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«Nah, sto meglio da solo», mi dice. «Magari terrò gli occhi aperti per un’altra band,<br />

ma quella in cui ero stava diventando una causa persa. E per il momento ho trovato un posto<br />

dove suonare. E un lavoretto. La paga fa schifo, ma per adesso può andare e comunque è meglio<br />

che tornare a casa».<br />

«E che lavoretto è?»<br />

«È un servizio di uomini escort. Sarà fantastico. Dovrò ammaliare donne tutto il<br />

giorno, e sappiamo che in questo sono fantastico, e mi pagheranno anche per farlo».<br />

Alzo gli occhi al cielo, ma sto al gioco. «Wow, sembra proprio un lavoro fatto<br />

apposta per te e sono sicura che ti divertirai da matti. Più ci penso e più mi sembra davvero il<br />

lavoro dei tuoi sogni».<br />

«Eh già, hai visto?», dice con tono furbo. «Anche se ho sentito che qualche ragazzo<br />

ha sviluppato manie feticiste e pare che le cose possano diventare un po’ strane, ma farò quello<br />

che devo per sopravvivere».<br />

«Sei proprio un idiota». Mi dimeno sulla sedia, poi metto giù le gambe composta<br />

quando la segretaria passa con una pila di carte in mano. «Sul serio, che stai facendo? E poi<br />

dove sei?»<br />

«Ethan e io abbiamo trovato un lavoro part-time in un cantiere, ma è solo una cosa<br />

temporanea». Fa una pausa e si sente un forte rumore. «E la sera suonerò all’Hook Up».<br />

«Ehi, ce n’è uno anche qui a Vegas», dico parlando sopra al baccano del<br />

tritadocumenti. «Non sapevo che fosse una catena nazionale».<br />

Lui esita un momento. «Non è una catena nazionale».<br />

«Sei a Vegas?». Alzo involontariamente il tono di voce e la segretaria mi lancia<br />

un’occhiata da dietro gli occhiali spessi mentre continua a inserire i fogli nel tritadocumenti. Mi<br />

volto sulla sedia, abbasso la voce e tappo l’altro orecchio con il dito per sentire meglio. «Tu e<br />

Ethan vi siete trasferiti a Las Vegas?»<br />

«Sì, siamo a Vegas proprio adesso, mentre parliamo. Stiamo sistemando le nostre<br />

cose in questo microappartamento», mi spiega. «Ma andrà bene e sono contento».<br />

Non so cosa rispondere, perciò resto in silenzio, tamburellando nervosamente con le<br />

dita sul ginocchio. Il telefono sul bancone della reception suona e la segretaria risponde.<br />

«Dimmi cosa stai pensando, bellezza», mi incita lui. Sento un bip quando toglie il<br />

viva voce. «Ethan non può più sentirti».<br />

«Sto pensando… Non lo so cosa penso…». Mi assento con la mente mentre la<br />

terapista apre la porta e fa capolino con la testa.<br />

«Ella, sono pronta». Spalanca la porta e mi fa cenno di entrare.<br />

«Devo richiamarti», gli dico. «Sto entrando dalla dottoressa proprio adesso».<br />

Riappendo prima che lui possa dire altro, raccolgo la borsa da terra e mi siedo davanti alla

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