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«Perché hai una faccia… come se dovessi darmi una notizia orribile».<br />

«Non è una notizia orribile». Guido il suo corpo sopra il mio. «Ma non sono sicuro<br />

che ne sarai felice».<br />

Si avvinghia alle mie spalle mentre si tira su, adesso è a cavalcioni su di me e posso<br />

sentire il suo calore sul pene. La coperta le scivola dalle spalle e ho il suo seno proprio sopra la<br />

faccia.<br />

«Ti prego, sbrigati e dimmelo», mi implora. «Mi stai spaventando».<br />

«Stavo pensando…». Mi fermo, mi vengono in mente mia madre e mio padre e<br />

come sono andate a finire le cose tra loro. «Non è niente. Davvero, non era niente di<br />

importante».<br />

Il viso di Ella esprime tutto il suo disappunto. «No, quello sguardo significa ben<br />

altro. Da quando mi tieni nascoste le cose?»<br />

«Non ti sto tenendo nascosto nulla». Cerco di resistere per un po’, finché non vedrò<br />

che siamo tornati sulla stessa lunghezza d’onda. «Adesso vieni qui».<br />

Mi siedo e le appoggio la bocca sul seno, succhiandole i capezzoli per distrarla.<br />

Quando mi fermo lei sta ansimando e la luce le si riflette negli occhi.<br />

Le metto una mano dietro la nuca, avvicino le sue labbra alle mie e spingo il pene<br />

dentro di lei. Respira affannosamente contro le mie labbra e pochi istanti dopo ci siamo già<br />

dimenticati entrambi della conversazione.<br />

Capitolo 3<br />

Ella<br />

È passata una settimana dal viaggio a l.a. e mi sento perennemente una merda.<br />

Micha è sempre impegnato e riusciamo a malapena a parlarci. In più, Lila ha cominciato a uscire<br />

con Preston e non c’è mai. Mi fanno male i muscoli per quanto ho camminato, ho sempre mal di<br />

testa e ogni incombenza mi pesa.<br />

Sto aspettando fuori dallo studio della terapista, con la borsa in grembo, quando<br />

ricevo un messaggio da mio fratello.<br />

Dean: Chiamami appena puoi.<br />

Io: Non posso. Ho una seduta.<br />

Dean: Non fare l’idiota. chiamami.<br />

La terapista sbuca dall’ufficio e mi fa cenno di entrare, quando il cellulare squilla di<br />

nuovo. Lo spengo e mi accomodo su una sedia davanti alla scrivania, su cui c’è una targa con il<br />

nome, una tazza piena di penne e una grossa pila di cartelle.

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