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«Prova a pensarci per un minuto, se ci riesci».<br />

Sollevo il mento dalla mano e mi concentro, ma la sola cosa che vedo siamo io e<br />

Micha su quel maledetto ponte, mentre lui cade in acqua.<br />

«Non lo so». Afferro il bracciolo della sedia mentre le mie pulsazioni accelerano.<br />

«Davvero non lo so… merda».<br />

«Rilassati Ella, andrà tutto bene». Apre il cassetto e tira fuori un’altra cartella.<br />

«Penso che potremmo cominciare a considerare una valutazione dell’ansia e della depressione».<br />

La guardo con gli occhi ridotti a due fessure. «Non se ne parla».<br />

«Ella, penso sia importante che…».<br />

Mi alzo dalla sedia e getto la borsa sulla spalla. «Non ne voglio parlare».<br />

Lei sta dicendo qualcos’altro, ma io sono già fuori dalla porta. Non voglio discutere<br />

della possibilità di avere malattie mentali. Non sono malata. Non lo sono.<br />

Archivio la conversazione, riaccendo il telefono e leggo il messaggio di Dean.<br />

Papà ha lasciato il centro di riabilitazione. Chiamami subito…<br />

Cosa? Premo con forza il tasto delle chiamate rapide mentre esco alla luce del sole,<br />

poi porto il cellulare all’orecchio.<br />

«Perché diavolo hai spento il telefono?», sbotta.<br />

«Te l’ho detto. Avevo una seduta». Attraverso il cortile zigzagando tra la gente e<br />

abbassandomi per evitare un frisbee.<br />

«Be’, devi tornare a casa», mi ordina. «Papà è scappato e nessuno riesce a trovarlo».<br />

«Chiamo la madre di Micha e vedo se lei riesce a scoprire dov’è. Se è in casa». Mi<br />

accingo a riattaccare.<br />

uscendo».<br />

«L’ho già sentita». La sua voce suona irritata. «È in vacanza con un tizio con cui sta<br />

«Oh…». Non sapevo che stesse uscendo con qualcuno. «Allora che facciamo?»<br />

«Tu vai lì a controllare», dice come se fosse un mio compito esclusivo.<br />

«Perché non ci vai tu?»<br />

«Perché ho un lavoro e un matrimonio da organizzare. Una vita».<br />

«Anche io ho una vita», puntualizzo mentre raggiungo il limite del prato. «E<br />

possiamo sempre chiamare qualcun altro. Denny, per esempio».<br />

«E allora chiama Denny», dice. Sento la voce di Caroline in sottofondo. «Devo<br />

andare, okay? Chiama Denny e fammi sapere immediatamente che succede». Mi riattacca il

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