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scrivania.<br />
Anche Anna si siede, sceglie una penna dalla tazza e prende il taccuino dal cassetto.<br />
Oggi il tailleur pantalone è di una scialba tonalità di marrone e i capelli sono legati all’indietro.<br />
Inforca gli occhiali e scorre gli appunti dell’ultima seduta.<br />
«Era Micha al telefono», le spiego prima che me lo chieda, perché so che sta per<br />
farlo. «Ho appena scoperto che si è trasferito qui».<br />
«Oh, capisco». Posa penna e taccuino sulla scrivania e sposta la sedia in avanti. «Dal<br />
tuo tono non mi sembri molto felice».<br />
«Non so se lo sono». Rimugino sui miei sentimenti. «Da una parte è bello averlo<br />
vicino, nel caso avessi bisogno di lui, ma sto cercando di non avere bisogno di lui, perciò averlo<br />
vicino è una cosa negativa. Ha un senso?»<br />
«Ha molto senso». Sfoglia le pagine del taccuino. «Da quanto tempo mi hai detto<br />
che conosci Micha?»<br />
«Da sempre. Voglio dire, mi ricordo che a quattro anni mi affascinava vederlo<br />
seduto in garage a riparare macchine con suo padre. Anche se avevo sempre troppa paura per<br />
andare là a parlargli. In realtà poi è stato lui a rivolgermi la parola per primo». Una risata mi<br />
solletica la gola. «A dir la verità è riuscito a corrompermi per farmi scavalcare la staccionata<br />
grazie a un cartone di succo di frutta e a una macchinina giocattolo».<br />
«Perché avevi paura di parlargli?», indaga lei.<br />
«Non lo so. Forse ho sempre pensato di vivere in un mondo alternativo che nessuno<br />
poteva capire, neanche lui». Scrollo le spalle e mi mordicchio le unghie. «Mi sento ancora così a<br />
volte, come se vedessi le cose in maniera diversa dalla maggior parte della gente».<br />
La dottoressa tamburella le unghie fresche di manicure sul tavolo. «Credo che ti<br />
preoccupi troppo di ciò che pensi».<br />
«Be’, su questo non ci piove», dico. «Lo so da un bel po’, ma quello che ancora non<br />
so è come fare a smettere di preoccuparmi».<br />
«Questo perché non credo tu abbia ancora compreso l’origine di questo<br />
comportamento», afferma. «Da quello che mi hai detto, Ella, la tua infanzia è stata piena di<br />
angosce».<br />
«Non ero sempre angosciata», protesto. «C’erano dei… momenti di relax e ho<br />
vissuto la mia vita come dovevo, per sopravvivere. Se non mi fossi preoccupata, nessuno<br />
avrebbe pagato le bollette, o si sarebbe accertato che tutti mangiassero, o avessero vestiti puliti».<br />
«Non è ciò che intendevo, ma ne fa comunque parte». Prende una fotografia dalla<br />
cartella e la poggia di piatto sulla scrivania davanti a me. «Cosa vedi quando guardi questa?».<br />
È una foto di repertorio che ritrae un uomo, una donna e una bambina piccola, tutti<br />
con gli stessi occhi azzurri e i capelli biondo platino. «Uhm… vedo che le piace rubare le foto di<br />
prova dalle cornici e tenerle in ufficio».