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Si passa le dita tra i capelli castano ramato. «Non me la renderai facile, vero?»<br />

«Probabilmente no», ammetto con sincerità e lei fa una faccia demoralizzata.<br />

Rapidamente, in modo che non possa fermarmi, le sposto una ciocca di capelli dagli occhi e le<br />

do un bacio leggero sulla guancia, ammiccando mentre mi ritraggo. «Però stai tranquilla. Non ti<br />

strapperò i vestiti di dosso finché non sarai tu a chiedermelo».<br />

«Sei incorreggibile». Sta trattenendo un sorriso. «E non mi aiuti se continui a<br />

toccarmi e a guardarmi in quel modo. Voglio diventare una persona migliore per te, ma devo<br />

andarci piano con le situazioni complicate, finché non imparo a gestirle. È come per gli alcolisti<br />

in riabilitazione. Non devono impegnarsi in una relazione finché non riescono a gestire le cose<br />

razionalmente».<br />

«Te l’ha detto la tua terapista?»<br />

«Sì».<br />

Apro la porta sospirando e sollevo due dita. «Okay, mi comporterò meglio che<br />

posso. Parola di scout».<br />

Lei mi piega scherzosamente le dita all’indietro e alza gli occhi al cielo, poi entra in<br />

casa. Posa lo sguardo sul divano di pelle che Ethan ha rubato da casa di sua madre, sulla<br />

televisione appoggiata su una cassa e sul tavolo da pranzo, che sta tra la cucina e il salone.<br />

«È proprio un appartamento da maschi». Annusa l’aria e fa una smorfia,<br />

sventolandosi la mano davanti alla faccia. «Ha anche un odore da maschi».<br />

Le do un pizzicotto sul culo e lei strilla. «Sa di uomo». Mi sposto in cucina prima<br />

che lei possa arrabbiarsi per la mia piccola iniziativa.<br />

Si mette a chiacchierare con Lila e Ethan mentre io tolgo il nastro adesivo dalla<br />

scatola delle stoviglie sopra al tavolo della cucina e tiro fuori una pila di piatti. Sul bancone il<br />

mio telefono squilla. È l’ospedale di New York dove ho fatto gli esami del sangue.<br />

Rispondo controvoglia. «Pronto».<br />

«Salve», fa una donna con la voce stridula. «Parlo con Micha Scott?».<br />

Mi appoggio al bancone e fisso la parete. «Sono io».<br />

«Sono Amy, chiamo dal Medical Center di New York», dice. «La chiamo per dirle<br />

che i risultati del test confermano che lei è un possibile candidato per il trapianto».<br />

«Cazzo».<br />

«Okay, grazie per avermi informato». Riattacco e stringo il telefono in mano.<br />

Ethan infila la testa in cucina. «Stiamo andando a mangiare qualcosa. Tu… Ma è<br />

tutto okay? Hai una faccia strana».<br />

«Sto bene». Sbatto il telefono sul tavolo e la cover posteriore si stacca. «Comunque<br />

sì, la cena per me va bene».

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