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Lila interrompe la canzone allo stereo, The Tide degli Spill Canvas, e si siede sul
bordo del letto. Indossa una maglietta bianca, i jeans e un paio di stivali con i tacchi alti. Ha i
capelli raccolti e le labbra rosa, come le guance.
«Stai uscendo?». Seppellisco la faccia nel cuscino e la voce mi esce fuori smorzata.
«Se stai uscendo puoi comprare il latte? Ieri notte l’ho finito».
Mi tira per una spalla, piuttosto rudemente, e mi costringe a guardarla. «Devi
smetterla. Sei rimasta a letto per quasi tre giorni… Che diavolo è successo a Star Grove?»
qui».
«Niente», borbotto. «Ho lasciato mio padre al centro e ho guidato di nuovo fino a
«Cosa ti ha detto tuo padre?», chiede con tono accusatorio.
«Niente». Rotolo sullo stomaco e schiaccio la faccia sul cuscino. «Senti Lila, puoi
stare qui seduta a impicciarti quanto ti pare, non c’è niente da dire. Mi sento una merda e voglio
stare da sola».
latte».
Lei ha un attimo di esitazione, poi si alza dal letto. «Torno stasera con un po’ di
«Grazie». Chiudo gli occhi. «Puoi riaccendere la musica?».
Qualche secondo dopo gli Spill Canvas riempiono di nuovo la stanza e io mi rimetto
a dormire, felice di sentire la mente entrare in modalità sonno.
schiena.
«Da quanto tempo è che sta così?». Sento delle dita scorrermi su e giù per la
«Da quando è tornata dopo aver sistemato la faccenda del padre», dice Lila con tono
preoccupato. «Quindi circa quattro giorni. Esce a malapena dal letto e non mangia nulla».
«Che cazzo è successo?». Anche Micha sembra preoccupato.
Mi giro su un fianco, sbattendo le palpebre degli occhi esausti contro il sole che
penetra dalla finestra. Micha è seduto sul bordo del letto con la mano sulla mia schiena e i
capelli che formano una piccola onda, segno che si è svegliato da poco.
«Non è successo nulla», dico, ed entrambi sobbalzano.
«È una bugia». Lila cammina avanti e indietro con le mani sui fianchi. Ha i capelli
legati e un abito viola di pizzo. «Sappiamo che è successo qualcosa».
Micha è vestito tutto di nero, con la solita catena appesa alla cintura. I suoi occhi
cercano i miei e le viscere mi si annodano. «Cosa ti ha detto tuo padre?».
Mi metto a sedere e la sua mano scivola sul letto. «Non mi ha detto niente».
«Ella May», allunga la mano verso il mio viso, «non riempirmi di balle».
«Non ti sto riempiendo di balle, Micha Scott». Salto giù dal letto e trascino i piedi