspetti del rinnovamento teologico cheprecede il pontificato di Giovanni XXIII. Ciò gli consentirà più tardi di dar vita allafamosa collana Unam sanctam.… e “possibilismo”L’altra caratteristica del padre Congar al Vaticano II è la sua adesione alla corrente“possibilista”.A torto si è cercato di interpretare le tendenze del Concilio tramite una semplicepolarità tra una corrente “maggioritaria” definita come innovatrice e una corrente“minoritaria” considerata conservatrice. In realtà gli schieramenti erano piùnumerosi e più omogenei: non solo perché i sostenitori del rinnovamento nonerano tutti situati sulla stessa lunghezza d’onda, ma anche perché le posizionipotevano variare secondo il progetto del testo all’ordine del giorno.Così, nel corso della discussione del progetto De Ecclesia (1963-1964), lamaggioranza era divisa tra una tendenza disposta alla negoziazione e un’altra cherifiutava qualsiasi compromesso e si mostrava “intransigente”. La prima invocavail realismo e i limiti del possibile: il padre Congar la chiamava “possibilista”. Il suoDiario, in data 11 ottobre 1963, illustra bene la sua posizione a questo riguardo.Ci sembra che il p. Congar, molto sensibile ai due “fuochi” di tale polarità, abbiaalla fine optato per il realismo. Al momento di votare lo schema della liturgia equando è in discussione il De Ecclesia del gruppo Philips, Congar descrive nel suoDiario una serata passata con Hans Küng, ricco di intelligenza ma estremamentecritico nei confronti del testo sulla liturgia e dell’azione di A.-G. Martimort, criticoanche rispetto al testo rivisto del De Ecclesia, «pieno di ingenuità e di banalità».Il giovane Küng, nota Congar, è un grintoso, all’opposto di Martimort: «Questipropende per il “possibile”, per la tattica: è un riformista, un possibilista; Küng èun esigente di tipo rivoluzionario» (la sottolineatura di “un possibilista” è mia).Nel corso di quell’incontro con Hans Küng, Congar si sente in un primo momentoattratto da quel radicalismo, di cui ha una certa nostalgia; ma in seguito, purcombattuto tra i due schieramenti, si dice consapevole dei progressi già compiutidal Concilio (per esempio: «Philips è stato messo al posto di Tromp» e soprattutto:«occorre anche vedere che cosa è stato possibile»).Infine Congar spiega i fondamenti dell’atteggiamento “possibilista” che è diventatoil suo. Scrive: «Io credo profondamente nelle proroghe, nella necessità delletappe. Ho constatato che la mia convinzione era fondata. Ho visto anche compieretanta strada in trent’anni. Sono pienamente convinto che un grande corpo, come èla Chiesa, esige un ritmo misurato».Riflessioni di questo tenore non gli impediscono di essere anche sensibile a ciò chemanca in questo schema rivisto e nel lavoro conciliare. Osserva: «Non c’è stato unvero ritorno alle origini». Ma anche questo fa parte della prospettiva possibilistache tiene conto dei tempi da rispettare e delle tappe da accettare.3


Il senso dell’assembleaPer Y. Congar e G. Philips, ma anche per i loro amici del Segretariato per l’Unità,per quelli del gruppo di mons. Veuillot (schema sull’episcopato) e quelli delgruppo di mons. Haubtmann e mons. Garrone (schema XIII), per mons. De Smedt(libertà religiosa), occorreva innanzitutto avere il senso dell’assemblea.Questo senso dell’assemblea implica che si accettino i limiti imposti dal lavoro inéquipe (soprattutto in commissione). Ma tale senso implica anche che si rispetti lanecessità di ottenere una maggioranza di voti in un’assemblea deliberativa. È unalegge ferrea.Bastano questi cenni al Diario di p. Congar per dare un’idea dell’interesse chepresenta questo documento in cui l’evento conciliare è colto sul vivo da un grandeteologo che si trova a esserne attore e testimone.In una famosa conferenza da lui tenuta all’Università di Friburgo nel gennaio 1979,l’autore pone la distinzione tra la dimensione verticale del Concilio (con la volontàdi essere in continuità con il passato e la Tradizione) e la dimensione orizzontale.Questa significa il decentramento dell’Urbs sull’Orbis, nel senso che l’Orbisprendeva in un certo modo possesso dell’Urbs. «La Chiesa si preparava aprendere la parola» V .Grandi correnti rinnovatrici molto vive dovevano nel corso di quattro anni rifluiredalla periferia alla sala conciliare di Roma. Nel suo diario conciliare Congar ci favivere giorno dopo giorno proprio questa presa di parola nella Chiesa. Forse questoevento non ha ancora finito di interpellarci oggi.Jan Grootaers4

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!