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telefono in faccia.<br />

In preda alla frustrazione, chiamo il servizio informazioni e ottengo il numero del<br />

bar di Denny. Telefono mentre salgo di corsa le scale dell’appartamento di due stanze che<br />

divido con Lila. Dopo quattro squilli qualcuno risponde. «Pronto, Hub and Grub, sono Denny».<br />

visto».<br />

«Uhm… sì, sono Ella. Ella Daniels. Mi chiedevo se mio padre è lì da voi, o se l’hai<br />

«Sì, è arrivato questa mattina». Ha un attimo di esitazione. «Pensavo fosse al centro<br />

di riabilitazione».<br />

«A quanto pare l’ha lasciato». Prendo le chiavi di casa dalla borsa e apro la porta.<br />

«Sta così male?»<br />

«Sarò onesto con te, Ella. Sta parecchio male», dice con franchezza. «Da quando è<br />

venuto questa mattina non ha mai smesso di bere. Mai. Gli ho offerto un passaggio fino a casa,<br />

ma ha rifiutato».<br />

Chiudo la porta e getto le chiavi sulla consolle. «Puoi tenerlo d’occhio per un po’<br />

finché non capisco cosa fare?»<br />

«Sì, penso di sì», dice con riluttanza. «Ascolta, Ella, capisco la tua situazione, ma io<br />

ho un bar da mandare avanti e… be’, quando è in queste condizioni crea un sacco di problemi.<br />

Ti do volentieri una mano finché la cosa non incide sul mio lavoro».<br />

«Vengo là il prima possibile», prometto. «E mi dispiace».<br />

bambina».<br />

Lui sospira. «È tutto okay. Lo so che è difficile per te. Voglio dire, sei ancora una<br />

Non sono mai stata bambina. Non veramente. A sei anni lavavo i piatti e pulivo la<br />

casa, a otto mi cucinavo da sola, e a dieci mi assicuravo che mia madre prendesse le medicine.<br />

Lo saluto e riattacco, poi mi accascio sul divano di pelle. Il nostro è un<br />

miniappartamento, con le pareti bianche, un tappeto marroncino e il televisore in un angolo. Tra<br />

la cucina e il salone c’è una piccola zona pranzo. Le stanze odorano di cannella e il lavandino è<br />

stracolmo di piatti.<br />

Mi schiaccio il naso tra le mani. «Merda… Chi posso chiamare?». Lascio cadere le<br />

braccia in grembo e chiamo Ethan.<br />

Mi risponde dopo tre squilli. «Okay, che stranezza è questa? Non mi chiami mai».<br />

«Devo chiederti un favore». Faccio una pausa per prendere coraggio. «Potresti<br />

andare a prendere mio padre all’Hub and Grub e restare con lui finché non riesco a venire?».<br />

Resta in silenzio per un secondo. «Sì, posso farlo».<br />

«Grazie», dico, riconoscente. «Arrivo il prima possibile. Lo prometto. Dodici ore al<br />

massimo».

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