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«Avete scommesso?». La guardo a bocca aperta. «Aspetta un attimo, tu sapevi che si stavano trasferendo qui?». Scrolla le spalle e dà un morso alla mela. «Ethan potrebbe avere accennato alla cosa un paio di volte al telefono». Getto la testa all’indietro per bere l’ultimo goccio di soda. «Ci hanno invitate ad andare a vedere il loro nuovo appartamento, se ti va». Svita il tappo della bottiglia d’acqua. «Certo. Non ho altri progetti. Ma come ci arriviamo? Perché il mio personale sciopero contro gli autobus continua». «Possiamo chiedere a Ethan di venirci a prendere». Faccio una smorfia. «Oppure farci prestare una macchina. Io preferirei la seconda opzione, così posso andarmene quando voglio. Se viene Ethan a prenderci, poi ci terranno in ostaggio, credimi». «Potrebbe non essere così male». Un pezzo di mela le cade di bocca e le finisce in grembo. «Ma se vuoi farti prestare una macchina, perché no? Puoi chiedere a Blake». Esito un po’, ricordando quanto la Mustang di Blake avesse infastidito Micha. «Sì, forse non è proprio una buona idea eh?». Recupera il telefono dalla tasca. «Chi altro potremmo chiamare?». Schiaccio il centro della lattina e la poso sul tavolino. «Parker?». Scuote la testa e un ricciolo scivola fuori dalla fascia che ha sui capelli. «Assolutamente no. Liberarmi di lui diventerebbe ancora più difficile. E poi ha il terrore di far guidare la sua macchina ad altri». «Allora non ne ho idea». Dopo qualche minuto di riflessione sblocco lo schermo del telefono e mando un sms a Blake. Io: Ehi, devo chiederti un enorme favore. Blake: Dimmi. Io: Dovrei prendere in prestito la tua macchina per qualche ora. Blake: Non c’è problema, però devi lasciarmi a lavoro e poi venirmi a riprendere. Io: Per me è okay. Blake: Finisco la lezione tra qualche minuto. Ci vediamo al parcheggio? Io: Okay, sono lì tra 5 minuti. Metto il telefono nella tasca posteriore e prendo la borsa dalla spalliera della sedia. «Ho trovato una macchina, ma dobbiamo andare subito al parcheggio». Il telefono di Lila squilla e lei imposta la modalità silenzioso senza neanche guardare lo schermo. «Chi hai chiamato?».
Infilo i sandali e controllo se le chiavi di casa sono nella borsa. «Blake». Balza in piedi e butta il torsolo della mela nel secchio dell’immondizia accanto al divano. «Lo sai che Micha si incazzerà con te quando ti vedrà arrivare con la macchina di Blake». «Non sarà incazzato», puntualizzo aprendo la porta, da cui filtra la luce del sole. «Solo un po’ infastidito e comunque sei stata tu a suggerirlo per prima». «Lo so, ma poi ho realizzato che probabilmente non era una grande idea». Mentre scendiamo le scale sospira. «Ogni tanto hai la tendenza a vedere le cose un po’ distorte. Sarà incazzato eccome, perché prima gli hai detto di restare amici per un po’ e poi ti presenti con la macchina di un altro». Schivo un albero e poi faccio un balzo sulla destra per evitare un tizio che sta giocando a football e che sta correndo nella mia direzione per fare una presa. «Allora guida, e diremo che l’hai chiesta in prestito tu, così andrà tutto a posto». «Tutto a posto?». Prende un pacchetto di gomme dalla tasca e ne infila una in bocca. «Sì, vedremo come sarà tutto a posto con la tensione sessuale che ci sarà tra voi due». Mi offre una gomma e io la accetto, sapendo benissimo che ha ragione. Micha Ethan apre il frigorifero e storce il naso. «C’è odore di spogliatoio qui dentro. Oh mio Dio, ci sono degli avanzi di spaghetti». Prende un contenitore Tupperware pieno di roba rossa e la esamina più da vicino. «No, non sono sicuro di cosa sia». «Buttali, amico». Sollevo una pesante scatola con la scritta “piatti” e la porto nella minuscola cucina, che ha un disperato bisogno di una mano di vernice. Sul piano da lavoro verde sono caduti pezzetti di intonaco e una delle pareti è stata stuccata in diversi punti. «Sembra che quella roba si muova». Ethan mi lancia il contenitore, trattenendo i conati di vomito per l’odore tremendo che emana. «È il tuo turno. L’ultima volta l’ho portata fuori io l’immondizia». Scuoto la testa e scendo le scale tenendo il contenitore davanti a me. Il complesso di appartamenti è in una zona piuttosto rumorosa, specialmente intorno al parco giochi. Ci sono bambini sulle altalene, oppure che corrono, ridono, urlano, piangono. Ogni volta penso a tutto quello che Ella, Ethan e io non abbiamo mai avuto. Mentre raggiungo il cassonetto, una Mustang rossa entra nel parcheggio del comprensorio. Accosta vicino al camioncino di Ethan, sotto la tettoia per le auto, e io mi avvicino, un po’ infastidito nel vedere Ella scendere dalla macchina. A giudicare dalla sua espressione, sa bene di essere nei guai. Mi saluta incerta con la mano. «Ciao».
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prestarvi una Mustang?» «È gente
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Lo raccolgo, scrollo la neve che ci
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