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605<br />

Questo romanzo è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono<br />

frutto dell’immaginazione dell’autore o sono usati in modo fittizio. Qualunque somiglianza con<br />

fatti, luoghi o persone reali, esistenti o esistite, è casuale.<br />

Titolo originale: The Forever of Ella and Micha<br />

Copyright © 2011 by Jessica Sarensen<br />

All rights reserved.<br />

Traduzione dall'inglese di Angela Ricci<br />

Prima edizione ebook: ottobre 2013<br />

© 2013 Newton Compton editori s.r.l.<br />

Roma, Casella postale 6214<br />

ISBN 978-88-541-5961-7<br />

www.newtoncompton.com<br />

Realizzazione a cura di Corpotre, Roma


Ringraziamenti<br />

Grazie di cuore alla mia agente, Erica Silverman, alla mia editor, Selina McLemore,<br />

e ai miei primissimi lettori, Kristin Campbell e Kristine Young. Vi sarò sempre grata per l’aiuto<br />

e i consigli che mi avete dato.<br />

E un’infinità di grazie a tutte le persone che leggeranno questo libro.<br />

Jessica Sorensen<br />

Tienimi con te<br />

Newton Compton editori<br />

Prologo<br />

Ella<br />

Quel ponte ha qualcosa di infausto, ma ne sono comunque attratta, spinta da<br />

un’irrefrenabile pulsione interiore. I vividi ricordi legati a quel posto non sono più dolorosi<br />

come una volta, ma mi perseguiteranno per sempre.<br />

Il cielo è nuvoloso e la brezza leggera mi accarezza la pelle. Tiro su la lampo della<br />

giacca mentre fisso le acque scure, persa nel ricordo di quella terribile notte, quando sono stata<br />

sul punto di saltare.


«Sicura che starai bene?», chiede Micha. Negli ultimi giorni non ha fatto che<br />

ripetere questa domanda. Afferra la ringhiera del ponte e le nocche gli diventano bianche mentre<br />

si sporge verso il lago. «In questo weekend ne hai già passate tante».<br />

Sussulto al ricordo della voce alterata di mio padre quando io e Dean l’abbiamo<br />

affrontato riguardo al suo problema con l’alcol. Sono volate parole crudeli che mi hanno<br />

lacerato il cuore. Mi ha detto che vorrebbe non fossi sua figlia. Continuo a tentare di<br />

convincermi che è la dipendenza a parlare, non lui, ma non ci credo fino in fondo. Tutto quel<br />

dramma mi ha esaurita nel corpo e nella mente, ma mi costringerò ad accettarlo, proprio come<br />

ho fatto l’ultima volta. Basta scappare, è ora di affrontare la situazione e di andare avanti.<br />

Micha non conosce tutti i dettagli della storia e io voglio risparmiargli questo peso.<br />

Si preoccupa continuamente per me e il senso di colpa mi consuma. Dovrebbe essere felice,<br />

amare la vita, fare tutto ciò che ha voglia di fare. Se lo merita.<br />

Aggrotto la fronte; odio il fatto che quando lasceremo questo ponte lui andrà via,<br />

tornerà dalla sua band. «Sono un po’ triste al pensiero che tu debba andare».<br />

Lascia la ringhiera e i suoi occhi turchesi brillano mentre mi abbraccia. Nascondo il<br />

viso contro il suo petto e respiro il suo odore, l’ultima cosa al mondo che voglio è che lui se ne<br />

vada.<br />

«Ti amo, Ella May». Mi bacia teneramente sulla testa.<br />

Chiudo gli occhi e ricaccio indietro le lacrime. «Ti amo anche io».<br />

Appoggia le labbra sulle mie e mi bacia con passione, il piercing che ha sul labbro si<br />

fa strada nella mia bocca. Sento la pelle bruciare mentre con le mani mi esplora la schiena e con<br />

le dita mi sfiora il sedere, pregandomi di avvicinarmi a lui. Gli passo le dita tra i capelli soffici,<br />

poi gli circondo il collo con le braccia. Insinua la lingua in ogni angolo della mia bocca e il<br />

bacio si intensifica, finché dobbiamo separarci per riprendere fiato. Ansimando, contemplo<br />

un’ultima volta il lago e il sole che si riflette sull’acqua. «È ora di andare, vero?».<br />

Mi stringe la mano. «Andrà tutto bene. Abbiamo dodici ore di viaggio davanti a noi<br />

e starò via soltanto per un paio di settimane, poi tornerò qui a infastidirti a morte».<br />

Mi sforzo di sorridere. «Lo so, e non vedo l’ora di essere infastidita di nuovo».<br />

Camminiamo mano nella mano verso la Mercedes nera di Lila. Lo lascio guidare e<br />

lui vola giù per la strada sterrata, sollevando dietro di noi una nuvola di polvere che svanisce in<br />

un istante.<br />

Capitolo 1<br />

Due mesi dopo<br />

Ella


Faccio lo stesso sogno tutte le notti. Io e Micha in piedi alle estremità opposte del<br />

ponte. La pioggia scende giù dal cielo scuro con incessante violenza e il vento solleva macerie e<br />

detriti tra noi.<br />

Micha tende la mano e io mi incammino per andargli incontro, ma lui vola via,<br />

lontano da me, e atterra sulla ringhiera del ponte. Resta a ondeggiare nel vento e io vorrei<br />

salvarlo, ma i miei piedi non si muovono. Una raffica di vento lo colpisce, lui cade all’indietro e<br />

scompare nell’oscurità. Mi sveglio urlando in preda ai sensi di colpa.<br />

La mia analista ipotizza che l’incubo rappresenti la mia paura di perdere Micha,<br />

anche se questo non spiega perché non riesco a salvarlo. Quando lei ne ha parlato, ho sentito il<br />

cuore accelerare e i palmi delle mani iniziare a sudare. Non avevo mai rivolto lo sguardo al<br />

futuro così a lungo da realizzare che un giorno io e Micha potremmo anche non stare insieme.<br />

E il “per sempre”? Esiste davvero?<br />

Considerando il tempo che riusciamo a trascorrere insieme, mi chiedo dove stia<br />

andando la nostra relazione. L’ultima volta che ci siamo visti è stato al funerale di Grady. È<br />

stato il giorno più duro della mia vita dopo quello del funerale di mia madre.<br />

Micha e io siamo saliti sulla scogliera che sovrasta il lago, portando con noi l’urna<br />

nera che conteneva le ceneri di Grady. Il vento soffiava forte e l’unica cosa che riuscivo a<br />

pensare era quanto la morte tenga in pugno la vita. Può strapparla e portarla via con sé in<br />

qualsiasi momento, proprio come era successo alla mamma e a Grady.<br />

«Sei pronta?», mi ha chiesto Micha sollevando il coperchio dell’urna.<br />

così».<br />

Ho annuito e teso la mano verso il contenitore. «Non potrò mai essere più pronta di<br />

Alle nostre spalle, dall’auto rimasta accesa, risuonava il pezzo preferito di Grady,<br />

Simple Man dei Lynyrd Skynyrd, una canzone che si addiceva perfettamente a lui e al suo stile<br />

di vita.<br />

Micha ha teso l’urna per tenerla insieme a me. «Com’è che diceva sempre?», mi ha<br />

chiesto. «Quella cosa sulla vita?»<br />

«L’importante non è tanto sentirci bene mentre facciamo qualcosa», ho risposto a<br />

bassa voce. «L’importante è come ci sentiremo alla fine, quando guarderemo indietro a tutto<br />

quello che abbiamo fatto».<br />

Le lacrime mi scendevano copiose dagli occhi mentre aprivamo il coperchio e<br />

spargevamo le ceneri dalla scogliera. Eravamo lì a osservarle scendere ondeggiando verso il<br />

lago, Micha mi ha abbracciata e ha bevuto un bicchierino di tequila. Me ne ha offerto un sorso,<br />

ma io ho rifiutato.<br />

Il dolore che sentivo dentro mi ha scosso fin nelle viscere, ma l’ho ricacciato<br />

indietro in fretta. Nonostante i raggi del sole che splendevano su di noi, c’era qualcosa di freddo


nell’aria mentre osservavo quel lago che pareva trattenere in sé ogni cosa. Ero immersa<br />

profondamente nei ricordi dolorosi del mio passato, di me e della mamma.<br />

«Terra chiama Ella». Lila mi agita la mano di fronte al viso e io sussulto. «Sei<br />

davvero la persona più svagata che io conosca. La lezione è finita cinque minuti fa… E che<br />

accidenti è quel disegno? Fa paura».<br />

Ritorno nel presente, lo sguardo vaga sui banchi vuoti della classe e infine si posa<br />

sulla penna che ho in mano: la punta è ferma su uno schizzo del mio viso, solo che gli occhi<br />

sono neri e la pelle assomiglia a un terreno arido e spaccato.<br />

«Non è niente». Infilo il disegno nella borsa e afferro i libri. A volte perdo la<br />

cognizione del tempo ed è una cosa che mi preoccupa, perché succedeva anche a mia madre. «È<br />

solo uno scarabocchio che ho fatto durante la noiosa lezione del professor Mackman».<br />

«Ma che ti succede? Ultimamente sei super distratta e super scontrosa», mi chiede<br />

Lila mentre usciamo dalla classe immergendoci nella luce del sole.<br />

Mi sistemo la borsa sulla spalla e calo gli occhiali da sole sugli occhi. «Non è niente.<br />

Sono solo stanca».<br />

Lei si blocca all’improvviso sul marciapiede, mi fissa accigliata con i suoi occhi<br />

azzurri e appoggia le mani sui fianchi. «Adesso non tagliarmi fuori. Stavamo andando così<br />

bene».<br />

Sospiro, ha ragione. «È solo che continuo a fare questo sogno…».<br />

«Riguarda Micha?»<br />

«Come hai fatto a indovinare?».<br />

Lila inarca le sopracciglia. «Come avrei potuto sbagliare? Non pensi ad altro».<br />

«Non sempre». Penso a mio padre, che è in riabilitazione e che non vuole parlarmi.<br />

Passeggiamo lungo il marciapiede e Lila mi prende sottobraccio. Incespica<br />

leggermente e il vestito rosa e i capelli biondi ondeggiano nella lieve brezza autunnale. Più o<br />

meno un anno fa io e Lila avevamo quasi lo stesso look, ma poi Micha è riuscito a rompere il<br />

mio guscio e io ho deciso di diventare un po’ più sobria. Ora ho indosso jeans e una maglietta<br />

nera degli Spill Canvas e lascio i capelli castano ramato sciolti a incorniciarmi il viso.<br />

«Dove pranziamo?», mi chiede Lila quando arriviamo alla fine del parcheggio. «Il<br />

nostro frigo è vuoto».<br />

«Bisogna fare la spesa». Mi scosto di lato mentre un gruppo di giocatori di football<br />

in divisa rosso-grigia ci passa accanto. «Ma ci serve una macchina, visto che tu non vuoi più<br />

prendere l’autobus».<br />

«È tutta colpa di quel viscido che mi ha leccato un braccio», dice un po’ intimidita.<br />

«Un vero schifo».


«È stato piuttosto disgustoso», concordo mentre tento di non scoppiare a ridere.<br />

«Mio padre è proprio un idiota», brontola Lila accigliata. «Almeno avrebbe potuto<br />

avvisarmi prima di riportarsi a casa la mia macchina. Non ha alcun senso. Non mi vuole, però<br />

mi toglie la macchina perché quest’estate me ne sono andata».<br />

«I padri tendono a essere idioti». Giro a sinistra alla fine del marciapiede. «Il mio<br />

non vuole parlarmi».<br />

«Dovremmo fondare un club “padri di merda”», propone Lila sarcastica. «Di sicuro<br />

si iscriverebbe un sacco di gente».<br />

Mi sforzo di sorridere. Non ce l’ho con mio padre per i sentimenti negativi che nutre<br />

nei miei confronti. Ho scelto io di andarmene la notte in cui mia madre è morta e adesso subisco<br />

le conseguenze della mia scelta. Fa parte dell’andare avanti.<br />

Resto all’ombra degli alberi mentre seguiamo il marciapiede in direzione dell’ala<br />

laterale dell’edificio del college. «Mangiamo alla mensa. È la cosa più semplice».<br />

Lila storce il naso. «Semplice nel senso che è vicina. Ma a parte questo non c’è<br />

proprio nulla di semplice nel…». La voce le muore in gola mentre i suoi occhi si spostano su un<br />

lato del campus e un sorriso furbo le si stampa sul viso. «Ho un’idea. Potresti chiedere a Blake<br />

di darci un passaggio da qualche parte».<br />

Noto Blake che sta attraversando il cortile diretto alla sua macchina. È nel mio corso<br />

di pittura e chiacchiera spesso con me. Lila insiste nel dire che è perché gli piaccio, ma io non<br />

sono d’accordo.<br />

«Non ho alcuna intenzione di uscirmene così dal nulla e chiedergli un passaggio».<br />

La tiro per un braccio. «Dài, andiamo a mangiare in mensa…».<br />

«Ehi Blake!», grida lei agitando in aria le braccia, poi ridacchia sotto i baffi.<br />

Gli occhi castani di Blake vagano per il campus, poi sul suo volto si disegna un<br />

sorriso mentre si dirige verso di noi attraversando il prato.<br />

«Lui sa che ho un ragazzo», dico a Lila. «È solo gentile».<br />

«I ragazzi non sono quasi mai solo gentili e io ho intenzione di sfruttare la sua<br />

piccola cotta per te per guadagnare un passaggio», sussurra Lila. «Non ne posso più di restare<br />

bloccata qui».<br />

Apro le labbra per protestare, ma Blake ci ha raggiunte e richiudo la bocca.<br />

Indossa un berretto di lana sui capelli castano scuro e i jeans scoloriti sono pieni di<br />

macchie di pittura blu, così come l’orlo della maglietta marrone chiaro.<br />

«Be’, che succede?». Ha il pollice agganciato alla cinghia dello zaino logoro che gli<br />

pende dalla spalla e mi guarda come se fossi stata io a chiamarlo.<br />

È alto circa quanto me e riesco a guardarlo negli occhi con facilità. «Niente».


«Ci serve un passaggio». Lila sbatte le ciglia verso di lui, mentre arrotola una ciocca<br />

di capelli su un dito. «Per andare a pranzo».<br />

«Non sei costretto a portarci», intervengo. «Lila ha solo bisogno di staccare un po’<br />

dal campus».<br />

«Sarò felice di portarvi ovunque dobbiate andare», si offre lui con un sorriso<br />

sincero. «Stavo solo tornando un attimo nella mia stanza, perciò, se non vi dispiace far tappa là<br />

un momento, potete venire con me anche adesso».<br />

Dal telefono che ho in tasca parte la suoneria Behind Blue Eyes degli Who e sulle<br />

labbra mi spunta un sorriso.<br />

Lila alza gli occhi al cielo. «Oh mio Dio. Pensavo che avessi superato la fase dello<br />

stordimento. State insieme da quasi tre mesi».<br />

Rispondo alla chiamata e adoro il fatto che mi basti sentire quella canzone per avere<br />

le farfalle nello stomaco. Mi ricorda la sensazione che provo quando mi sfiora la pelle e mi<br />

chiama con il mio soprannome.<br />

«Ciao bellezza», dice con tono accattivante, e al suono della sua voce sento un<br />

fremito attraversarmi tutto il corpo. «Come sta la mia ragazza preferita?»<br />

«Be’, ciao anche a te». Passeggio in direzione di un albero lussureggiante al centro<br />

del prato. «Tutto bene. E tu? Stai passando una bella giornata?»<br />

«Adesso sì». Sta facendo la sua voce da seduttore. «E sarà ancora più bella se mi<br />

dici cosa hai indosso».<br />

«Jeans e una vecchia maglietta». Reprimo un sorriso.<br />

«Dài, bellezza, ormai sarà un mese». Ride al telefono, un suono profondo che mi fa<br />

vibrare. «Dimmi cosa indossi sotto».<br />

abbinato».<br />

Alzo gli occhi al cielo, ma sto al gioco. «Un tanga rosso di pizzo con reggiseno<br />

«Mi hai dipinto proprio una bella immagine», dice con voce roca. «Adesso ho<br />

qualcosa che mi aiuterà a tirarmi un po’ su, più tardi».<br />

«Finché ci pensi da solo…», dico; poi, a seguito di una pausa prolungata, chiedo:<br />

«Micha, ci sei?»<br />

«Lo sai che non ti farei mai nulla del genere, vero?». Ha un tono molto serio. «Ti<br />

amo troppo».<br />

«Stavo solo scherzando». Più o meno. Ultimamente mi dà un po’ fastidio che lui<br />

passi così tanto tempo con Naomi, anche perché lei è presente in quasi tutti i suoi racconti.<br />

un po’».<br />

«Lo so, però ci scherzi su ogni volta che parliamo e ho paura che in fondo tu ci creda


«No, davvero», insisto, anche se il pensiero mi è passato per la testa. È il cantante<br />

solista di una band. Ed è favoloso. E affascinante. «Lo so che mi ami».<br />

«Bene, perché devo dirti una cosa». Fa una pausa. «Abbiamo avuto l’ingaggio».<br />

Non sprizzo entusiasmo. «Quello a New York?»<br />

«Sì… Non è pazzesco?»<br />

«È incredibile… Sono davvero felice per te».<br />

Il silenzio prende il sopravvento. Vorrei dire qualcosa, ma la tristezza mi ha rubato<br />

la voce, perciò me ne resto lì a guardare le coppie che camminano per il campus tenendosi per<br />

mano, pensando a come ci si senta a poterlo<br />

fare.<br />

«Ella May, dimmi cosa c’è che non va», chiede lui. «Sei preoccupata perché non ci<br />

sono? Lo sai che sei l’unica per me. Oppure… si tratta di Grady? Come sta andando? Non vuoi<br />

parlarmi, quindi non posso saperlo».<br />

«Non si tratta di Grady», mi affretto a dire per cambiare argomento. «È solo che…<br />

New York è così lontana e già adesso riesco appena a vederti». Mi appoggio al tronco di un<br />

albero. «Vieni lo stesso questo weekend, vero?».<br />

Lascia andare gradualmente il respiro. «Il fatto è che per arrivare a New York in<br />

tempo dobbiamo partire domani mattina. Guiderei fino a lì stasera, solo per vederti, ma abbiamo<br />

uno spettacolo».<br />

York?».<br />

Sento un nodo allo stomaco, ma esteriormente resto calma. «Quanto resterai a New<br />

Si prende un secondo prima di rispondere. «Circa un mese».<br />

Le mani mi tremano di rabbia, o di paura… non sono sicura. «Quindi non ti ho visto<br />

per quasi un mese e adesso non ti vedrò per un altro mese ancora?»<br />

«Potresti venire a trovarmi a New York», propone lui. «Potresti partire, non so,<br />

diciamo per una settimana».<br />

«Ho gli esami». Il mio tono è acido. «E c’è il matrimonio di mio fratello più o meno<br />

tra un mese, tutti i risparmi extra sono per quello».<br />

«Ella, muoviti!», mi urla Lila e miei occhi sfrecciano su di lei. Mi fa cenno di<br />

raggiungerla, con Blake in piedi lì vicino, le mani affondate nelle tasche dei jeans. «Blake ci sta<br />

aspettando».<br />

«Chi è Blake?», chiede Micha curioso.<br />

«Un ragazzo del mio corso», spiego mentre mi allontano dall’albero e mi dirigo<br />

verso Blake e Lila. «Senti, devo andare».<br />

«Sicura che è tutto a posto?»


«Sì, è solo che Lila mi aspetta».<br />

«Ok… ti chiamo dopo lo spettacolo allora».<br />

«Fantastico». Riattacco e mi rendo conto di aver dimenticato di salutarlo, ma tanto<br />

non sarei riuscita a far uscire le parole di bocca. È come se stessimo scivolando via l’uno<br />

lontano dall’altra e lui è stato l’unico in grado di tirarmi fuori dall’oscurità in cui ero. Se mi<br />

lascia, non sono sicura di riuscire a restare nella luce.<br />

Micha<br />

«Cazzo». Riattacco il telefono e prendo a calci la ruota del suv della band, fermo in<br />

mezzo al parcheggio di un motel di merda nel quartiere malfamato della città, con i drogati che<br />

girano per le strade e tutti gli edifici ricoperti di graffiti. Star Grove al confronto sembra un<br />

posto di classe.<br />

Mi preoccupa la tristezza che ho sentito nella voce di Ella. Sta ancora lottando con i<br />

suoi demoni, la morte di Grady, la morte di sua madre, e non vuole aprirsi completamente<br />

neanche con me. Il pensiero che lei possa scomparire di nuovo è sempre nella mia mente.<br />

Mentre torno alla stanza nel motel, da una macchina parte un ritorno di fiamma.<br />

Sulle scale devo aggirare un tipo che pomicia con una donna, probabilmente una squillo, per<br />

arrivare in camera.<br />

È questo che ho scelto invece di Ella? A volte mi chiedo perché.<br />

«Wow, sembri proprio di pessimo umore», commenta Naomi dal letto quando entro<br />

sbattendo la porta della camera. Si sta mettendo lo smalto sulle unghie dei piedi e la stanza<br />

odora di solvente. «Brutta giornata?».<br />

Mi schiarisco la gola, tiro fuori gli spicci dalla tasca dei jeans e lancio il portafogli<br />

sul comodino. «Cosa te lo fa pensare? La porta sbattuta?»<br />

«Sei davvero divertente». Si mette a sedere e soffia sulle unghie. «Cosa ti ha detto<br />

Ella questa volta?»<br />

«Non ha detto niente». Apro la lampo della sacca da viaggio che è sulla sedia, tra il<br />

televisore e il tavolo. «Non lo fa mai».<br />

«È questo il problema». Naomi adora dire la sua praticamente su tutto e a volte mi<br />

dà sui nervi. «Lei non ti dice come si sente».<br />

Tiro fuori dalla borsa un paio di jeans puliti e una maglietta nera a maniche lunghe.<br />

«Non mi va di parlarne».<br />

«Però quando sei ubriaco ti va eccome». Fa un sorrisetto compiaciuto. «A dir la<br />

verità, è impossibile farti stare zitto quando sei sbronzo».<br />

«È successo solo una volta». Torno indietro verso il bagno. «Ed era stata davvero


una giornata di merda».<br />

«È che ti manca». Si infila dei braccialetti ai polsi. «Senti che idea: perché non la<br />

porti in tournée con noi?».<br />

Mi fermo sulla porta. «Perché me lo stai dicendo?»<br />

«Dylan, Chase e io abbiamo parlato e pensiamo che se lei fosse qui forse<br />

sarebbe…», esita un momento, «…un po’ più piacevole averti attorno».<br />

Inarco un sopracciglio. «Sono così terribile?»<br />

«Ogni tanto». Si alza e si infila le scarpe. «Sei tornato a essere come durante gli otto<br />

mesi in cui Ella era sparita, solo che a volte sei anche peggio. Sei sempre depresso e quasi non<br />

esci più con noi».<br />

Mi passo la mano sul viso mentre rifletto su quello che ha appena detto. «Mi<br />

dispiace se sono stato stronzo, però non posso chiedere a Ella di venire con noi».<br />

Naomi prende la chiave magnetica da sopra il cassettone e la infila nella tasca<br />

posteriore dei jeans. «Perché no?»<br />

«Perché lei è felice», rispondo, ripensando a tutte le volte che mi ha raccontato delle<br />

sue lezioni e delle sue giornate in un tono così allegro da farmi sorridere. «E non posso chiederle<br />

di rinunciare a tutto quanto, anche se l’unica cosa al mondo che vorrei è averla qui».<br />

Naomi scrolla le spalle e apre la porta, lasciando entrare la luce del sole e l’aria<br />

calda che sa di sigaretta. «È una tua decisione. Ti stavo solo dando un parere esterno. Vuoi<br />

uscire con noi stasera? Offre Dylan».<br />

«No, credo che me ne starò qui».<br />

La saluto con un cenno e lei se ne va chiudendosi la porta alle spalle.<br />

Ammucchio i vestiti nel lavandino macchiato del bagno e apro il rubinetto della<br />

doccia. I tubi cigolano quando l’acqua esce. Mi passo le mani tra i capelli e mi lascio scappare<br />

un sospiro di frustrazione. Poi stringo le dita intorno al piano del lavandino e lascio ricadere la<br />

testa in avanti.<br />

Una volta mia madre mi raccontò come aveva incontrato mio padre. Lui viveva nella<br />

città dopo Star Grove e un giorno che entrambi erano in giro in auto si sono scontrati.<br />

Letteralmente. Il muso del camioncino di mio padre ha sbattuto contro la parte posteriore<br />

dell’auto di mia madre. La macchina era distrutta, ma loro finirono a chiacchierare per ore dopo<br />

che il carro attrezzi era venuto e se ne era andato, e mio padre offrì un passaggio a mia madre.<br />

Lei diceva che era stato amore a prima vista, o almeno che il suo cervello di<br />

adolescente in preda agli ormoni lo aveva interpretato così. Avrebbe dovuto partire per il college<br />

alla fine dell’estate, invece rimase e sposò mio padre.<br />

Diceva di rimpiangere quella decisione, ma non so se lo dicesse perché mio padre<br />

alla fine si era rivelato uno stronzo infedele o semplicemente perché era triste per il suo futuro


perduto.<br />

Mi allontano di scatto dal lavandino e concludo di lasciar perdere per il momento.<br />

Ella e io siamo abbastanza forti per farcela a superare questo mese.<br />

Ce l’abbiamo già fatta a superare l’inferno.<br />

Capitolo 2<br />

Ella<br />

Blake ci dà un passaggio per andare a pranzo e ci riaccompagna al campus circa<br />

un’ora dopo.<br />

Provo a essere allegra, ma proprio non ci riesco. Secondo la terapista non dovrei<br />

tentare di nascondere i miei sentimenti, non mi fa bene. Dice che tenere le cose chiuse dentro e<br />

lasciarmi divorare dall’interno non può che finire in un disastro e che soffrire in silenzio non è<br />

mai una buona scelta.<br />

Lila salta giù dalla macchina non appena Blake parcheggia. «Grazie per il passaggio,<br />

Blake». Chiude la portiera e ancheggia fino al marciapiede.<br />

«È tutto a posto?», mi chiede Blake mentre slaccio la cintura di sicurezza. «Oggi sei<br />

parecchio taciturna».<br />

«Sto bene». Comincio ad aprire la portiera. «Ho solo tanti pensieri».<br />

Lui si toglie il berretto, si scompiglia i capelli e si volta per guardarmi in faccia.<br />

«Sono bravo ad ascoltare».<br />

Lo scruto con diffidenza. «Sono abbastanza sicura che questo non vorresti<br />

ascoltarlo».<br />

«Mettimi alla prova».<br />

«Si tratta del mio ragazzo».<br />

«Ah». Inarca le sopracciglia. «Il famigerato Micha».<br />

«Sì, lui», dico. «Sta per andarsene… all’altro capo del Paese».<br />

Tira fuori le chiavi dal quadro. «E tu sei agitata per questo, immagino».<br />

«Be’, certo. Doveva venire qui da Los Angeles questo weekend e invece se ne va».<br />

Più ne parlo ad alta voce, più sento il panico soffocarmi. «Deve partire per New York domani.<br />

Non so perché te lo sto raccontando. Mi dispiace». Salto giù dalla macchina e chiudo la portiera.<br />

Lui mi viene incontro davanti all’auto, si getta lo zaino su una spalla e preme il<br />

bottone della chiusura automatica. I fari lampeggiano. Camminiamo in silenzio verso il prato<br />

che si stende all’inizio del campus. Lila è sotto un albero e parla con Parker, un ragazzo alto,


con le braccia possenti e i capelli color sabbia. Indossa una camicia button-down e jeans costosi.<br />

È proprio il genere di ragazzo che piace a lei, di norma, anche se Ethan è del tutto diverso. Ogni<br />

tanto si telefonano, sebbene insistano che sono solo amici.<br />

«Grazie per averci portate a pranzo». Salgo sul muretto. «Di certo anche Lila ti sarà<br />

molto grata. Stava diventando pazza per il fatto di essere bloccata al campus».<br />

«Quando volete». Affonda le mani nelle tasche con un’espressione pensierosa in<br />

volto. «Quindi il tuo ragazzo è a Los Angeles adesso?».<br />

Annuisco senza entusiasmo. «Fino a domani».<br />

Lui rimugina su qualcosa con lo sguardo perso nel parcheggio. «Sai, sono solo<br />

quattro ore da qui, quattro e mezza al massimo. Se parti presto potresti essere lì stasera».<br />

«Lo so». Reprimo un sorriso. Sarei in grado di arrivare lì anche in meno tempo. «Ma<br />

non ho una macchina». Da sopra la spalla indico la sua Ford Mustang rossa. «È per questo che<br />

mi serviva il passaggio di oggi pomeriggio».<br />

Gli angoli delle labbra gli si incurvano in un sorriso divertito. «Lo so, ma io ho una<br />

macchina che potrebbe portarti là».<br />

«Perché faresti mai una cosa del genere?», chiedo scioccata.<br />

Lui si stringe nelle spalle e struscia le scarpe sul marciapiede. «Perché so quanto è<br />

dura stare lontano dalla persona che ami».<br />

«Stai dicendo sul serio?», gli chiedo. Annuisce. «Fammi capire. Mi presteresti la tua<br />

macchina e me la faresti guidare fuori dai confini dello Stato per permettermi di vedere il mio<br />

ragazzo, e solo per una notte?»<br />

«In realtà ti accompagnerei io», chiarisce lui. «La mia ragazza vive a Riverside.<br />

Potresti lasciarmi là e poi venirmi a riprendere».<br />

«Ragazza?». Mi lascio scappare una risata. «Oh mio Dio, hai una ragazza?».<br />

China la testa di lato con un’espressione disorientata. «Sono così repellente?».<br />

Scuoto la testa con vigore. «No, scusami. È solo che… Be’, Lila pensava che tu<br />

avessi una cotta per me e che fosse per questo che mi parlavi sempre».<br />

Si rimette in testa il berretto e stringe le labbra per reprimere una risata. «Oh,<br />

capisco. La tua amica è una persona… interessante».<br />

«È una persona carina, davvero», gli dico lanciando un’occhiata a Lila che sta<br />

facendo su e giù con le dita sul braccio di Parker. «Le voglio un bene dell’anima».<br />

«Lo so», risponde lui. «E per la cronaca, io parlo con te perché sei una persona<br />

interessante. Mi ricordi tanto gli amici che ho a casa».<br />

Sarei curiosa di conoscere gli amici che ha a casa. «Sei sicuro che vuoi<br />

accompagnarmi? Non sei costretto».


«Sono sicuro». Infila le chiavi della macchina nella tasca posteriore dei jeans. «Ne<br />

vale la pena anche solo per non far sparire quello sguardo felice. Non sorridi molto spesso».<br />

Ora non riesco a smettere di farlo. «Be’, grazie. Vuol dire molto per me».<br />

«Vai a prendere la tua roba e rivediamoci qui tra, diciamo, un’ora».<br />

Si allontana dal marciapiede mentre io attraverso il prato diretta verso Lila.<br />

«Perfetto», gli grido. «E grazie ancora».<br />

Quando la raggiungo, Lila sta scrivendo il suo numero di telefono sulla mano di<br />

Parker con una penna rossa.<br />

«Stiamo per partire», annuncio interrompendo la conversazione.<br />

Parker mi lancia un’occhiata veloce e distoglie lo sguardo. «Ti chiamo dopo<br />

allora?», chiede a Lila.<br />

«Certo». Lo saluta e lui si dirige tutto impettito verso l’entrata principale del<br />

campus, dando il cinque a un altro ragazzo sotto la tettoia davanti alle porte.<br />

«Perché stiamo per partire? E per dove?». Lila rimette il cappuccio alla penna e la<br />

getta nella borsa.<br />

Al pensiero che vedrò Micha tra poche ore il mio stomaco fa già i salti mortali. «l.a.<br />

Blake ci dà un passaggio. E prima che tu dica qualsiasi cosa, lui ha una ragazza».<br />

«Certo che ce l’ha», dice Lila cinica. «E la ama tantissimo e non farebbe mai nulla<br />

per ferirla. Tipico degli uomini».<br />

«Cosa… ma è tutto a posto?». Non l’ho mai sentita fare discorsi del genere.<br />

«Sto bene», mi assicura tagliando corto. «Andiamo».<br />

Blake guida piano e quando gli chiedo che motore c’è sotto il cofano risponde che<br />

non ne ha idea. Cerco di non farglielo pesare troppo, ma mi sfuggono un paio di commenti<br />

sarcastici.<br />

«Ti piacciono proprio le macchine». Si immette nella corsia con il traffico più lento.<br />

Dal sedile posteriore Lila sbuffa ridendo. «Piacciono… È un’appassionata. È una<br />

cosa un po’ fastidiosa». Mi lancia un sorrisetto e io le mostro il dito medio.<br />

generale?»<br />

«Solo le vecchie auto?». Svolta con prudenza sulla rampa di uscita. «O le auto in<br />

«Le auto veloci». Come la povera Chevelle di Micha, che adesso è in pezzi nel suo<br />

garage. Riposi in pace. «Quelle che ti fanno il culo nelle corse».<br />

Mi lancia uno sguardo storto. «L’idea di prestarti la macchina comincia a<br />

preoccuparmi un po’».


«Non farò corse». Incrocio le dita sul cuore. «Giuro che ci andrò piano».<br />

Lui mi fa l’occhiolino. «Stai tranquilla. Mi fido di te».<br />

Il modo in cui lo dice mi mette a disagio e dallo specchietto retrovisore Lila mi<br />

rivolge uno sguardo eloquente.<br />

Restiamo in silenzio per la maggior parte del viaggio. Blake non ha l’aria<br />

condizionata, il sedile di pelle diventa bollente e mi si appiccica alla parte posteriore delle cosce.<br />

Quando accostiamo a casa della sua ragazza, che abita in uno di quei sobborghi con le abitazioni<br />

tutte uguali, sto sudando.<br />

La sua ragazza corre fuori e gli getta le braccia al collo, quasi lo butta a terra. È<br />

piccolina, con le mèches rosse e un piercing al naso. Ci saluta con la mano, poi Blake torna<br />

verso il bagagliaio. Mi sposto sul sedile del guidatore e spingendo i bottoni sul cruscotto sblocco<br />

la maniglia, lui prende la valigia e richiude lo sportello.<br />

abbassi.<br />

Gira intorno alla macchina, si ferma davanti al mio finestrino e aspetta che lo<br />

«Stai attenta», mi raccomanda con voce seria e io annuisco.<br />

anteriore.<br />

Mi rivolge un ultimo sorriso e si avvia verso la casa, mentre Lila si sposta sul sedile<br />

«Stai attenta», dice con voce bassa e beffarda. «Sto provando a essere sexy».<br />

«Non l’ha detto affatto in quel modo». Torno sulla strada.<br />

«Sei proprio cieca».<br />

«Invece tu a volte ci vedi un po’ troppo». Mi immetto sull’autostrada, nella corsia<br />

veloce, ma resisto all’istinto di premere l’acceleratore a tavoletta e arrivare a destinazione in<br />

anticipo. Lila fa un pisolino, la testa appoggiata al finestrino, e io mi godo la strada, finché non<br />

superiamo i confini della città, che brilla nella notte.<br />

Do un colpetto a Lila sulla spalla per svegliarla. «Ci siamo».<br />

Lei strizza gli occhi stanchi e si mette seduta. «Che succede? Dove siamo?»<br />

«A Los Angeles, o almeno nella sua periferia», dico mentre lei fa vagare lo sguardo<br />

sugli edifici imponenti e sul notevole traffico che abbiamo davanti. «Puoi guardare l’indirizzo<br />

sul cellulare?».<br />

Apre il finestrino e lascia entrare l’aria calda. «Non puoi semplicemente chiamarlo e<br />

dirgli che stai arrivando?»<br />

«Voglio fargli una sorpresa».<br />

Naomi?»<br />

«Ma perché? E se lo becchi a fare qualcosa di male, diciamo, per esempio, con


«No». Metto la freccia e guardo nello specchietto. «Mi fido di Micha».<br />

«Ma non ti fidi di lei». Un camion enorme suona il clacson e Lila lancia uno sguardo<br />

fuori dal finestrino. «E non ti do torto. Dalle storie che mi hai raccontato, pare un po’ ambigua.<br />

In effetti, dato che siamo qui, potremmo anche fare una chiacchierata con lei». Fa scrocchiare le<br />

dita e io scoppio a ridere.<br />

«Oh mio Dio, ma cosa ti guardi in televisione?». Premo il freno e rallento per<br />

adeguarmi al traffico.<br />

«“Come dare una lezione a quella che ci prova con il ragazzo della tua migliore<br />

amica”». Mi sorride e tira fuori il telefono dalla borsa. «Come si chiama il posto?»<br />

«The Slam». Lei alza le sopracciglia. «Che c’è? Si chiama così».<br />

«Sicura che non sia slam come il rumore di una porta in faccia?». Se la ride di gusto.<br />

Alzo gli occhi al cielo. «Ah-ah, quanto sei divertente».<br />

Inserisce l’indirizzo nel gps e aggrotta la fronte mentre fissa la lunga fila di<br />

macchine davanti a noi. «Ancora otto chilometri… Ci metteremo una vita».<br />

tanto».<br />

Guardo la strada con gli occhi socchiusi, il traffico si muove lentamente. «Non così<br />

«Ehi». Lila si volta sul sedile e mi punzecchia con un dito. «Hai promesso a Blake<br />

che non avresti fatto corse con la sua macchina».<br />

Scalo la marcia e dal motore si alza un ronzio. «Non ho intenzione di correre, solo di<br />

sfruttare i varchi».<br />

Lei si sistema la cintura di sicurezza sulla spalla. «Non voglio neanche sapere che<br />

vuol dire, ma giuro su Dio che se finisci a guidare sullo spartitraffico non ti parlerò mai più».<br />

«Donna di poca fede». Accelero e mi sposto sull’altra corsia, tagliando la strada a<br />

una Camry rossa. L’autista suona il clacson e Lila si aggrappa al bordo del sedile di pelle. «Sai<br />

che ti ho vista guidare anche peggio di così, vero?», le dico.<br />

Mi lancia un’occhiata. «E mi sta bene quando sono io al volante, perché ho il<br />

controllo della situazione». Alle sue parole faccio una smorfia e lei aggiunge: «Mi dà un senso<br />

di sicurezza».<br />

Detesto sentire la parola “controllo”. Mi ricorda quanto la mia mente lo desideri. È<br />

una specie di dipendenza, come quella dall’alcol o dalle sigarette.<br />

Quando il muso della macchina arriva rasente al posteriore di un camion, premo il<br />

pedale del freno. C’è un passaggio microscopico per l’altra corsia, valuto se è fattibile.<br />

stretto».<br />

«Non osare». Mi minaccia Lila con gli occhi azzurri pieni di paura. «È troppo<br />

Il tizio nella corsia accanto rallenta, spingo al massimo l’acceleratore, giro il volante


all’ultimo secondo e passo agevolmente.<br />

Lila espira lasciandosi ricadere all’indietro sul sedile. «Se non ti volessi così bene<br />

penso proprio che ti odierei». Si scompiglia i capelli biondi e si pulisce uno sbaffo di mascara da<br />

sotto gli occhi.<br />

Continuo a fare lo slalom nel traffico finché non arriviamo all’uscita. Guidare così<br />

mi fa sentire viva e quando raggiungiamo il club dove Micha sta suonando ho l’adrenalina in<br />

circolo per tutto il corpo.<br />

«Questo posto non mi piace». Lila storce il naso davanti al capannone incastrato tra<br />

il Larry’s, bar per motociclisti, e una videoteca per adulti. È tardi, la luna e le stelle illuminano<br />

le foglie secche e i mozziconi di sigaretta sull’asfalto.<br />

«Lo dicevi anche di Star Grove». Apro la portiera e scendo. «E sei sopravvissuta».<br />

Mentre scende alza gli occhi al cielo. «A confronto con questo posto, Star Grove<br />

non era così male».<br />

Attraversiamo il parcheggio, stringendoci l’una all’altra quando un gruppo di ragazzi<br />

intenti a fumare dietro un camion comincia a chiamarci.<br />

«Ancora non ci credo che Blake mi abbia prestato la macchina». Salto oltre una<br />

buca. «Se avessi una Mustang non la presterei per nessun motivo a qualcuno che conosco<br />

appena, soprattutto dopo che mi ha detto che gli piace correre».<br />

«Te l’ho detto, gli piaci». Mi dà una gomitata mentre giriamo sul vialetto che porta<br />

all’ingresso principale del club. «Ho un sesto senso per queste cose».<br />

«Ha una ragazza, Lila. E sembra che si vogliano davvero bene». Schivo un<br />

cassonetto e sbuco sul marciapiede affollato. Le auto passano avanti e indietro sulla strada e le<br />

lamiere metalliche che circondano i palazzi vicini sono ricoperte di graffiti.<br />

Ci fermiamo un attimo davanti all’ingresso, sciolgo i capelli e li lascio ricadere sulle<br />

spalle. Lascio il braccio di Lila e stringo velocemente i lacci degli stivali, poi sbottono un po’ la<br />

camicia a scacchi e liscio le pieghe della gonna jeans.<br />

«Wow, non ti avevo mai vista così precisa prima d’ora», commenta Lila mentre<br />

riannoda il fiocco della sua maglia bordeaux. «Sei un po’ strana».<br />

«Non so perché, ma all’improvviso mi sento nervosissima», ammetto mentre do una<br />

scompigliata ai capelli.<br />

«È perché lo ami». Lila sbatte le ciglia e io le do uno spintone. «Rilassati. È perché<br />

non lo vedi da un mese. Mi sa che ho un po’ paura a stare nella stessa stanza con voi due.<br />

Probabilmente butterete i vestiti per terra nel giro di due secondi».<br />

Alzo gli occhi al cielo ed entro nel club, dove un buttafuori con un serpente tatuato<br />

sul braccio muscoloso e una cicatrice sul labbro blocca l’accesso ai tavoli.<br />

«Documenti prego». Dal tono con cui lo dice si capisce che è già convinto che non li


abbiamo.<br />

Lila e io tiriamo fuori i nostri documenti falsi e glieli porgiamo. Lui li scruta con<br />

attenzione e ce li restituisce, poi si scosta e ci lascia passare.<br />

Entriamo in un locale pieno di tavoli e sedie. L’aria è viziata, il bar strapieno di<br />

persone e la musica è alta, ma la voce del cantante mi è più familiare dei battiti del mio cuore.<br />

appena.<br />

«Wow, guardalo un po’ lassù, quanto è figo e sexy», dice Lila, ma io la ascolto<br />

Tutta la mia attenzione è concentrata sul palco accanto alla parete di fondo. Sotto<br />

una luce fioca, Micha sta cantando una delle sue canzoni. Suona la chitarra con la testa china e i<br />

capelli che gli ricadono sui luminosi occhi turchesi. Le mani mi fanno quasi male per quanto<br />

vorrebbero toccarlo, passare tra quei capelli, sentire la morbidezza delle sue labbra.<br />

La band suona in sottofondo, le parole della canzone mi attraversano tutto il corpo e<br />

mi tolgono il fiato.<br />

Non riesco a sopportare il silenzio nei tuoi occhi.<br />

Guardami soltanto una volta e vedrai quanto soffre il mio cuore.<br />

È per te che vivo. Per te che respiro.<br />

Tutto ciò che voglio, tutto ciò di cui ho bisogno, sei tu.<br />

Il locale si fonde in una massa indistinta e restiamo solo io e lui. Sento Lila<br />

allontanarsi, probabilmente per ordinare qualcosa da bere al bar. Nel giro di pochi secondi<br />

Micha mi riconosce in mezzo alla folla, come se i nostri cuori potessero sentirsi l’un l’altro.<br />

Prova a restare impassibile mentre canta, ma sulle labbra gli si disegna l’ombra di un sorriso.<br />

Finisce il pezzo con un accordo finale, poi si volta di scatto verso Naomi, che<br />

indossa un vestito nero aderente e stivali al ginocchio. Micha le dice qualcosa e le porge la<br />

chitarra. Lei annuisce spostandosi i capelli neri dietro l’orecchio, mentre lui salta giù dal palco e<br />

avanza a grandi passi verso di me, fendendo la folla. Non rallenta finché non mi solleva tra le<br />

braccia, ignorando tutti i presenti che ci guardano.<br />

Gli allaccio le gambe alla vita mentre lui mi bacia appassionatamente, rubando ogni<br />

grammo di ossigeno dai miei polmoni. I nostri corpi e le nostre lingue si uniscono, il suo calore<br />

mi brucia la pelle. Il piercing mi preme sul labbro inferiore, ma io voglio di più. Lo stringo, mi<br />

riempio del suo odore, lo tocco, voglio sentirlo il più possibile prima di separarci di nuovo.


Quando lui si ritrae, vedo una fiamma bruciare in fondo ai suoi occhi turchesi e<br />

sento un guizzo di eccitazione nello stomaco.<br />

«Dio, quanto mi sei mancata, bellezza». Mi bacia di nuovo e con le mani mi<br />

accarezza tutto il corpo. Alla fine si scosta, riluttante e senza fiato. «Non fraintendermi, ma che<br />

ci fai qui? È successo qualcosa?»<br />

«No, niente. Lila diceva che dovevo assolutamente venire a trovarti prima che<br />

partissi». Gli faccio scorrere un dito lungo il collo e lui ha un brivido. «Ha detto che non ne<br />

poteva più del mio cattivo umore e che dovevo darci un taglio con te, almeno per un giorno».<br />

Si morde un labbro e reprime un sorriso. «Lo sai che non potrai mai darci un taglio<br />

con me, vero? È impossibile».<br />

«Lo so, ma potrei provarci», lo prendo in giro. «In effetti potrei provarci parecchio».<br />

Nei suoi occhi passa uno sguardo malizioso. «Mi piace l’idea».<br />

Si fa avanti per baciarmi ancora, questa volta lentamente, ma sempre con la stessa<br />

passione di tutti i nostri baci. «Ho altre due canzoni da suonare, poi io e te possiamo andarcene».<br />

Sbatto le palpebre, stupita. «E dove andiamo?».<br />

Lui scoppia in una risata leggera e mi stringe a sé. «Una cosa per volta. Prima di<br />

tutto andiamo in hotel e ci occupiamo delle faccende urgenti».<br />

Tento di non ridere, ma è impossibile. «E poi che facciamo?»<br />

«Poi usciamo a divertirci», promette rimettendomi a terra. Mi bacia sulla fronte e<br />

torna a fendere la folla in direzione del palco.<br />

Individuo Lila al bar e mi sistemo su uno sgabello accanto a lei. Il mio sguardo si<br />

fissa su Micha, che sul palco comincia a suonare la sua canzone, che da triste è diventata allegra.<br />

La nostra canzone, come dice sempre lui.<br />

«Oh, grazie a Dio». Lila mescola il cocktail rosso alla frutta che ha in mano. «Sei<br />

tornata felice».<br />

Mi sforzo di tenere le labbra serrate e soffocare lo stordimento, ma alla fine non ci<br />

riesco. È pazzesco sentirsi così. Finora non avevo realizzato quanto mi sentissi giù.<br />

Micha<br />

È la prima volta che sono eccitato al pensiero di concludere lo show. Non vedo l’ora<br />

di uscire dal club e portarla in camera. Mentre canto, i miei occhi sono sempre fissi su di lei. In<br />

realtà sto cantando solo per lei.<br />

Quando finisco, la band lascia il palco. Faccio segno a Ella che devo assentarmi per<br />

un secondo e vado nella stanza dove teniamo gli strumenti.


«Qualcuno ha avuto una bella sorpresa», commenta Naomi mentre lega i lunghi<br />

capelli neri in uno chignon e si guarda nello specchio crepato alla parete. «Mi sa che stasera non<br />

uscirai con la band».<br />

«Penso che verremo con voi». Ripongo la chitarra nella custodia e chiudo i fermagli.<br />

«Ma prima torno in hotel e magari voi ragazzi potreste stare alla larga per un po’».<br />

Lei alza gli occhi al cielo e Dylan, il nostro batterista, solleva la mano per darmi il<br />

cinque. A Dylan piace definirsi un dongiovanni, quando siamo in viaggio sta sempre a vantarsi<br />

delle sue conquiste. È un rompipalle quando fa così, perciò ignoro il suo gesto. «Vi lascio la<br />

chitarra e vi mando un messaggio più tardi». Consegno la custodia a Naomi e indietreggio verso<br />

la porta. «Ah, un’altra cosa, vi dispiace se l’amica di Ella resta con voi per un po’?».<br />

Naomi scrolla le spalle mentre si mette il rossetto. «Credo… ma è la biondina?<br />

Dall’aspetto non mi pare una che avrà molta voglia di uscire con noi proletari».<br />

Apro la porta. «Sembra che se la tiri, ma è simpatica».<br />

Ritorno nel club, Ella e Lila sono al bar. Ella sta bevendo una birra con le<br />

lunghissime gambe incrociate, Lila sorseggia una specie di cocktail alla frutta. Stanno<br />

chiacchierando e Ella ha un gigantesco sorriso stampato in faccia.<br />

Interrompo la conversazione, mi infilo tra loro e appoggio le labbra alle sue per un<br />

intenso bacio. Quando mi allontano, i suoi occhi sono grandi e limpidi e adoro pensare che<br />

quell’espressione sia merito mio.<br />

«Ed ecco che i vestiti cominciano a volare via, grandioso». Lila incrocia le gambe e<br />

ride, scambiando uno sguardo con Ella.<br />

«Cioè?». Le accarezzo il collo con un dito mentre mi sposto dietro di lei e le<br />

circondo la vita con le braccia.<br />

«Niente». Ella mi appoggia il capo sul petto. «Soltanto uno scherzo tra me e Lila».<br />

andare».<br />

«Venendo a noi invece». Le prendo la mano e la tiro su in piedi. «Dobbiamo<br />

Cerco di spingerla attraverso la folla in direzione dell’uscita, ma lei mi trascina<br />

indietro verso il bar. «E Lila? Non possiamo lasciarla qui».<br />

Lila finisce il suo drink e fa scivolare il bicchiere vuoto sul bancone. «Posso<br />

andarmene in macchina o inventarmi qualcosa».<br />

Scuoto la testa. «Non è una buona idea. Non da queste parti. Ma Naomi ha detto che<br />

puoi uscire con lei e la band».<br />

Lila guarda Ella incerta, poi Ella annuisce e lei sospira. «Okay, uscirò con lei…<br />

credo. Ma dove vogliono andare?»<br />

«Penso a cena», le rispondo, mentre Naomi esce dal backstage e attraversa la sala<br />

per raggiungerci.


«Pronta ad andare?», chiede Naomi a Lila in tono formale, rivolgendo a Ella un<br />

sorriso stentato. «Ciao Ella, come stai?»<br />

«Benissimo», risponde Ella indifferente, ma la sua mascella si contrae.<br />

Cala quello strano silenzio che solo le ragazze sono in grado di creare.<br />

«Okay, allora direi che è ora di muoverci». Naomi alza le sopracciglia e fa cenno a<br />

Lila di seguirla mentre torna nel retro.<br />

del locale.<br />

«Ti prego, sbrigati», dice Lila con insistenza, poi arranca dietro Naomi verso il retro<br />

Trascino Ella con impazienza verso la porta principale, scostando la gente che mi<br />

ostacola il passaggio. Quando usciamo la prendo per un braccio, la faccio ruotare e la sollevo.<br />

«Dove hai la macchina?», le chiedo mentre mi allaccia le gambe intorno alla vita e il<br />

mio pene si indurisce in un istante.<br />

Mi stringe le braccia intorno al collo e i suoi occhi verdi brillano alla luce dei<br />

lampioni. «È parcheggiata qua fuori».<br />

Cammino alla cieca per la via buia mentre la bacio con furia e le passo le dita tra i<br />

lunghi capelli castano ramato dal dolce profumo di vaniglia. Inciampo sul ciglio del<br />

marciapiede, ma recupero l’equilibrio senza smettere di baciarla. Con una mano le afferro il<br />

sedere, mentre con l’altra esploro la pelle delicata della coscia.<br />

«Ti sei messa questa gonna per me, per offrirmi un accesso facile?», le sussurro<br />

all’orecchio mentre le mie dita salgono lungo la gamba.<br />

Ridendo contro la mia bocca, mi dà un pizzico sul sedere. «Portami almeno fino alla<br />

macchina prima di cominciare a fare roba».<br />

«Sì, giusto». Le accarezzo la lingua con la mia, gusto il suo sapore prima di<br />

allontanarmi. «Stavo pensando di sbatterti sul cofano, qui e ora».<br />

Lei trattiene un sorriso. «Non esiste. C’è gente dappertutto».<br />

Do una rapida occhiata nel parcheggio buio e noto un paio di pervertiti seduti sul<br />

paraurti scassato di un camion che ci stanno guardando. «Okay, uno a zero per te… Dov’è la<br />

macchina di Lila?».<br />

Sul suo viso si dipinge un’espressione colpevole, come se avesse fatto qualcosa di<br />

male. «Credo di aver dimenticato di dirtelo, ma il padre di Lila le ha portato via la macchina<br />

qualche tempo fa, perciò abbiamo dovuto prenderne una in prestito».<br />

Mi guardo di nuovo intorno. «E qual è?».<br />

laggiù».<br />

Indica alle sue spalle una macchina parcheggiata lì vicino. «La Mustang rossa<br />

Le lancio un’occhiata sospettosa. «E dove avete trovato qualcuno disposto a


prestarvi una Mustang?»<br />

«È gente che ho conosciuto a lezione». Scrolla le spalle con disinvoltura. «Nessuno<br />

di importante».<br />

«E questo nessuno è un ragazzo?»<br />

«Uhm… sì… Blake. Ma non significa nulla. Infatti l’abbiamo lasciato a Riverside a<br />

casa della sua ragazza».<br />

Comincio ad allentare la stretta intorno a lei, indeciso se rimetterla giù o tenermela<br />

vicina. «Quindi non solo vi ha fatto guidare la sua macchina, ma è anche venuto con<br />

voi?»<br />

«Micha, smettila». Mi stringe le gambe intorno alla vita, rifiutando di lasciarmi<br />

andare. «Tu sei sempre in giro con Naomi e io ci passo sopra. E poi mi dici sempre che devo<br />

fidarmi di te, be’ tu dovresti fare lo stesso».<br />

per niente.<br />

Cazzo. Ha ragione, ma sono geloso lo stesso. Per me è la prima volta e non mi piace<br />

Mi libero di quei pensieri e mi incammino di nuovo verso la macchina, ho deciso di<br />

tenermi stretta Ella. Lei si regge alla mia spalla con una mano, mentre con l’altra prende le<br />

chiavi dalla tasca della gonna e apre l’auto. Senza posarla a terra, spalanco la portiera del<br />

guidatore e la adagio sul sedile.<br />

Appoggio la mano allo sportello e la guardo dall’alto. «Per la cronaca, io mi fido di<br />

te. È dei ragazzi che non mi fido. Pensano con il cazzo». Lei sospira e io chiudo la portiera,<br />

facendo finta che entrare nella macchina di un altro non sia una gran rottura di palle.<br />

Ella guida pianissimo verso l’hotel. Quando le chiedo perché sta guidando come una<br />

vecchia signora, lei caccia fuori un respiro di frustrazione e mi dice che ha promesso a Blake di<br />

comportarsi bene al volante. Questo mi fa sentire un po’ meglio.<br />

sorriso.<br />

«Quindi è una femminuccia», constato senza nemmeno tentare di reprimere un<br />

Parcheggia la macchina davanti allo squallido motel a due piani, disseminato di<br />

bottiglie di birra e mozziconi di sigaretta. Sulle scale e sui terrazzini gira gente poco<br />

raccomandabile.<br />

«Micha, qual è il tuo problema? Perché questa cosa ti dà così fastidio?». Sta<br />

cercando di sembrare arrabbiata, ma nella sua voce si sente l’accenno di una risata.<br />

Esco dalla macchina e mi chino di nuovo verso il posto di guida. «Non mi piace che<br />

questo tizio esca con te e ti presti la sua macchina. Dovrei esserci io al suo posto».<br />

Uscendo dall’auto le chiavi le cadono a terra. Mi chino a raccoglierle e rubo una<br />

breve visione delle sue mutandine nere di pizzo. «Capisco, deve essere piuttosto duro da<br />

accettare».


Non riesco a trattenermi. «Oh, sì, è molto, molto duro». Il mio tono allude a pensieri<br />

indecenti mentre scivolo sul cofano della macchina. L’afferro per i fianchi e la tiro a me. «Bene,<br />

per un po’ credo che la smetterò di parlare di Blake», dico baciandola.<br />

Senza aggiungere altro, la prendo per mano e la guido su per le scale, passando<br />

davanti al distributore automatico e a due donne che si urlano qualcosa da un terrazzino all’altro.<br />

Non faccio in tempo ad aprire la porta della stanza che le sto già sbottonando la camicetta. Le<br />

mie labbra non si spostano dalle sue mentre spalanco la porta con un calcio, continuando a<br />

slacciare i bottoni. Le sfioro con le nocche la pelle delicata della pancia e mi lascio sfuggire un<br />

gemito mentre separo le mie labbra dalle sue giusto il tempo necessario a toglierle la camicia. La<br />

getto sul pavimento e la mia bocca è di nuovo sulla sua. Passo la mano aperta sul suo<br />

fondoschiena, ne voglio ancora di più. Non è mai abbastanza.<br />

Le sue mani mi scorrono sul petto finché le dita non trovano l’orlo della maglia, poi<br />

me la sfila e la butta a terra. Indietreggio verso il letto con la lingua intrecciata alla sua.<br />

Armeggia con il bottone dei miei jeans e mentre atterriamo sul materasso dalla gola mi sfugge<br />

un gemito. «Dio, quanto mi è mancato tutto questo», mormoro.<br />

Lei si allontana un po’, con un sorrisetto disegnato sulle labbra. «Allora è questo<br />

l’unico motivo per cui ti sono mancata? Avevi voglia di una scopata?».<br />

Le scosto qualche ciocca di capelli ramati dal viso. «No, mi mancava tutto quanto.<br />

La tua risata, il tuo sorriso, il modo in cui fingi di avercela con me mentre in realtà ti faccio<br />

divertire». Le bacio la guancia con dolcezza. «Mi mancava il tuo sapore». Le premo le labbra<br />

sul mento e sul collo. «Il tuo odore». Le faccio un succhiotto, le passo la lingua sulla pelle<br />

mentre la mia mano sale lungo la coscia fino all’orlo delle mutandine. «Sentirti». Faccio<br />

scivolare le dita dentro di lei e un gemito sommesso le sfugge dalle labbra, mentre con il corpo<br />

si inarca.<br />

«Micha…». I suoi occhi si perdono e io finalmente la sento come avrei voluto per<br />

tutto il mese appena passsato.<br />

«Sì, anche questo mi mancava», dico mentre unisco le labbra alle sue.<br />

Ella<br />

Solo adesso realizzo quanto mi sia mancato. Le sue dita continuano a toccarmi<br />

mentre mi esplora la bocca con la lingua. Sussurro il suo nome e gemo mentre perdo il controllo<br />

del corpo e della mente, e affondo la punta delle dita nelle sue scapole.<br />

di più.<br />

Mi riprendo, sfilo la gonna e mi stendo di nuovo sul letto, pronta per averne ancora<br />

Lui si libera dei jeans e dei boxer e cerca con la mano il portafogli per prendere un<br />

preservativo.<br />

Gli afferro la mano, lo fermo e passo le dita sul tatuaggio con il simbolo dell’infinito<br />

che ha sul braccio. «Non serve».


che…».<br />

Solleva un sopracciglio e mi guarda come se fossi pazza. «Certo, Ella… non credo<br />

Gli copro la bocca con la mano. «No, non per quello. Non serve perché sto<br />

prendendo la pillola».<br />

Quando gli tolgo la mano dalle labbra non vedo un’espressione felice. Non me<br />

l’aspettavo.<br />

«E perché hai cominciato a prendere la pillola? Riusciamo a malapena a vederci».<br />

Gli assesto un pizzico sul capezzolo, ridendo, e lui sussulta. «Grazie per la fiducia,<br />

ma direi che il perché è evidente, visto che l’ultima volta che abbiamo fatto sesso le cose sono<br />

un po’ precipitate e hai quasi dimenticato di metterti il preservativo».<br />

«Okay, è un buon argomento». È completamente sopra di me e sta pensando a<br />

qualcosa che sembra divertirlo.<br />

«Perché fai quella faccia?». Gli passo le dita su e giù per la schiena.<br />

«Niente».<br />

Lui risucchia tra i denti il piercing sul labbro e poi si lascia sfuggire un sorriso.<br />

«Invece qualcosa c’è. Avanti dimmelo, stai sorridendo come uno scemo».<br />

«Fidati. Non vorresti saperlo».<br />

«E va bene». Serro le gambe, ora non può più avvicinarsi.<br />

«Ah, è così che stanno le cose, eh?». Sorride malizioso, poi mi blocca le braccia<br />

sopra la testa e affonda le labbra nel mio orecchio. «Stavo pensando a quanto sarà bello sentirmi<br />

dentro di te senza un preservativo».<br />

Scuoto la testa, ma apro le gambe e le mie labbra piombano sulle sue. Lui continua a<br />

bloccarmi le braccia e mi morde il labbro inferiore mentre mi penetra, mandandomi in estasi<br />

all’istante.<br />

Chiude gli occhi e fa un respiro profondo. «Cazzo, Ella…». Li riapre e comincia a<br />

muoversi dentro di me.<br />

Abbiamo la pelle imperlata di sudore mentre i nostri corpi si uniscono. Gli metto<br />

una mano dietro la testa e premo le labbra contro le sue, prendo in bocca il suo piercing e ne<br />

seguo i contorni con la punta della lingua. Gli stringo le gambe intorno ai fianchi mentre lui<br />

continua a spingere e io libero un gemito di felicità perfetta. Rovescio la testa all’indietro<br />

quando perdo di nuovo il controllo, poi Micha comincia a rallentare fino a fermarsi.<br />

Stiamo entrambi ansimando e i nostri corpi emanano calore. Mi scosta i capelli dalla<br />

fronte umida e mi guarda negli occhi. Sembra voglia dirmi qualcosa, qualcosa di importante,<br />

invece mi bacia sulla fronte e sorride. «Dieci minuti e sono di nuovo in partita».<br />

Due ore più tardi siamo di nuovo vestiti e ci stiamo dirigendo verso il club per


iunirci a Lila e alla band. È mezzanotte passata, ma la città è piena di vita. Per strada ci sono<br />

auto in fila, persone che camminano sui marciapiedi e luci che brillano nella notte.<br />

Dopo che Micha mi ha ininterrottamente pregato di farlo guidare per cinque minuti<br />

filati, mi sono arresa e gli ho teso le chiavi, ma solo dopo avergli fatto giurare che non guiderà<br />

come un pazzo.<br />

Lui dà comunque una bella accelerata, fa stridere le ruote sull’asfalto e si immette a<br />

tavoletta sulla strada principale.<br />

«Hai promesso». Lo punzecchio con un dito. «Comportati bene».<br />

«Questa carretta è un po’ moscia», dice compiaciuto. «Cos’ha sotto il cofano?»<br />

«Non lo so». Scrollo le spalle. «Non ho guardato. Ero troppo occupata ad arrivare<br />

qui per vederti».<br />

Lui mi mette una mano sulla coscia, procurandomi istantaneamente un calore tra le<br />

gambe. «Avanti, ammettilo: ti piacerebbe se provassi a vedere quanto può andare veloce. E dopo<br />

possiamo accostare e potrai sfogare tutta l’eccitazione su di me sul sedile posteriore».<br />

«Sei arrapato in un modo ridicolo», gli dico sorridendo. «Ma sono sicura che ne sei<br />

consapevole».<br />

«Certo», risponde semplicemente, fermandosi al semaforo. La luce rossa illumina<br />

l’abitacolo. «Sono sempre in giro, cazzo, lontano da te… sta cominciando a diventare un<br />

problema serio».<br />

Mi sento soffocare dal panico quando penso a lui così lontano a New York,<br />

circondato da donne che probabilmente sarebbero ben felici di risolvere il suo problema. Butto<br />

fuori l’aria gradualmente, in modo che lui non si accorga del mio respiro in affanno.<br />

«Ehi». Mi affonda il pollice nell’interno coscia mentre il semaforo diventa verde.<br />

«So cosa stai pensando e devi stare tranquilla. Non farei mai nulla che possa ferirti».<br />

Sorrido, ma non è un sorriso sincero. Le persone non intendono mai fare nulla che<br />

ferisca gli altri, ma qualche volta succede lo stesso, in un momento di emotività, o di scarsa<br />

razionalità, o semplicemente perché si dicono cose che dovrebbero restare solo dei pensieri.<br />

O perché si cede soltanto per un attimo.<br />

Le persone si feriscono in continuazione.<br />

Micha<br />

Ella si è fatta pensierosa quando arriviamo al club, ma lo sono anche io. Non so se la<br />

sua visita a sorpresa sia stata una cosa buona o no, perché mi renderà molto più difficile partire<br />

domattina.<br />

Alla fine al club ci sono soltanto Naomi, Chase e Lila. Dylan è andato via con la


proprietaria, ma nessuno sembra sapere dove. O magari semplicemente a nessuno importa.<br />

In sottofondo c’è della musica orribile e una donna con stivali rossi e cappello da<br />

cowgirl sta ballando di fronte a un vecchio, cercando di sedurlo. Lei però è ubriaca e continua a<br />

cadere.<br />

Appena ci sediamo, la tensione cala sul tavolo. Lila lancia a Ella uno sguardo<br />

penetrante e muove le labbra formando la parola puttana mentre indica Naomi con la testa.<br />

Sollevo un sopracciglio e sposto lo sguardo avanti e indietro tra Ella e Lila. Mentre<br />

Naomi è distratta da Chase, Lila si sporge sul tavolo e si copre la bocca con la mano.<br />

«Ricordami di raccontarti una storiella divertente<br />

dopo».<br />

È dura non alzare gli occhi al cielo di fronte a tanta stupidità. «Ordiniamo un<br />

antipasto o qualcos’altro?»<br />

«Già fatto», sbotta Naomi lanciandomi uno sguardo ambiguo. «E abbiamo ordinato<br />

da bere, ma non è ancora arrivato nulla».<br />

Alzo le mani e inarco le sopracciglia. «Okay, scusa se ho chiesto».<br />

Praticamente mi ringhia contro e io mi chiedo se non sia scoppiata una rissa tra lei e<br />

Lila. «Be’, questo servizio da schifo mi sta dando sui nervi».<br />

Appoggio un braccio sulle spalle di Ella e le sospiro all’orecchio: «Cosa stai<br />

guardando?».<br />

Sussulta spaventata e si volta verso di me. «Niente, mi ero solo incantata».<br />

Seguo la direzione del suo sguardo e vedo una vecchia coppia che si abbraccia in un<br />

séparé. Sono ridotti maluccio, forse hanno attraversato un po’ troppe volte il Paese sulle loro<br />

Harley.<br />

«Perché stai fissando quella coppia di anziani?». Gioco un po’ con i suoi capelli.<br />

Lei scuote subito la testa. «Non li stavo fissando».<br />

Le guardo le labbra mentre se le mordicchia nervosa, ma decido di lasciar perdere<br />

qualsiasi cosa la stia rendendo così strana: non voglio rovinare l’unica notte che passeremo<br />

insieme fino al mese prossimo.<br />

Ella<br />

Per qualche ragione mi ritrovo a fissare una vecchia coppia e a immaginare come<br />

sarebbe stare ancora con Micha a quell’età. Lui la sta imboccando e lei si sporge per dargli un<br />

bacio. È affascinante guardarli, i miei genitori non sono mai stati così affettuosi l’uno con<br />

l’altra.<br />

Più ci penso e più mi innervosisco. Non riesco davvero a vedere me e Micha anziani


e seduti a tavola a imboccarci a vicenda. Non vedo nulla.<br />

Micha è preoccupato per me, come sempre ogni volta che mi comporto da pazza. Mi<br />

concentro sulla conversazione, annuisco anche se non ho idea di ciò di cui stanno parlando.<br />

Quando ce ne andiamo, Lila mi prende per un gomito e mi strappa a Micha.<br />

«Che fai?», dico mentre inciampo, tentando di tenere il passo con lei che mi sta<br />

trascinando di peso dietro l’angolo del ristorante, nell’area fumatori. È buio e l’aria è un po’<br />

umida paragonata al caldo secco di Las Vegas.<br />

«Quella Naomi è una puttana». Agita le dita mentre parla.<br />

Aggrotto le sopracciglia mentre mi assicuro che nessuno ci stia ascoltando in<br />

quell’angolo dell’edificio. «Perché? Cosa ti ha fatto?»<br />

«A me niente». Incrocia le braccia e il suo viso si fa rosso di rabbia. «Ha detto delle<br />

cose su di te».<br />

«Tipo?»<br />

«Che incasini la testa a Micha. Che non vai bene per lui».<br />

Resto a bocca aperta. «Ha detto questo a te?»<br />

«No, l’ho origliato». Il suo sguardo si posa su un gruppo di ragazzi che ci sta<br />

guardando da dietro l’angolo. «Pensava che fossi in bagno, ma stavo tornando e l’ho sentita<br />

parlare con quel Chase, che comunque è un figo».<br />

«Quello con un sacco di tatuaggi e quella specie di cresta da mohicano?», chiedo.<br />

Annuisce. «Non sembra molto il tuo tipo».<br />

Lei scrolla le spalle e scuote la testa. «Non è questo il punto. Credo che Naomi<br />

voglia Micha. E non mi fido di lei».<br />

«Ne abbiamo già parlato un miliardo di volte». Trattengo il fiato mentre un ragazzo<br />

con una sigaretta ci passa accanto sbuffando il fumo nella nostra direzione. «Mi fido di lui».<br />

«Secondo me stai facendo un errore». Si toglie un po’ di mascara dalle ciglia.<br />

«Penso che dovresti chiedergli di lasciare la band».<br />

«Non esiste, non gli farei mai una cosa del genere», dico inorridita.<br />

«Come vuoi», replica lei. «Ma ti dico che sento odore di guai».<br />

«Ehi, Ella May!», urla Micha da dietro l’angolo, e sia Lila che io spostiamo lo<br />

sguardo su di lui. «Che stai facendo?».<br />

Lancio un’occhiata a Lila. «Grazie di preoccuparti per me, ma andrà tutto bene».<br />

Lila sospira e torniamo da Micha, che mi aspetta con la mano tesa. «C’è qualcosa<br />

che non va?».


Mi perdo nei suoi occhi che brillano di felicità. «No, va tutto alla grande».<br />

Micha<br />

Di solito tutta la band si accampa in una stanza sola. Naomi prende uno dei letti e<br />

poi si lancia una monetina per decidere a chi spetta l’altro. Ma stanotte ho una camera extra, così<br />

io ed Ella avremo ancora un po’ di tempo per noi.<br />

Devo usare un bel po’ di fascino e persuasione, ma alla fine convinco Lila a dormire<br />

in camera con la band. Non pare entusiasta al pensiero, anche perché Dylan non la smette di<br />

infastidirla.<br />

Quando restiamo soli, Ella crolla sul letto e stende le braccia sopra la testa. «Sono<br />

esausta. Che ora è?».<br />

tre».<br />

Abbasso lo sguardo sull’orologio con il cinturino di cuoio che ho al polso. «Quasi le<br />

«Davvero?». Si tira su appoggiandosi sui gomiti. «Fai sempre così tardi la sera?»<br />

«Di solito sì». Mi sfilo l’orologio e gli stivali e mi avvicino furtivamente a lei. «E<br />

posso andare avanti ancora per qualche ora». Mi libero della maglietta, salgo sul letto e copro il<br />

suo corpo con il mio. Le sue dita mi accarezzano i muscoli dello stomaco e la scritta del<br />

tatuaggio che ho sulle costole.<br />

«“Sarò sempre con te, per tutto il tempo”», legge. «“Nei momenti difficili e in quelli<br />

senza speranza, nell’amore e nel dubbio”».<br />

Mi tiro un po’ indietro, mi porto la sua mano alla bocca e le bacio dolcemente il<br />

palmo. «L’ho scritta per te quella, lo sai».<br />

«No, non è vero». Le sue palpebre fremono mentre soffio sul punto sensibile del<br />

polso. «L’avrai scritta a sedici anni».<br />

«Quindici in realtà». Le lascio la mano e mi stendo su di lei, sostenendomi con le<br />

braccia. «Mi ricordo che ero seduto a scriverla e la mia unica ispirazione erano i tuoi occhi tristi.<br />

Non riuscivo a togliermeli dalla testa».<br />

Mette il broncio. «Non ho gli occhi tristi!».<br />

Le sfioro con un dito lo zigomo e la pelle sotto uno degli occhi verdi. «Li avevi.<br />

Sempre. E a volte li hai ancora».<br />

«Anche tu sembri triste ogni tanto», mi dice. «Ma adesso sembri felice».<br />

«Perché sono felice». Comincio a cantare e il suo sorriso si allarga.<br />

«Ecco qua», dico. Poi la bacio profondamente, morsicandole un labbro.<br />

Lei mi cinge con le lunghe gambe e la situazione si surriscalda. Le passo le dita tra i


capelli, le accarezzo il collo con la lingua fino a lasciarle il segno di un succhiotto. Le sue spalle<br />

fremono al solo sentire il mio fiato e ridacchia.<br />

Lascio un po’ di spazio tra di noi e la guardo negli occhi. «Ti faccio il solletico?».<br />

Scuote la testa con un’espressione solenne sulla faccia. «No, assolutamente no».<br />

me.<br />

Le do un pizzico sul fianco e lei si sposta di lato, cercando di rotolare via da sotto di<br />

«No, ti prego». Ride cercando di respirare. «Sii carino per favore».<br />

Le do retta, perché c’è qualcos’altro che desidero da morire.<br />

Comincio a svestirla, all’inizio con calma, poi i miei movimenti si fanno più<br />

concitati e alla fine le strappo qualche bottone della camicia. Nel giro di pochi minuti i vestiti<br />

sono ammucchiati sul pavimento e io sono di nuovo dentro di lei. Mentre la guardo negli occhi<br />

valuto se chiederle di venire con me in tour, ma è un attimo passeggero, realizzo che non posso<br />

farle una cosa del genere.<br />

Mi sveglio in una stanza tranquilla, con Ella tra le braccia. Il suo corpo nudo è<br />

accoccolato su di me. Vorrei potermi svegliare così ogni mattina, ma uno di noi due dovrebbe<br />

rinunciare a qualcosa di importante.<br />

«Dio, che cazzo faccio?», sospiro tra me e me.<br />

La luce del mattino fa capolino tra le tende e macchine passano sulla strada<br />

principale di fronte all’hotel. Per un po’ guardo Ella che dorme, le accarezzo la schiena con le<br />

dita finché non apre le palpebre.<br />

«Sei sveglio». Scaccia via la stanchezza con un battito di ciglia.<br />

Mi arrotolo una ciocca dei suoi capelli intorno al dito. «Non riuscivo a dormire». Lei<br />

prova a mettersi seduta, ma io la cingo con le braccia e la tengo stretta a me. «Resta giù ancora<br />

un po’. Mi piace tenerti tra le braccia».<br />

I suoi occhi mi scrutano mentre mi riappoggia la testa sulla spalla. «Cosa c’è che<br />

non va? Sembri agitato».<br />

Le passo il pollice tra le sopracciglia per cancellare una piccola ruga di<br />

preoccupazione. «Hai mai pensato a cosa faremo delle nostre vite? Intendo noi due insieme?».<br />

Lei si morde il labbro inferiore. «A volte ci penso».<br />

«E dove pensi che stiamo andando?», chiedo con cautela, non voglio spaventarla<br />

dicendole quello che ho in mente. Devo prima sondare un po’ le acque.<br />

I suoi occhi si guardano intorno e il respiro diventa affannoso. «Mi stai lasciando?».<br />

Sbuffo fuori una risata. «Ma che cazzo vai a pensare?».<br />

Si puntella sul gomito e abbassa lo sguardo su di me, i capelli le incorniciano il viso.


«Perché hai una faccia… come se dovessi darmi una notizia orribile».<br />

«Non è una notizia orribile». Guido il suo corpo sopra il mio. «Ma non sono sicuro<br />

che ne sarai felice».<br />

Si avvinghia alle mie spalle mentre si tira su, adesso è a cavalcioni su di me e posso<br />

sentire il suo calore sul pene. La coperta le scivola dalle spalle e ho il suo seno proprio sopra la<br />

faccia.<br />

«Ti prego, sbrigati e dimmelo», mi implora. «Mi stai spaventando».<br />

«Stavo pensando…». Mi fermo, mi vengono in mente mia madre e mio padre e<br />

come sono andate a finire le cose tra loro. «Non è niente. Davvero, non era niente di<br />

importante».<br />

Il viso di Ella esprime tutto il suo disappunto. «No, quello sguardo significa ben<br />

altro. Da quando mi tieni nascoste le cose?»<br />

«Non ti sto tenendo nascosto nulla». Cerco di resistere per un po’, finché non vedrò<br />

che siamo tornati sulla stessa lunghezza d’onda. «Adesso vieni qui».<br />

Mi siedo e le appoggio la bocca sul seno, succhiandole i capezzoli per distrarla.<br />

Quando mi fermo lei sta ansimando e la luce le si riflette negli occhi.<br />

Le metto una mano dietro la nuca, avvicino le sue labbra alle mie e spingo il pene<br />

dentro di lei. Respira affannosamente contro le mie labbra e pochi istanti dopo ci siamo già<br />

dimenticati entrambi della conversazione.<br />

Capitolo 3<br />

Ella<br />

È passata una settimana dal viaggio a l.a. e mi sento perennemente una merda.<br />

Micha è sempre impegnato e riusciamo a malapena a parlarci. In più, Lila ha cominciato a uscire<br />

con Preston e non c’è mai. Mi fanno male i muscoli per quanto ho camminato, ho sempre mal di<br />

testa e ogni incombenza mi pesa.<br />

Sto aspettando fuori dallo studio della terapista, con la borsa in grembo, quando<br />

ricevo un messaggio da mio fratello.<br />

Dean: Chiamami appena puoi.<br />

Io: Non posso. Ho una seduta.<br />

Dean: Non fare l’idiota. chiamami.<br />

La terapista sbuca dall’ufficio e mi fa cenno di entrare, quando il cellulare squilla di<br />

nuovo. Lo spengo e mi accomodo su una sedia davanti alla scrivania, su cui c’è una targa con il<br />

nome, una tazza piena di penne e una grossa pila di cartelle.


Si chiama Anna ed è giovane, avrà un po’ meno di trent’anni. Ha i capelli biondi a<br />

caschetto. Tutte le volte che la vedo indossa un tailleur-pantalone. Quello di oggi è un gessato<br />

nero.<br />

«Ciao Ella». Si siede dietro la scrivania e inforca gli occhiali dalla montatura<br />

quadrata mentre tira fuori la mia cartella. «Com’è andato il weekend?»<br />

«È stato interessante», dico. «A dir poco».<br />

Si accorge del mio tono e mi guarda. «E cosa è stato interessante?».<br />

Mi gratto la schiena nel punto esatto in cui ho il tatuaggio dell’infinito. «Sono<br />

andata a trovare Micha a Los Angeles».<br />

Apre un taccuino. «E com’è andata?».<br />

Esito un istante. «Bene, credo».<br />

Annota qualcosa. «Non sembri molto sicura».<br />

Mi appoggio scomposta allo schienale della sedia e incrocio le braccia. «È solo<br />

che… be’, ogni volta che vado da lui o che lui viene a trovarmi, dirci addio diventa sempre più<br />

difficile».<br />

Anna appoggia la penna e il taccuino sulla scrivania e si toglie gli occhiali. «Dirsi<br />

addio è sempre difficile, ma a volte è necessario per andare avanti nella vita».<br />

«Ma io non voglio andare avanti senza di lui». Il panico esplode dentro di me come<br />

un tornado. «Io amo Micha».<br />

«Non intendevo questo», si affretta a spiegare. «Sto dicendo che a volte dirsi addio è<br />

la cosa più difficile che uno deve fare nella vita».<br />

Odio i suoi trucchetti mentali. «Si riferisce a mia madre? Perché l’ultima volta le ho<br />

detto che l’avevo superata».<br />

«Ella, non l’hai superata», dice. «Altrimenti non l’avresti detto».<br />

Metto il gomito sul bracciolo della sedia e appoggio il mento sulla mano. «E allora<br />

cosa c’entra tutta questa storia dell’addio?»<br />

«C’entra con te». Prende una mentina da una scatola e se la infila in bocca. «Tu fai<br />

fatica a dire addio: il senso di colpa verso tua madre e tuo padre, il tuo dolore, i tuoi sentimenti.<br />

Ti è difficilissimo lasciar andare il passato».<br />

«Lo so», ammetto. «Ma ci sto lavorando».<br />

Lei fa una pausa e tamburella con le dita sulla scrivania. «Dimmi una cosa: dove ti<br />

vedi tra un paio d’anni?»<br />

«Non lo so… non ci ho mai pensato molto».


«Prova a pensarci per un minuto, se ci riesci».<br />

Sollevo il mento dalla mano e mi concentro, ma la sola cosa che vedo siamo io e<br />

Micha su quel maledetto ponte, mentre lui cade in acqua.<br />

«Non lo so». Afferro il bracciolo della sedia mentre le mie pulsazioni accelerano.<br />

«Davvero non lo so… merda».<br />

«Rilassati Ella, andrà tutto bene». Apre il cassetto e tira fuori un’altra cartella.<br />

«Penso che potremmo cominciare a considerare una valutazione dell’ansia e della depressione».<br />

La guardo con gli occhi ridotti a due fessure. «Non se ne parla».<br />

«Ella, penso sia importante che…».<br />

Mi alzo dalla sedia e getto la borsa sulla spalla. «Non ne voglio parlare».<br />

Lei sta dicendo qualcos’altro, ma io sono già fuori dalla porta. Non voglio discutere<br />

della possibilità di avere malattie mentali. Non sono malata. Non lo sono.<br />

Archivio la conversazione, riaccendo il telefono e leggo il messaggio di Dean.<br />

Papà ha lasciato il centro di riabilitazione. Chiamami subito…<br />

Cosa? Premo con forza il tasto delle chiamate rapide mentre esco alla luce del sole,<br />

poi porto il cellulare all’orecchio.<br />

«Perché diavolo hai spento il telefono?», sbotta.<br />

«Te l’ho detto. Avevo una seduta». Attraverso il cortile zigzagando tra la gente e<br />

abbassandomi per evitare un frisbee.<br />

«Be’, devi tornare a casa», mi ordina. «Papà è scappato e nessuno riesce a trovarlo».<br />

«Chiamo la madre di Micha e vedo se lei riesce a scoprire dov’è. Se è in casa». Mi<br />

accingo a riattaccare.<br />

uscendo».<br />

«L’ho già sentita». La sua voce suona irritata. «È in vacanza con un tizio con cui sta<br />

«Oh…». Non sapevo che stesse uscendo con qualcuno. «Allora che facciamo?»<br />

«Tu vai lì a controllare», dice come se fosse un mio compito esclusivo.<br />

«Perché non ci vai tu?»<br />

«Perché ho un lavoro e un matrimonio da organizzare. Una vita».<br />

«Anche io ho una vita», puntualizzo mentre raggiungo il limite del prato. «E<br />

possiamo sempre chiamare qualcun altro. Denny, per esempio».<br />

«E allora chiama Denny», dice. Sento la voce di Caroline in sottofondo. «Devo<br />

andare, okay? Chiama Denny e fammi sapere immediatamente che succede». Mi riattacca il


telefono in faccia.<br />

In preda alla frustrazione, chiamo il servizio informazioni e ottengo il numero del<br />

bar di Denny. Telefono mentre salgo di corsa le scale dell’appartamento di due stanze che<br />

divido con Lila. Dopo quattro squilli qualcuno risponde. «Pronto, Hub and Grub, sono Denny».<br />

visto».<br />

«Uhm… sì, sono Ella. Ella Daniels. Mi chiedevo se mio padre è lì da voi, o se l’hai<br />

«Sì, è arrivato questa mattina». Ha un attimo di esitazione. «Pensavo fosse al centro<br />

di riabilitazione».<br />

«A quanto pare l’ha lasciato». Prendo le chiavi di casa dalla borsa e apro la porta.<br />

«Sta così male?»<br />

«Sarò onesto con te, Ella. Sta parecchio male», dice con franchezza. «Da quando è<br />

venuto questa mattina non ha mai smesso di bere. Mai. Gli ho offerto un passaggio fino a casa,<br />

ma ha rifiutato».<br />

Chiudo la porta e getto le chiavi sulla consolle. «Puoi tenerlo d’occhio per un po’<br />

finché non capisco cosa fare?»<br />

«Sì, penso di sì», dice con riluttanza. «Ascolta, Ella, capisco la tua situazione, ma io<br />

ho un bar da mandare avanti e… be’, quando è in queste condizioni crea un sacco di problemi.<br />

Ti do volentieri una mano finché la cosa non incide sul mio lavoro».<br />

«Vengo là il prima possibile», prometto. «E mi dispiace».<br />

bambina».<br />

Lui sospira. «È tutto okay. Lo so che è difficile per te. Voglio dire, sei ancora una<br />

Non sono mai stata bambina. Non veramente. A sei anni lavavo i piatti e pulivo la<br />

casa, a otto mi cucinavo da sola, e a dieci mi assicuravo che mia madre prendesse le medicine.<br />

Lo saluto e riattacco, poi mi accascio sul divano di pelle. Il nostro è un<br />

miniappartamento, con le pareti bianche, un tappeto marroncino e il televisore in un angolo. Tra<br />

la cucina e il salone c’è una piccola zona pranzo. Le stanze odorano di cannella e il lavandino è<br />

stracolmo di piatti.<br />

Mi schiaccio il naso tra le mani. «Merda… Chi posso chiamare?». Lascio cadere le<br />

braccia in grembo e chiamo Ethan.<br />

Mi risponde dopo tre squilli. «Okay, che stranezza è questa? Non mi chiami mai».<br />

«Devo chiederti un favore». Faccio una pausa per prendere coraggio. «Potresti<br />

andare a prendere mio padre all’Hub and Grub e restare con lui finché non riesco a venire?».<br />

Resta in silenzio per un secondo. «Sì, posso farlo».<br />

«Grazie», dico, riconoscente. «Arrivo il prima possibile. Lo prometto. Dodici ore al<br />

massimo».


puoi».<br />

«Non ammazzarti per venire qui, Ella. Ho detto che è okay, quindi vieni quando<br />

«Okay, ti chiamo quando sto per arrivare».<br />

«Va bene».<br />

Riattacco e lancio il telefono sul tavolino, pensando a come trovare una macchina.<br />

Sto per chiamare Micha, ma poi mi fermo. È più di un giorno che non lo sento e l’ultima cosa<br />

che voglio è chiamarlo e cominciare a piagnucolare.<br />

E poi non c’è niente che lui possa fare.<br />

È dall’altra parte del Paese.<br />

Micha<br />

«Se continui a sbagliare nota», minaccio Naomi, «dovrò toglierti quella chitarra».<br />

Siamo seduti sul letto del nostro monolocale, con le chitarre in grembo. Il pavimento<br />

è ricoperto di panni sporchi e c’è immondizia ovunque. Dylan e Chase sono al bar a cercare di<br />

rimorchiare. Io ho indosso i pantaloni del pigiama e sono senza maglietta, Naomi ha i capelli<br />

raccolti e ancora umidi. È uscita dalla doccia poco fa.<br />

«Non fare lo stronzo», scherza sciogliendo l’elastico per far ricadere i capelli umidi<br />

sulle spalle. «Suono meglio di quanto tu vorresti che facessi».<br />

Scuoto la testa e strimpello sulle corde della chitarra. «Dipende».<br />

Lei prova un accordo e parla sopra la musica. «Da cosa?»<br />

«Se stai suonando in un locale di sordi, okay». Le rivolgo un ghigno cattivo.<br />

stronzo».<br />

Lei alza gli occhi al cielo e poggia la chitarra sul letto. «A volte sei proprio uno<br />

Ha ragione, ma c’è un motivo. Due giorni fa stavo facendo una passeggiata, cercavo<br />

un palazzo dove avevo saputo che lavorava mio padre. Avevo appena parlato al telefono con<br />

mia madre e lei, dopo avermi detto che stava andando in vacanza con un tizio che ha la metà dei<br />

suoi anni, mi aveva anche fatto sapere che mio padre adesso vive a New York.<br />

Volevo solo sapere dove lavorasse, per pura curiosità. Mentre ero di fronte<br />

all’edificio ho incrociato un uomo che cercava un taxi. Era mio padre. Stavo per girare i tacchi<br />

ma lui mi ha visto e mi ha salutato. Avrei voluto rispondergli alzando il dito medio, ma non ho<br />

saputo fare altro che restare lì fermo a bocca aperta, come un bambino.<br />

Si è avvicinato con un’espressione di disagio scritta in faccia. Indossava un vestito<br />

scuro e sopra aveva un impermeabile. Mi guardava con i suoi occhi così uguali ai miei. «Micha,<br />

che ci fai qui?»


«Starò qui per un po’». Il mio tono di voce era secco. «E tu che ci fai qui?».<br />

Ha indicato il palazzo alto con la facciata rivestita di metallo. «Mi hanno trasferito<br />

qui per lavoro due settimane fa. Ho chiamato tua madre per dirglielo».<br />

Ho fatto finta di non saperlo. «Be’, dovresti smettere di chiamarla. Non ha bisogno<br />

di parlare con te».<br />

Mi ha lanciato un’occhiataccia e la sua espressione si è fatta dura. «Allora? Che sei<br />

venuto a fare qui?».<br />

Mi sono messo a giocherellare con la catena appesa ai jeans, stringendo le spalle,<br />

mentre un sacco di gente continuava a passarmi accanto. «Io e la band suoniamo in un locale per<br />

tutto il mese prossimo».<br />

Sulla sua faccia si è disegnato uno sguardo accondiscendente. «Chissà perché, ma<br />

non sono sorpreso. Avrei dovuto saperlo che ti saresti messo a fare cose del genere».<br />

dire?».<br />

Ho stretto i pugni, lottando contro me stesso per non colpirlo. «Che cazzo vorresti<br />

Lui ha guardato la gente intorno, come per paura che qualcuno mi avesse sentito.<br />

«Senti, Micha, non volevo dire nulla. Ora devo andare».<br />

Mi sono girato e mi sono allontanato. Tornando all’appartamento ho realizzato che<br />

mio padre è sempre stato un coglione. Anche quando era ancora mio padre, criticava ogni<br />

singola cosa che facevo e mi diceva che stavo sbagliando tutto.<br />

in trance».<br />

«Pronto?». Naomi mi batte le mani davanti alla faccia e io sussulto. «Stavi proprio<br />

Sistemo con cautela la chitarra sul pavimento e mi appoggio alla testiera del letto.<br />

«Pensavo che uscissi stasera».<br />

Lei scrolla le spalle e si stende sul letto a pancia in giù, con le braccia incrociate e la<br />

testa appoggiata sopra. «Non mi va. E poi mi sei sembrato un po’ giù ultimamente e non volevo<br />

lasciarti da solo ad annegare nella tristezza».<br />

«Non sto annegando nella tristezza». Bevo un sorso di soda. «Sono solo confuso».<br />

«A che proposito?»<br />

«Cose».<br />

Si siede accanto a me, adesso tutti e due stiamo fissando i piedi del letto. «Di nuovo<br />

cose che riguardano Ella, vero?»<br />

«Non ne voglio parlare». Appoggio la soda sul comodino e gioco con il bicchiere.<br />

«Mi sento un po’ a disagio a parlare di lei con te».<br />

Lei serra le labbra, pensando intensamente a qualcosa. «Perché? L’hai già fatto<br />

prima d’ora».


«Solo perché ero ubriaco e quando lo sono tendo a chiacchierare un po’ troppo».<br />

Non posso parlare a Naomi di quello che mi passa per la testa, deve saperlo per prima Ella.<br />

«Praticamente parlerei con chiunque quando sono sbronzo».<br />

«Non fare finta che non ti piaccia parlare con me, Micha», dice lei. «So che ti piace.<br />

Sei solo troppo accecato dai tuoi sentimenti».<br />

Mi sono perso. «Di che diavolo stai parlando?».<br />

All’improvviso lei si sporge verso di me con gli occhi chiusi e le labbra protese,<br />

cogliendomi di sorpresa mentre prova a baciarmi. Qualche ciocca di capelli le cade davanti al<br />

viso e per un secondo resto immobile e ho voglia di lasciarmi baciare. Di lasciare che lei mi<br />

tolga dalla testa tutta quella merda.<br />

Poi quello che provo per Ella si fa sentire e mi scanso. Praticamente mi arrampico<br />

sul comodino per sfuggirle. «Che cazzo fai?».<br />

pensato».<br />

Apre gli occhi e ha le pupille dilatate. «Avanti, Micha. Non dirmi che non ci hai mai<br />

Scuoto lentamente la testa. «No, non ci ho mai pensato. Neanche una volta».<br />

Arrossisce leggermente e io mi sento un coglione. «Senti, scusami, ma sai cosa provo per Ella.<br />

Non riesco neanche a immaginare come ti sia venuto in mente di provarci».<br />

Fa scivolare le gambe oltre il bordo del letto e mi volta le spalle. «Sembra che non la<br />

ami più così tanto. Non vi parlate neanche più spesso al telefono come una volta».<br />

«È perché sto cercando di riflettere su un po’ di cose». Le do una pacca sulla schiena<br />

perché mi sembra sul punto di piangere. È una situazione imbarazzante. «È tutto okay?».<br />

Alza le spalle di scatto e scrolla via la mia mano, poi corre in bagno. Sbatte la porta<br />

e fa tremare le pareti sottili.<br />

Recupero la chitarra dal pavimento e mi lascio cadere sul letto, mentre suono la mia<br />

canzone preferita. Otto mesi fa avrei risposto alle sue avances, ma ora non è più così.<br />

Improvvisamente realizzo quello che sto pensando da settimane.<br />

Ella è quella giusta per me. Ciò che provo per lei non cambierà mai. L’amerò per<br />

sempre, però ho bisogno di averla vicino, non a migliaia di chilometri di distanza.<br />

Ma come faccio a dirle che sono pronto a cominciare un futuro insieme a lei, quando<br />

lei non ha ancora idea di quale possa essere il suo futuro?<br />

Capitolo 4<br />

Ella<br />

Sto cominciando a temere che la mia vita sarà solo questa, alla fine finirò sempre qui


a Star Grove, nella casa che ha rubato la mia infanzia.<br />

La casa ha sempre lo stesso aspetto: la grondaia rotta, i sacchi dell’immondizia<br />

ammucchiati su un lato e la vecchia auto, una Cutlass, che è ancora là, in equilibrio sui blocchi<br />

di calcestruzzo davanti al garage. Le pareti esterne si stanno scrostando e qualche ramo è caduto<br />

dall’albero accanto alla finestra.<br />

Il camioncino di Ethan è parcheggiato sul vialetto, lui è seduto sui gradini del retro e<br />

sta armeggiando con il cellulare.<br />

clown.<br />

Scendo dalla macchina a noleggio, che sembra una di quelle auto in cui si infilano i<br />

Ethan alza lo sguardo e aggrotta le sopracciglia. «Che cazzo è quell’affare?»<br />

«Era la più economica che avevano all’autonoleggio». Mi siedo accanto a lui sui<br />

gradini e allungo le gambe. «È dentro?»<br />

«Sì, è collassato sul divano non appena l’ho riportato a casa». Mette via il telefono e<br />

arrotola le maniche della maglia grigia, rivelando due grandi tatuaggi.<br />

«Ne hai uno nuovo». Indico un tatuaggio con una citazione in latino.<br />

Annuisce e tocca i contorni con il dito. «È di un paio di settimane fa».<br />

Fisso la porta accanto, la casa di Micha, e gli chiedo: «Quanto è stato complicato<br />

portarlo fuori dal bar?».<br />

China la testa in avanti, fissa gli occhi a terra, e i capelli neri gli ricadono sulla<br />

faccia. «È stato una gran rottura di palle finché non siamo arrivati. E ha provato a colpire Denny<br />

mentre lo tiravamo fuori dalla macchina».<br />

Scivolo all’indietro appoggiando i gomiti al gradino. «Mi dispiace di averti mandato<br />

a prenderlo. È che non sapevo chi altro chiamare».<br />

«Non sono arrabbiato per questo. Sono arrabbiato perché hai dovuto fare tutta questa<br />

strada per venire qui a prenderti cura di lui». Sembra a disagio.<br />

«Cosa?». Il mio cervello va in confusione.<br />

Giocherella con la stoffa logora dei jeans in corrispondenza del ginocchio. «È una<br />

stronzata che i figli debbano comportarsi da genitori».<br />

«Stiamo ancora parlando di me?», chiedo lanciandogli un’occhiata. «O c’è qualcosa<br />

che vuoi raccontarmi… qualcosa che ti è successo?»<br />

«Sto bene». Mi dà una leggera spallata. «Te lo racconto un’altra volta».<br />

«Non racconti mai gli affari tuoi», gli faccio presente.<br />

«Neanche tu», replica lui. «A parte a Micha».<br />

«Be’, immagino di sì». Non mi rendo conto di aver parlato ad alta voce e lui mi


lancia uno sguardo strano. «Lascia perdere. Vado a dare un’occhiata a mio padre e poi magari<br />

possiamo andare a prendere qualcosa da mangiare. La mia ricompensa per averti coinvolto in<br />

questo casino».<br />

«È davvero una ricompensa?», scherza sfoggiando un sorriso sarcastico. «Andare a<br />

cena con te?».<br />

Gli faccio una smorfia ed entro in cucina, lasciando sbattere la zanzariera dietro di<br />

me. Nell’aria fluttuano granelli di polvere e io mi sventolo la mano davanti alla faccia. «Dio, c’è<br />

puzza di animale morto qui dentro».<br />

«È perché nessuno ha mai pulito prima che io me ne andassi». Sulla soglia compare<br />

mio padre, con indosso una maglietta verde stropicciata e dei jeans macchiati di grasso. La pelle<br />

ha ripreso un po’ di colore dall’ultima volta che l’ho visto e sembra un po’ più giovane, ma ha<br />

gli occhi iniettati di sangue come al solito. Non è più ubriaco, solo in post-sbronza, ma può<br />

risultare ugualmente esplosivo.<br />

«Credevo proprio di aver pulito». Lancio un’occhiata al bancone marrone, ancora<br />

pieno di bottiglie di vodka e tequila, e al tavolo pieno di pile di bollette scadute. «Papà, perché<br />

hai lasciato il centro di riabilitazione?».<br />

Si lascia cadere su una sedia di fronte al tavolo della cucina, con le spalle curve e la<br />

testa tra le mani. «Hanno provato a farmi parlare di tua madre».<br />

La mia sensazione di disagio aumenta. «So che deve essere stato difficile per te, ma<br />

scappare non risolverà i problemi. Non farà che peggiorarli. Fidati, lo so».<br />

«Fidarmi». Alza la testa e si sfrega la mandibola coperta di una barba trasandata.<br />

«Come mi sono fidato a lasciarti controllare tua madre quella notte». Sta ripetendo le stesse<br />

parole che mi ha detto quando abbiamo provato a farlo andare in riabilitazione.<br />

È come se mi avessero dato un pugno in pancia, premo le mani sullo stomaco,<br />

imponendo ai miei polmoni di continuare a respirare. «Mi dispiace».<br />

Spalanca gli occhi e si alza in piedi di scatto, rovesciando a terra la sedia. «Ella, non<br />

volevo. A volte dico delle cose… e non so perché».<br />

«È tutto okay». Come mi ha insegnato la terapista, cerco di superare il dolore che<br />

provo attraverso la respirazione, mentre indietreggio verso la porta. «Vado a prendere qualcosa<br />

per cena. Vuoi niente?».<br />

pensavo».<br />

Scuote la testa e i suoi occhi si riempiono di lacrime. «Ella, davvero, non lo<br />

«Lo so». Mi lancio fuori dalla porta e inspiro un bel po’ di aria fresca.<br />

Ethan mi lancia un’occhiata e si alza in piedi. «Stavo pensando che potremmo<br />

andare al drive-in. Con il mio camioncino, perché non salirei su quella macchina da clown<br />

neanche per tutto l’oro del mondo».<br />

In questo momento potrei abbracciarlo, ma non lo faccio. «Per me va bene».


Siamo seduti nel suo camioncino a mangiare hamburger e patatine fritte sotto le luci<br />

al neon. Ethan fissa una delle cameriere che si sta chinando a prendere l’ordinazione della<br />

macchina accanto a noi. Siamo stati parecchio silenziosi.<br />

«Hai sentito quello che mi ha detto, vero?», gli chiedo alla fine, raccogliendo la salsa<br />

rimasta con una patatina.<br />

Lui toglie un cetriolo sott’aceto dall’hamburger, facendo una smorfia mentre lo butta<br />

nel contenitore agganciato al finestrino. «Non granché. E poi non è nulla che non abbia già<br />

sentito».<br />

«Non capisco che intendi». Mastico la patatina fritta guardandolo negli occhi in<br />

cerca di una spiegazione.<br />

«Sto dicendo che i genitori fanno schifo».<br />

«Ti va di approfondire il concetto?»<br />

«Non molto».<br />

Cala di nuovo il silenzio, poi sbuffa irritato. «Ti ricordi in seconda elementare, più o<br />

meno, quando venivo a scuola sempre pieno di lividi?».<br />

Bevo un sorso di soda e la rimetto nel portabicchiere. «Non era l’anno che ti sei rotto<br />

il braccio?»<br />

«Sì, tra le altre cose». Corruga la fronte mentre vaga tra i ricordi, con lo sguardo<br />

fisso sul parabrezza. «Quell’anno mio padre diventò dipendente dagli antidolorifici ed era<br />

sempre arrabbiato per qualcosa… per tutto in realtà. E gli piaceva sfogarsi sui miei fratelli, su di<br />

me, su mia madre. In pratica su chiunque».<br />

Realizzo cosa mi sta dicendo. «Non lo sapevo… mi dispiace».<br />

«Non lo sa nessuno. Neanche Micha». Appallottola la carta dell’hamburger e la<br />

getta nel contenitore. «E quindi, capisco che i genitori possano essere degli stronzi con i figli,<br />

ma nel mio e nel tuo caso aveva – ha – a che fare più con la dipendenza che con i loro<br />

sentimenti reali».<br />

Non so cosa dirgli se non grazie.<br />

Getta nel contenitore una vaschetta di salsa vuota e l’atmosfera nell’abitacolo si fa<br />

meno pesante. «Mi devi un favore, non solo perché sono andato a prendere tuo padre, ma perché<br />

ti ho confidato queste cose. Odio farlo».<br />

«Ha-ha». Gli passo i miei rifiuti e sul suo volto si disegna un sorriso.<br />

Accanto a noi si avvicina sgasando una Camaro blu. Al volante c’è Mikey intento a<br />

dondolare la testa al ritmo della musica che esce a tutto volume dallo stereo. In me riaffiorano<br />

tutte le sensazioni che ho provato quando ha fatto schiantare Micha e la sua Chevelle contro un<br />

albero.


gas.<br />

«Maledetto stronzo», mormora Ethan mentre avvia il motore e lo fa ruggire dando<br />

Gli lancio un’occhiataccia. «Ma che vuoi fare? Hai un camioncino».<br />

«Sì, ma dentro ha un Hemi», dice con un finto accento del Sud. «Sai che se ne va in<br />

giro a vantarsi di aver vinto quella gara?»<br />

«E perché in macchina con Mikey c’è Grantford Davis?», chiedo stupita, guardando<br />

il finestrino posteriore della Camaro. «Pensavo si odiassero».<br />

Ethan scoppia a ridere. «Grantford adesso è la puttanella di Mikey per colpa di una<br />

gara persa. In pratica deve fare tutto quello che dice lui. Era parte della scommessa».<br />

Micha ne sarebbe entusiasta se lo sapesse. Ha sempre incolpato Grantford per quella<br />

notte sul ponte, nonostante io non lo ritenga responsabile. Comunque, vedere Grantford sul<br />

sedile posteriore con il cappello da cowboy e un’espressione penosa in faccia mi fa sorridere.<br />

musica.<br />

Tamburello le dita sul cruscotto, mentre Mikey ci urla qualcosa di osceno sopra la<br />

«Il tuo sguardo mi dice che stai per cacciarci nei casini», dice Ethan, mentre finisce<br />

il resto della bibita e la getta nel contenitore.<br />

«Ho voglia di fare un po’ di casino. A dir la verità, ne ho bisogno». Guardo Mikey<br />

attraverso i vetri sfumati e raccolgo il mio frullato pieno per metà. «Ti ricordi quella volta che<br />

eravamo in macchina su Main Street e io ho lanciato un frullato sul parabrezza di una macchina<br />

parcheggiata, solo perché Micha mi aveva sfidata?»<br />

«Hai voglia di rifarlo?». Le luci gialle dell’insegna illuminano i suoi occhi marroni.<br />

«Perché se mi ricordo bene siamo finiti seriamente nella merda per quella storia. A me e a<br />

Micha hanno fatto il culo».<br />

«Stavolta non succederà», gli assicuro. «E comunque non voglio tirargli questo sulla<br />

macchina. Voglio lanciarglielo addosso dal finestrino aperto». Ethan resta in silenzio e si passa<br />

la mano sulla mascella, allora aggiungo: «Ci stai o non ci stai?»<br />

«Certo che ci sto. Ci sto sempre». Poggia le mani sul volante. «Sto solo pensando al<br />

modo migliore per seminarlo quando proverà a correrci dietro».<br />

Lancio un’occhiata a Mikey, che sta chiamando una delle cameriere sui pattini.<br />

«Credi che lo farà?».<br />

Ethan afferra il cambio. «Forse… ci sono i suoi amici con lui».<br />

Comincio ad abbassare il finestrino. «Ce ne frega qualcosa se lo fa? So che puoi<br />

fargli il culo quando vuoi».<br />

grosso».<br />

Annuisce. «Vero, ma c’è Danny Farren in macchina con lui e quel tipo è bello


Ritraggo la mano dal finestrino. «Vuoi che non lo faccia?»<br />

«No, fallo», dice mentre la cameriera viene a ritirare il vassoio. Ethan le lascia<br />

qualche dollaro di mancia. «Dobbiamo solo guidare finché non lo seminiamo… Sì, cazzo, so<br />

come fare. Mi arrampico con il camioncino sui detriti della piazzola. Lui non ce la farà mai a<br />

passarci sopra con la sua Camaro, a meno che non voglia grattare il fondo della macchina».<br />

«Cerca solo di non ammazzarci». Abbasso il finestrino e faccio un cenno a Mikey<br />

con le dita.<br />

Lui aggrotta le sopracciglia. «Che cazzo ci fai qui? Pensavo che te ne fossi andata o<br />

merdate del genere».<br />

Tiro fuori la testa dal finestrino tenendo in mano il bicchiere. «Sono andata al<br />

college. Sai, quel posto in cui impari… Oh, aspetta, forse non lo sai».<br />

«Fallo e basta», tossisce Ethan. «E filiamocela».<br />

«È meglio se stai più attenta a quello che dici», sogghigna Mikey passandosi le mani<br />

tra i capelli neri, «o uno di questi giorni qualcuno ti chiuderà la bocca per sempre».<br />

Gli faccio un battito di ciglia e gli mostro il dito medio mentre lancio il frullato<br />

dritto attraverso il finestrino abbassato.<br />

Quando gli atterra in grembo, Mikey impreca e salta in piedi, sbattendo la testa sul<br />

tettuccio. «Puttana».<br />

«Vai», ordino a Ethan mentre tiro su il finestrino.<br />

Le ruote stridono mentre Ethan esce in retromarcia, quasi investendo una signora.<br />

Poi gira il volante e sfreccia via, fuori dal parcheggio. Il rumore della Camaro di Mikey ci<br />

insegue mentre corriamo a tutta velocità verso la piazzola. Mi sento di nuovo bambina e vorrei<br />

restare aggrappata a questo senso di libertà, ma so che finirà quando sarà ora di tornare a casa.<br />

Mikey guadagna terreno fin quasi al paraurti del camioncino e comincia a fare<br />

segnali con i fari. Ethan accelera e le case e gli alberi si confondono, finché non arriviamo in<br />

vista della piazzola al lato della strada. Quella piazzola una volta costituiva l’entrata di una<br />

strada che portava in un posto dove ragazzi minorenni facevano delle feste. Poi un po’ di gente,<br />

compreso Micha, fu beccata, e la città decise di bloccare l’accesso con uno steccato e una<br />

montagnola di detriti.<br />

«Stai andando troppo veloce», lo avverto afferrando la maniglia sopra la mia testa.<br />

«Faremo un bel volo».<br />

«Rilassati, ho tutto sotto controllo». Scala la marcia. «E poi da quando ti preoccupi<br />

per cazzate del genere?»<br />

«Sono solo preoccupata per il tuo camioncino». Mi puntello con un piede sul<br />

cruscotto per tenermi salda sul sedile. «Ma se a te non importa, avanti tutta sulla rampa».<br />

Lui ride e preme a fondo l’acceleratore. Il motore si infiamma e le ruote stridono


mentre il camioncino vola sopra la collinetta. Per un breve istante restiamo sospesi in aria, poi<br />

atterriamo violentemente sul terreno. L’impatto mi catapulta in avanti e sbatto la testa sul<br />

cruscotto mentre il veicolo rimbalza e si ferma.<br />

«Ah, credo di essermi fratturato il cranio», si lamenta Ethan tenendosi la testa.<br />

«Siamo in due». Tocco il punto sensibile sulla mia testa e mi giro sul sedile per<br />

guardare dietro. Da un lato della montagnola spuntano le luci dei fari e la sagoma di Mikey<br />

appare sulla cima, insieme ad altre tre.<br />

piedi».<br />

«È meglio se vai». Faccio cenno a Ethan di muoversi. «Può sempre superarla a<br />

Lui si ricompone e guida lungo il terreno sassoso, allontanandosi da loro. Una volta<br />

arrivati sulla strada sterrata, al riparo tra gli alberi, ci rilassiamo.<br />

«Aspetta un attimo». Improvvisamente ho realizzato una cosa. «Che farai quando<br />

verrà a cercarti?»<br />

«Stavo pensando di prendermi una vacanza da questo posto». Fa una brusca svolta a<br />

sinistra, dirigendo il camioncino verso la strada secondaria che ci riporterà alle nostre case.<br />

«Immagino che ogni momento sia buono per farlo».<br />

dove?»<br />

«Vuoi prendere e partire?». Mi volto di lato sul sedile per guardarlo. «E per andare<br />

«Stavo pensando a un viaggio on the road, da solo, come in Into the Wild, solo in<br />

macchina invece che a piedi».<br />

«Assurdo, ma ti ci vedo bene».<br />

Sul suo volto si disegna l’ombra di un sorriso mentre svolta sulla strada. Per il resto<br />

del viaggio non parliamo, ma è un silenzio piacevole. Quando mi lascia a casa lo ringrazio e gli<br />

dico che dovrebbe venire con me e Lila al matrimonio, sarà una specie di viaggio on the road.<br />

Entro in casa lasciando fuori tutta la leggerezza della serata: devo diventare di nuovo<br />

adulta e affrontare a testa alta i miei demoni.<br />

Capitolo 5<br />

Micha<br />

C’è imbarazzo tra me e Naomi. È mattina e dovremmo essere al club per provare,<br />

ma lei è impegnata a flirtare con il barista, che ha il doppio della sua età e un pizzetto<br />

lunghissimo.<br />

Il locale è abbastanza tranquillo perché è appena mezzogiorno. C’è qualche cliente<br />

seduto ai séparé a mangiare oppure al bancone del bar a chiacchierare, e una delle cameriere<br />

viene in continuazione da me, Dylan e Chase a chiedere se ci serve qualcosa.


Sono nel bel mezzo di un accordo, quando il cellulare squilla. Metto giù la chitarra e<br />

leggo il nome di Ella sullo schermo.<br />

«Ehi», rispondo con tono allegro. «Stavo proprio pensando di chiamarti».<br />

cupo.<br />

agitata».<br />

«Devo averti letto nel pensiero allora». Prova a sembrare felice, ma il suo tono è<br />

Giro la sedia, dando le spalle a Dylan e Chase. «Cosa c’è che non va? Sembri<br />

«Sto bene». La sento prendere un bel respiro. «Mio padre se ne è andato dal centro<br />

di riabilitazione e ho dovuto guidare fino a Star Grove per riportarlo indietro».<br />

«Perché non mi hai telefonato?». La mia voce rimbomba nella sala, perciò l’abbasso<br />

un po’. «Sarei venuto ad aiutarti».<br />

«Ecco perché non ti ho chiamato». Ha un tono forzato. «Non c’era bisogno che<br />

venissi. Ethan mi ha dato una mano ed è tutto okay. Sto riportando mio padre al centro e poi<br />

torno a scuola».<br />

«Vuoi che prenda un volo e venga da te?». Mi alzo in piedi e afferro la chitarra,<br />

pronto ad andare.<br />

«No, sto bene Micha», mi assicura. «Devo cominciare a prendermi un po’ più cura<br />

di me stessa, ma ti prometto che non andrò in crisi».<br />

Dovrei essere felice, ma non lo sono. «Quando parti per il matrimonio?».<br />

Aspetta un attimo a rispondere e io sento solo le scariche del cellulare. «Più o meno<br />

tra una settimana, ma non devi venire per forza. Lo so che hai da fare».<br />

«Che cazzo succede?». Mi sto incazzando. «Perché mi stai scaricando così?».<br />

Lei fa un profondo sospiro. «Non ti sto scaricando. Sto cercando di farti vivere la tua<br />

vita senza caricarti dei miei problemi… Senti, devo andare. Sono appena arrivata al centro».<br />

Riattacca senza che io possa dire niente.<br />

Mi passo le mani tra i capelli e poi do un calcio al muro di mattoni dietro al palco.<br />

«Dannazione!».<br />

La gente nel club mi guarda con gli occhi pieni di terrore mentre salto giù dal palco<br />

ed esco dalla porta come una furia.<br />

«Dove stai andando?», mi chiama Naomi dando le spalle al barista, pronta a<br />

seguirmi. La ignoro ed esco sulla strada affollata.<br />

Le cose non stanno andando come avevo pensato. Non ho neanche fatto in tempo a<br />

dire a Ella cosa provo e cosa voglio da lei, che già mi sta respingendo. Forse devo escogitare<br />

qualcos’altro.<br />

O forse è ora di andare avanti.


Ella<br />

«Vuoi che ti accompagni dentro?», chiedo a mio padre mentre parcheggio. Siamo di<br />

fronte al centro di riabilitazione, un basso edificio di mattoni marroni con una piccola area<br />

dotata di panchine dove la gente va a fumare. Il cielo è nuvoloso e le foglie cadono dagli alberi<br />

sopra al cofano della macchina.<br />

Lui scuote la testa mentre slaccia la cintura. «Starò bene, Ella. E tu faresti meglio a<br />

metterti in viaggio prima che si faccia tardi».<br />

«Sei sicuro?», chiedo. «Perché come ti ho già detto a casa, puoi parlare con me se ne<br />

hai bisogno».<br />

Fissa la porta d’ingresso. «Non pensavo davvero quello che ho detto… Non ce l’ho<br />

con te. So che non è stata colpa tua». Il mio sguardo incrocia i suoi occhi, che non sono più<br />

offuscati dall’alcol ma portano ancora dentro dolore e odio. «So che probabilmente per te è<br />

difficile ricordarlo, ma non è stato sempre così. Una volta le cose andavano bene, poi tua madre<br />

è peggiorata ed è andato tutto in malora. Farci i conti è stata dura e io l’ho affrontata nel modo<br />

sbagliato».<br />

Sono sbalordita. Non mi ha mai parlato così prima d’ora, ma del resto non è neanche<br />

mai stato sobrio per più di cinque minuti.<br />

«Papà, ci sono cose che rimpiangi…». Mando giù il groppo che ho in gola.<br />

«Qualche volta non ti capita di desiderare di essertene andato e di avere una vita normale?».<br />

Lui butta fuori un respiro malfermo. «A essere sinceri, sì, a volte mi guardo indietro<br />

e vorrei essere scappato via. Probabilmente sarei stato molto più felice. Mi odierò per sempre<br />

per il fatto di sentirmi così, ma è la verità». Apre lo sportello e scende, poi infila di nuovo la<br />

testa nell’abitacolo. «Grazie per avermi riportato qui».<br />

Chiude lo sportello e si avvia sul marciapiede, portandosi una sigaretta alla bocca<br />

mentre raggiunge gli altri nell’area fumatori. Una donna con i capelli rossi gli porge uno Zippo,<br />

lui accende la sigaretta e aspira. Resto seduta in macchina per un po’, ripetendomi le sue parole<br />

con un gran senso di pesantezza sulle spalle. È questo il futuro che aspetta me e Micha? La<br />

terapista vuole già farmi il test per la depressione, che è stata esattamente il punto di partenza<br />

della malattia di mia madre. E se viene fuori che sono depressa? Se io e Micha restiamo insieme<br />

e io comincio a lasciarmi andare? Se dovessi rovinargli la vita?<br />

Quando lascio finalmente il parcheggio, l’unica cosa che voglio è andare a casa,<br />

mettermi a letto e spegnere il cervello.<br />

«Ella, porta giù il culo dal letto», mi ordina Lila strappandomi di dosso le coperte.<br />

«O giuro su Dio che ti tiro addosso un bicchiere di acqua gelata».<br />

La luce del sole che filtra dalle finestre mi trafigge gli occhi. Mi rannicchio come<br />

una palla, con le ginocchia al petto, e mi copro la testa con le braccia. «Lasciami in pace e<br />

chiudi le tende. Il sole mi sta facendo venire mal di testa».


Lila interrompe la canzone allo stereo, The Tide degli Spill Canvas, e si siede sul<br />

bordo del letto. Indossa una maglietta bianca, i jeans e un paio di stivali con i tacchi alti. Ha i<br />

capelli raccolti e le labbra rosa, come le guance.<br />

«Stai uscendo?». Seppellisco la faccia nel cuscino e la voce mi esce fuori smorzata.<br />

«Se stai uscendo puoi comprare il latte? Ieri notte l’ho finito».<br />

Mi tira per una spalla, piuttosto rudemente, e mi costringe a guardarla. «Devi<br />

smetterla. Sei rimasta a letto per quasi tre giorni… Che diavolo è successo a Star Grove?»<br />

qui».<br />

«Niente», borbotto. «Ho lasciato mio padre al centro e ho guidato di nuovo fino a<br />

«Cosa ti ha detto tuo padre?», chiede con tono accusatorio.<br />

«Niente». Rotolo sullo stomaco e schiaccio la faccia sul cuscino. «Senti Lila, puoi<br />

stare qui seduta a impicciarti quanto ti pare, non c’è niente da dire. Mi sento una merda e voglio<br />

stare da sola».<br />

latte».<br />

Lei ha un attimo di esitazione, poi si alza dal letto. «Torno stasera con un po’ di<br />

«Grazie». Chiudo gli occhi. «Puoi riaccendere la musica?».<br />

Qualche secondo dopo gli Spill Canvas riempiono di nuovo la stanza e io mi rimetto<br />

a dormire, felice di sentire la mente entrare in modalità sonno.<br />

schiena.<br />

«Da quanto tempo è che sta così?». Sento delle dita scorrermi su e giù per la<br />

«Da quando è tornata dopo aver sistemato la faccenda del padre», dice Lila con tono<br />

preoccupato. «Quindi circa quattro giorni. Esce a malapena dal letto e non mangia nulla».<br />

«Che cazzo è successo?». Anche Micha sembra preoccupato.<br />

Mi giro su un fianco, sbattendo le palpebre degli occhi esausti contro il sole che<br />

penetra dalla finestra. Micha è seduto sul bordo del letto con la mano sulla mia schiena e i<br />

capelli che formano una piccola onda, segno che si è svegliato da poco.<br />

«Non è successo nulla», dico, ed entrambi sobbalzano.<br />

«È una bugia». Lila cammina avanti e indietro con le mani sui fianchi. Ha i capelli<br />

legati e un abito viola di pizzo. «Sappiamo che è successo qualcosa».<br />

Micha è vestito tutto di nero, con la solita catena appesa alla cintura. I suoi occhi<br />

cercano i miei e le viscere mi si annodano. «Cosa ti ha detto tuo padre?».<br />

Mi metto a sedere e la sua mano scivola sul letto. «Non mi ha detto niente».<br />

«Ella May», allunga la mano verso il mio viso, «non riempirmi di balle».<br />

«Non ti sto riempiendo di balle, Micha Scott». Salto giù dal letto e trascino i piedi


verso il bagno. «Hai mai considerato il fatto che io sono così? Che forse non puoi salvarmi<br />

perché dovresti salvarmi da me stessa?». Chiudo la porta e crollo sul pavimento, stringendo le<br />

ginocchia al petto mentre i pensieri mi attraversano sfrecciando la mente.<br />

Vorrei che non fosse qui.<br />

Vorrei che mi avesse lasciata andare.<br />

Vorrei non dovermi svegliare più e non dover affrontare la vita, perché fa male.<br />

Tutto quanto fa male.<br />

Qualche secondo più tardi, qualcuno bussa alla porta. «Ella, apri questa maledetta<br />

porta, prima che la butti giù».<br />

«Voglio essere lasciata in pace», grido. «Non ti ho mai chiesto di venire, Micha».<br />

«So che non l’hai fatto», dice dolcemente attraverso la porta. «È stata Lila a<br />

chiamarmi perché era preoccupata per te. E lo sono anche io. Ti comporti come se stessi per<br />

tornare in quel posto buio».<br />

«Non è così, lo prometto». Sono troppo stremata per affrontare altro, perciò mi<br />

allungo verso la doccia e apro l’acqua, lasciando che il rumore scorra sopra la sua voce. Mi<br />

sento come se stessi piangendo, ma i miei occhi sono asciutti.<br />

Mi stendo a pancia in su sul tappeto viola peloso che copre il pavimento e fisso la<br />

piccola crepa nel soffitto. Non mi aspettavo che venisse. Volevo più tempo per prepararmi, ma è<br />

giunto il momento di affrontare l’inevitabile.<br />

Lo lascio andare. Recido i fili. Perché lo amo fino a questo punto.<br />

Ho preso questa decisione mentre tornavo a casa, con le parole di mio padre ancora<br />

nella mente a perseguitarmi. Per Micha voglio qualcosa di meglio di un futuro buio e tenebroso.<br />

All’improvviso il pomello della serratura salta via. La porta si spalanca e Micha<br />

compare sulla soglia con una stampella appendiabiti piegata in mano.<br />

«Che stai facendo, bellezza?», chiede mentre mi scruta attentamente. «Un minuto fa<br />

era tutto a posto e adesso mi stai di nuovo tagliando fuori».<br />

Chiudo gli occhi, inspiro, poi li apro di nuovo ed espiro. «Dobbiamo parlare».<br />

Scuote la testa, come se avesse capito cosa sta per succedere. «No, non dobbiamo, a<br />

meno che non si tratti di qualcosa di bello». Butta la stampella nel lavandino e si mette in<br />

ginocchio davanti a me. «Puoi avere tutti gli sbalzi d’umore che vuoi, ma non lascerò che tu mi<br />

escluda. Ti passerà».<br />

Mi appoggio sui gomiti. «No, non lo farà. È parte di me». Prendo un respiro incerto.<br />

«Penso che dovremmo lasciarci».<br />

Micha scuote subito la testa e si sposta sopra di me. «Ora basta. Non lascerò che tu<br />

vada avanti così. Dimmi cosa sta succedendo e proverò a sistemare le cose».


Tutto il mio corpo è in preda al dolore. «Non sta succedendo nulla. Solo non voglio<br />

più continuare. Sta diventando stressante».<br />

I suoi occhi bruciano di rabbia e preme le labbra sulle mie, soffocando per un attimo<br />

i pensieri, mentre la sua lingua mi affonda nella bocca. Ricambio il bacio, mentre mi fa scorrere<br />

il pollice sulle costole. Ma quando la sua mano scende verso il basso torno alla realtà e comincio<br />

ad andare nel panico. Devo fare qualcosa, qualsiasi cosa, per farmi odiare da lui, altrimenti non<br />

mi lascerà mai andare e invece deve farlo.<br />

Gli metto una mano sul petto e lo spingo via piano, poi lo guardo dritto negli occhi<br />

turchesi. «Micha, ti ho tradito».<br />

Alza gli occhi al cielo. «Sei ridicola».<br />

«Dico sul serio». Tolgo le mani dal suo petto. «Era tanto che volevo dirtelo, ma non<br />

sapevo come».<br />

Indietreggia. «No, non è vero».<br />

Mi siedo e piego le gambe sotto di me, mentre tiro un filo del tappeto. «Ti prego,<br />

non renderla più difficile di quanto già non sia. L’ho fatto e mi dispiace… non l’avevo<br />

pianificato o roba del genere, ero solo ubriaca ed è successo».<br />

Sta cominciando a credermi e io mi sento la persona più stronza sulla faccia della<br />

terra, ma un giorno, quando sarà sposato, avrà dei figli e sarà felice, non si ricorderà neanche di<br />

questo momento.<br />

«Chi era?». La sua voce è calma, ma tremante di rabbia.<br />

Mando giù il groppo enorme che ho in gola. «Non è importante».<br />

Mi fulmina con lo sguardo. «Sì che lo è».<br />

Mi tremano le gambe mentre mi alzo e chiudo l’acqua nella doccia. «Non ho<br />

intenzione di dirtelo in modo che tu vada ad ammazzarlo di botte». Faccio per passargli accanto,<br />

ma lui mi si para davanti e mi blocca la strada allargando le braccia per tutta la larghezza della<br />

porta.<br />

«Guardami negli occhi e dimmi che l’hai fatto», ringhia. «Dimmi che mi hai<br />

strappato il cuore e poi lo hai calpestato».<br />

Mi sento la lingua di piombo, ma riesco a mantenere salda la voce. «Mi dispiace<br />

Micha. Davvero. Se potessi cancellerei quello che è successo, ma nessuno può cambiare il<br />

passato».<br />

Si allontana da me e dà un pugno alla parete, aprendo un buco proprio sotto<br />

l’interruttore. Si precipita fuori e qualche istante dopo sento sbattere la porta d’ingresso. Poi<br />

resta solo il silenzio, che è esattamente ciò che voglio.<br />

Voglio che mi odi almeno quanto io odio me stessa.


In questo modo non potrò trascinarlo giù con me.<br />

I giorni sembrano settimane e io precipito in un abisso sempre più profondo, fatto di<br />

oscurità e sfinimento. La mia mente è attraversata dal pensiero di mollare, e tutto ciò che<br />

desidero è chiudere gli occhi e non vedere mai più la luce del giorno.<br />

L’idea comincia a sembrarmi ogni giorno migliore, vado in bagno per fare…<br />

qualcosa. Ma quando passo davanti allo specchio mi fermo. Ho gli occhi grandi e iniettati di<br />

sangue e sono pallida. I pensieri tornano al momento in cui Micha mi ha fatto guardare la mia<br />

immagine nello specchio e mi ha detto che mi amava. Disegno i contorni del tatuaggio<br />

dell’infinito che ho sulla schiena, mentre sento come una foschia opaca abbandonare la mia<br />

mente.<br />

A questo mondo ci sono persone che mi amano.<br />

Mi chiedo se mia madre ci abbia pensato prima di togliersi la vita.<br />

Afferro il telefono, infilo le scarpe e corro fuori di casa. È primo pomeriggio e il sole<br />

splende mentre attraverso di corsa il parcheggio verso l’ingresso principale del college.<br />

Non mi faccio una doccia da giorni e ho ancora addosso i calzoncini e la maglietta<br />

con cui ho dormito. I capelli sono aggrovigliati in una palla dietro la nuca e non sono truccata,<br />

ma non importa.<br />

Irrompo nell’ufficio della terapista, per fortuna lei sta mangiando un panino e non<br />

parlando con un paziente.<br />

Salta sulla sedia. «Ella, che succede?».<br />

aiuto».<br />

Prendo posto davanti a lei, con il respiro affannoso. «Credo di aver bisogno di<br />

Capitolo 6<br />

Micha<br />

Sono passate più di due settimane da quando Ella mi ha aperto il cuore in due. La<br />

mia vita è diventata una merda, piena di alcol e di donne insignificanti, con le quali tra l’altro<br />

non combino granché. Quando sta per succedere qualcosa, gli occhi tristi di Ella mi attraversano<br />

la mente e io mi sgancio. È come se fossi ritornato al liceo, quando ero in cerca di qualcosa che<br />

riempisse il vuoto del mio cuore. Solo che adesso il buco è grande il doppio e la persona che<br />

l’ha allargato è anche l’unica in grado di richiuderlo.<br />

Sono nel piccolo appartamento che ho affittato insieme alla band per un mese,<br />

seduto a scrivere parole incasinate di una canzone troppo intima e dolorosa per poter avere un<br />

pubblico. Più mi immergo nella canzone e più mi innervosisco, quando sento bussare alla porta.<br />

Lancio la penna sul tavolo e trascino il culo ad aprire.


«Amico, stai da schifo». Ethan mi passa oltre e fa un giretto nella stanza. È un<br />

monolocale con un letto nell’angolo e una serie di divanetti vecchio stile al centro, di fronte alla<br />

televisione. «Quindi è qui che state?».<br />

Ci sono vestiti sparsi su tutto il pavimento, ne sposto qualcuno con un calcio mentre<br />

ritorno faticosamente verso il letto. «Non è peggio del posto in cui siamo cresciuti».<br />

Indica la porta dietro di sé. «Invece là fuori lo è. Sai che un tizio ha cercato di<br />

vendermi una battona mentre salivo?»<br />

qualcosa».<br />

«Quello è Danny», dico riprendendo in mano la penna. «Cerca sempre di venderti<br />

Ethan si volta verso di me con un’espressione diffidente in faccia. «Insomma, sono<br />

in viaggio a godermi il mio tempo e ricevo questa telefonata dall’adorabile miss Lila che mi dice<br />

che tu ed Ella vi siete lasciati».<br />

Mi sfrego nervosamente la nuca. «Non ne voglio parlare».<br />

Ethan si siede sul divano e incrocia le braccia. «Cosa è successo?»<br />

«Vuoi davvero parlare un’altra volta di questioni sentimentali?». Metto da parte il<br />

taccuino e la penna. «O vuoi uscire e fare qualcosa di divertente? Quanto tempo ti fermi?<br />

Stanotte non devo suonare, possiamo uscire. C’è questo club incredibile dove voglio andare e<br />

Dylan mi ha detto che ci sono un sacco di donne un po’ puttane».<br />

«Per quanto adori le donne un po’ puttane, non sono venuto qui a festeggiare».<br />

Prosegue scuotendo la testa deluso. «Sono venuto a dirti una cosa che mi ha detto Lila. Ti avrei<br />

telefonato, ma ero in Virginia e ho pensato che cazzo, vado a dirglielo di persona».<br />

Mi infilo una maglietta e metto il portafogli nella tasca posteriore dei pantaloni,<br />

pronto ad andarmene e uscire da solo. «Sbrigati».<br />

tradito».<br />

Appoggia le braccia sul divano e i piedi sul tavolino davanti a lui. «Non ti ha<br />

Mi blocco mentre sto per prendere le chiavi. «Ma di che stai parlando?»<br />

«Per questo Lila mi ha chiamato», spiega. «Ha detto che per quanto odiasse<br />

pugnalare alle spalle la sua migliore amica, pensava che quello che Ella le ha rivelato, dopo<br />

parecchi shot di tequila, fosse troppo importante per non parlarmene. Si è inventata tutto. Ha<br />

detto che l’ha fatto perché vuole che tu sia felice e pensa che non potrai mai esserlo con lei.<br />

Qualsiasi cosa voglia dire questa stronzata. Non ho mai capito neanche la metà di quello che<br />

faceva, o fa».<br />

Le braccia mi ricadono lungo i fianchi e non sono sicuro se essere arrabbiato o<br />

sollevato. «Fammi capire. Mi ha mentito, dicendo di avermi tradito, solo per poter rompere con<br />

me?».<br />

Ethan alza le mani davanti a sé. «Non ti arrabbiare con me, ho solo riferito il<br />

messaggio».


«Non sono arrabbiato». Mi siedo sul bordo del letto e appoggio le braccia sulle<br />

ginocchia. «Sono parecchio confuso».<br />

Ethan prende una foto della band dal tavolo e la osserva. «Be’, siamo in due».<br />

adesso?».<br />

Apro e chiudo le mani e faccio scrocchiare il collo. «Che diavolo dovrei fare<br />

Lui mette giù la foto e ci riflette su. «Te la senti di fare un viaggetto in macchina?»<br />

«Il matrimonio è questo weekend?». Scivolo contro il muro e giocherello con il<br />

piercing sul labbro. «Te la senti di portare il mio culo addolorato fino a Chicago e ritorno?».<br />

Scrolla le spalle. «Non ho niente di meglio da fare».<br />

«Allora è deciso». Raccolgo da terra la borsa vuota e comincio a riempirla di vestiti.<br />

«In viaggio».<br />

Ella<br />

Io e Lila siamo pronte per il matrimonio. Abbiamo affittato una macchina per il<br />

viaggio, stavolta è di taglia media, ma ci mette comunque una vita a raggiungere i cento all’ora.<br />

Prima di partire faccio un’ultima seduta con la mia terapista. Anna ha ritenuto che<br />

fosse importante, considerando che ho avuto un esaurimento nervoso solo qualche settimana fa.<br />

Adesso ho la mente lucida, almeno in parte, ma quello che è successo e il motivo per<br />

cui ho detto quelle cose terribili a Micha ora non hanno più senso. All’epoca ne avevano, ma era<br />

come se fossi dentro un sogno e quando mi sono svegliata le conseguenze sono state un pugno<br />

nello stomaco. Ho pensato di chiamarlo e scusarmi, ma non trovo il coraggio di farlo.<br />

«Stai meglio quindi?», chiede Anna scribacchiando sul taccuino. «Niente<br />

stanchezza, mal di testa, sensibilità alla luce?».<br />

Scuoto la testa. «Mi sento bene e mi sembra che le medicine mi stiano aiutando».<br />

«Bene, sono contenta». Ripone la penna insieme alle altre nella tazza di ceramica<br />

nera. «E ricorda cosa ti ho detto: reagisci, grida, urla, piangi, qualsiasi cosa tu debba fare per<br />

tirare fuori tutto quanto. Buona parte dei tuoi problemi dipende dal fatto che reprimi i tuoi<br />

sentimenti».<br />

Annuisco. «Me lo ricorderò, lo prometto».<br />

«Di qualsiasi cosa tu abbia bisogno mentre sei fuori, chiamami». Mi dà un biglietto<br />

con il suo numero, lo metto in borsa. «Davvero Ella. Chiamami, anche se è soltanto per parlarmi<br />

del pollo che hai mangiato».<br />

Mi alzo dalla sedia. «Pollo?»<br />

«C’è sempre del pollo ai matrimoni». Sorride, poi torna seria. «Ricordati: respira e


affronta le cose un po’ per volta. Non affrettare la vita. Per un po’ devi prendertela comoda e<br />

concentrarti su te stessa».<br />

«Lo farò», le prometto mentre esco, portando con me le sue sagge parole.<br />

«Devo dire che è il matrimonio più carino che abbia mai visto». Osservo le candele<br />

nere e viola sul tavolo e i petali sparsi sulle tovaglie bianche che coprono gli otto tavoli.<br />

Il matrimonio si terrà all’esterno, sotto un tendone bianco nel giardino dietro la casa<br />

dei genitori di Caroline, che vivono in una villa a due piani con delle colonne e un portico che<br />

corre tutto intorno alla casa. Quando ero piccola sognavo di vivere in un posto simile, ma<br />

quando ho compiuto sei anni ho capito con grande dolore che non sarebbe stato possibile.<br />

«Qual è il programma per stasera?». Lila dà un’occhiata al Rolex che ha al polso.<br />

«Voglio dire, il matrimonio è domani, ma non mi va di stare seduta da qualche parte a guardarli<br />

preparare tutto. Vorrei divertirmi un po’».<br />

«Non siamo obbligate a fare nulla direi». Svito il tappo della mia soda e bevo un<br />

sorso. «Ho già fatto le prove del vestito da damigella, che è davvero una cosa strana».<br />

Lila esprime la sua confusione con una smorfia. «Perché sarebbe strano?».<br />

Riavvito il tappo sulla bottiglia. «Perché Caroline mi conosce appena, quindi non<br />

capisco perché mi voglia come damigella».<br />

«Diventerai sua cognata, Ella». Lila raccoglie una manciata di petali e poi li sparge<br />

di nuovo sulla tovaglia. «E sembra davvero una persona carina».<br />

Lancio un’occhiata a Caroline, che sta parlando con l’organizzatore. I capelli neri<br />

sono cresciuti un po’ dall’ultima volta che l’ho vista e indossa un vestito nero lungo con sopra<br />

una giacchetta di jeans. Dean è al lavoro e l’ho visto a malapena da quando siamo arrivate ieri<br />

mattina.<br />

«Potremmo tornare in hotel e ordinare il servizio in camera», suggerisco, riportando<br />

la mia attenzione su Lila. «E mettere tutto sul conto della camera, così dovrà pagarlo Dean».<br />

Lei ridacchia, arrotolandosi una ciocca di capelli biondi sul dito. «Per quanto suoni<br />

divertente, e sai che non sono una grande fan di tuo fratello, credo che dovremmo uscire a<br />

divertirci».<br />

Faccio scorrere la bottiglia di soda tra i palmi delle mani. «Lila, non posso bere<br />

mentre prendo le medicine».<br />

«Non dobbiamo bere per forza. Possiamo uscire e divertirci da sobrie».<br />

All’improvviso i suoi occhi si accendono e batte le mani eccitata. «Oh, potremmo andare a<br />

cercare un ristorante super chic e pagare con la carta di credito che mio padre non mi ha ancora<br />

bloccato».<br />

Le mie labbra si incurvano in un lieve sorriso. «Mi sa che ci sentiamo entrambe in<br />

vena di dare scandalo stasera».


Ride e getta indietro la testa in modo teatrale. «O forse tutte due abbiamo un<br />

membro della famiglia che è un totale stronzo».<br />

Rido anche io e mi sento leggera, come se stessi respirando aria fresca. «Okay,<br />

facciamolo. Ma niente sushi. Odio quella schifezza».<br />

Attraversiamo il prato fino al vialetto dov’è parcheggiata la macchina. Rispetto a<br />

Las Vegas, a Chicago fa fresco e io accendo il riscaldamento non appena entro in macchina.<br />

«Vuoi cercare qualcosa sul navigatore?».<br />

Lila armeggia con il cellulare. «Prima dobbiamo tornare in hotel».<br />

Vado in retromarcia sul vialetto, facendo manovra tra le macchine che bloccano la<br />

strada. «Perché? Così stai bene».<br />

Si osserva i jeans rosa attillati e la camicia a fiori. «Lo so, ma ho lasciato la carta di<br />

credito sul comodino ieri sera, quando abbiamo ordinato la pizza».<br />

«Okay, e allora all’hotel». Guido come una matta fino a raggiungere la strada<br />

principale, slittando su un mucchietto di ghiaia, mentre Lila mi lancia un’occhiataccia.<br />

Scrollo le spalle. «Ho fame».<br />

Lila alza gli occhi al cielo e giocherella con il telefono nei cinque minuti di tragitto.<br />

Accosto davanti all’hotel e lascio il motore acceso. «Vai tu al volo?».<br />

Scuote la testa e lascia il telefono sul cruscotto. «Vieni con me, ti prego. Il tizio al<br />

bancone della reception è un maniaco. Mi ha guardato la gonna tutto il tempo mentre facevamo<br />

il check-in».<br />

«Ma non è uno un po’ vecchio?»<br />

«Avrà almeno quarant’anni».<br />

«Bleah», esclamiamo entrambe con un brivido.<br />

Parcheggio la macchina, la spengo e scendo, raggiungendo Lila davanti al<br />

bagagliaio. Quando arriviamo alle porte scorrevoli di vetro, Lila mi prende un braccio e mi<br />

trattiene prima che io oltrepassi la soglia.<br />

«Okay, dunque, qualsiasi cosa accada voglio solo che tu sappia che l’ho fatto per il<br />

tuo bene», dice, poi mi lascia il braccio.<br />

Aggrotto le sopracciglia. «Lila, che cosa hai…».<br />

Attraversa l’atrio diretta verso due ragazzi in piedi accanto all’area con i divanetti,<br />

davanti al bancone della reception. Il mio cervello impiega un secondo buono a capire che sono<br />

Ethan e Micha.<br />

«Maledizione, Lila». Non sono pronta. Quello che ho detto a Micha… è<br />

imperdonabile, anche se non era vero. Non potrò mai dimenticare la faccia che ha fatto, era<br />

come quella di un bambino a cui hanno appena detto che il suo cane è morto.


Come sempre i suoi occhi turchesi attirano i miei e io obbligo le gambe a muoversi.<br />

Indossa un bel paio di jeans e una camicia rossa a scacchi. Ha i bracciali di cuoio ai polsi e i<br />

capelli biondi arruffati. Muoio dalla voglia di toccarlo, di attirarlo a me e di stare con lui per<br />

sempre.<br />

Quando li raggiungo, Lila mi rivolge un sorriso colpevole e scrolla le spalle.<br />

Scusami, leggo sulle sue labbra.<br />

un’idiota.<br />

Sollevo il mento per guardare Micha negli occhi. «Ciao», riesco a dire come<br />

Nei suoi occhi passa un lampo di divertimento. «Ciao».<br />

Ci fissiamo l’un l’altra e un’onda di emozioni intense mi si rovescia addosso. Lo<br />

amo più di qualsiasi cosa.<br />

Dio, ma perché la mia testa deve avere qualcosa che non va?<br />

Ethan si schiarisce la gola e porge la mano a Lila. «Forse potremmo andare a vedere<br />

la piscina. Sembra bella grossa».<br />

«Che splendida idea», dice lei come se stesse recitando. Gli prende la mano e<br />

insieme si dirigono verso gli ascensori in un angolo dell’atrio.<br />

I miei occhi restano fissi su di loro finché non spariscono dalla visuale, poi, con<br />

grande difficoltà, riporto l’attenzione su Micha e il cuore mi balza in gola. «Allora…».<br />

Lui scoppia a ridere, sorprendentemente allegro. «Continuiamo la conversazione<br />

usando frasi con non più di una parola?».<br />

La tensione nelle spalle si allenta un po’ e le mie labbra si sciolgono in un timido<br />

sorriso. «Mi dispiace… per tutto».<br />

«Non devi scusarti». Il suo sguardo intenso mi attraversa da parte a parte mentre si<br />

risucchia tra i denti il piercing sul labbro. «Le cose accadono, giusto?».<br />

È diverso, più felice. Cosa ha fatto nelle ultime due settimane?<br />

Gli giro intorno e mi adagio su una sedia nell’area divanetti, accanto alla postazione<br />

computer. Comincio con una domanda facile. «Come vanno le cose con la band?».<br />

Si siede sulla sedia davanti alla mia, siamo uno di fronte all’altra, tra le nostre<br />

ginocchia c’è solo qualche centimetro. «Vanno bene, ma non saprei… sto pensando che potrei<br />

provare a fare qualcosa da solista».<br />

«Pensavo che fossi felice in tournée con loro», dico. «Pensavo ti piacesse la band».<br />

«Non esattamente». Si piega in avanti e appoggia le braccia sulle ginocchia.<br />

«Sinceramente, non so se la cosa mi è mai piaciuta. Dylan è parecchio fastidioso e Chase parla a<br />

malapena. E Naomi, be’, mi sta dando un po’ sui nervi».<br />

I miei pensieri si perdono sul suo piercing, la mia bocca desidera assaggiarlo.


«Allora perché sei rimasto in tournée con loro per così tanto tempo?».<br />

Il suo sguardo guizza sulle mie labbra e i suoi occhi turchesi si fanno affamati.<br />

«Perché adoro suonare e loro erano la mia occasione, ma odio essere sempre in giro».<br />

Metto le mani sotto le gambe, così evito di allungarle verso di lui per toccargli le<br />

labbra. «Dove andrai? Tornerai a Star Grove?».<br />

Scuote la testa. «Assolutamente no. Ho un paio di idee, ma devo prima parlarne con<br />

una persona».<br />

Il modo in cui ha detto “persona” mi fa pensare che si tratti di qualcuno di<br />

importante. La mia mente corre subito all’idea che lui abbia incontrato un’altra. Sono passate<br />

solo un paio di settimane da quando gli ho spezzato il cuore, ma Micha è fantastico e la maggior<br />

parte delle ragazze se ne accorge.<br />

«Fammi sapere dove finirai». Urto lievemente il suo ginocchio con il mio e gli<br />

rivolgo un sorriso finto. «Magari potrei venire a trovarti».<br />

Ride tranquillo, ma il suo sguardo è implacabile. «C’è niente che vuoi dirmi?».<br />

Sembra così felice che non voglio rovinargli tutto quanto.<br />

«No, direi di no. A parte che sto morendo di fame». Mi alzo in piedi e sistemo il<br />

lembo inferiore della camicia. «Lila ha detto che offriva la cena».<br />

Mi porge il braccio. «E allora cena sia».<br />

Lo prendo sottobraccio e ci dirigiamo verso la porta, fianco a fianco, proprio come<br />

facevamo quando eravamo amici.<br />

Capitolo 7<br />

Micha<br />

Non credo che capirò mai davvero quello che le passa per la mente. Le ho offerto<br />

l’opportunità perfetta per dirmi che non mi ha mai tradito e lei l’ha schivata. Ma a giudicare dai<br />

suoi occhi, sta pensando che io sia andato avanti.<br />

Forse dovrei farlo, ma come faccio a rinunciare all’unica persona con la quale so di<br />

dover stare?<br />

«Ragazzi, non so pronunciare neanche una delle cose che ci sono su questo menu».<br />

Ethan scorre con il dito la lista degli antipasti strabuzzando gli occhi. «I prezzi sono in dollari?<br />

Cazzo».<br />

Una coppia che sembra avere un po’ la puzza sotto il naso si volta nella nostra<br />

direzione. Il ristorante ha un aspetto esagerato, con decorazioni dorate, piccoli lampadari appesi<br />

sopra ogni tavolo e l’argenteria splendente come il sole. Mi ricorda un po’ la casa di mio padre.


Non l’ho più visto né sentito dopo il nostro strano incontro a New York.<br />

Ella chiude il menu e lo lancia al centro della tavola, guardando Lila con una faccia<br />

divertita e sbattendo le ciglia lunghe. «Oh cara Lila, penso che dovrai ordinare tu per noi comuni<br />

mortali che non sappiamo il francese».<br />

Anche io e Ethan chiudiamo i menu e li lanciamo in mezzo, d’accordo con lei.<br />

Lila sospira e butta il suo in cima alla pila. «Ok ragazzi, volete filarvela e andare<br />

all’Applebee’s che ho visto dietro l’angolo?»<br />

«Sì», diciamo contemporaneamente io, Ethan e Ella.<br />

Ci alziamo in fretta dal tavolo, prima che il cameriere arrivi e provi a farci pagare<br />

l’acqua e il pane. Diamo spettacolo correndo fuori da quel ristorante pretenzioso mentre ci<br />

rotoliamo dalle risate. È venerdì e il marciapiede è trafficato come le strade. Le luci danzano sui<br />

nostri visi e c’è eccitazione nell’aria.<br />

Ella alza le mani sopra la testa mentre passa in mezzo a un gruppo di ragazzi e il mio<br />

istinto protettivo si risveglia. Le metto una mano sulla schiena e resto vicino, mentre uno dei<br />

ragazzi prova a guardarle il culo. Non posso biasimarlo, visto che sto facendo la stessa cosa.<br />

Indossa un paio di jeans attillati e una maglietta nera così corta che tra l’orlo e la vita<br />

dei jeans rimane qualche centimetro. La sua pelle bianca sembra morbida e io ci passo sopra un<br />

dito dolcemente, come per caso.<br />

Volta la testa e le luci si riflettono nei suoi occhi mentre urla per sovrastare il<br />

rumore: «Questo mi ricorda l’ultimo anno di scuola, quando abbiamo fatto quel viaggio a New<br />

Orleans!».<br />

«Quello in cui ti sei tolta la maglietta davanti a tutti». Le faccio l’occhiolino e lei mi<br />

dà una pacca sul braccio.<br />

«Non è mai accaduto e tu lo sai», dice cercando di reprimere un sorriso.<br />

«Lo so!», urlo al di sopra della musica di una band che sta suonando davanti a un<br />

negozio di articoli da regalo. «Ma quella notte è stata molto più vivace!».<br />

Il rumore si affievolisce mentre entriamo nel ristorante. C’è una fila di persone in<br />

attesa di un tavolo, ma è molto meglio dell’altro. Lila va dalla cameriera in piedi all’ingresso per<br />

aggiungere i nostri nomi sulla lista d’attesa.<br />

«Quella notte è stata vivace solo per merito tuo», sogghigna Ethan malizioso. «Se<br />

avessi tenuto chiusi i pantaloni non saremmo dovuti scappare via di corsa dal club».<br />

Lila torna e ci scruta uno per uno. «Non vi seguo. Chi è che non riusciva a tenere<br />

chiusi i pantaloni?»<br />

«È meglio che tu non ci segua, credimi». Le do una pacca sul braccio mentre Ella e<br />

Ethan cominciano a ridere. «Questi due stanno solo cercando di mettermi in imbarazzo tirando<br />

fuori un vecchio errore fatto da ubriaco».


«“Ma era così figa mentre ballavamo”», dice Ella facendo la mia imitazione con un<br />

tono di voce più basso. «“E giuro che sembrava più giovane”».<br />

Ethan scoppia di nuovo a ridere, appoggiandosi a Ella che sghignazza anche lei a<br />

crepapelle. Ethan mi ha detto della storia del frullato con Mikey ed è come se quell’episodio<br />

avesse abbattuto una barriera tra loro due.<br />

Gli do una spinta e lui urta una bionda alta con un bel paio di tette, finendo per<br />

toccarle uno dei seni con la mano. Ella si gira verso il muro ridendo come una pazza.<br />

«Mi dispiace». Ethan fa un sorriso divertito mentre si scusa con la bionda. «Non ti<br />

avevo vista, dolcezza».<br />

Deve avere più o meno la nostra età, forse è un po’ più grande. Socchiude gli occhi e<br />

se ne va a passi pesanti verso i tavoli, tenendo le braccia incrociate mentre si accomoda<br />

sull’angolo di una panca.<br />

«Grazie di avermi fatto passare per un pervertito». Ethan mi guarda arrabbiato, poi<br />

lancia un’occhiata discreta a Lila.<br />

«Non ti serve il mio aiuto per quello». Mi accorgo che Ella è ancora faccia al muro,<br />

con le spalle che sussultano. «Ehi, bellezza, sei ancora viva?».<br />

Scuote la testa e si volta, con la mano davanti alla bocca e le lacrime agli occhi. «Mi<br />

dispiace», dice tra le risate. «Non riesco a smettere di pensare a quella signora di New Orleans<br />

che ti sei quasi fatto nel bagno. E poi abbiamo dovuto trascinarti fuori dal club perché lei ci<br />

inseguiva…».<br />

«È questo che è successo?». Lila comincia a ridacchiare, con le gambe quasi curve<br />

mentre si piega in avanti tenendosi la pancia.<br />

«Non era così vecchia, avrà avuto trentacinque, quarant’anni», ribatto, spostandomi<br />

per far passare delle persone appena arrivate. Insieme a loro entra anche una brezza fresca. «E<br />

poi ero ubriaco».<br />

Ethan mi dà una pacca sulla spalla e mi rivolge uno sguardo comprensivo. «È tutto a<br />

posto. Le panterone ci piacciono».<br />

Gli do un pugno sul braccio ed Ella ride così tanto che quasi non riesce a stare in<br />

piedi. Decido di punire anche lei e le punto gli occhi addosso. Smette di ridere e fa una smorfia<br />

preoccupata.<br />

del male».<br />

«Non mi fai paura, Micha Scott». Indietreggia fino all’angolo. «So che non mi farai<br />

«Hai ragione. Non ti farei mai del male». Spalanco le braccia, ora non può più<br />

scappare. «Ma ho visto una fontana alla fine dell’isolato».<br />

«Ti prego, no», mi implora con le mani tese in avanti per proteggersi. «Fuori ci<br />

saranno dieci gradi».


«Te lo meriti». La sollevo con grande facilità e me la carico sulla spalla.<br />

«Micha». Cerca di divincolarsi mentre io spingo la porta ed esco sul marciapiede.<br />

Attiriamo un po’ l’attenzione mentre marcio verso la fontana alla fine della strada, davanti al<br />

parco. Quando arrivo al bordo di marmo mi fermo e penso a cosa fare. Ci salto dentro e la butto<br />

sott’acqua? O ce la immergo soltanto?<br />

«Ma che problema hai con l’acqua?». Ella tira su la testa e si scosta i capelli dal viso<br />

per guardarmi negli occhi. «Irrigatori, docce… non fai altro che farmi bagnare».<br />

Non riesco a trattenermi, allargo le dita dietro le sue cosce e le do una strizzata al<br />

sedere. «Anche adesso?».<br />

Dalla sua faccia sembra che stia per piangere e non è la reazione che mi aspettavo.<br />

«Come fai a scherzare ancora con me? Dopo quello che ho fatto?».<br />

Scrollo le spalle, tiro su i pantaloni ed entro nell’acqua, che mi riempie<br />

immediatamente gli stivali. «Cazzo, è fredda». Guado la fontana fino a uno dei getti che<br />

circondano le statue di due angeli piegati l’uno verso l’altro con l’arpa in mano. I jeans mi si<br />

bagnano mentre la lascio a inzupparsi in mezzo al getto.<br />

Lei strilla e boccheggia per il freddo. «Sei la persona più perfida che abbia mai<br />

conosciuto».<br />

L’acqua della fontana scorre sul suo corpo sodo. Mi riporta indietro a quella volta<br />

nella doccia, quando l’ho toccata ovunque per la prima volta. Dio, quanto cazzo mi manca<br />

toccarla così.<br />

«Non è vero, lo sai». Faccio un passo avanti, verso il getto, e osservo i suoi vestiti<br />

bagnati. «In realtà penso che tu sappia bene che sono il ragazzo più gentile che ti capiterà mai di<br />

incontrare».<br />

parlare».<br />

Non risponde, ma si sposta dall’acqua e si strizza i capelli. «Mi sa che dobbiamo<br />

Un peso mi cade dalle spalle, apro la bocca per dirle che dovremmo andare a parlare<br />

da qualche parte, quando sentiamo qualcuno urlare. Puntiamo gli occhi sul bordo della fontana,<br />

dove c’è Lila seduta in acqua, con i vestiti e i capelli zuppi, e Ethan in piedi sul gradino di<br />

marmo che ride isterico.<br />

Ella scoppia a ridere mentre Ethan entra nella vasca che circonda la fontana, e<br />

finiamo per fare la lotta. Ci fermiamo solo quando arrivano gli agenti di sicurezza e corriamo nel<br />

parco vicino con i vestiti bagnati. Non sono propriamente un artista, lo sono solo con le parole<br />

delle canzoni, ma se qualcuno ci avesse fatto una foto nella fontana sono certo che avrebbe<br />

immortalato un momento di rara perfezione.<br />

Ella<br />

Non passavo una giornata così da quando avevo quindici anni e Micha e io


trascorremmo tutto il giorno al lago su una piccola zattera che avevamo preso in “prestito” dai<br />

vicini. Una giornata all’insegna della semplicità, ma con un enorme significato: non c’era<br />

oscurità quel giorno, solo luce.<br />

Riceviamo parecchie occhiate mentre attraversiamo la hall dell’hotel con i vestiti<br />

gocciolanti, lasciando una scia di acqua sul pavimento piastrellato. I ragazzi non hanno preso<br />

una camera e a quanto pare sono al verde, perciò io e Lila decidiamo di farli restare, anche se la<br />

cosa mi mette a disagio.<br />

Quando saliamo in camera, Micha si toglie la camicia e si getta sul letto, mentre<br />

Ethan spedisce gli stivali accanto alla porta con un calcio. Poi si sfrega le mani: «Chi ci sta per<br />

una doccia comune?»<br />

«Stai includendo anche Micha nella tua domanda?», scherzo maliziosa mentre<br />

chiudo la porta della stanza.<br />

Lui mi guarda male, con la faccia disgustata. «Sta’ zitta».<br />

Gli faccio la linguaccia e Micha scuote la testa con disapprovazione. «Bellezza, sei<br />

andata un po’ oltre».<br />

Rido, afferro il pigiama dalla borsa e corro in bagno. «Visto che sei stato tu a<br />

buttarmi là dentro, puoi fare la doccia per ultimo».<br />

Scatta verso di me, ma io chiudo la porta ridendo. Non appena resto sola comincio a<br />

riflettere sulla serata. Non capisco. Perché è così carino con me? Non sarà che… ha capito che<br />

gli ho mentito?<br />

Mi tolgo i vestiti e li butto in un angolo, poi apro l’acqua nella doccia e aspetto che<br />

si scaldi prima di entrarci. Mi sto lavando i capelli con lo shampoo dell’hotel quando sento un<br />

clic provenire dalla porta.<br />

So chi è, perché è stato lui a insegnarmi a forzare una serratura. «Davvero Micha,<br />

basta per questa sera».<br />

«Sono io», dice Lila. Sento il rumore metallico di qualcosa che atterra accanto al<br />

lavandino. «Devo solo lavarmi i denti. Mi sa che ho ancora l’acqua della fontana in bocca».<br />

Il sapone mi brucia gli occhi. «Hai forzato la serratura?»<br />

«No, l’ha fatto Micha per me». Apre l’acqua per un secondo, ma è sufficiente a far<br />

cambiare la temperatura. Rabbrividisco e sciacquo il resto dello shampoo dai capelli. Sento il<br />

lavandino chiudersi e tutto torna silenzioso. «Lila?». Forse è già uscita.<br />

«Hai intenzione di dirgli la verità?», chiede finalmente Lila. «Gli dirai che non l’hai<br />

tradito e che hai avuto un…».<br />

«Esaurimento nervoso, puoi dirlo». La mia mano si blocca tra i capelli e il sapone<br />

mi scivola sulla faccia. «E non lo so se glielo dirò».<br />

La sento sedersi sul gabinetto. «Posso chiederti perché no?».


Deglutisco e mi sporgo dalla tenda. «Perché sembra felice, e se davvero lo è non<br />

voglio rovinargli tutto. Era ciò che desideravo per lui».<br />

Lei sospira con aria grave. «Ella, quando realizzerai che voi due siete fatti l’uno per<br />

l’altra? Chiunque vi guardi se ne accorge e vi invidia, perché quel tipo di amore non dovrebbe<br />

neanche esistere».<br />

Asciugo un po’ di acqua dal viso. «Ma di che amore parli?»<br />

«Di quell’amore che ti possiede». Si alza in piedi e si dà un’occhiata rapida allo<br />

specchio, poi si passa le dita tra i capelli bagnati. «Di quell’amore per cui conosci tutto<br />

dell’altro. Quell’amore che riuscirebbe a farcela anche in mezzo all’inferno». Mi lascia da sola<br />

con quelle parole gravi che mi riecheggiano nella testa.<br />

Chiudo l’acqua ed esco dalla doccia. Dopo essermi in parte vestita esco dal bagno<br />

con le braccia incrociate sul petto, perché ho dimenticato di prendere un reggiseno pulito. Micha<br />

è appoggiato alla testiera del letto, senza maglietta e scarpe, con il telecomando puntato verso il<br />

televisore. I suoi occhi incontrano i miei e un sorriso gli affiora sulle labbra.<br />

«Perché hai le braccia incrociate a quel modo, bellezza?», dice con una scintilla di<br />

malizia negli occhi.<br />

Mi stendo a pancia in giù sul letto accanto al suo. «Dove sono Lila e Ethan?»<br />

«Sono andati a saccheggiare il distributore automatico». I suoi occhi vagano sul mio<br />

corpo, e sento la pelle fremere. Trattengo il respiro. «Siamo solo io e te».<br />

Serro le labbra per nascondere il suono irregolare del mio respiro. «Eh già».<br />

Tira giù le gambe dal letto e mi scruta per qualche momento. «Forse dovrei farmi la<br />

doccia». Dall’espressione che ha pare che si stia divertendo. Senza dire altro tira fuori dei vestiti<br />

dalla borsa sul pavimento e si avvia verso il bagno, camminando in quel modo sexy come fa<br />

ogni volta che sa che qualcuno lo sta guardando.<br />

Va a finire che mi addormento e quando mi sveglio la stanza è buia e silenziosa.<br />

Qualcuno mi ha coperta e sento un respiro caldo posarmisi sulle guance. Mi pareva di aver<br />

capito che avrei diviso il letto con Lila, ma adesso spero che il corpo caldo che sta dormendo<br />

vicino a me sia un altro.<br />

«Sei sveglia?», bisbiglia Micha e il suo respiro mi solletica una guancia.<br />

Aspetto che i miei occhi si abituino all’oscurità e intravedo i contorni del suo viso.<br />

«Più o meno».<br />

repressa».<br />

Lo sento risucchiare il piercing tra i denti. «Non riesco a dormire. Ho troppa energia<br />

«E su cosa vorresti sfogarla?», gli chiedo piano.<br />

«Su di te», dice a bassa voce. «Perché stai dormendo a pochi centimetri da me, senza<br />

reggiseno, e l’unica cosa che voglio adesso è toccarti. Mi sta facendo impazzire».


«Come puoi volermi toccare dopo quello che ho fatto?»<br />

«Come potrei mai non volerti toccare?».<br />

Le sue parole mi creano una strana confusione, ma desidero con tutta me stessa che<br />

mi tocchi, perciò, lentamente, muovo una gamba sul suo fianco. Respira concitato, poi il palmo<br />

della sua mano mi scivola lungo la gamba nuda, lasciando una traccia di calore sulla pelle. Non<br />

dice nulla, ma le sue dita si infilano nei miei calzoncini, spostano le mutandine di lato e un<br />

istante dopo sono dentro di me.<br />

Mi mordo le labbra mentre mi tocca sempre più a fondo. È come se stessimo<br />

facendo qualcosa di proibito, in questa stanza buia, con Ethan e Lila a pochi metri di distanza.<br />

La sua bocca cerca le mie labbra e la sua lingua calda le obbliga ad aprirsi. Continua<br />

a muovere le dita dentro di me mentre mi mordicchia un labbro e con la mano libera mi tocca i<br />

seni, passando il pollice sui capezzoli e facendomi impazzire.<br />

«Micha…», sussurro in un gemito.<br />

«Shh…», mormora lui contro le mie labbra.<br />

Continua a soffocarmi di baci, spingendomi oltre il limite. Mi tengo stretta a lui e<br />

getto la testa all’indietro, tentando di ritrovare un respiro regolare.<br />

Quando riprendo il controllo lui mi bacia sulla fronte e fa scivolare fuori le dita.<br />

«Adesso posso dormire», sussurra, e nel giro di pochi minuti il suo respiro si fa tranquillo.<br />

Io invece sono più sveglia che mai e ho l’impressione che l’abbia fatto apposta.<br />

Capitolo 8<br />

Micha<br />

Mi sveglio di buon umore. Il sole splende dietro le finestre e la mia mente è calma e<br />

rilassata. So che ho giocato sporco, ma non è che sia stata davvero una punizione, neanche per<br />

lei. L’ho soltanto lasciata ben sveglia, eccitata e preoccupata, una sensazione che mi è diventata<br />

molto familiare. Mi metto seduto, mi sfrego gli occhi e mi accorgo che Ella e Lila non ci sono.<br />

«Be’, buongiorno principessa», dice Ethan seduto al tavolino. Sta mangiando una<br />

ciambella e ha una bibita energetica in mano. «Hai riposato bene?»<br />

«Dove sono?». Salto giù dal letto e indosso una maglietta nera.<br />

Lui si infila in bocca il resto della ciambella e si pulisce le mani sui jeans. «La<br />

sveglia non ha suonato, perciò sono uscite di corsa circa dieci minuti fa, dando di matto perché<br />

non avevano abbastanza tempo per farsi i capelli. O almeno questo è ciò che diceva Lila… Ella<br />

sembrava un po’ distratta».<br />

Gli lancio un’occhiata mentre cerco l’orologio nella borsa. «Stai insinuando


qualcosa? Perché hai un’espressione da idiota stampata in faccia e mi sta dando sui nervi».<br />

Ethan sorseggia il drink e si alza dalla sedia. «Magari la prossima volta che voi due<br />

vi divertite al buio, con altra gente nella stanza, provate a essere un po’ più silenziosi».<br />

«Fammi un favore», dico. «Non dire niente a Ella. Renderesti solo tutto più strano».<br />

«Più di quanto abbiate già fatto voi?». Schiaccia la lattina e la lancia nel cestino che<br />

è nell’angolo. «I rumori di ieri notte mi perseguiteranno nei miei incubi per un bel po’».<br />

Cambio argomento mentre mi allaccio l’orologio al polso. «Come diavolo ci si veste<br />

per un matrimonio?»<br />

«E come diavolo faccio a saperlo?». Abbassa lo sguardo sulla camicia nera a<br />

maniche lunghe, abbinata a una maglietta grigia e ai jeans scuri. «Pensavo di andare così».<br />

Afferro una camicia nera a righe e i miei jeans migliori e vado verso il bagno.<br />

«Ha ammesso di averti mentito?».<br />

Ethan accende il televisore e si adagia su uno dei letti a gambe incrociate.<br />

Mi blocco sulla porta e mi giro a guardarlo. «No… È testarda come al solito».<br />

«Senti un po’». Appoggia il telecomando sul comodino. «Potresti sempre dirle che<br />

lo sai e risparmiarti tutta questa tragedia».<br />

«Non è così facile», spiego. «Non mi piace costringerla a fare le cose… perché…».<br />

Me ne vado, non posso dirgli del ponte o di come stava Ella quando me l’ha detto, sul<br />

pavimento del bagno.<br />

Quando si sentirà pronta me lo dirà… almeno lo spero. Ma se non lo fa? E se stessi<br />

sprecando la mia vita a inseguire un fantasma?<br />

«Okay, sono assolutamente deluso dallo schieramento delle damigelle», commenta<br />

Ethan osservando le ragazze allineate appena fuori dall’ingresso del tendone.<br />

Siamo seduti in ultima fila e aspettiamo che la baldoria abbia inizio, mentre la gente<br />

corre avanti e indietro per tutto il tendone. La parte anteriore è decorata con fiori viola e il<br />

corridoio centrale è segnalato da fiocchi neri e viola.<br />

«Credo che siano tutte sposate», gli dico appoggiando il piede sul ginocchio. «E con<br />

dieci anni più di te».<br />

Lui sospira e si appoggia allo schienale della sedia pieghevole. «Cosa dovrei fare<br />

allora? Qui non cominceranno prima di un’altra ora e mi sto annoiando».<br />

«Sono certo che sopravviverai…». La mia attenzione si sposta su Ella, che cammina<br />

sotto il tendone verso Caroline. Lei sta parlando con un tizio basso in completo grigio, e agita le<br />

mani frenetica. Ella indossa un vestito corto di velluto nero che le lascia scoperte le lunghe<br />

gambe e le spalle. Al centro c’è un fiocco rosso e tra i capelli ha un fiore dello stesso colore.


Cazzo quanto è bella. Non c’è altro da dire.<br />

«Amico, asciugati la bava dal mento». Ethan mi dà uno schiaffo sulla nuca.<br />

Lo spingo e lui ricambia lo spintone. Espiro lentamente e punto di nuovo gli occhi<br />

su Ella. Sta dicendo qualcosa a Caroline e le porge un bicchiere di champagne.<br />

Caroline se lo scola e lo restituisce a Ella prima di correre via, con il davanti del<br />

vestito tirato su.<br />

Ella appoggia il bicchiere su una sedia e si stringe il naso con le dita mentre mi cerca<br />

con lo sguardo. I suoi occhi mi chiedono silenziosi di seguirla, poi scompare fuori dal tendone.<br />

«Torno subito», dico alzandomi in piedi. «Cerca di non metterti nei guai nel<br />

frattempo».<br />

Mi insinuo tra i corridoi ed esco fuori al sole e all’aria fresca. La casa è circondata<br />

da una foresta e vedo Ella passeggiare su una collina erbosa finché non sparisce tra gli alberi<br />

rinsecchiti dall’autunno.<br />

«Che sta facendo?», mormoro prima di seguirla.<br />

Quando entro nella foresta, la trovo appoggiata a un albero e la vegetazione folta<br />

nasconde ogni traccia del matrimonio, tranne il suono attutito delle voci. È come se fossimo nel<br />

nostro piccolo mondo privato.<br />

Cammino lentamente verso di lei. «Che stai facendo qua fuori?».<br />

Tiene le mani dietro la schiena e si mordicchia ansiosa il labbro inferiore. «Non ti ho<br />

tradito. Ti ho mentito».<br />

Riduco la distanza tra noi, adesso potremmo toccarci. «So che non l’hai fatto».<br />

Aggrotta le sopracciglia. «Come lo sapevi?»<br />

«Lila l’ha detto a Ethan». Mi avvicino e il mio sguardo scivola sulla scollatura del<br />

suo abito. «E Ethan l’ha detto a me».<br />

Lascia cadere le spalle e andare il fiato, sollevata. «Perché non mi hai detto nulla?»<br />

«Perché ho immaginato che tu avessi qualche ragione per non parlare». Le dita mi<br />

prudono dalla voglia di toccarla, desiderano correre lungo tutto il suo corpo e dentro di lei.<br />

«Mi dispiace. È stata l’unica cosa che sono riuscita a escogitare perché tu mi<br />

lasciassi andare. Ti meriti qualcosa di meglio di quello che posso darti io».<br />

«Non capisco perché pensi di non andare bene per me».<br />

«Perché è così». Scrolla le spalle con nonchalance. «Perché alla fine mi odierai… È<br />

inevitabile».<br />

«Non potrei mai odiarti». Le sposto una ciocca di capelli dietro l’orecchio e indugio<br />

con le dita sul suo collo prima di ritrarmi. «Non riuscivo a odiarti nemmeno quando pensavo che


mi avessi tradito. Ero furioso, ma ti amavo lo stesso».<br />

«Il giorno che te l’ho detto, anzi, quei giorni, non riuscivo ad alzarmi da letto perché<br />

ho avuto un esaurimento nervoso. La terapista mi ha dato delle medicine contro l’ansia e la<br />

depressione». I suoi occhi si inumidiscono, come se stesse per piangere. «Micha, non è questo<br />

che vuoi, credimi. Ho visto come i problemi di mia madre hanno finito per divorare mio padre…<br />

ti trascinerei in quel buco nero con me. Tu devi andare per la tua strada. Vai via. Ti prego, vai<br />

via».<br />

Con il polpastrello del pollice asciugo una lacrima che le è sfuggita dagli occhi.<br />

«Odio dovertelo dire Ella, ma cazzo, tuo padre è un debole. È soltanto con se stesso che deve<br />

prendersela se fa quello che fa. E io non sono lui, e tu non sei tua madre. Solo perché la loro<br />

storia è finita male non vuol dire che debba succedere anche a noi».<br />

Volta la testa per evitare il mio sguardo. «Non voglio questo per te».<br />

Le prendo il mento tra le dita e la costringo a guardarmi mentre appoggio un braccio<br />

sull’albero accanto a lei. «Mi dispiace, bellezza, ma non sta a te decidere che cosa voglio, cosa<br />

faccio o con chi posso stare. Perciò, a meno che tu non voglia che me ne vada perché non mi<br />

ami più, non ho intenzione di andare da nessuna parte».<br />

Non dice nulla, allora premo le labbra contro le sue e lei resta senza fiato mentre mi<br />

passa le dita tra i capelli. Mi premo contro di lei, le faccio scivolare la mano lungo il fianco,<br />

oltre la curva del seno, su ogni costola e fino all’orlo del vestito. Lo sollevo, raggiungo le<br />

mutandine e le faccio scivolare giù per le gambe. Quando arrivano alle ginocchia, lei si scosta<br />

leggermente e le scalcia via, poi mi slaccia il bottone dei jeans. La sollevo contro il tronco<br />

dell’albero mentre entro dentro di lei.<br />

Quando unisco di nuovo la bocca alla sua lei mi morde il labbro. Mi fa impazzire<br />

quando si infila in bocca il mio piercing e ci passa sopra la lingua. Mantengo la presa su un<br />

fianco, mentre l’altra mano sale al décolleté, lo tira giù e si chiude sul suo seno.<br />

Gli occhi le si offuscano e la testa ricade all’indietro. «Micha, io ti amo, ma…».<br />

La bacio con passione, staccandomi solo per un istante per dirle: «Ti amo anche io».<br />

Ella<br />

Non so come sia possibile sentirmi tanto bene soltanto perché lui è dentro di me, ma<br />

è così. Dio, se lo è. Quando sono entrata nella foresta non intendevo finire a fare sesso. Volevo<br />

solo dirgli la verità in un luogo un po’ appartato. Si meritava la verità.<br />

Penso che Lila avesse ragione. L’amore di Micha mi possiede e probabilmente finirò<br />

sempre per arrendermi a lui finché continuerà a provare. Ma continuo ad avere paura di fargli<br />

del male, e lui è troppo dolce e bello per rovinargli la vita.<br />

Mi ha bloccato le braccia sopra la testa e spinge dentro di me. La corteccia<br />

dell’albero mi graffia la schiena, ma è un dolore che vale la pena sopportare perché infine urlo


di piacere e tutte le preoccupazioni svaniscono per un momento.<br />

Comincia a rallentare, poi spinge ancora più a fondo dentro di me un’ultima volta<br />

prima di fermarsi. Ansimiamo, avvinghiati l’uno all’altra, sudati e con i cuori al galoppo.<br />

«Adoro questo vestito», mi sussurra all’orecchio e il calore del suo respiro mi<br />

procura un brivido. «Sei bellissima».<br />

Sulle mie labbra si disegna un sorriso e io mi faccio un po’ indietro per guardarlo<br />

negli occhi. «Me lo dici troppo spesso. Mi stai facendo diventare vanitosa».<br />

«No, quello vanitoso sono io». Il suo sorriso è quasi accecante.<br />

Torno seria mentre gli sfioro la bocca con le labbra tumide. «Ma comunque<br />

dobbiamo parlare e…».<br />

«Ella!». La voce di Lila riecheggia nella foresta. «Caroline ha bisogno di te!».<br />

Mi divincolo dalle braccia di Micha e mi risistemo il vestito sul seno, poi guardo<br />

giù. «Dove sono le mie mutande?».<br />

Micha ride e mi osserva cercare in mezzo all’erba alta. «Mi sa che dovrai affrontare<br />

la giornata senza».<br />

Appoggio le mani sui fianchi. «Vuoi che stia in piedi di fronte a un mucchio di<br />

gente, a un matrimonio, senza niente sotto il vestito?».<br />

Scrolla le spalle, abbottonandosi i jeans. «Potrebbe essere carino. Staresti fresca e se<br />

ti capiterà di doverti chinare…».<br />

«Ella!». La voce di Lila ora è più vicina. «Dove diavolo sei? So che sei venuta qui!<br />

Ti ho vista!».<br />

«Micha, ti prego, se sai dove sono dimmelo». Controllo dietro l’albero e quando mi<br />

giro lui sta sorridendo con il mio perizoma nero appeso a un dito.<br />

Glielo strappo di mano e lo infilo, sistemando il vestito. Poi mi affretto a tornare<br />

indietro tra gli alberi, togliendomi dai capelli pezzi di foglie e rametti, con Micha che mi segue<br />

ridacchiando sotto i baffi.<br />

Lila mi sta aspettando al limitare della foresta e aggrotta le sopracciglia quando vede<br />

che c’è Micha con me. «Uhm… Caroline ha detto che devi prepararti». Nella sua voce c’è una<br />

risata trattenuta.<br />

«Ok». Corro su per la collina, mentre loro due si avviano insieme verso il tendone.<br />

Non so cosa fare. Continuo a pensare che non vado bene per lui, anche se Micha<br />

afferma il contrario, ma non riesco a stargli lontana.<br />

Dietro l’angolo del tendone c’è la fila delle damigelle vestite con il mio stesso abito<br />

di velluto nero e i testimoni dello sposo che indossano degli smoking identici. Caroline è davanti<br />

insieme a suo padre, un signore anziano con i capelli sale e pepe. Il suo abito da sposa è


ellissimo, non proprio bianco, ma di una tonalità simile, con un fiocco nero al centro e la gonna<br />

che si allarga a partire dalla vita.<br />

Il viso di Caroline si rilassa un po’ e lei si preme la mano sul cuore, schiacciando<br />

qualche fiore del bouquet. «Grazie a Dio, Ella». Tira su il vestito e mi viene incontro. «Perché<br />

hai delle foglie nei capelli?».<br />

Porto la mano alla testa e qualche frammento di foglia e rametto cade giù. «Ho fatto<br />

una passeggiata nel bosco».<br />

«Sbrigati e mettiti in fila». Mi dà un piccolo bouquet e mi spinge in fondo alla fila.<br />

«Sta per cominciare».<br />

Corro vicino al testimone dello sposo, che è più basso di me e ha i capelli neri con<br />

dei riccioli all’altezza delle orecchie. Probabilmente ha la mia età e sento i suoi occhi addosso<br />

che mi scrutano, ma la mia attenzione resta fissa sull’altro capo della fila. Dean è dentro,<br />

accanto al celebrante, con lo smoking e i capelli castani pettinati di lato. Sembra felice e io lo<br />

invidio con tutto il cuore.<br />

Non ho mai pensato al mio matrimonio, come fanno quasi tutte le ragazze. Quando<br />

ero piccola non giocavo a vestirmi da sposa e a far finta che il bambino della porta accanto fosse<br />

lo sposo. Non ho mai guardato molto avanti nel futuro, perché ho sempre avuto paura di quello<br />

che ci troverò.<br />

Ma guardando Dean che sta per sposarsi, mi chiedo se nel mio futuro ci sia un<br />

matrimonio. Mi coglie il panico e fatico a respirare, vorrei sapere cosa mi aspetta, ma tutto<br />

quello che vedo è un buco nero senza alcuna immagine.<br />

Parte la musica e i miei pensieri tornano alla realtà. La fila comincia lentamente ad<br />

avanzare e il testimone mi prende sottobraccio.<br />

«Mi chiamo Luke, comunque», mi bisbiglia all’orecchio.<br />

Io sussulto e mi scanso. «Io sono Ella».<br />

Mi sorride mentre entriamo sotto il tendone con i fiocchi viola e neri appesi al<br />

soffitto, le luci che risplendono sulle pareti e file e file di violette che decorano la parte<br />

anteriore. Ci fissano tutti e mi sale l’ansia, ma la controllo con la respirazione. Quando<br />

raggiungiamo la fine del corridoio sono felice di poter lasciare il braccio di Luke e mi metto alla<br />

fine della fila delle damigelle.<br />

Stringo il bouquet tra le mani e mi concentro su Caroline e Dean, ma sono sempre<br />

più consapevole che Micha mi sta guardando dall’ultima fila.<br />

Il celebrante comincia il discorso e con la testa mi sposto automaticamente nel<br />

futuro, di nuovo. Voglio proprio riuscire a vederlo. Voglio sapere dove andrà la mia vita.<br />

L’adrenalina mi consuma le energie, giocherello con i petali delle violette e mi<br />

ripeto mentalmente di stare calma, mentre Dean e Caroline leggono le promesse. A sentire le<br />

loro parole di amore e devozione il mio corpo si placa. È questo che voglio. Lo voglio da


morire. Voglio qualcuno che sia mio per sempre. Voglio Micha.<br />

Ma prima devo diventare una persona che entrambi possiamo amare, altrimenti non<br />

ce la faremo mai.<br />

Capitolo 9<br />

Micha<br />

Non riesco a staccarle gli occhi di dosso per tutta la cerimonia. Non è mai stata una<br />

che piange in pubblico ed è sorprendente vederla tentare di trattenere le lacrime. Vorrei andare lì<br />

a consolarla.<br />

Dean sembra molto felice, il che mi dà un po’ fastidio. Ella può anche aver messo<br />

una pietra sopra quello che ha fatto, ma a me non interessa. Anche lui ha contribuito a spezzarla,<br />

è uno dei motivi per cui Ella non sarà mai più la stessa.<br />

Il celebrante dichiara: «Puoi baciare la sposa».<br />

Dean e Caroline si avvicinano e si baciano, tutti gli invitati si alzano in piedi per un<br />

applauso. Mentre percorrono il corridoio, la gente gli lancia addosso petali di rosa dai cestini<br />

sistemati davanti a ogni sedia. Lila ne prende una manciata e si unisce a loro, lanciando i petali<br />

in aria.<br />

Ethan alza gli occhi al cielo. «Mi sono appena ricordato perché non vado mai ai<br />

matrimoni», mormora tra i denti. «Sono un po’ troppo patetici per me».<br />

«Sì, direi», rispondo, non del tutto d’accordo con lui. «Ma c’è un perché in tutto<br />

questo essere patetici».<br />

I testimoni e le damigelle seguono in fila Caroline e Dean che escono dal tendone. Il<br />

tizio che fa coppia con Ella continua a guardarla in maniera irritante e le bisbiglia qualcosa<br />

mentre escono.<br />

La folla attraversa il cortile fino al retro della casa, dove è stato montato un altro<br />

tendone sopra i tavoli decorati con petali di rosa e candele. Al soffitto sono appese delle luci e<br />

sulla parete di fondo c’è un’enorme fontana di cioccolata.<br />

Ella è ferma là davanti, un fotografo si sta preparando per le foto di rito. Mentre<br />

aspetta, il suo sguardo incrocia il mio. Alza gli occhi al cielo, come a dire che tutta quella<br />

faccenda è un’idiozia e io ammicco.<br />

Insieme a Ethan e Lila rubiamo dei bicchieri di champagne e delle fette di torta e<br />

occupiamo un tavolo vicino al bar, bevendo in silenzio mentre parte la musica.<br />

«Be’, quanto dobbiamo restare qui secondo voi?». Ethan quasi si soffoca con il<br />

bicchiere di champagne. «Dio, i ricchi hanno un pessimo gusto quando si tratta di bere».<br />

«Ehi», protesta Lila appoggiando il bicchiere sul tavolo. «A me piace».


«Perché sei ricca», scherza Ethan, arrotolando le maniche della camicia e<br />

addentando la torta. «E ti hanno cresciuta facendoti credere che le cose costose sono buone».<br />

Lila tira fuori la lingua, con sopra un po’ di glassa violetta. «Forse sei tu quello che<br />

ha un pessimo gusto».<br />

Ethan inarca le sopracciglia, come se ci stesse pensando su. «Nah, io ho dei gusti<br />

eccellenti».<br />

Una volta Ethan mi rompeva sempre le scatole riguardo a Ella e al mio bisogno di<br />

farmela e togliermi il pensiero. Sto riflettendo se dirgli le stesse cose riguardo a lui e Lila.<br />

Ella appoggia il bouquet prima di crollare sulla sedia accanto alla mia. «Dio, i<br />

matrimoni sono faticosi».<br />

Le tolgo un po’ d’erba dai capelli. «Vuoi andartene? Potremmo andare a cena o da<br />

qualche parte».<br />

«Non posso andarmene adesso». Aggrotta le sopracciglia, getta la testa all’indietro<br />

sullo schienale della sedia e fissa il soffitto. «Ci sono altre foto da fare».<br />

Si raddrizza e ruba un morso della mia torta. Sul labbro inferiore le rimane un po’ di<br />

glassa violetta e io vorrei chinarmi e leccarla via.<br />

«Che c’è?», chiede, quando si accorge che la sto fissando.<br />

Allungo la mano e lei si blocca mentre le sfioro il labbro inferiore con il pollice.<br />

«Dovremmo ballare».<br />

Ella inarca le sopracciglia. «E da quando in qua qualcuno di noi due balla?»<br />

«Noi balliamo sempre». Le tendo la mano e mi alzo in piedi.<br />

«Ma i nostri balli sono parecchio diversi dai loro». Indica lo spazio dove la gente sta<br />

ballando un lento. «Probabilmente causeremmo un trauma alle loro piccole menti innocenti».<br />

«Avanti Ella May, balla con me». La incanto con il mio sorriso più affascinante e<br />

continuo a tenderle la mano, sperando che lei la prenda.<br />

Sospirando, intreccia le dita alle mie, e io la tiro in piedi. Quando raggiungiamo il<br />

centro della pista, la faccio piroettare e poi la stringo a me. Sulle sue labbra si disegna un sorriso<br />

quando le metto le mani sui fianchi. Ci avviciniamo e intreccia le mani dietro il mio collo.<br />

Mentre balliamo le accosto le labbra all’orecchio e canto le parole della canzone.<br />

Si tira un po’ indietro e mi guarda negli occhi. «Come fai a sapere le parole di The<br />

Story? La maggior parte dei ragazzi non ascolta Brandi Carlile».<br />

«Ssshh… non dirlo a nessuno». Le faccio l’occhiolino e la abbraccio più stretta.<br />

«Ascoltavi questa canzone in continuazione. Come potrei non sapere le parole?».<br />

Mi stringe mentre continuo a cantare. Mi appoggia la testa sulla spalla e non ho più


paura di dirle quello che provo. Voglio che lo sappia, ho bisogno che lei lo capisca, perché non<br />

posso più tenerlo dentro di me.<br />

«Ti amo, Ella May», sussurro baciandole una guancia. «E un giorno voglio fare<br />

quello che stiamo facendo ora, al nostro matrimonio».<br />

Ella<br />

The Story di Brandi Carlile risuona nella sala, racconta con parole dolci una storia<br />

che mi colpisce dritta al cuore. Micha mi sta guardando negli occhi, conquistandomi più di<br />

quanto non abbia fatto finora.<br />

Poi mi dice che vuole fare questa stessa cosa al nostro matrimonio e mi manca l’aria.<br />

Vorrei scappare e nascondermi, ma lotto per restare aggrappata alla mia sanità mentale.<br />

«Micha, io…».<br />

Mi mette un dito sulle labbra. «Non dire nulla, okay? Pensaci solo per un po’. Non<br />

sto parlando di qui e ora. Voglio solo che tu sappia cosa provo».<br />

Sposto il suo dito. «Devo dirti una cosa, perché è importante che anche tu sappia<br />

cosa provo. Non posso farlo adesso». La delusione si dipinge sul suo viso mentre continuo. «Ma<br />

un giorno, sì. Devo prima rimettere insieme i pezzi. Ho bisogno di stare bene con me stessa<br />

prima di offrirti tutto il mio cuore».<br />

Lui mi scruta in viso. «Non so se ho capito cosa stai dicendo».<br />

«Sto dicendo che dovremmo essere amici finché non trovo il modo di rimettermi in<br />

sesto», gli spiego. «Non voglio fare nulla che ti ferisca e adesso non so se ne sono in grado».<br />

possibile».<br />

Inarca un sopracciglio. «Vuoi che siamo amici? Perché non so se è una cosa<br />

«Dobbiamo, e forse un giorno, tra un po’ di tempo, quando avrò messo a posto tutta<br />

la merda della mia vita, potremo essere qualcosa di più, se ancora lo vorrai». Prendo un<br />

profondo respiro e mi sento morire dentro mentre aggiungo: «E se conoscerai un’altra non<br />

voglio che tu abbia remore a causa mia».<br />

«Non può esserci nessun’altra all’infuori di te», dice, e io tento di aprire la bocca per<br />

protestare, ma lui mi precede. «Ma se è ciò di cui hai bisogno, lo farò. Possiamo essere amici…<br />

per un po’».<br />

Non è molto convinto, ma non mi aspettavo che lo fosse. È la persona più<br />

determinata che conosca.<br />

Lo bacio sulla guancia, gli appoggio la testa sulla spalla e respiro il suo odore<br />

confortante mentre ondeggiamo al ritmo della musica, tenendoci stretti e lasciandoci andare allo<br />

stesso tempo.


Capitolo 10<br />

Micha<br />

Sono passati solo pochi giorni da quando io e Ella ci siamo salutati dopo il<br />

matrimonio, ma mi sembrano mesi. Parliamo al telefono un sacco di volte al giorno, ma le cose<br />

sono diverse tra di noi e mi manca stare con lei.<br />

«Mi annoio, amico», si lamenta Ethan mentre fa zapping, con gli stivali poggiati sul<br />

tavolino. «Perché non facciamo qualcosa?».<br />

Sono steso sul letto e leggo e rileggo il messaggio. È un sms che mi è arrivato ieri da<br />

mio padre. Dice che ha bisogno di vedermi, che deve chiedermi una cosa. L’ho fissato per ore,<br />

cercando di decidere se riprovarci con lui sia una buona idea. Ci siamo incontrati solo due volte<br />

ed è stato imbarazzante e doloroso, ma non riuscirò a calmarmi finché non saprò cosa vuole.<br />

«Non so… potremmo andare a mangiare qualcosa». Mi metto seduto, tiro giù le<br />

gambe dal letto e mando un messaggio a mio padre in cui gli chiedo dove vogliamo incontrarci.<br />

Lui mi risponde prima di quanto mi aspettassi e mi chiede di incontrarlo tra un’ora<br />

alla panetteria sulla Nona. Con qualche esitazione gli rispondo di sì.<br />

«Lascia perdere, non posso venire». Infilo una felpa nera con il cappuccio e tiro su la<br />

zip. «Devo incontrare una persona».<br />

Mi trafigge con uno sguardo accusatorio. «Chi? Una ragazza?».<br />

Recupero le chiavi di casa da sopra la credenza. «No, è qualcuno che conoscevo».<br />

Il suo viso assume un’espressione confusa. «Non è Naomi vero? Perché ti<br />

consiglierei di stare lontano da lei, è pazza. Praticamente ha provato a violentarmi l’altra notte».<br />

«Come se non ti fosse piaciuto».<br />

«Ehi, le donne mi piacciono e tutto il resto, ma lei è un po’ troppo. È partita dal<br />

barista ed è arrivata a me, passando per un tizio che dava volantini per strada. E poi gli piaci tu».<br />

«Lo so». Metto il portafogli nella tasca posteriore dei jeans. «Non sei il solo che ha<br />

puntato ieri notte».<br />

«Wow». Sgrana gli occhi. «E io che pensavo fosse andata male a me».<br />

Infilo il telefono nella tasca della felpa. «Puoi farmi un favore? Quando e se<br />

arrivano, puoi dire a Dylan o a Chase che potrei non fare in tempo per le prove?».<br />

Sta frugando tra la misera scelta di cibo che c’è nel frigo. «Credi che si faranno<br />

vedere? Voglio dire, non hai visto nessuno, a parte Naomi, da quando sei tornato e loro due non<br />

sono venuti alle prove ieri».


«Lo so». Apro la porta d’ingresso e mi accorgo che sta piovendo. «Ma nel caso si<br />

facessero vedere, glielo dirai?».<br />

Scrolla le spalle mentre sceglie del succo di frutta dal frigo. «Sì, glielo dirò… ma<br />

non hai l’impressione che la tua band si stia un po’ sfasciando?»<br />

«Più o meno», borbotto chiudendo la porta. Tiro il cappuccio sulla testa, scendo le<br />

scale ed esco fuori nella pioggia, affondando nelle pozzanghere mentre cammino lungo la<br />

strada.<br />

Da quel piccolo incidente con Naomi, gli equilibri nella band sono diventati<br />

instabili. È cominciata con lei che non voleva avermi intorno, poi con Dylan e Chase che hanno<br />

perso interesse quando hanno scoperto che potevano fare un sacco di soldi lavorando come<br />

baristi in un club per sole donne.<br />

Ma adesso sono più preoccupato per l’incontro con mio padre.<br />

Quando arrivo alla panetteria, vedo mio padre seduto a un tavolo e quasi me la<br />

squaglio. Tamburello ansiosamente con le dita sulla gamba mentre lo guardo attraverso il vetro,<br />

con la pioggia che mi gocciola addosso. Sta leggendo il giornale e bevendo una tazza di caffè.<br />

Indossa un completo grigio e una cravatta rossa, accanto ai piedi ha una ventiquattrore e sembra<br />

un avvocato. Di colpo realizzo che non ho idea di cosa faccia o di chi sia. È poco più di un<br />

estraneo, come la gente che mi passa accanto sul marciapiede.<br />

Mi faccio coraggio ed entro. L’odore di vaniglia mi ricorda un po’ Ella. Due degli<br />

otto tavoli sono occupati, e da dietro il bancone, pieno di cupcake e biscotti, la cassiera mi<br />

spoglia con gli occhi.<br />

Mio padre alza gli occhi dal caffè e spalanca gli occhi turchesi. «Micha, sei venuto».<br />

Prendo una sedia e mi accomodo di fronte a lui. «Certo che sono venuto. Quando<br />

dico che vado da qualche parte, ci vado. Sono fatto così e tu lo sapresti se mi conoscessi».<br />

Si schiarisce la gola più volte e liscia invisibili pieghe sulla cravatta. «Senti, Micha,<br />

mi dispiace da morire per quello che ho fatto. Per essere stato un padre di merda e anche solo<br />

per non esserci stato».<br />

Aggrotto la fronte, incrocio le braccia e mi appoggio allo schienale della sedia. «Non<br />

capisco perché me lo stai dicendo, dato che le ultime due volte che ti ho visto mi hai fatto capire<br />

chiaramente che non te ne frega niente e che non vuoi avere nulla a che fare con me».<br />

Apre qualche bustina e aggiunge zucchero al caffè con le mani tremanti. «Le cose<br />

cambiano… sono successe delle cose e… be’, ho bisogno del tuo aiuto».<br />

Lo guardo inespressivo. «È per questo che mi hai detto che ti dispiace? Perché vuoi<br />

qualcosa da me?».<br />

Butta le bustine vuote sul tavolo. «Vuoi qualcosa? Del caffè?»<br />

«Voglio che tu vada avanti e mi dica cosa vuoi», dico con freddezza. «Perché sono<br />

proprio curioso di sapere dove andrà a finire questa conversazione».


Mescola il caffè e pulisce il cucchiaino sul bordo della tazza. «Mi hanno appena<br />

diagnosticato l’anemia aplastica… Sai cos’è?»<br />

«Ti sembro un dottore?». Scuoto la testa infastidito.<br />

«Be’, ti risparmierò la noiosa terminologia medica e andrò subito al punto. È una<br />

malattia rara e io ce l’ho in forma grave». Osserva le crepe nel tavolo con le sopracciglia<br />

corrugate e delle piccole rughe gli si formano agli angoli degli occhi. «Ho bisogno di una<br />

trasfusione di sangue e di un trapianto di midollo e la cosa migliore è che il donatore sia un<br />

parente».<br />

«Stai morendo?». Gli lancio un’occhiata. «Non sembri malato».<br />

«No, non sto morendo». La sua voce è fredda come il ghiaccio. «Ma non sto bene e<br />

questo potrebbe aiutarmi».<br />

«E gli altri tuoi figli? Non puoi chiederlo a loro?»<br />

«Non voglio che lo facciano. Sono troppo piccoli e… non voglio neanche che<br />

sappiano che sono malato».<br />

Mi sporgo sopra il tavolo, con i palmi delle mani poggiati sul piano, furioso. Le<br />

gambe della sedia stridono sul pavimento. «Fammi capire. Vuoi che lo faccia anche se non mi<br />

hai parlato per anni? Te ne sei andato quando ero piccolo e non mi hai neanche mai detto perché<br />

non sei almeno rimasto in contatto con me».<br />

«Micha, ti ho già detto che mi dispiace». Allunga il braccio sul tavolo come se<br />

volesse toccarmi la mano, ma poi si ritrae, il che è una buona cosa perché probabilmente lo<br />

prenderei a pugni. «E questa è una cosa più grave, sto male».<br />

Mi allontano dal tavolo. «Devo pensarci».<br />

Prende la ventiquattrore e si alza anche lui. «Potresti almeno fare le analisi per<br />

vedere se sei compatibile? Per queste cose ci vuole un sacco di tempo».<br />

A volte vorrei davvero essere uno stronzo e andarmene. «Va bene, andrò a fare le<br />

analisi, ma non lo faccio per te. È solo per non sentirmi in colpa».<br />

Ella<br />

Sono passate quasi due settimane dal matrimonio, e io e Micha ci parliamo al<br />

telefono tutti i giorni. Le nostre conversazioni sono leggere, a parte gli occasionali commenti<br />

maliziosi di Micha, ma quelli sono sempre stati la normalità, anche quando eravamo amici<br />

all’inizio.<br />

Mi manca da morire e penso a lui quasi ventiquattr’ore su ventiquattro. Consuma i<br />

miei pensieri, il mio corpo, i miei sogni. Ma è anche ciò che mi spinge a migliorarmi.<br />

È mezzogiorno, il sole brilla nel cielo blu e l’aria profuma di erba tagliata di fresco e


di autunno. Attraverso il cortile del campus verso lo studio della terapista con il telefono<br />

premuto sull’orecchio.<br />

bugiardo».<br />

«No che non l’hai fatto», dico a Micha con un sorriso stampato in faccia. «Sei un<br />

«L’ho fatto eccome», ribatte con voce divertita. «Ho buttato a terra la chitarra e gli<br />

ho detto che ero fuori, e che non volevo altre tragedie».<br />

Spalanco la porta d’ingresso ed entro nell’atrio deserto. «Quindi hai lasciato la band.<br />

È tutto finito, dopo mesi di tournée insieme?»<br />

«Succede più spesso di quanto immagini», replica lui e io sento la voce di Ethan in<br />

sottofondo. «E li ho mollati una settimana fa, ma non volevo dirtelo fino a oggi».<br />

Faccio una smorfia mentre mi accomodo su una delle sedie fuori dallo studio della<br />

terapista. «Perché? Non ti avrei convinto a non farlo. Finché sei felice puoi fare quello che vuoi.<br />

È l’unica cosa che ho sempre voluto per te».<br />

«Sono felice. Molto, molto felice», mi assicura entusiasta. «Ma non è questa la<br />

ragione per cui non te l’ho detto».<br />

«Ok… allora qual è?». Sento di nuovo la voce di Ethan. «E perché c’è Ethan con te?<br />

Non doveva essere impegnato nel suo grande viaggio avventuroso, stile uomo delle montagne o<br />

come diavolo lo chiama lui?»<br />

«Il mio viaggio da montanaro!», urla Ethan. «Chiamalo con il suo nome, donna».<br />

«Ma sono in vivavoce?», chiedo. «Micha, se è così, toglimi. Per favore».<br />

«Non posso. La prenderai meglio se sei in vivavoce». Lascia andare un respiro.<br />

«Limiterai un po’ la tua furia perché saprai che Ethan ti ascolta e che userà contro di te tutto ciò<br />

che dirai»<br />

Guardo a destra e a sinistra e mi accorgo che nello studio non c’è nessuno. «Qual è<br />

la notizia?».<br />

Si schiarisce la gola, come se si stesse preparando per un discorso importante.<br />

«Quando tutta la vicenda della rottura con la band si è calmata, ho deciso che avevo bisogno di<br />

cambiare pagina. E anche Ethan, visto che ha realizzato di non essere così montanaro come<br />

pensava».<br />

«Non è questa la vera ragione», obietta Ethan. «È che mi dispiaceva per il tuo culo<br />

da idiota, visto che la band era scoppiata».<br />

«Comunque», continua Micha parlandogli sopra. «Abbiamo entrambi deciso che era<br />

il momento di dare una svolta, quindi ho cominciato a cercare in giro qualcosa di stabile che non<br />

richiedesse molti spostamenti».<br />

«Pensavo che non volessi una cosa del genere». Lascio la borsa sul pavimento e mi<br />

appoggio alla sedia. «Pensavo che volessi far parte di una band e andare in tournée».


«Nah, sto meglio da solo», mi dice. «Magari terrò gli occhi aperti per un’altra band,<br />

ma quella in cui ero stava diventando una causa persa. E per il momento ho trovato un posto<br />

dove suonare. E un lavoretto. La paga fa schifo, ma per adesso può andare e comunque è meglio<br />

che tornare a casa».<br />

«E che lavoretto è?»<br />

«È un servizio di uomini escort. Sarà fantastico. Dovrò ammaliare donne tutto il<br />

giorno, e sappiamo che in questo sono fantastico, e mi pagheranno anche per farlo».<br />

Alzo gli occhi al cielo, ma sto al gioco. «Wow, sembra proprio un lavoro fatto<br />

apposta per te e sono sicura che ti divertirai da matti. Più ci penso e più mi sembra davvero il<br />

lavoro dei tuoi sogni».<br />

«Eh già, hai visto?», dice con tono furbo. «Anche se ho sentito che qualche ragazzo<br />

ha sviluppato manie feticiste e pare che le cose possano diventare un po’ strane, ma farò quello<br />

che devo per sopravvivere».<br />

«Sei proprio un idiota». Mi dimeno sulla sedia, poi metto giù le gambe composta<br />

quando la segretaria passa con una pila di carte in mano. «Sul serio, che stai facendo? E poi<br />

dove sei?»<br />

«Ethan e io abbiamo trovato un lavoro part-time in un cantiere, ma è solo una cosa<br />

temporanea». Fa una pausa e si sente un forte rumore. «E la sera suonerò all’Hook Up».<br />

«Ehi, ce n’è uno anche qui a Vegas», dico parlando sopra al baccano del<br />

tritadocumenti. «Non sapevo che fosse una catena nazionale».<br />

Lui esita un momento. «Non è una catena nazionale».<br />

«Sei a Vegas?». Alzo involontariamente il tono di voce e la segretaria mi lancia<br />

un’occhiata da dietro gli occhiali spessi mentre continua a inserire i fogli nel tritadocumenti. Mi<br />

volto sulla sedia, abbasso la voce e tappo l’altro orecchio con il dito per sentire meglio. «Tu e<br />

Ethan vi siete trasferiti a Las Vegas?»<br />

«Sì, siamo a Vegas proprio adesso, mentre parliamo. Stiamo sistemando le nostre<br />

cose in questo microappartamento», mi spiega. «Ma andrà bene e sono contento».<br />

Non so cosa rispondere, perciò resto in silenzio, tamburellando nervosamente con le<br />

dita sul ginocchio. Il telefono sul bancone della reception suona e la segretaria risponde.<br />

«Dimmi cosa stai pensando, bellezza», mi incita lui. Sento un bip quando toglie il<br />

viva voce. «Ethan non può più sentirti».<br />

«Sto pensando… Non lo so cosa penso…». Mi assento con la mente mentre la<br />

terapista apre la porta e fa capolino con la testa.<br />

«Ella, sono pronta». Spalanca la porta e mi fa cenno di entrare.<br />

«Devo richiamarti», gli dico. «Sto entrando dalla dottoressa proprio adesso».<br />

Riappendo prima che lui possa dire altro, raccolgo la borsa da terra e mi siedo davanti alla


scrivania.<br />

Anche Anna si siede, sceglie una penna dalla tazza e prende il taccuino dal cassetto.<br />

Oggi il tailleur pantalone è di una scialba tonalità di marrone e i capelli sono legati all’indietro.<br />

Inforca gli occhiali e scorre gli appunti dell’ultima seduta.<br />

«Era Micha al telefono», le spiego prima che me lo chieda, perché so che sta per<br />

farlo. «Ho appena scoperto che si è trasferito qui».<br />

«Oh, capisco». Posa penna e taccuino sulla scrivania e sposta la sedia in avanti. «Dal<br />

tuo tono non mi sembri molto felice».<br />

«Non so se lo sono». Rimugino sui miei sentimenti. «Da una parte è bello averlo<br />

vicino, nel caso avessi bisogno di lui, ma sto cercando di non avere bisogno di lui, perciò averlo<br />

vicino è una cosa negativa. Ha un senso?»<br />

«Ha molto senso». Sfoglia le pagine del taccuino. «Da quanto tempo mi hai detto<br />

che conosci Micha?»<br />

«Da sempre. Voglio dire, mi ricordo che a quattro anni mi affascinava vederlo<br />

seduto in garage a riparare macchine con suo padre. Anche se avevo sempre troppa paura per<br />

andare là a parlargli. In realtà poi è stato lui a rivolgermi la parola per primo». Una risata mi<br />

solletica la gola. «A dir la verità è riuscito a corrompermi per farmi scavalcare la staccionata<br />

grazie a un cartone di succo di frutta e a una macchinina giocattolo».<br />

«Perché avevi paura di parlargli?», indaga lei.<br />

«Non lo so. Forse ho sempre pensato di vivere in un mondo alternativo che nessuno<br />

poteva capire, neanche lui». Scrollo le spalle e mi mordicchio le unghie. «Mi sento ancora così a<br />

volte, come se vedessi le cose in maniera diversa dalla maggior parte della gente».<br />

La dottoressa tamburella le unghie fresche di manicure sul tavolo. «Credo che ti<br />

preoccupi troppo di ciò che pensi».<br />

«Be’, su questo non ci piove», dico. «Lo so da un bel po’, ma quello che ancora non<br />

so è come fare a smettere di preoccuparmi».<br />

«Questo perché non credo tu abbia ancora compreso l’origine di questo<br />

comportamento», afferma. «Da quello che mi hai detto, Ella, la tua infanzia è stata piena di<br />

angosce».<br />

«Non ero sempre angosciata», protesto. «C’erano dei… momenti di relax e ho<br />

vissuto la mia vita come dovevo, per sopravvivere. Se non mi fossi preoccupata, nessuno<br />

avrebbe pagato le bollette, o si sarebbe accertato che tutti mangiassero, o avessero vestiti puliti».<br />

«Non è ciò che intendevo, ma ne fa comunque parte». Prende una fotografia dalla<br />

cartella e la poggia di piatto sulla scrivania davanti a me. «Cosa vedi quando guardi questa?».<br />

È una foto di repertorio che ritrae un uomo, una donna e una bambina piccola, tutti<br />

con gli stessi occhi azzurri e i capelli biondo platino. «Uhm… vedo che le piace rubare le foto di<br />

prova dalle cornici e tenerle in ufficio».


«Ella, non va bene fare battute per nascondere i sentimenti», insiste. «Dimmi solo<br />

cosa vedi».<br />

«Vedo una famiglia, immagino».<br />

«Ti sembrano felici?».<br />

Studio i sorrisi sulle loro facce. «Sembrano felici come chiunque altro».<br />

Si sporge verso di me e batte con il dito sulla foto. «Descrivimi la fotografia».<br />

È una strana richiesta, ma lo faccio comunque. «Be’, l’uomo ha il braccio intorno<br />

alle spalle della donna e la guarda come se l’amasse, anche se il suo sorriso è un po’ troppo<br />

radioso, a mio parere. La donna ha in braccio una bambina e anche loro due sembrano felici.<br />

Anche se non capisco perché sono così dannatamente felici. Stanno solo facendo una dannata<br />

foto».<br />

Anna sgualcisce accidentalmente gli angoli della foto mentre la ripone nella cartella.<br />

«Tua madre e tuo padre ti hanno mai abbracciata così? O ti ricordi di essere stata felice in quel<br />

modo da piccola?».<br />

È come se mi stesse facendo una domanda di algebra troppo complessa per la mia<br />

mente. «No, ma quella roba non è vera. È fasulla, serve solo per scopi commerciali, per far<br />

sentire la gente a proprio agio quando guarda la cornice».<br />

«No Ella, è reale. La felicità esiste», risponde lei triste. «Ora, le cose non sono<br />

sempre così, ma le famiglie dovrebbero avere i loro momenti felici e i bambini dovrebbero<br />

essere abbracciati e sentirsi amati».<br />

«Io mi sentivo, mi sento, amata». Mi massaggio le tempie, è come se mi avessero<br />

scaricato sul petto un blocco di cemento. «E mi hanno abbracciata… qualche volta».<br />

«Qualche volta negli ultimi vent’anni?», chiede, mantenendo la posizione. «Perché<br />

non mi pare molto».<br />

sempre».<br />

«Sono stata abbracciata un sacco di volte», dico offesa. «Micha mi abbraccia<br />

«E siamo tornati di nuovo a Micha. Teniamolo fuori dalla conversazione per un<br />

minuto e concentriamoci sulla tua famiglia». Scribacchia un paio di appunti sul taccuino. «I tuoi<br />

genitori ti hanno mai abbracciata? Hanno riso con te? Ti hanno mai portata a fare una gita?»<br />

«Quando avevo sei anni, una volta siamo andati allo zoo, ma mia mamma era<br />

bipolare e non poteva fare molte cose con noi. E mio padre… be’, lui adorava il suo Jack<br />

Daniel’s». Mi fermo e sento la rabbia ribollirmi sulla punta della lingua. «Dove vuole arrivare?»<br />

«Non voglio arrivare da nessuna parte», risponde con gentilezza, rimettendo il<br />

cappuccio alla penna. «Sto solo cercando di farti vedere la tua vita».<br />

«Di farmi vedere che è stata una follia, che io sono pazza? Perché già lo sapevo,<br />

senza bisogno di fare il riassunto della mia vita di merda». Mi tremano le mani e i palmi sudano


mentre ripercorro i ricordi della mia esistenza. Comincio a iperventilare e vedo delle macchie<br />

davanti agli occhi.<br />

«Prendi un bel respiro», mi ordina, agitando la mano davanti a sé, mimando il gesto<br />

di spazzare via tutto. Io obbedisco. «Allora, Ella, non sei pazza. Hai solo avuto una vita dura».<br />

Sento il cervello pulsare nel cranio. «E cosa ha a che fare questo con l’ansia, o la<br />

depressione, o qualsiasi cosa lei pensi che non vada in me?»<br />

«Penso che a volte tu non creda di meritarti una bella vita e di essere una brava<br />

persona. Che tu non creda di meritarti di essere amata». Richiude la cartella e la appoggia su una<br />

piccola pila, poi mette le mani una sull’altra sul piano della scrivania. «Penso che sia questo il<br />

motivo per cui allontani le persone e anche ciò che ti provoca l’ansia e la depressione».<br />

Lascio ricadere la testa all’indietro contro la parete. «Sono così perché mia madre è<br />

morta ed è stata colpa mia. Sono così perché so che la mia testa è incasinata e non voglio<br />

trascinare nessuno giù con me».<br />

«Quello che hai detto non è vero», dice lei e io tiro su la testa. «E il nostro scopo è<br />

far sì che tu ci creda».<br />

Parliamo un altro po’ di argomenti più leggeri, come stanno andando le lezioni e che<br />

piani ho per Natale. Quando il mio tempo si esaurisce torno all’appartamento.<br />

Lila non è ancora rientrata dalla lezione e tutto è tranquillo. Prendo una Dr Pepper<br />

dal frigo, tiro fuori il telefono dalla tasca e fisso lo screensaver con la foto di Micha, Lila, Ethan<br />

e me al matrimonio. «Sembro felice in questa foto», dico con decisione e compongo il numero<br />

di Micha.<br />

«Hai richiamato», risponde dopo due squilli. «Ethan mi deve venti dollari».<br />

Mi mordicchio l’unghia del pollice. «Ha scommesso che non l’avrei fatto?»<br />

«Ha scommesso che mi avresti dato buca». Fa la sua finta risata malvagia. «E che la<br />

Ella stile Fabbrica delle mogli era tornata».<br />

«No, niente Ella Fabbrica delle mogli». Batto il dito sulla lattina di soda e sollevo la<br />

linguetta. «Solo una Ella un po’ confusa».<br />

Smette di ridere. «Vuoi parlarne?»<br />

«No, in realtà no». Sospiro sfinita e mando giù un sorso di soda.<br />

succede».<br />

Lui fa una pausa prolungata. «Ella, gli amici possono parlarsi di quello che<br />

«Lo so». Appoggio la soda sul bancone della cucina e mi accomodo su uno sgabello.<br />

«Ma l’ho appena fatto per un’ora con la terapista e vorrei prendermi una pausa dal mio cervello,<br />

se è una cosa che ha senso».<br />

«Ce l’ha». Esita per un istante, come se stesse decidendo se osare qualcosa o no.


«Potresti venire a vedere la nostra nuova casa. Al momento ci sono solo un sacco di scatole, ma<br />

potremo cenare fuori o roba del genere».<br />

«Non credo che…», comincio a dire.<br />

Mi interrompe subito. «Puoi portare anche Lila».<br />

le va».<br />

Giurerei che mi ha letto nel pensiero. «Okay, quando Lila torna da lezione vedrò se<br />

«Non darmi buca, Ella May». Fa finta di essere serio. «Davvero. So dove vivi, ti<br />

darò la caccia e ti punirò nei modi<br />

più osceni».<br />

«Non ti sto dando buca. Dio, rilassati, pazzoide», scherzo. «Sono sicura che Lila<br />

verrà, ma devo chiederglielo».<br />

fare?».<br />

«Okay, ci vediamo tra un po’». La sua voce è sicura di sé. «Oh, sai cosa dovremmo<br />

Faccio roteare la lattina di soda sul bancone, ho quasi paura a chiedere. «Cosa?»<br />

«Una festa di nudisti». Adesso dalla sua voce trapela il divertimento. «Puoi entrare<br />

in casa solo se ti togli tutti i vestiti. Una specie di tassa d’ingresso. Dammi pantaloni e camicia e<br />

hai il permesso di entrare».<br />

Faccio una smorfia, anche se l’idea è intrigante. «Niente feste nudiste».<br />

«Be’, dovevo tentare», ribatte con voce seducente. «A tra poco».<br />

Riappendiamo e io mi cambio. Infilo un paio di calzoncini rossi di velluto a coste e<br />

una canottiera nera con un cuore al centro. Raccolgo i capelli in una coda, mi metto un po’ di<br />

eyeliner e di lucidalabbra e mi siedo sul divano ad aspettare Lila.<br />

Lei entra salutando con la mano Parker, che se ne sta andando. «Magari ci vediamo<br />

dopo». Chiude la porta e ci si appoggia sospirando. «Dio, mi sta dando sui nervi. Non molla».<br />

soda.<br />

«Forse allora dovresti smettere di dargliela». Nascondo il sorriso dietro la lattina di<br />

«Ehi, anche io ho dei bisogni». Si sposta in cucina ed esplora i ripiani del frigo in<br />

cerca di uno spuntino. «Non tutti possiamo impegnarci a non fare sesso come te».<br />

«Sto solo cercando di sistemare le cose con me stessa prima di rendere la mia vita<br />

ancora più complicata», dico strappando la linguetta della lattina. «Così quando… se io e Micha<br />

finiremo insieme sarò una persona che non odierà».<br />

Lila afferra una mela e una bottiglia d’acqua e mi raggiunge sul divano,<br />

sistemandosi la gonna sotto le gambe mentre si siede. «Sai che non funzionerà mai vero? Non<br />

riuscirete mai a tenere le mani lontane l’uno dall’altra per più di, diciamo, una settimana. In<br />

realtà io ho scommesso cinque giorni, Ethan dice sette».


«Avete scommesso?». La guardo a bocca aperta. «Aspetta un attimo, tu sapevi che si<br />

stavano trasferendo qui?».<br />

Scrolla le spalle e dà un morso alla mela. «Ethan potrebbe avere accennato alla cosa<br />

un paio di volte al telefono».<br />

Getto la testa all’indietro per bere l’ultimo goccio di soda. «Ci hanno invitate ad<br />

andare a vedere il loro nuovo appartamento, se ti va».<br />

Svita il tappo della bottiglia d’acqua. «Certo. Non ho altri progetti. Ma come ci<br />

arriviamo? Perché il mio personale sciopero contro gli autobus continua».<br />

«Possiamo chiedere a Ethan di venirci a prendere». Faccio una smorfia. «Oppure<br />

farci prestare una macchina. Io preferirei la seconda opzione, così posso andarmene quando<br />

voglio. Se viene Ethan a prenderci, poi ci terranno in ostaggio, credimi».<br />

«Potrebbe non essere così male». Un pezzo di mela le cade di bocca e le finisce in<br />

grembo. «Ma se vuoi farti prestare una macchina, perché no? Puoi chiedere a Blake».<br />

Esito un po’, ricordando quanto la Mustang di Blake avesse infastidito Micha.<br />

«Sì, forse non è proprio una buona idea eh?». Recupera il telefono dalla tasca. «Chi<br />

altro potremmo chiamare?».<br />

Schiaccio il centro della lattina e la poso sul tavolino. «Parker?».<br />

Scuote la testa e un ricciolo scivola fuori dalla fascia che ha sui capelli.<br />

«Assolutamente no. Liberarmi di lui diventerebbe ancora più difficile. E poi ha il terrore di far<br />

guidare la sua macchina ad altri».<br />

«Allora non ne ho idea». Dopo qualche minuto di riflessione sblocco lo schermo del<br />

telefono e mando un sms a Blake.<br />

Io: Ehi, devo chiederti un enorme favore.<br />

Blake: Dimmi.<br />

Io: Dovrei prendere in prestito la tua macchina per qualche ora.<br />

Blake: Non c’è problema, però devi lasciarmi a lavoro e poi venirmi a riprendere.<br />

Io: Per me è okay.<br />

Blake: Finisco la lezione tra qualche minuto. Ci vediamo al parcheggio?<br />

Io: Okay, sono lì tra 5 minuti.<br />

Metto il telefono nella tasca posteriore e prendo la borsa dalla spalliera della sedia.<br />

«Ho trovato una macchina, ma dobbiamo andare subito al parcheggio».<br />

Il telefono di Lila squilla e lei imposta la modalità silenzioso senza neanche guardare<br />

lo schermo. «Chi hai chiamato?».


Infilo i sandali e controllo se le chiavi di casa sono nella borsa. «Blake».<br />

Balza in piedi e butta il torsolo della mela nel secchio dell’immondizia accanto al<br />

divano. «Lo sai che Micha si incazzerà con te quando ti vedrà arrivare con la macchina di<br />

Blake».<br />

«Non sarà incazzato», puntualizzo aprendo la porta, da cui filtra la luce del sole.<br />

«Solo un po’ infastidito e comunque sei stata tu a suggerirlo per prima».<br />

«Lo so, ma poi ho realizzato che probabilmente non era una grande idea». Mentre<br />

scendiamo le scale sospira. «Ogni tanto hai la tendenza a vedere le cose un po’ distorte. Sarà<br />

incazzato eccome, perché prima gli hai detto di restare amici per un po’ e poi ti presenti con la<br />

macchina di un altro».<br />

Schivo un albero e poi faccio un balzo sulla destra per evitare un tizio che sta<br />

giocando a football e che sta correndo nella mia direzione per fare una presa. «Allora guida, e<br />

diremo che l’hai chiesta in prestito tu, così andrà tutto a posto».<br />

«Tutto a posto?». Prende un pacchetto di gomme dalla tasca e ne infila una in bocca.<br />

«Sì, vedremo come sarà tutto a posto con la tensione sessuale che ci sarà tra voi due».<br />

Mi offre una gomma e io la accetto, sapendo benissimo che ha ragione.<br />

Micha<br />

Ethan apre il frigorifero e storce il naso. «C’è odore di spogliatoio qui dentro. Oh<br />

mio Dio, ci sono degli avanzi di spaghetti». Prende un contenitore Tupperware pieno di roba<br />

rossa e la esamina più da vicino. «No, non sono sicuro di cosa sia».<br />

«Buttali, amico». Sollevo una pesante scatola con la scritta “piatti” e la porto nella<br />

minuscola cucina, che ha un disperato bisogno di una mano di vernice. Sul piano da lavoro<br />

verde sono caduti pezzetti di intonaco e una delle pareti è stata stuccata in diversi punti.<br />

«Sembra che quella roba si muova».<br />

Ethan mi lancia il contenitore, trattenendo i conati di vomito per l’odore tremendo<br />

che emana. «È il tuo turno. L’ultima volta l’ho portata fuori io l’immondizia».<br />

Scuoto la testa e scendo le scale tenendo il contenitore davanti a me. Il complesso di<br />

appartamenti è in una zona piuttosto rumorosa, specialmente intorno al parco giochi. Ci sono<br />

bambini sulle altalene, oppure che corrono, ridono, urlano, piangono. Ogni volta penso a tutto<br />

quello che Ella, Ethan e io non abbiamo mai avuto.<br />

Mentre raggiungo il cassonetto, una Mustang rossa entra nel parcheggio del<br />

comprensorio. Accosta vicino al camioncino di Ethan, sotto la tettoia per le auto, e io mi<br />

avvicino, un po’ infastidito nel vedere Ella scendere dalla macchina.<br />

A giudicare dalla sua espressione, sa bene di essere nei guai. Mi saluta incerta con la<br />

mano. «Ciao».


Il mio sguardo corre lungo il tettuccio splendente della macchina. «Ed ecco il<br />

trionfale ritorno della Mustang nelle nostre vite».<br />

prestito».<br />

Lei si sposta qualche ciocca di capelli castani dietro l’orecchio. «Lila l’ha presa in<br />

La incalzo con uno sguardo implacabile. «Me ne accorgo quando dici le bugie». Mi<br />

avvicino al lato del passeggero e Lila salta fuori dalla macchina. «Potevate farvi venire a<br />

prendere da me o da Ethan».<br />

«Lo so». Ella indugia vicino al marciapiede. «Ma volevo avere la possibilità di<br />

andarmene quando volevo».<br />

è?».<br />

«Io entro», ci interrompe Lila lanciando un’occhiata allo stabile di due piani. «Qual<br />

Senza staccare mai gli occhi da Ella, indico con il dito il secondo piano. «Ultimo<br />

piano, prima porta a destra».<br />

Lila annuisce e corre su per le scale, che scricchiolano sotto i suoi tacchi alti.<br />

«La macchina non vuol dire niente, Micha». Ella struscia i sandali sull’asfalto,<br />

evitando il contatto visivo con me. «Davvero. È solo una macchina che ho preso in prestito».<br />

«Capisco che possa non significare nulla per te, ma probabilmente non è così per<br />

Blake», le assicuro, infilando le mani in tasca per resistere alla tentazione di toccarla e di<br />

rivendicare i miei diritti su di lei. «Un ragazzo non presta una macchina come questa a una<br />

ragazza che non gli piace».<br />

Lei sospira e mi guarda di sottecchi. «Forse era meglio non venire. È troppo strano».<br />

«È strano solo se lo rendi strano tu». Mi avvio verso le scale e lei mi segue. «Smetti<br />

di preoccuparti così tanto, bellezza».<br />

«È più facile a dirsi che a farsi», mormora facendo una smorfia.<br />

Quando arriviamo ai piedi della scala, mi sposto di lato e le faccio cenno di andare<br />

avanti. «Prima le signore».<br />

Lei mi rivolge un sorriso incerto e sale di corsa i gradini, facendo scorrere la mano<br />

sulla ringhiera. Sorrido tra me e me e mi incammino dietro di lei, concentrandomi sul suo<br />

posteriore. Indossa dei pantaloncini rossi abbastanza stretti da lasciar sfuggire fuori una<br />

piccolissima porzione di culo. Quanto mi è mancato questo culo.<br />

Arrivata in cima alla scala si getta un’occhiata alle spalle e si accorge che la sto<br />

fissando. Sposta le mani dietro e appoggia la schiena al muro. «Mi hai fatta andare avanti solo<br />

per guardarmi il sedere? Pensavo che dovessimo essere amici».<br />

Scrollo le spalle, chi se ne frega se mi ha scoperto. «Ti guardavo il sedere tutto il<br />

tempo anche quando eravamo amici, prima. È solo che non te ne sei mai accorta».


Si passa le dita tra i capelli castano ramato. «Non me la renderai facile, vero?»<br />

«Probabilmente no», ammetto con sincerità e lei fa una faccia demoralizzata.<br />

Rapidamente, in modo che non possa fermarmi, le sposto una ciocca di capelli dagli occhi e le<br />

do un bacio leggero sulla guancia, ammiccando mentre mi ritraggo. «Però stai tranquilla. Non ti<br />

strapperò i vestiti di dosso finché non sarai tu a chiedermelo».<br />

«Sei incorreggibile». Sta trattenendo un sorriso. «E non mi aiuti se continui a<br />

toccarmi e a guardarmi in quel modo. Voglio diventare una persona migliore per te, ma devo<br />

andarci piano con le situazioni complicate, finché non imparo a gestirle. È come per gli alcolisti<br />

in riabilitazione. Non devono impegnarsi in una relazione finché non riescono a gestire le cose<br />

razionalmente».<br />

«Te l’ha detto la tua terapista?»<br />

«Sì».<br />

Apro la porta sospirando e sollevo due dita. «Okay, mi comporterò meglio che<br />

posso. Parola di scout».<br />

Lei mi piega scherzosamente le dita all’indietro e alza gli occhi al cielo, poi entra in<br />

casa. Posa lo sguardo sul divano di pelle che Ethan ha rubato da casa di sua madre, sulla<br />

televisione appoggiata su una cassa e sul tavolo da pranzo, che sta tra la cucina e il salone.<br />

«È proprio un appartamento da maschi». Annusa l’aria e fa una smorfia,<br />

sventolandosi la mano davanti alla faccia. «Ha anche un odore da maschi».<br />

Le do un pizzicotto sul culo e lei strilla. «Sa di uomo». Mi sposto in cucina prima<br />

che lei possa arrabbiarsi per la mia piccola iniziativa.<br />

Si mette a chiacchierare con Lila e Ethan mentre io tolgo il nastro adesivo dalla<br />

scatola delle stoviglie sopra al tavolo della cucina e tiro fuori una pila di piatti. Sul bancone il<br />

mio telefono squilla. È l’ospedale di New York dove ho fatto gli esami del sangue.<br />

Rispondo controvoglia. «Pronto».<br />

«Salve», fa una donna con la voce stridula. «Parlo con Micha Scott?».<br />

Mi appoggio al bancone e fisso la parete. «Sono io».<br />

«Sono Amy, chiamo dal Medical Center di New York», dice. «La chiamo per dirle<br />

che i risultati del test confermano che lei è un possibile candidato per il trapianto».<br />

«Cazzo».<br />

«Okay, grazie per avermi informato». Riattacco e stringo il telefono in mano.<br />

Ethan infila la testa in cucina. «Stiamo andando a mangiare qualcosa. Tu… Ma è<br />

tutto okay? Hai una faccia strana».<br />

«Sto bene». Sbatto il telefono sul tavolo e la cover posteriore si stacca. «Comunque<br />

sì, la cena per me va bene».


Annuisce rivolto verso la porta d’ingresso, dove Ella e Lila ci stanno aspettando.<br />

«Muoviamoci allora».<br />

Non appena esce mi scolo un paio di sorsate di vodka da una bottiglia che tiro fuori<br />

da una delle scatole e mi infilo un paio di bottigliette in tasca. La telefonata dell’ospedale mi ha<br />

ricordato dolorosamente che mio padre è venuto a cercarmi soltanto perché ha bisogno di<br />

qualcosa. Ma non è questo il vero problema. Ho fatto pace con l’idea che lui mi considererà<br />

sempre poco più di un conoscente. Ciò che mi tormenta è il fatto che in fondo al cuore non<br />

voglio fare questa cosa per lui. Vorrei farlo soffrire e mi sento quasi divorato da questa<br />

sensazione. Non vorrei sentirmi così, ma non riesco a tenere a bada il rancore.<br />

Ethan torna in cucina con un’espressione irritata in viso. «Che stai facendo?<br />

Andiamo. Sto morendo di fame».<br />

«Arrivo. Dio, cerca di calmarti». Mi precipito alla porta. «E non andremo con quella<br />

maledetta Mustang».<br />

Ella<br />

Micha si è incazzato per la Mustang e ha fatto tutto un discorso drammatico per dire<br />

che non ci salirà. Non esiste. Uh-uh. Più la serata va avanti, più diventa chiaro che la sua rabbia<br />

viene da qualcosa di più profondo e che la macchina è solo una scusa.<br />

Quando Ethan entra nel parcheggio, realizzo che il mio karma mi odia, perché è il<br />

ristorante dove abbiamo lasciato Blake prima, quello in cui lavora.<br />

qui».<br />

Mi sporgo in avanti dal sedile posteriore del camioncino. «Non voglio mangiare<br />

«Perché no?». Micha guarda l’insegna al neon del ristorante e le decorazioni<br />

luminose che pendono dal tetto inclinato. I suoi occhi sono iniettati di sangue e scandisce<br />

lentamente le parole, il che di solito vuol dire che è stanco, oppure che è ubriaco. «Mi sembra<br />

carino».<br />

«Ma il cibo fa schifo», interviene Lila slacciando la cintura di sicurezza. «C’è un<br />

posto in centro che fa delle bistecche buonissime. Ci vuole solo un quarto d’ora per arrivarci».<br />

Micha scuote la testa in modo teatrale e giurerei che sta facendo lo stronzo di<br />

proposito. «Nah, davvero, secondo me questo posto va bene».<br />

Lila e io ci scambiamo uno sguardo preoccupato mentre Micha e Ethan scendono e<br />

sbattono le portiere, lasciandoci da sole nell’abitacolo buio.<br />

«Non prevedo nulla di buono», borbotto osservando Micha fare il giro intorno al<br />

camioncino. Poi getta indietro la testa e beve un sorso da una bottiglia. «Specialmente<br />

considerando che è di pessimo umore».<br />

«Credo sia ubriaco», sussurra Lila mentre io apro la portiera. «Mi è sembrato che il<br />

suo alito puzzi d’alcol».


Espiro pesantemente. «Sì, lo credo anch’io, il che vuol dire che con ogni probabilità<br />

ci stiamo infilando in una spirale<br />

drammatica».<br />

«Sei sicura che Blake sia ancora al lavoro?». Lila si sposta sul sedile per scendere<br />

dalla mia parte.<br />

Annuisco. «Dobbiamo venire a prenderlo, ricordi?».<br />

Attraversiamo il parcheggio in direzione dell’ingresso. È già abbastanza buio per<br />

osservare le stelle che punteggiano il cielo e, a una certa distanza,vedere brillare le luci della<br />

Strip dai colori fluorescenti. Micha barcolla mentre cammina e inciampa nei suoi stessi piedi<br />

mentre salta per toccare la cornice della porta, prendendo una storta alla caviglia quando atterra.<br />

«Sì, stiamo decisamente andando incontro a una spirale drammatica», mormoro tra i<br />

denti mentre Ethan spalanca la porta.<br />

Le luci del ristorante sono soffuse e l’aria è stantia. È affollato e rumoroso, ma è<br />

rimasto qualche séparé libero. Sopra ogni tavolo sono appese piccole lanterne e dalle casse esce<br />

della musica country leggera.<br />

Dietro al bancone Blake sta servendo degli shot a un gruppo di ragazzi piuttosto<br />

vivaci. Mi schiarisco la gola e cerco un contatto visivo con Lila, alla quale faccio un cenno con<br />

la testa in direzione di Blake. Lei segue il mio sguardo e cambia espressione.<br />

«Aspetta, ho un’idea». Si avvicina leggiadra a una cameriera, una brunetta in<br />

camicia bianca e pantaloni neri. Da sopra il bancone Lila le allunga una mancia e poi torna verso<br />

di me con un sorriso allegro stampato in faccia.<br />

tempi».<br />

«Tutto sistemato», dice a voce bassa. «Sì, lo so, sono la migliore amica di tutti i<br />

«Che hai fatto?», le chiedo, ma lei si limita a sorridere.<br />

La cameriera ci accompagna al tavolo e io capisco che Lila le ha offerto una mancia<br />

per farci sedere a un tavolo d’angolo, un po’ appartato e fuori dalla visuale del bar. Vorrei<br />

abbracciarla, ma sarebbe strano, perciò mi siedo e Lila mi scivola accanto.<br />

Ethan si ferma dall’altra parte del séparé. «No, non ho intenzione di fare comunella<br />

con Micha. Lila può sedersi vicino a me».<br />

Lila mi lancia un’occhiata. «Per te va bene?».<br />

Ho i nervi a fior di pelle e la mia voce malferma ne è un segnale. «Credo, io…».<br />

«Non me ne frega niente di dove mi siedo». Gli occhi di Micha vagano in direzione<br />

del corridoio. «Tanto credo che andrò a fare un salto al bar».<br />

Lila balza in piedi e si precipita dall’altro lato, vicino a Ethan, rimettendo a posto<br />

qualche ciocca di capelli sotto la fascia. Micha si lascia cadere accanto a me al tavolo e mi mette<br />

un braccio intorno alle spalle. Indossa una maglietta grigia a maniche corte e la sua pelle calda


mi solletica<br />

la base del collo. Ha il viso arrossato e l’alito che sa<br />

di vodka.<br />

Coprendomi con il menu, mi piego verso di lui e sussurro: «Sei ubriaco».<br />

Lui mi rivolge uno sguardo innocente. «Perché dici una cosa del genere?».<br />

Mi limito a constatare l’ovvio. «Perché sai di vodka».<br />

«Ho buttato giù qualche sorso prima di uscire e un paio nel parcheggio». Mi<br />

appoggia il palmo della mano sopra la coscia. «Rilassati, voglio solo divertirmi un po’».<br />

«Non è per questo». Riabbasso il menu sul tavolo. «Bevi così, a casaccio, solo<br />

quando sei agitato».<br />

Lui alza gli occhi al cielo e mi toglie la mano dalla gamba. «Cosa ne sai? Magari in<br />

tutto questo tempo in giro sono cambiato».<br />

«Oh, ecco che si fa vivo Micha lo stronzo», sibilo tra i denti. «Ecco un’altra ragione<br />

per cui sono certa che sei agitato. Lui fa le sue grandi apparizioni solo quando sei arrabbiato».<br />

Micha apre il menu guardandomi negli occhi. «Sono agitato perché il mio cazzo non<br />

riceve alcuna attenzione da circa due settimane».<br />

Ethan sbuffa una risata e Lila sgrana i suoi occhi azzurri. Io appoggio la testa sul<br />

tavolo, sospiro, e resto così finché il cameriere non viene a prendere le ordinazioni. Allora<br />

sollevo la testa e scopro che a un capo del nostro tavolo c’è Blake.<br />

Indossa un bel paio di jeans e una camicia nera button-down. Ha qualche arruffato<br />

ciuffo di capelli neri sulle tempie. «Ella, che ci fai qui?»<br />

«Mangio qualcosa». Cerco di mantenere un tono leggero, sperando di poter evitare<br />

le presentazioni.<br />

Ha un taccuino e una penna appoggiata sopra. «Cos’è? Non vedevi l’ora di venirmi a<br />

prendere stasera?», scherza. «Dovevi vedermi prima possibile?»<br />

«Ah, maledizione». Non intendevo dirlo ad alta voce, ma mi è sfuggito, e mi porto<br />

rapida una mano alla bocca. «Mi dispiace».<br />

«Chi cazzo sei?», chiede Micha guardando Blake di traverso.<br />

chi sei?»<br />

«Sono Blake», risponde spostando il peso da una gamba all’altra, a disagio. «E tu<br />

«Micha». Sul suo viso si disegna una maschera maligna. «E dalla tua espressione mi<br />

sembra di capire che tu sappia che io e Ella stiamo insieme».<br />

«Micha, credo…», comincio io.<br />

«Ella, lascia stare», mi interrompe Ethan lanciandomi un’occhiata di avvertimento


mentre mi sferra un calcio su uno stinco sotto il tavolo. «Lo sai che non è neanche il caso di<br />

provarci».<br />

E voi?»<br />

Serro le labbra e mi concentro sul menu. «Credo che prenderò un sandwich al pollo.<br />

«Io credo che prenderò te», dice Micha e mi sento avvampare mentre le sue dita mi<br />

salgono su lungo la coscia. Metto la mano sulla sua e gli impedisco di andare oltre, poi guardo<br />

Ethan in cerca di aiuto. «Che dobbiamo fare con lui?».<br />

Micha mi seppellisce il viso tra i capelli. «Tutto quello che vuoi, baby».<br />

Ethan scrolla le spalle e lancia il menu al centro del tavolo. «Sai meglio di me che<br />

diventerà sempre più insistente fino al momento in cui collasserà».<br />

al bar.<br />

vodka.<br />

«Magari torno tra un minuto», dice Blake, affrettandosi lungo il corridoio che porta<br />

«Mossa intelligente». Micha si infila la mano in tasca e tira fuori una bottiglietta di<br />

Gliela strappo di mano e i suoi occhi vitrei diventano improvvisamente freddi.<br />

«Ridammela, bellezza, altrimenti…».<br />

«Altrimenti cosa?». Lancio la bottiglia a Ethan, che la prende al volo. «Mi dirai delle<br />

cose davvero cattive? È meglio che sia io il tuo punching ball piuttosto che qualcun altro».<br />

Micha mi guarda con gli occhi socchiusi e mi preparo al peggio, ma prima che possa<br />

dire qualsiasi cosa, Ethan si alza.<br />

«Portiamolo a casa». Si fa da parte e lascia uscire Lila. «Prima che faccia qualcosa<br />

di stupido».<br />

Ho visto Micha in questo stato un paio di volte e c’era sempre qualcosa sotto, ma<br />

andare in fondo alla questione può essere complicato. Persino per la sua migliore amica.<br />

È buio e da questa parte del comprensorio nessuno ha le luci esterne. Riesco appena<br />

a intravedere Ethan che cerca di portare Micha su per le scale.<br />

«Piantala di trascinare i piedi», ringhia Ethan mentre tutti e due crollano di lato.<br />

Micha sbatte contro la ringhiera e tutta la scala trema.<br />

«Se non mi stessi tra i piedi». Micha spinge Ethan di lato e tenta invano di fare un<br />

passo da solo. «Sarebbe tutto più facile».<br />

«Che facciamo?», chiede Lila qualche gradino più in basso, un po’ a disagio.<br />

spalle».<br />

Intervengo sospirando e mi metto tra Micha e Ethan. «Mettimi il braccio intorno alle<br />

Micha mi circonda compiaciuto le spalle con un braccio e si appoggia a me. Fatico a<br />

portarlo su per le scale, il suo peso quasi mi trascina giù. Ethan corre avanti, apre la porta e


accende le luci.<br />

Micha immerge il viso tra i miei capelli e con i denti mi sfiora l’orecchio. «Cazzo,<br />

che odore buono che hai. Giuro su Dio che vorrei mangiarti».<br />

Trattengo la risata che mi solletica la gola. «Adesso hai solo bisogno di dormire».<br />

Ethan tiene la porta aperta, io e Micha inciampiamo oltre la soglia, quasi cadiamo a<br />

terra. Recuperiamo l’equilibrio e appena la porta si chiude Micha si strappa via la maglietta e la<br />

lancia sul pavimento.<br />

Anche se è ubriaco e abbiamo deciso di non imboccare quella strada per un po’, il<br />

mio sguardo indugia sui suoi muscoli asciutti, sulla pelle morbida, sul tatuaggio che ha sulle<br />

costole e sento qualcosa avvolgersi come una spirale dentro di me.<br />

Si sfila gli stivali e la cintura, e temo che i prossimi saranno i pantaloni. Lila si volta<br />

prontamente verso un angolo, fingendo di essere attratta dallo schermo spento del televisore. Ma<br />

Micha tiene addosso i pantaloni e barcolla verso la cucina, cercando di afferrare la bottiglia di<br />

vodka semivuota sul bancone.<br />

«Oh no, non se ne parla». Sfreccio in cucina, gli sottraggo la bottiglia e riavvito il<br />

tappo. «Basta bere, a meno che non sia acqua».<br />

«Io faccio il cazzo che mi pare, Ella May», dice brusco e mentre si sposta<br />

all’indietro sbatte la testa contro uno sportello. «Come fai tu. Quello che ti pare. Mi cacci via».<br />

Gli porgo le mani perché le afferri. «Vieni con me, ti porto a letto».<br />

Mi fissa con occhi penetranti. «Vieni anche tu?».<br />

Annuisco, mantenendo il contatto visivo. «Ma ti accompagno e basta, poi devo<br />

tornare a casa».<br />

Lui appoggia le mani sulle mie e si aggrappa, io cammino all’indietro guidandolo<br />

attraverso la sala. I suoi occhi arrossati sono fissi su di me e mi è difficile controllare i battiti del<br />

cuore.<br />

Continuo a ripetermi che il confine dell’amicizia deve restare saldo tra noi due e che<br />

comunque lui è ubriaco. Quando arriviamo in camera sua, crolla sul letto, tirandomi giù di<br />

proposito. Questa volta è lui a stringere le gambe intorno alle mie e le braccia intorno al mio<br />

petto, tenendomi stretta, sprofondando il viso sul mio collo e mordicchiandomi la pelle prima di<br />

calmarsi.<br />

Agito le braccia e dimeno le gambe, ma lui stringe la presa. Più a lungo mi tiene<br />

imprigionata, più dentro di me sale il panico. E detesto avere i capelli così in disordine.<br />

«Oh no», sospira premendosi ancora di più contro di me. «Non ti lascerò andare».<br />

«Ethan», chiamo a bassa voce, tentando di mantenere un tono di voce composto.<br />

«Puoi venire?».


Pochi istanti dopo Ethan compare sulla soglia e appoggia le braccia agli stipiti della<br />

porta. Le maniche della felpa nera sono tirare su e lasciano scoperti i tatuaggi colorati sulle<br />

braccia. «Hai bisogno di qualcosa?». Sorride, divertito dallo spettacolo di noi due.<br />

Cerco di tirare su la spalla. «Puoi darmi una mano a liberarmi?».<br />

Lui si sfrega la mascella coperta da una barba trasandata e valuta la mia richiesta.<br />

«Credo sia meglio se resti là. Così se si sveglia ancora ubriaco te la vedrai tu con lui».<br />

«Ethan», sibilo, ma se ne va ridacchiando tra sé.<br />

Chiamo Lila un paio di volte, ma non mi risponde, e mi chiedo se Ethan non le abbia<br />

per caso detto che poteva andarsene. Dopo parecchie contorsioni, riesco a liberare un braccio.<br />

Mi sfrego gli occhi stanchi, guardo Micha e lo ascolto inspirare ed espirare. Gli passo le dita tra<br />

i capelli, poi traccio una linea dalla tempia alle labbra. Dio, quanto è bello.<br />

«Che cosa ti passa per la testa?», sussurro riportandomi la mano sul fianco.<br />

Il suo respiro dolce mi accarezza la guancia. Rinuncio all’idea di andarmene e gli do<br />

un bacio sulla fronte, poi mi accoccolo accanto a lui con un leggero sorriso sulle labbra. Alla<br />

prossima seduta con la terapista potrò dire di essere stata abbracciata per dieci ore di fila.<br />

Capitolo 11<br />

Micha<br />

Apro gli occhi e vedo Ella che dorme beata tra le mie braccia. Una delle mie mani è<br />

appoggiata sul suo fianco e l’altra sotto il seno. In teoria sarei incredibilmente felice, ma la testa<br />

mi pulsa, lo stomaco mi brucia e non ho idea di cosa sia accaduto la notte scorsa, di cosa io<br />

abbia detto o fatto.<br />

Con cautela, per non svegliarla, mi alzo e vado in bagno. Tutta la stanza gira e mi<br />

sento come se il cervello stesse per esplodermi dentro il cranio.<br />

Vomito l’anima, poi mi lavo i denti e torno in camera. Ella è sveglia, seduta sul letto<br />

e appoggiata alla testiera.<br />

«Come ti senti?». Nei suoi occhi c’è una piccola scintilla di divertimento.<br />

«Malissimo, lo trovi divertente?». Striscio di nuovo sul letto e mi stendo a pancia in<br />

giù, con il sapore del vomito ancora in gola. «Che diavolo è successo ieri notte?».<br />

Con la punta delle dita mi disegna dei cerchi sulla schiena nuda. «Be’, è cominciata<br />

con te che ti sei scolato mezza bottiglia di vodka ed è finita con te che mi intrappolavi nel tuo<br />

letto».<br />

Tiro su la testa e alzo un sopracciglio. «Abbiamo…».<br />

Scuote la testa e si china, adesso è distesa su un fianco accanto a me. «Non volevi


lasciarmi andare. Sei un po’ perfido quando sei così ubriaco».<br />

«Ti ho detto delle cose cattive?»<br />

«No, hai solo provato a litigare».<br />

«Mi dispiace», dico aggrottando la fronte. «Per tutto quello che ho fatto».<br />

I suoi enormi occhi verdi mi fissano. «Non voglio le tue scuse. Voglio che tu mi dica<br />

che succede».<br />

«Niente», mento distogliendo lo sguardo. «Ho solo un po’ esagerato».<br />

«Lo sai, non è affatto giusto». Mi strattona il braccio perché la guardi. «Tu mi<br />

costringi sempre a dirti tutto, e quando non voglio farlo mi insegui, mi obblighi, oppure mi<br />

prendi in giro finché non cedo».<br />

«Puoi provare a farlo anche tu», le dico con voce bassa e roca. «Potrebbe essere<br />

interessante vedere come va. Anzi, ti sfido a provarci».<br />

Lei si irrigidisce. «Micha, parlami e basta».<br />

Scuoto la testa, caparbio. «Te l’ho detto, prova a costringermi e magari lo farò».<br />

Lei si morde il labbro inferiore mentre riflette, poi mi spinge per farmi voltare sulla<br />

schiena. Potrei difendermi senza problemi, ma non avrebbe senso. Si mette seduta, con una<br />

gamba sopra di me. Ha i capelli castani arruffati che le circondano la faccia e l’eyeliner sbavato,<br />

ma è lo stesso fantastica.<br />

sera».<br />

Tenta di mantenere un’espressione seria. «Adesso dimmi perché eri così agitato ieri<br />

«Nah, sto bene», dico. «Penso che me lo terrò per me».<br />

Lei mi poggia bruscamente le mani sulle spalle e mi stringe le gambe intorno alla<br />

vita, sfregando involontariamente il corpo contro il mio, e causandomi un’erezione. «Per favore,<br />

dimmelo e basta». Sbatte le ciglia ed è assolutamente adorabile.<br />

«Okay, te lo dico». Le poggio le mani sui fianchi, accarezzandola con le dita. «Ma<br />

per la cronaca, io non ti ho mai sbattuto le ciglia».<br />

questo».<br />

Sorride fiera di sé. «Lo so. È il mio trucco segreto. Hai sempre avuto un debole per<br />

Muovo le mani e le porto sul suo fondoschiena. «Mi stai dicendo che mi hai<br />

manipolato?»<br />

«Non cambiare argomento», dice, lasciando che le mie mani restino dove sono.<br />

«Dimmi cosa ti ha fatto agitare ieri sera».<br />

«Mio padre ha una specie di malattia rara». Butto fuori il fiato e sento sciogliersi<br />

tutta la pesantezza. «E ha bisogno di me per fare un trapianto di midollo».


Il suo viso ora è di un pallore spettrale. «Lui… starà bene?».<br />

Annuisco. «Sì, non è in pericolo di vita, ma io…».<br />

«Ma tu cosa?», mi invita a continuare massaggiandomi le spalle con i pollici.<br />

Distolgo lo sguardo da lei e fisso una crepa sulla parete. «Non voglio fare questa<br />

cosa per lui. Voglio che soffra e che si senta una merda per questo. Ma sono davvero così<br />

stronzo da fregarmene della sua malattia solo perché sono arrabbiato?».<br />

Lei si rilassa su di me e arriccia le labbra. «È questo che ti fa agitare? Il senso di<br />

colpa per il fatto di essere arrabbiato con lui?»<br />

«Perché ho l’impressione che lo trovi divertente?». Il mio sguardo torna su di lei.<br />

«Non lo è».<br />

«No, non lo è». Si sforza di mantenere un’espressione impassibile. «È solo che… sei<br />

adorabile. Sei agitato perché ti senti uno stronzo per il fatto di aver pensato delle cose da<br />

stronzo».<br />

«Non ti azzardare mai più a dire che sono adorabile». Le strizzo il sedere e il suo<br />

corpo si tende ancora di più sopra di me, facendomelo venire ancora più duro. «Nessun ragazzo<br />

vuole essere chiamato così».<br />

Dalle labbra le sfugge una risata e sfiora involontariamente la mia erezione. «Non<br />

mi importa. Lo sei. Sei davvero adorabile, Micha Scott. Non credo che esista un ragazzo più<br />

dolce di te sulla faccia della terra».<br />

Le lancio un’occhiata fredda e severa. «Vuoi vedere quanto sono dolce?». Con un<br />

solo rapido movimento ribalto la nostra posizione, adesso il suo corpo caldo è sotto di me. Mi<br />

brucia lo stomaco, ma ricaccio indietro la nausea. «Se continui a dire che sono adorabile ti<br />

mando a gambe all’aria e ti faccio vedere quanto sono maschio». Apre la bocca scioccata e le<br />

sue guance si colorano di rosa. Le accarezzo e passo il pollice su uno zigomo. «Ecco, questo sì<br />

che è adorabile».<br />

Il suo corpo freme sotto di me, ma la voce è composta. «Allora, che hai intenzione di<br />

fare con tuo padre?».<br />

Mi ritraggo un po’, ma continuo a tenerle i fianchi intrappolati tra le gambe. «Ho<br />

sempre saputo cosa avrei fatto. Dovevo solo risolvere qualche conflitto interiore con i pensieri di<br />

merda che mi hanno riempito la testa».<br />

«Quindi lo aiuterai?»<br />

«Sì, lo aiuterò».<br />

Il suo petto si alza e si abbassa e mi fissa con occhi immensi. «È davvero difficile<br />

essere tua amica».<br />

La sua franchezza mi lascia stupito e prendo in considerazione l’idea di strapparle di<br />

dosso i vestiti e fare l’amore con lei qui e ora. «Come devo prendere questa affermazione?


Perché ho migliaia di idee».<br />

Mi rivolge un sorriso tirato. «Non voglio che tu faccia niente per ora. Volevo<br />

soltanto che sapessi come mi sento, che sapessi che mi fai sentire così. Devo imparare a<br />

condividere i miei sentimenti».<br />

La bacio teneramente sulla guancia e mi sposto, sfregando il corpo contro il suo<br />

un’ultima volta. Lei ansima al contatto, e io sorrido.<br />

«Sei una persona migliore di quello che credi, Ella May». Indico la mia bocca. «Lo<br />

vedi, sei riuscita a farmi sorridere».<br />

Alza gli occhi al cielo mentre scende dal letto e liscia le pieghe della maglietta. «Per<br />

farti sorridere basterebbe che mi svestissi».<br />

Tengo lo sguardo fisso su di lei, immaginandola sudata e nuda sotto di me.<br />

«Smetti di guardarmi in quel modo». Il suo respiro si fa irregolare. «Così non riesco<br />

a respirare».<br />

Mantengo gli occhi su di lei e prendo il telefono da sopra una delle tante scatole<br />

impilate nella mia minuscola camera da letto. «Ti va di fare un viaggio a New York?».<br />

Inarca le sopracciglia. «Da amici?».<br />

Annuisco e compongo il numero di mio padre. «Se è ciò che vuoi».<br />

«È ciò che voglio adesso», dice. «E sì, verrò con te, perché ti amo».<br />

Ella<br />

La mattina dopo la sbronza, realizzo che Micha potrebbe avere un problema di<br />

alcolismo. Si sta comportando esattamente come mio padre: usa l’alcol per risolvere i suoi<br />

problemi. Anche se potrebbe essere difficile parlargliene, credo di doverlo fare.<br />

Tiro fuori l’argomento con la terapista durante l’ultima seduta prima del viaggio a<br />

New York, ma lei non è d’accordo.<br />

«Non credo sia una buona idea in questo momento, Ella», dice ad alta voce<br />

sovrastando la pioggia che batte sulle finestre. Fuori i marciapiedi sono allagati, il cielo è di un<br />

colore grigio scuro e il vento ulula. «Stai ancora cercando di venire a capo dei tuoi problemi e<br />

affrontare argomenti del genere può far venire alla luce emozioni negative».<br />

«Micha non è così», obietto, alzando la voce per farmi sentire sopra il boato di un<br />

tuono. «Non mi farebbe mai del male di proposito».<br />

«Affrontare i propri problemi può essere dura per tutti». Inforca gli occhiali e scorre<br />

gli appunti del giorno precedente. «Come vanno le cose ultimamente? Va tutto bene?».<br />

Le dico la verità, anche se la mia reazione istintiva sarebbe di edulcorare un po’ la


ealtà. «Tutto a posto, a parte qualche momento dopo aver attaccato il telefono con Dean, ma<br />

quando parlo con lui le cose vanno sempre un po’ di merda».<br />

«Perché ti ha chiamata?», mi chiede.<br />

Sento un peso crescere nel petto mentre rispondo a bassa voce. «Perché oggi è il<br />

compleanno di mia madre».<br />

Non mi guarda con compassione, e questa è una delle cose che mi piacciono di lei.<br />

«È stato scortese durante la conversazione?».<br />

Mi sforzo di respirare. «Un po’, ma è perché ancora mi incolpa della morte di nostra<br />

madre, credo».<br />

Appoggiata sul taccuino c’è la matita, con cui è pronta a prendere appunti. «Parli<br />

mai con lui di come ti senti quando ti ferisce?».<br />

Scuoto la testa. «No, e non voglio farlo».<br />

La sua mano si muove rapida sulla carta mentre appunta qualcosa. «Cosa hai fatto<br />

dopo aver riattaccato con Dean. Eri agitata?»<br />

«Non ero agitata», la correggo. «Solo triste. Sono tornata in camera e mi sono<br />

rannicchiata sul letto per un po’. Ma poi ne sono venuta fuori da sola».<br />

«È una cosa buona». Si toglie gli occhiali, nei punti in cui la montatura poggiava sul<br />

naso sono rimaste delle linee rosse. «A che ora parti per New York?».<br />

Mi volto e do un’occhiata all’orologio appeso alla parete dietro di me. «Tra,<br />

diciamo, quattro o cinque ore».<br />

«Starai bene?», indaga. «È un viaggio da sola con Micha».<br />

«Andrà tutto bene», le assicuro. «So che non vuole che stia con lui, e non stiamo<br />

insieme, ma lui è pur sempre un mio amico e ha bisogno di me».<br />

«Non ti ho mai detto di non stare con lui, Ella». La pioggia riprende, stendendo un<br />

velo d’acqua sulle finestre, e lei alza la voce. «Ti ho solo detto che finché non riesci a costruirti<br />

una vita stabile è meglio prendere le cose con calma, e le relazioni di solito non sono facili».<br />

Arrotolo una ciocca di capelli intorno a un dito. «Come saprò di essere pronta a<br />

tornare con lui?».<br />

Mi offre un sorriso incoraggiante. «Solo tu lo sai, ma se posso darti un consiglio,<br />

vacci piano con qualsiasi relazione tu decida di avere, così i tuoi pensieri avranno il tempo di<br />

rallentare e riuscirai a vedere le cose come stanno».<br />

I pensieri mi turbinano nella testa, mi alzo e getto la borsa in spalla. «Direi che ci<br />

vediamo quando torno».<br />

Mi accompagna alla porta. «Abbi cura di te, Ella, e ricorda, se hai bisogno di<br />

qualcosa, chiamami».


La saluto con la mano ed esco fuori nella pioggia, diretta all’appartamento. I miei<br />

stivali sguazzano nelle pozzanghere e anche se corro per tutto il tragitto, vestiti e capelli si<br />

inzuppano.<br />

Ethan e Micha sono seduti sul divano del salone quando entro sbattendo la porta e<br />

chiudendo fuori la pioggia. Mi fissano entrambi con gli occhi sgranati.<br />

Micha nota i miei jeans e la maglietta appiccicati al corpo e le gocce d’acqua che mi<br />

scivolano lungo il viso. «Non avevi una giacca da metterti addosso?».<br />

Strizzo i capelli lasciando un macello sulle mattonelle dell’ingresso. «No, non<br />

credevo piovesse».<br />

«Cosa? I nuvoloni neri non erano un segnale sufficientemente evidente?», chiede<br />

Ethan prendendomi in giro e afferrando una manciata di patatine dal tavolino.<br />

«Di solito qui non piove». Vado in camera e gli stivali lasciano una scia d’acqua sul<br />

tappeto. «Ho tempo per una doccia prima di uscire?»<br />

«Sì, ce la fai», mi urla Micha. «Basta che sia veloce».<br />

Chiudo la porta della camera da letto, mi sfilo i vestiti bagnati ed entro nel bagno,<br />

lasciando la porta accostata. L’acqua calda della doccia rilassa i miei muscoli irrigiditi e la<br />

lascio scorrere sul corpo più di quanto avessi progettato.<br />

«Ella, sei viva là dentro?». La voce di Micha si alza fino a sovrastare il rumore<br />

dell’acqua che scorre.<br />

Mi asciugo gli occhi. «Sì, stavo per uscire».<br />

Aspetto un minuto che lui se ne vada, poi chiudo l’acqua e scosto la tenda per uscire,<br />

ma lui è ancora lì, appoggiato al piano del lavandino.<br />

«Merda». Afferro la tenda e la uso per coprirmi. «Pensavo fossi uscito».<br />

Incrocia le braccia e i suoi occhi cupi sembrano penetrare dentro di me. «Volevo<br />

assicurarmi che avessi finito. Dobbiamo andare».<br />

Tiro fuori il braccio, afferro l’asciugamano appeso e me lo avvolgo intorno al corpo<br />

prima di lasciare la tenda e uscire. Il suo sguardo non mi abbandona un secondo mentre mi<br />

dirigo in camera.<br />

Frugo nel cassettone alla ricerca di qualcosa da mettere, e scelgo una maglietta a<br />

righe grigie e nere con il cappuccio e un paio di jeans. «Okay, dammi un minuto per vestirmi e<br />

sono pronta».<br />

Micha prende uno dei disegni della ragazza con la faccia attraversata da crepe e lo<br />

osserva. «Quando l’hai fatto questo?».<br />

Sospirando, infilo le mutande senza togliermi l’asciugamano. «Poco prima di venire<br />

a trovarti a l.a.».


Lo lascia ricadere sul cassettone e i suoi occhi ardenti si spostano su di me. «Sembra<br />

che fossi triste quando l’hai disegnato».<br />

Infilo i pantaloni e saltello per tutta la stanza perché il piede mi si è incastrato nella<br />

gamba dei jeans. «Ero triste perché non riuscivo a vederti».<br />

Sulle sue labbra si disegna l’ombra di un sorriso, mentre io fisso il reggiseno che ho<br />

in mano, tentando di pensare a un modo per metterlo senza farmi vedere nuda da lui.<br />

«Hai qualche problema?», mi chiede.<br />

Lo guardo impassibile. «Ti dispiacerebbe uscire un attimo?».<br />

Lui annuisce vigorosamente. «Mi dispiacerebbe molto».<br />

Scuoto la testa, mi volto e lascio cadere l’asciugamano. Infilo le braccia nelle<br />

bretelle del reggiseno e muovo le mani dietro la schiena cercando di chiuderlo, ma sento delle<br />

dita sfiorarmi.<br />

«So che non dovrei dirlo, visto che in teoria dovremmo essere amici», sospira Micha<br />

con voce roca, mentre allaccia i fermagli del reggiseno. «Ma sei follemente bella».<br />

Sento i polmoni stringersi, mi guardo alle spalle e vedo le sue labbra dolci a pochi<br />

centimetri. «Hai ragione», dico senza fiato, mentre il cuore mi martella nel petto. «Non dovresti<br />

dire cose del genere».<br />

Il suo sguardo si sposta sulle mie labbra, pieno di desiderio, potrebbe baciarmi in<br />

questo istante, e mi sfugge un gemito implorante. Lui si ritrae, stuzzicando il piercing sul labbro,<br />

i suoi occhi restano fissi su di me finché non chiude la porta e sparisce in salone.<br />

Libero un respiro tremante, infilo rapidamente la maglietta e mi pettino,<br />

rimpiangendo il bacio mancato.<br />

Quando Ethan ci lascia all’aeroporto abbiamo appena il tempo di fare il check-in e<br />

raggiungere il gate prima dell’imbarco. Tutti quanti pensano che siamo in viaggio di nozze,<br />

Micha è divertito dall’equivoco, io mi sento a disagio. Viaggio di nozze vuol dire matrimonio, e<br />

non sono pronta per questo.<br />

Mentre ci prepariamo a salire sull’aereo, Micha mi dice di andare avanti da sola.<br />

Deve sbrigare una faccenda, ci rivedremo a bordo. Prendo i bagagli e mi metto in fila con la<br />

carta d’imbarco in mano, mentre lui si allontana in direzione del duty free con la borsa in spalla.<br />

Una volta sull’aereo individuo la nostra fila, metto la borsa piccola sotto il sedile e<br />

quella grande nella cappelliera. Mi siedo accanto al finestrino e guardo fuori il cielo azzurro e<br />

l’ala dell’aereo, chiedendomi quanto sia brutto volare. Non l’ho mai fatto prima d’ora.<br />

«Sembri nervosa», commenta Micha quando mi raggiunge.<br />

«Sto bene», gli assicuro. «Ero solo persa nei miei pensieri».<br />

Infila la borsa nella cappelliera e la maglietta a scacchi verdi con il cappuccio si


solleva un po’, rivelando i muscoli asciutti dell’addome e la pelle liscia come porcellana.<br />

Ripenso a quando gli faccio scorrere le dita sul petto, sulla pancia, e assaporo la sua pelle<br />

morbida.<br />

maglietta.<br />

«Ti stai godendo il panorama?». Inarca un sopracciglio e rimette a posto la<br />

Mi volto verso il finestrino per nascondere un sorriso. «Immagino di sì».<br />

Si siede sul sedile centrale e quando mi volto di nuovo verso di lui, noto che ha una<br />

busta di carta in grembo.<br />

La indico. «Che c’è là dentro? Qualcosa di buono?».<br />

Apre la busta e la spinge verso di me. Dentro c’è un cupcake al cioccolato, con<br />

guarnizioni rosa e rosse. Il mio cuore si colma istantaneamente di amore per lui.<br />

«So che non è la stessa cosa». Prende il cupcake dalla busta e lo tiene sul palmo<br />

della mano. «Ma ci si avvicina».<br />

Immagini di mia madre mi scorrono nella testa e gli occhi mi bruciano di lacrime.<br />

Era il suo trentacinquesimo compleanno, io avevo dodici anni. Quando le chiesi cosa voleva per<br />

regalo, lei mi disse che voleva preparare cupcake tutto il giorno. È stato uno dei momenti belli<br />

della mia vita, anche se la maggior parte della gente probabilmente penserebbe che sia un po’<br />

strano. Ma lei era felice. Io ero felice. Micha era felice. E quella felicità aveva portato un po’ di<br />

serenità nelle nostre vite.<br />

«Ti sei ricordato». Una lacrima mi sfugge e mi scorre lungo la guancia.<br />

«Certo che mi sono ricordato». Mi asciuga la lacrima errante. «Come potrei<br />

dimenticare il giorno in cui mi hai costretto a fare dozzine di cupcake?».<br />

Al ricordo riesco a sorridere mentre piango. «Non potevo dirle di no. Era il suo<br />

compleanno e sembrava così felice».<br />

«Anche io ero felicissimo di aiutarti», dice asciugandomi un’altra lacrima con il<br />

dito. «Anche se ho finito per vomitare l’anima perché avevo mangiato troppo impasto».<br />

«È un bel ricordo di mia madre». Chiudo gli occhi, ricaccio indietro le lacrime e mi<br />

sfugge un respiro tremolante. «Raro, ma bello».<br />

Quando riapro gli occhi, lui mi sta fissando intensamente, come se temesse di<br />

vedermi andare in mille pezzi. Intingo un dito nella glassa e lo lecco.<br />

Lui trattiene un sorriso. «Com’è?».<br />

Mi lecco un po’ di glassa dalle labbra. «Davvero buono».<br />

Una ragazza sui venticinque anni, con i capelli biondi e ricci e gli zigomi<br />

pronunciati, si siede accanto a Micha. Gli lancia uno sguardo languido mentre infila la valigia<br />

sotto il sedile e spegne il cellulare.


Mi chino verso di lui e Micha sussulta, confuso. «Hai un’ammiratrice».<br />

Getta un’occhiata alle sue spalle e quando torna a guardarmi il suo viso ha<br />

un’espressione divertita. «Una delle tante».<br />

Ridendo, lecco un altro pezzetto di glassa dal cupcake e lui mi guarda fisso,<br />

rigirandosi il piercing tra i denti.<br />

«Sai cosa mi piace?», mi chiede, e io mi aspetto di sentire qualcosa di osceno uscire<br />

dalle sue labbra. «Quanto sono grandi i tuoi occhi». Mi appoggia un dito vicino a una tempia e<br />

mi accarezza delicatamente. «Sono bellissimi».<br />

La ragazza alza gli occhi al cielo mentre allaccia la cintura di sicurezza, poi prende<br />

una rivista dalla tasca del sedile di fronte a lei.<br />

«E sai cosa piace a me invece?», gli chiedo. Lui scuote la testa. «Quando sei nudo<br />

nel mio letto».<br />

La tizia fa una faccia disgustata mentre sfoglia le pagine e Micha corruga la fronte.<br />

Mi copro la bocca con la mano e gli avvicino le labbra all’orecchio. «Ci sta<br />

ascoltando: ho pensato che potremmo divertirci un po’».<br />

Sul suo viso si disegna un sorriso malvagio. «E sai cosa piace a me? Averti nuda<br />

sotto di me, eccitata e sudata».<br />

La tipa sbuffa esasperata e si volta verso il corridoio.<br />

Addento il cupcake con un ghigno. «Questa non era male».<br />

«Già. Era», concorda lui spegnendo il cellulare.<br />

L’aereo comincia a rullare all’indietro e ci vuole un bel po’, ma finalmente<br />

sfrecciamo verso il cielo. Respiro intensamente tamburellando le dita sulle cosce; non so perché<br />

sono così tesa, ma ripongo tutta la mia fiducia nel pilota.<br />

Le dita di Micha si stringono intorno al mio polso e mi bacia le vene pulsanti.<br />

«Rilassati, va tutto bene».<br />

Mi stringo a lui e gli appoggio la testa sulla spalla. Tira fuori l’iPod e si infila un<br />

auricolare nell’orecchio. Poi mi scosta di lato i capelli e infila l’altro nel mio.<br />

Scorre la playlist e qualche secondo dopo parte Chalk Line degli Strike Anywhere,<br />

la versione acustica, più dolce. Si stringe a me e canta, il suono della sua voce angelica mi culla<br />

finché non mi addormento.<br />

Capitolo 12<br />

Micha


L’aereo atterra, ci registriamo all’hotel assurdamente lussuoso che mio padre ha<br />

prenotato e decidiamo di fare un giro turistico. I marciapiedi sono strapieni e il traffico è<br />

praticamente fermo. È il primo pomeriggio, ma fa freddo e gli edifici sono così alti che il sole<br />

quasi non arriva ai piani più bassi, o al suolo.<br />

Ella indossa una giacca con il cappuccio e dei mezzi guanti, ma trema di freddo<br />

mentre sorseggia il caffè.<br />

«Hai freddo bimba?», le chiedo tirandomi il cappuccio sulla testa.<br />

Annuisce con il caffè accostato alle labbra. «Mi sa che mi sono abituata un po’<br />

troppo al clima di Las Vegas».<br />

Mi avvicino e le sfrego le mani sulle braccia per generare calore. «Pensa come sarà<br />

tornare a casa a Natale allora. A Star Grove fa molto più freddo che qui».<br />

Mentre beve il caffè la cingo con le braccia, guidandola tra la folla. «Non penso di<br />

andare da nessuna parte a Natale».<br />

Torno al suo fianco e intercetto il suo sguardo. «Che vuoi dire? Non puoi restare da<br />

sola al campus per tre settimane».<br />

«Non voglio tornare in una casa vuota, Micha», dice. «E non starò da sola. Neanche<br />

Lila torna a casa».<br />

Ci fermiamo al semaforo e aspettiamo il verde in mezzo alla folla, il traffico ci<br />

sfreccia davanti.<br />

«Puoi stare da me», le propongo. «Sono disposto anche a cederti il mio letto».<br />

in hotel?»<br />

Mi lancia un’occhiataccia. «Certo, non dovevamo avere due letti separati anche qui<br />

«Ehi, è stato mio padre a prenotare», dico mentre lei si toglie i capelli dalla bocca.<br />

«Non è colpa mia».<br />

«Ah sì». Alza gli occhi al cielo. «Ma guarda che fortuna per te».<br />

«Sì, per me è una fortuna». Sto camminando sul filo del rasoio. «Così se sarò troppo<br />

eccitato dovrò solo convincerti a mettere una gamba sopra di me e scommetto che ti lascerai<br />

toccare un’altra volta. Sai, diventi un po’ monella quando sei in una stanza buia».<br />

Un ragazzo più grande con i capelli fini e gli occhiali sta ascoltando la nostra<br />

conversazione con un gran sorriso sulla faccia. «Non è andata proprio così», dice Ella.<br />

Lancio uno sguardo intimidatorio al pervertito che ci sta ascoltando, lui si volta di<br />

colpo. «È andata esattamente così, bellezza, e tu lo sai».<br />

Butta giù il caffè per nascondere l’espressione imbarazzata. «Non so di cosa parli».<br />

Intreccio le dita alle sue, attraversiamo la strada insieme alla folla e ci fermiamo<br />

dall’altro lato per guardarci intorno.


«C’è qualche posto in particolare dove vuoi andare?», le chiedo. «Central Park? Ti<br />

va di pattinare sul ghiaccio?».<br />

Alza la testa e si scherma gli occhi con la mano mentre guarda in alto verso l’Empire<br />

State Building che si innalza nel cielo. «Voglio salire lassù».<br />

Mi si stringe qualcosa nel petto al ricordo di lei sul ponte: in equilibrio sull’orlo,<br />

pronta a gettare via la sua preziosissima vita.<br />

«Sei sicura?», le chiedo espirando lentamente. «Ci sono un sacco di cose che<br />

potremmo fare».<br />

Sorride e mi tira per un braccio. «Sì. Adesso vieni».<br />

Scaccio via il più possibile quel ricordo dalla mia mente e con un po’ di riluttanza le<br />

permetto di guidarmi lungo la strada. Andrei ovunque insieme a lei, anche dove non voglio.<br />

Ella<br />

C’è un po’ di fila per raggiungere gli ascensori, ma poi saliamo su velocissimi e il<br />

sangue mi va un po’ alla testa. Quando la porta si apre, usciamo e ho lo stomaco in subbuglio<br />

quanto i nervi. Butto il bicchiere di caffè vuoto nel cestino e vado verso la zona panoramica,<br />

protetta da sbarre.<br />

Micha mi segue, anche se non vorrebbe essere quassù. È inquieto e io intreccio le<br />

dita alle sue mentre guardo giù, al di là della protezione, e osservo la città pulsante di vita sotto<br />

di noi. Si sta facendo buio e le luci colorate brillano a chilometri di distanza. In questo momento<br />

si abbatte su di me la stessa sensazione di impotenza che ho provato sull’aereo, togliendomi il<br />

fiato.<br />

Micha percepisce il mio disagio e mi stringe le braccia intorno alla vita. «Prendi un<br />

bel respiro, rilassati e goditi il panorama». Mi ricopre il collo di baci finché non mi calmo.<br />

«È bellissimo», sospiro. «Davvero fantastico».<br />

davvero».<br />

Succhia il mio punto sensibile sotto l’orecchio, poi allontana la bocca. «Lo è<br />

Tremando per il freddo e per il contatto, mi stringo a lui, che mi appoggia il mento<br />

sulla testa. «Ed è tutto vero».<br />

Non tutti sarebbero in grado di capire cosa intendo, ma Micha sì e le sue braccia si<br />

stringono intorno a me. La gente ci passa accanto, io resto immobile e realizzo quanto sia bello<br />

avere un momento di pace in cui i pensieri non si ammucchiano l’uno sull’altro.<br />

A un certo punto, mentre siamo in fila, comincio a piangere silenziosamente,<br />

sperando che lui non se ne accorga.<br />

Le sue dita cercano la mia guancia e asciugano le lacrime. «Perché piangi,


ellezza?»<br />

«Non è niente, è solo che… è così normale», ammetto, tamponando le lacrime con la<br />

punta delle dita. «Mi dispiace, non so perché mi comporto come una bambina».<br />

Mi dà un bacio sulla testa e mi stringe a sé. «Non sei una bambina, sei vera».<br />

Sento scivolare via un po’ del peso che mi opprime il petto, e mi stringo ancora più<br />

forte le sue braccia addosso. Vorrei che non mi lasciasse mai.<br />

Mi riporta all’hotel a spalle: mi fanno male i piedi per quanto abbiamo camminato.<br />

Non posso fare a meno di ridere per tutto il tragitto, perché la gente continua a lanciarci strane<br />

occhiate e c’è anche qualcuno che è un po’ invidioso.<br />

Quando entriamo nell’atrio dell’hotel, il portiere, che indossa uno strano cappello e<br />

una divisa con i bottoni, ci viene incontro con un’espressione seriosa. «Niente baraonda<br />

nell’atrio».<br />

Gli stivali di Micha strusciano sul pavimento di marmo bianco. «Ha assolutamente<br />

ragione. Ce la teniamo per la camera da letto», replica mentre indietreggia verso l’ascensore,<br />

sempre con me sulla schiena.<br />

Il portiere ci guarda torvo mentre le porte si richiudono e Micha lo saluta con la<br />

mano. Provo a scendere ma lui congiunge le braccia sotto le mie gambe, spinge il pulsante del<br />

piano e l’ascensore sfreccia verso l’alto.<br />

Una volta arrivati, continua a tenermi sollevata, esce e percorre il corridoio fino alla<br />

nostra stanza.<br />

Una coppia di mezza età ci passa accanto e la donna si porta una mano al cuore.<br />

«Guarda Harold, degli sposini».<br />

Il commento mi mette di malumore, ma Micha ride, infila la tessera magnetica nella<br />

serratura e apre la porta. Mi mette giù piano, ma poi mi riprende subito in braccio. «Dovrei<br />

portarla in braccio oltre la soglia, giusto?». Ammicca alla signora, che sorride con occhi<br />

languidi.<br />

Mi porta in camera e chiude la porta con un calcio. «Benvenuta nella suite luna di<br />

miele, dove solo le oscenità sono ammesse».<br />

Gli assesto un colpo sul braccio mentre lui si dirige verso il letto. «Non siamo due<br />

sposini, perciò smetti di fingere», gli dico.<br />

I suoi occhi brillano maliziosi quando mi lancia sull’enorme letto coperto da una<br />

trapunta bianca, con delle mentine omaggio posate sui cuscini. Atterro sul materasso, rimbalzo e<br />

mi volto a pancia in giù, lo guardo con gli occhi ridotti a due fessure e lui ride come un pazzo.<br />

cara».<br />

«Te la farò pagare per questo», lo minaccio con uno sguardo cupo. «E la pagherai<br />

Indietreggia verso la sua borsa sopra il divano. «Non vedo l’ora».


Mi giro sulla schiena e stendo le braccia sopra la testa mentre osservo il soffitto.<br />

Sono felice e mi avvinghio a questa sensazione con tutta me stessa. «Ci avrei scommesso».<br />

Qualche istante dopo mi salta addosso, sostenendosi all’ultimo secondo con le<br />

braccia per evitare di schiacciarmi. «So cosa dovremmo fare».<br />

«Assolutamente no. Qualsiasi cosa stia per uscire dalla tua bocca, non voglio<br />

sentirla», dico io, e lui mi blocca le braccia sopra la testa. «Ho capito di che umore sei».<br />

«Quale umore?»<br />

«Quello in cui qualsiasi cosa dici include qualche oscenità. Sai, mi sono chiesta<br />

spesso se è una cosa che fai solo con me o se lo facevi anche con le ragazze con cui uscivi<br />

prima».<br />

Irrigidisce la mascella e si allontana un po’, ma senza lasciare la presa sui miei polsi.<br />

«Lo sai che non sono mai stato con nessuna tanto a lungo da fare veramente qualcosa».<br />

La nostra allegria si sta spegnendo per colpa mia e io non voglio. «Dài, dimmi cosa<br />

volevi fare, non trattenerti».<br />

lotta».<br />

I suoi occhi turchesi brillano come l’oceano sotto i raggi del sole. «Facciamo la<br />

Scuoto la testa. «Non esiste. L’ultima volta che abbiamo fatto la lotta ti sei seduto su<br />

di me per almeno dieci minuti e ridevi perché non riuscivo ad alzarmi».<br />

«Prima di tutto raccontala bene. Ero a cavalcioni su di te, non seduto sopra», dice.<br />

«E poi sono rimasto là così tanto perché ogni volta che provavi a tirarti su, ti sfregavi contro di<br />

me e mi eccitavi».<br />

«Avevamo quindici anni», obietto. «Ancora non mi pensavi in quel modo».<br />

«Io avevo quindici anni», ribatte. «E tu eri una ragazza».<br />

Sogghigno nel notare il suo sorriso imbarazzato. «Okay, facciamo la lotta, ma non ci<br />

andrò piano».<br />

Si succhia il piercing, scende dal letto, si toglie la maglietta e la lancia sul<br />

pavimento. «Neanche io».<br />

Mi prendo il viso tra le mani e scuoto la testa, consapevole che sto per infilarmi in<br />

un gran casino, ma Anna mi ha detto di valutare da sola le situazioni. Ora mi sto divertendo e<br />

non voglio smettere, perciò mi alzo in piedi sul materasso.<br />

«Però non rompere niente», lo ammonisco indicando le lampade di vetro nella<br />

stanza e i quadri appesi alle pareti. «E non rompere me».<br />

vincerò».<br />

Fa un sorriso malvagio. «Credimi, ho in serbo dei grandi progetti per te quando<br />

Comincio a muovermi verso un lato del letto, ma lui intuisce la mia mossa e mi


sbarra la strada con le braccia.<br />

Lo spingo via e corro dall’altro lato, poi mi giro e torno indietro, sfrecciando nel<br />

varco che si è aperto. Atterro sul pavimento e corro verso il divano.<br />

«Non stiamo giocando a rincorrerci». Gira intorno al divano e io scappo dalla parte<br />

opposta. «Dovresti almeno provare a bloccarmi a terra».<br />

Indietreggio verso il bagno, riflettendo sull’opportunità di chiudermi dentro. «So che<br />

ho già perso se riesci a prendermi».<br />

Continua a inseguirmi, poi piega le braccia toniche e fa scrocchiare le nocche. Penso<br />

a una soluzione, e quando ne trovo una sorrido. Con dita tremanti afferro l’orlo della camicia, la<br />

sfilo oltre la testa e scuoto i capelli.<br />

Lui si sofferma sulla mia pelle nuda e sul reggiseno nero. «Bella mossa».<br />

Gli vado incontro e anche lui viene verso di me, ci raggiungiamo al centro della<br />

stanza. Gli tendo la mano e vorrei solo sfiorargli l’addome con le dita, ma lui mi afferra il polso<br />

e mi stringe a sé. Mi solleva e serro le gambe sui suoi fianchi, mentre procede a grandi passi<br />

verso il letto.<br />

«Questa non è lotta», dico gettando indietro la testa e ridendo.<br />

Le sue labbra si increspano in un sorriso allusivo mentre mi scosta i capelli dagli<br />

occhi. «Non devo buttarti a terra per fare quello che ho in mente».<br />

«Cosa?», gli chiedo mentre lui crolla sul letto, atterrando sopra di me.<br />

«Questo». Con uno sguardo sinistro negli occhi, mi stringe i polsi con una mano,<br />

imprigionandomi, e si mette a cavalcioni su di me.<br />

Tutto il mio corpo freme. «Adesso come ne esco?».<br />

Si accosta a me e qualche ciocca dei suoi capelli biondi mi solletica la guancia.<br />

«Non puoi». Mi sfiora con le dita la gabbia toracica e io sussulto.<br />

«Non osare», lo minaccio, dimenandomi per scappare. «Davvero. Non è divertente e<br />

questa volta te la faccio pagare sul serio».<br />

Le sue dita si muovono sulla mia pancia, esitanti, poi mi stringe un fianco.<br />

Irrigidisco i muscoli e mi sfugge un urlo. «Micha, ti prego», lo imploro trattenendo le risate.<br />

«Farò tutto quello che vuoi, ma non farmi il solletico».<br />

Lui sposta la mano con uno sguardo compiaciuto. «Ecco come si vince».<br />

Lo guardo fisso con gli occhi pieni di furia, ma il mio corpo è in estasi per il fatto di<br />

essere sotto di lui. «È stata una mossa sleale».<br />

«Che posso dire? Mi piace giocare sporco». Fa una pausa, i suoi occhi restano fissi<br />

su di me e il suo respiro aumenta il ritmo. «Ella… non so quanto posso spingermi oltre con te.<br />

So che hai detto che ti serve tempo per stare meglio, ma adesso sei sotto di me e… cazzo, è


ellissimo. Tutto quello che vorrei adesso è poterti toccare».<br />

Il mio petto si solleva mentre immagino le sue mani su di me e le parole della<br />

terapista mi riecheggiano in testa: un passo per volta. «Puoi toccarmi se vuoi… Ma fai piano».<br />

Lui aspetta un istante, nel caso volessi ritrattare la mia affermazione, ma io tengo le<br />

labbra serrate, in preda al nervosismo e all’attesa. Lentamente la sua mano risale su lungo il mio<br />

fianco, verso il seno. Continua a guardarmi negli occhi. Quando le dita raggiungono l’orlo del<br />

reggiseno si ferma per controllare le mie reazioni. Io resto immobile e desidero solo che lui vada<br />

oltre. Annuisco.<br />

I suoi occhi turchesi scintillano e le dita scivolano sotto il reggiseno, mentre la sua<br />

bocca affonda nel mio collo. Succhia la pelle proprio sotto l’orecchio, mi accarezza il seno e il<br />

pollice mi sfrega il capezzolo. Non prova neanche a togliermi il reggiseno e invece di infilare<br />

l’altra mano sotto le mutandine, mi accarezza tra le gambe restando all’esterno.<br />

Sta mantenendo una barriera, per non spingersi troppo in là. Non ci sono parole per<br />

descrivere quanto io lo ami. Sono la persona più fortunata del mondo ad averlo. Prometto a me<br />

stessa che farò di tutto per dargli ciò che vuole e proverò a renderlo felice.<br />

Qualche secondo più tardi, dalle mie labbra sfugge un gemito di piacere e per un<br />

attimo sono libera dalle mie ansie.<br />

Capitolo 13<br />

Micha<br />

La faccenda del trapianto è in programma per domani, perciò incontriamo mio padre<br />

in ospedale. La stanza in cui ci sistemano è piccola, con una tenda, un paio di sedie e una<br />

macchina dallo strano aspetto piena di cavi. C’è odore di disinfettante e il chiasso dell’atrio<br />

penetra all’interno attraverso la porta aperta.<br />

Ho letto la procedura prima di venire a New York e non dovrebbe essere troppo<br />

complicata. Il dottore mi infilerà un ago nel braccio e farà passare un po’ del mio sangue nella<br />

macchina prima di reimmettermelo nelle vene.<br />

Mio padre sta trafficando con il telefono e tutti e tre restiamo seduti in silenzio.<br />

Ella si scrosta lo smalto sulle unghie e io non riesco a smettere di tamburellare con il<br />

piede sul pavimento. Lei ha un succhiotto sul collo, nel punto in cui l’ho baciata la notte scorsa.<br />

Ha provato a nasconderlo con il fondotinta, me si vede ancora e ne sono felice.<br />

«Micha, potresti smetterla?», mi chiede bruscamente mio padre indicando con gli<br />

occhi il mio piede. «Ho mal di testa».<br />

padre.<br />

Fermo la gamba ed Ella mi lancia un’occhiata di sbieco, poi fissa freddamente mio


«Potrebbe smettere di armeggiare con il telefono?», gli chiede tirandosi su le<br />

maniche. «È un po’ scortese visto che lui è qui per aiutarla».<br />

Dio, adoro quando fa così. Anche se esce fuori di rado, il suo lato irascibile è<br />

splendido. Almeno per me, magari non per le persone a cui si rivolge.<br />

Mio padre la guarda torvo, premendo un pulsante sul cellulare. «Scusami?»<br />

«Sì, la scuso», ribatte lei. «Ma dovrebbe sedersi qui accanto e ringraziarlo, invece,<br />

non crede?».<br />

Mi copro la bocca per nascondere un sorriso e poso l’altra mano sopra la sua, le<br />

passo le dita sul polso e ripenso a come è stato toccarla la notte scorsa.<br />

solo».<br />

Mio padre mi guarda, sperando che io intervenga, ma scrollo le spalle. «Veditela da<br />

Prima che qualcuno possa aggiungere altro, entra un’infermiera. Ha una cartella in<br />

mano e la scorre con gli occhi. Ha i capelli della stessa tonalità di Ella, ma avrà almeno dieci<br />

anni di più, gli occhi marroni e le lentiggini. «Okay, tu devi essere Micha».<br />

Le rivolgo un sorriso accattivante. «Sì, e l’ha anche pronunciato bene, il che non<br />

accade molto spesso».<br />

Mi sorride e sembra esausta mentre posa la cartella sul piano. «Forse è meglio che<br />

voi due usciate. Ci vorrà un po’».<br />

Ella mi guarda e io annuisco, mio padre corre fuori dalla stanza come se stesse<br />

andando a fuoco.<br />

Prima di andarsene, Ella mi dà un bacio sulla guancia. «Sono qui fuori se hai<br />

bisogno di me».<br />

confuso.<br />

È da ieri sera che è diversa, più affettuosa. Non mi dà fastidio, ma mi lascia un po’<br />

Quando la stanza si libera, l’infermiera prepara la macchina e mi infila un ago nel<br />

braccio. Noto a malapena la puntura. La mia mente è con Ella e penso a cosa starà dicendo a<br />

mio padre.<br />

Ella<br />

Non appena ho posato lo sguardo sul padre di Micha ho capito che è uno stronzo<br />

arrogante. Indossa un completo e ha con sé una ventiquattrore, come a dimostrare che lui è<br />

qualcuno. Micha non mi ha mai parlato molto di come vanno le cose tra loro, ma è evidente che<br />

non siano un granché.<br />

Dopo che l’infermiera ci ha chiesto di uscire, mi sono seduta nella sala d’aspetto e il<br />

padre di Micha ha preso posto di fronte a me. C’è un gran baccano, bambini che urlano e gente


che tossisce.<br />

«Sei la ragazzina che viveva nella casa accanto, vero?», mi chiede sprezzante.<br />

Assomiglia a Micha, ha gli stessi occhi turchesi e i lineamenti attraenti, è solo più vecchio.<br />

«Quella che aveva la famiglia con tutti quei problemi».<br />

Colpisce il mio punto debole e ci vuole un bel po’ di sangue freddo prima che riesca<br />

a ribattere. «E lei è lo stronzo che ha abbandonato la sua famiglia, vero?».<br />

La signora anziana accanto a me volta il capo verso di noi, lanciandomi<br />

un’occhiataccia per il mio linguaggio colorito.<br />

Il padre di Micha si appoggia allo schienale e si abbottona un polsino. «Vorrei<br />

proprio sapere perché ti permetti di parlarmi in questo modo. Non mi conosci».<br />

«Invece la conosco». Incrocio le gambe e appoggio le braccia in grembo. «È il tipo<br />

che ha abbandonato la persona migliore che potrà mai incontrare. E la sa una cosa? Sono quasi<br />

contenta che l’abbia fatto, altrimenti Micha sarebbe potuto diventare uno stronzo come lei».<br />

Il padre di Micha mi guarda come se volesse prendermi a schiaffi e la signora mi<br />

fissa con gli occhi socchiusi. Sta per dire qualcosa, ma me ne vado prima che possa farlo.<br />

Passeggio nelle sale dell’ospedale, passo davanti alla scrivania dell’infermiera e<br />

decido di rubare un lecca-lecca da regalare a Micha per scherzo. L’ospedale è un posto triste,<br />

pieno di lacrime, di gente che grida e dei bip delle macchine. È come se tutti stessero aspettando<br />

che qualcuno muoia, nell’aria c’è un senso di inquietudine. Mi riporta indietro al giorno in cui è<br />

morta mia madre: andammo con lei in ospedale anche se fu dichiarata morta già all’arrivo. Io<br />

non piansi, ma Dean e mio padre sì, e si abbracciarono l’un l’altro mentre io rimasi in fondo alla<br />

sala a guardare infermiere e dottori passare.<br />

Mi sentivo fuori posto, come se non dovessi essere là. Finii per andarmene, percorsi<br />

a piedi tutta la strada verso casa, mi rannicchiai sul letto e fissai il soffitto finché non sorse il<br />

sole e seppi che la mia vita non sarebbe più stata la stessa.<br />

Quando arrivo nel reparto psichiatrico, è come se una mano invisibile si stringesse<br />

intorno al mio collo per strangolarmi. Mi allontano in fretta e urto un’infermiera che indossa una<br />

divisa blu.<br />

«Che stai facendo?». Lancia un’occhiata verso la porta alle mie spalle. «Non<br />

dovresti essere qui».<br />

Indietreggio di qualche passo. «Non facevo niente, cercavo il bagno».<br />

I miei pensieri si concentrano sull’idea che potrei finire in un posto come questo,<br />

perciò torno nell’atrio principale. Micha mi sta aspettando su una delle sedie, sfogliando una<br />

rivista. È pallido e ha i capelli biondi appiccicati sulla fronte. Indossa una maglietta dei Rise<br />

Against su dei jeans neri, e al posto delle strisce di cuoio che aveva ai polsi ci sono delle<br />

fasciature.<br />

Nascondo il lecca-lecca dietro la schiena e mi avvicino. «Ce l’hai fatta a


sopravvivere».<br />

Alza lo sguardo e mi rivolge un sorriso stanco. «Certo, ma dove ti eri cacciata?»<br />

«Da nessuna parte». Mi siedo lì accanto e lui getta la rivista sul tavolo. «Volevo<br />

allontanarmi da tuo padre».<br />

nero».<br />

Mi scruta in viso. «Cosa gli hai detto? Perché è rientrato nella stanza incazzato<br />

Scrollo le spalle. «Soltanto la verità».<br />

Lui sogghigna, stira le gambe e alza le braccia sopra la testa. «Se sei d’accordo,<br />

vorrei tornare in hotel e dormire. Sono un po’ provato».<br />

«Non vuoi aspettare che tuo padre esca?»<br />

schiena?».<br />

«Nah, non credo». Lascia cadere le mani in grembo. «Che nascondi dietro la<br />

Le mie labbra si incurvano in un sorriso, tiro fuori la mano con il lecca-lecca rosso<br />

sul palmo. «Questo è per un giovanotto molto coraggioso».<br />

Ride dolcemente e lo prende. «Dio, ti amo».<br />

Mi alzo e lo aiuto a rimettersi in piedi. Si muove lentamente mentre ci dirigiamo<br />

verso le porte scorrevoli di vetro.<br />

Scarta il lecca-lecca e se lo infila in bocca. «Per quanto adori il tuo regalo, hai a<br />

disposizione un milione di modi per farmi sentire meglio appena torniamo in stanza».<br />

Ridacchio e non protesto, in questo momento farei qualsiasi cosa per lui.<br />

Capitolo 14<br />

Micha<br />

Dagli alberi sono cadute le foglie e l’aria è diventata più fresca, ma non è niente<br />

paragonato a Star Grove. È quasi arrivato il momento di tornare a casa per le vacanze e il Natale<br />

sembra essere ovunque. Ella è ancora testarda su questo punto. Provo varie volte a convincerla a<br />

venire con me, ma lei declina con gentilezza ogni mia proposta.<br />

Due notti prima del giorno in cui io e Ethan dovremmo partire, ho la mia prima<br />

serata all’Hook Up. È venerdì sera e i tavoli e i séparé sono tutti pieni. La gente si affolla al bar,<br />

urlando le ordinazioni alla barista, una ragazza sui venticinque anni con dei tatuaggi colorati<br />

sulle braccia e un piercing al naso. Dal soffitto pendono luci rosse e verdi e al centro di ogni<br />

tavolo c’è un albero di Natale.<br />

È passato un bel po’ dall’ultima volta che ho suonato da solo, e una strana energia


nervosa mi scorre nelle vene. Guardo la sala dalla porta sul retro, osservando la gente che fa<br />

casino.<br />

Qualcuno da dietro mi pizzica il sedere e io mi volto di scatto. «Che cazzo…?».<br />

Ella mi sorride allegra. «Sei nervoso».<br />

Lascio vagare pigramente gli occhi sul suo corpo. Porta i capelli legati in alto, in un<br />

nodo disordinato che le lascia delle ciocche ai lati del viso, le labbra piene brillano nell’oscurità<br />

e indossa una canottiera verde corta e un paio di jeans aderenti che le fasciano le curve. «Sii<br />

seria, bellezza. Lo sai che non sono mai nervoso».<br />

«Ma lo sembri», ripete lei, mordicchiandosi il labbro inferiore.<br />

Passo il dito sulle sue labbra rosse. «Anche tu».<br />

Mi mordicchia il dito, facendomi trasalire ed eccitare. «Sono solo nervosa per te».<br />

Da quando siamo tornati da New York i nostri rapporti sono stati di pura amicizia.<br />

Mi è parso che lei abbia un po’ mantenuto le distanze da quando siamo tornati alla vita reale e io<br />

mi sono fatto indietro, anche se non volevo.<br />

«Sei venuta qui a psicanalizzarmi?», scherzo per mascherare la tensione sessuale. Mi<br />

passo le mani tra i capelli e guardo alle mie spalle la gente che entra in massa dalla porta<br />

principale. «Perché sarebbe davvero perfido da parte tua».<br />

Mi getta le braccia al collo e mi morde il lobo dell’orecchio. «Mi sento molto<br />

perfida questa sera».<br />

La allontano con dolcezza. Mi accorgo che i suoi occhi sono lucidi e le pupille<br />

dilatate. «Sei ubriaca?».<br />

Dondola la testa su e giù ed è dannatamente carina. «Ho passato una brutta nottata e<br />

Lila mi ha offerto qualche shot di Bacardi».<br />

Bacardi».<br />

«Lila?», le chiedo inarcando dubbioso un sopracciglio. «Non mi sembra una tipa da<br />

«Be’… gliel’aveva dato Ethan». Barcolla di lato e sta per cadere a terra, ma le metto<br />

un braccio intorno alla vita.<br />

okay?»<br />

L’aiuto a ritrovare l’equilibrio e le tengo una mano sul fianco. «Sicura che è tutto<br />

«Starò bene…». I suoi occhi si spostano al centro della sala dove la gente sta<br />

ballando immersa nelle luci brillanti. «Dovremmo ballare».<br />

Reprimo una risata, mentre ci facciamo da parte per far passare un gruppo di ragazzi<br />

dall’aria truce. La spingo con la schiena sulla parete e lei ci si appoggia, mentre io le metto<br />

possessivamente una mano vicino alla testa. «Ella May, devo suonare più o meno tra cinque<br />

minuti. Non posso ballare adesso».


Tira fuori il labbro inferiore, mette il broncio e sbatte le ciglia. «Ti prego ti prego».<br />

«Ella…», comincio a dire ridendo, poi le mie spalle sussultano quando sfrega una<br />

mano sul davanti dei miei jeans, sul mio pene che si è fatto duro. Gliela prendo prima che possa<br />

appoggiarla là. «Baby, credo che tu sia un po’ ubriaca, perciò vacci piano, okay?».<br />

Comincia a muovere l’altra mano nello stesso punto, poi Ethan e Lila compaiono<br />

sulla porta. Ethan ha con sé una birra e Lila il cellulare all’orecchio e parla a voce alta al di<br />

sopra del frastuono della sala.<br />

«Ti ha trovato quindi», esclama Ethan con un ghigno. «Grazie a Dio, non la<br />

smetteva più di parlare di te».<br />

Ella nasconde la faccia sul mio petto. «Sono stanca».<br />

«Quanto l’avete fatta bere?», chiedo infastidito a Ethan. «Troppo, mi pare evidente».<br />

Ethan scuote la testa e la getta all’indietro per una sorsata di birra. «Ha voluto bere<br />

lei. Le ho lasciate sole per circa quindici minuti mentre mi facevo la doccia e mi preparavo per<br />

questa festicciola. Quando sono tornato, metà della bottiglia di Bacardi era sparita e queste due<br />

erano in cucina ubriache fradice».<br />

Lila inciampa sui tacchi e si sostiene appoggiando una mano alla parete. «Be’, non<br />

me ne frega niente di cosa fai», dice al telefono. «Non voglio che tu venga».<br />

Sulla faccia arrossata di Ethan si dipinge un gran sorriso e lui indica Lila. «Sta<br />

scaricando un tizio al telefono. Fa morire dalle risate».<br />

«Sei ubriaco?», lo accuso, barcollando all’indietro perché Ella si è appoggiata con<br />

tutto il peso su di me.<br />

Ethan annuisce. «Forse un po’».<br />

Scosto i capelli dalla faccia di Ella. «Chi ha guidato?»<br />

«Abbiamo preso un taxi». Ethan finisce la birra in un’ultima sorsata e mette giù la<br />

bottiglia vuota accanto al muro, vicino ad altre bottiglie e bicchieri vuoti. «Non sono così scemo<br />

da guidare ubriaco».<br />

Ella mi porta la mano vicino all’orecchio e sussurra: «Però non ha pagato il tassista.<br />

Ci ha fatte saltare fuori e correre via».<br />

Sospiro e le metto un braccio dietro la schiena. «Andiamo a trovarvi un posto, così<br />

potrò concentrarmi su quello che devo fare».<br />

Scelgo un séparé nell’angolo più lontano e chiedo alla cameriera che mi ha mostrato<br />

il locale di tenerli d’occhio e di non servire altri alcolici. Sono già devastati, più che devastati, e<br />

questo può creare solo guai.<br />

Ella appoggia la testa sul tavolo con uno sguardo da cucciolo triste e io le scosto i<br />

capelli dalla fronte sudata.


Mi chino accanto a lei e le chiedo a bassa voce: «È successo qualcosa stasera che ti<br />

ha turbata?».<br />

Lei scuote la testa e si volta dall’altra parte. «Non è successo niente, voglio solo<br />

andare a casa a dormire».<br />

Sta mentendo, ma non posso farmi raccontare adesso. Mi dispiace da morire, ma mi<br />

allontano dal tavolo e torno nel backstage a prendere la chitarra. Quando esco sul palco, sotto i<br />

riflettori, la gente si acquieta per qualche istante, ma diciamo che non è comunque un pubblico<br />

dei migliori. Il locale è davvero un cesso e per una volta mi piacerebbe suonare in qualche posto<br />

dove la gente non sia tutta ubriaca.<br />

Suono il primo accordo, avvicino le labbra al microfono e apro il mio cuore a una<br />

stanza piena di gente che non mi ascolta.<br />

Dopo la mia performance, un tizio alto e calvo mi si avvicina nel corridoio del<br />

backstage e mi porge un biglietto da visita con il suo nome e numero di telefono.<br />

«Ehi, è stato davvero uno show fantastico». Ha una cicatrice che gli corre lungo<br />

metà del braccio e una catena d’oro al collo.<br />

«Grazie», mormoro mentre leggo il biglietto. «Mike Anderly».<br />

«E tu sei…». Aspetta che glielo dica.<br />

«Micha», rispondo evitando di proposito di dire il mio cognome.<br />

«Senti, vado dritto al punto». Mentre parla mi gesticola davanti. «Sono un<br />

produttore musicale. Lavoro per una casa discografica molto piccola, ma onesta e di qualità, giù<br />

a San Diego. Il tuo sound mi piace e vorrei parlare con te dei tuoi progetti musicali futuri».<br />

Fisso il biglietto da visita. «I miei progetti futuri?».<br />

Annuisce. «Sì, con la tua musica».<br />

Raccolgo la custodia della chitarra. «Sì, non sono sicuro di quali siano i miei piani».<br />

«Be’, quando decidi fammi uno squillo», dice voltandosi verso la sala. «Come ho<br />

già detto, hai un sound interessante».<br />

Se ne va via, probabilmente era solo un tipo un po’<br />

strambo.<br />

E se invece non fosse così? E se fosse stato un colpo di fortuna? Gli ho detto che<br />

non so cosa voglio fare con la mia musica, ma non è vero. Voglio suonare in un posto che non<br />

sia una merda, dove la gente ascolta e capisce. Voglio fare il musicista.<br />

Mentre riporto tutti a casa mi sento una specie di padre, e quando arriviamo<br />

all’appartamento aspetto solo che crollino. Prendo in braccio Ella per portarla nel mio letto,<br />

perché si regge in piedi a malapena.<br />

«Tieni il cazzo nei pantaloni», minaccio Ethan, che sta barcollando in cucina con un


accio intorno a Lila, completamente andata. «E smetti di bere».<br />

Mi scaccia via con un gesto della mano e Lila ridacchia mentre lui apre il frigo,<br />

rovesciando delle bottiglie. Riattraverso il salone e vado in camera con Ella tra le braccia.<br />

Respira piano e continua a mormorare qualcosa sul fatto che vuole che tutto sparisca. Mi sta<br />

spaventando a morte.<br />

Senza poggiarla a terra scalcio via gli stivali in un angolo, insieme alle altre scarpe,<br />

poi la adagio delicatamente sul letto. La luce è spenta, ma attraverso la finestra la luna brilla sul<br />

suo viso, sulle sue labbra carnose e sulla sua bellissima pelle, bianca e immacolata.<br />

Si accoccola sul mio cuscino e mormora: «Mi dispiace».<br />

Le metto sopra una coperta. «Perché baby?».<br />

Sospira scoraggiata. «Per aver rovinato la tua prima performance».<br />

«Non l’hai rovinata, bellezza». Le bacio la guancia con un sorrisetto sulla faccia. «Ti<br />

amo. Adesso dormi».<br />

Non faccio neanche in tempo a togliermi la camicia che è già andata. Mi faccio una<br />

doccia veloce per lavare via l’odore disgustoso della serata. Non mi fa impazzire dover suonare<br />

in posti dove la gente ascolta appena. Voglio di più, e anche se il tizio di prima sembrava un po’<br />

strano, mi chiedo se invece non fosse serio.<br />

Quando ritorno in camera con un asciugamano legato intorno alla vita, Ella è seduta<br />

sul letto e la lampada è accesa. Ha un’espressione meditabonda e sembra sul punto di tirare fuori<br />

qualche problema.<br />

«Credevo dormissi», le dico buttando i vestiti sporchi nel cesto della biancheria e<br />

prendendo delle mutande pulite dal cassetto più alto del comò. È evidente che mi sta guardando,<br />

e sarebbe grandioso se non fosse ubriaca, perché in queste condizioni non posso fare nulla senza<br />

sentirmi in colpa.<br />

«Mi annoio». Parla un po’ farfugliando e ha gli occhi rossi. «Facciamo qualcosa?».<br />

Salgo sul letto e mi siedo accanto a lei. «Penso che dovremmo dormire. È tardi».<br />

«Ethan e Lila sono ancora svegli». Tira fuori una bottiglia di Jack Daniel’s che<br />

teneva nascosta dietro la schiena, svita il tappo e la sbatte leggermente contro una gamba del<br />

letto. «Stanno giocando a strip poker».<br />

Sgrano gli occhi. «Adesso?».<br />

Fa su e giù con la testa. «E tutti e due si sono già tolti la maglietta».<br />

«Sei andata di là?»<br />

«Sì, dove pensi che abbia preso questa?». Mi agita davanti la bottiglia e le mie mani<br />

scattano per afferrarla, ma lei le scosta via ridendo. «Uh-uh. Eh no, Micha Scott. Non finché non<br />

giochi un po’». Si inginocchia di fronte a me e poi mi sale addosso, mentre getta all’indietro la


testa per bere una sorsata. Quasi si soffoca, poi il suo viso si fa serio. «Ti ricordi quella volta…<br />

la notte che è morta mia madre?».<br />

Sento il mio corpo contrarsi. «Come potrei dimenticare quella notte?».<br />

Nei suoi occhi verdi c’è uno sguardo malizioso e mi chiedo dove diavolo andrà a<br />

parare questa conversazione. «Ti ricordi che mi hai baciata prima di scendere giù da<br />

quell’albero?».<br />

Annuisco e le circondo la vita con le mani. «Certo che mi ricordo, sono sorpreso che<br />

te lo ricordi anche tu». Perché quella notte era ubriaca almeno quanto lo è adesso.<br />

Si lecca le labbra in maniera allettante. «È stato un bel bacio, non trovi?».<br />

Le tolgo la bottiglia dalle mani e bevo una sorsata abbondante, so che mi servirà.<br />

Non ho mai visto questo lato di lei e anche se è ubriaca sono fottutamente curioso di sapere<br />

come andrà a finire. «È stato un bacio molto bello».<br />

Si sporge in avanti e mi mette le mani sulle spalle. «Dovremmo rifarlo».<br />

Dentro di me si scatena un conflitto su cosa è giusto o sbagliato. Ella appoggia<br />

dolcemente le labbra sulle mie. Di solito non è lei a baciare per prima ed è una piacevole novità<br />

sapere che mi vuole.<br />

«Sei così sexy». Le sue dita mi scorrono sugli addominali e sento il mio respiro farsi<br />

irregolare. «Ti guardavo sempre di nascosto quando riparavi le macchine senza la maglietta<br />

addosso».<br />

Tento di non ridere del segreto che mi ha appena rivelato e la ricopro di baci<br />

affettuosi lungo la mascella per distrarla da quella involontaria confessione. «Che ne dici se<br />

andiamo a vedere cosa fanno Ethan e Lila?».<br />

Ridacchia, scende dal letto e rovescia la lampada. Non si cura di raccoglierla e<br />

indietreggia in direzione del salone. «Se vuoi che vada a letto devi prima prendermi». Scompare<br />

di corsa.<br />

Infilo un paio di jeans e una maglietta, afferro la bottiglia di Jack Daniel’s e vado in<br />

cucina, dove ci sono Ethan e Lila seduti al tavolo, senza maglietta e con delle carte davanti a<br />

loro. Ella ha spalancato la porta del frigo e sta frugando con gran baccano tra le bottiglie di<br />

birra.<br />

Ethan lascia cadere le carte sul tavolo e alza le mani in segno di resa. «È Lila che mi<br />

ha convinto».<br />

Lila mi guarda, riconoscendomi a stento. «È vero. Sono stata io».<br />

Mi siedo tra di loro e prendo un altro sorso. «Okay, rinuncio a tentare di fermare<br />

questa notte da incubo». Raccolgo le carte e le mescolo. «Quindi non venite a piangere da me<br />

quando sarete nudi e infreddoliti».<br />

Ella


Non avevo intenzione di bere così tanto e mi sento in colpa per aver trascinato<br />

Micha e gli altri in questo casino. Volevo solo dimenticare per due secondi che mio padre<br />

tornerà a casa per Natale e ha invitato Dean e Caroline, ma non me. Ho saputo cosa stava<br />

succedendo solo quando Dean mi ha chiamata e mi ha chiesto dove fossero le chiavi della<br />

Cutlass, perché stava pensando di ripararla e venderla, o una roba del genere, non so, ho<br />

riattaccato prima che finisse di dirmelo.<br />

Poi è arrivata la lettera di mio padre. Quella maledetta lettera che non ho avuto il<br />

coraggio di aprire, perché qualsiasi cosa ci sia scritta rischia di mandare in frantumi il mio<br />

mondo.<br />

Quando siamo arrivate a casa di Ethan e Micha ero sull’orlo di un attacco di panico<br />

e la mattina avevo dimenticato di prendere le medicine.<br />

Poi Ethan è andato a fare la doccia e Lila ha tirato fuori una bottiglia di Bacardi,<br />

intimandomi di dirle tutto mentre ci facevamo qualche shot. “Qualche shot” si è trasformato in<br />

una lunga e confusa serie e all’improvviso mi ritrovo diverse ore più tardi con delle carte in<br />

mano e una birra sulle labbra, nel bel mezzo di un’intensa partita di strip Texas Hold’em. La mia<br />

maglietta è per terra, insieme alle calze e agli stivali.<br />

Ethan e Lila sono andati a cercare altra birra e Micha si è fatto dare le chiavi del<br />

camioncino per essere sicuro che vadano a piedi e non provino a guidare. Io e lui continuiamo a<br />

giocare, entrambi decisi a vincere. L’ubriachezza è un po’ calata da quando sono passata alla<br />

birra, ma la mia capacità di fare le mosse giuste non è al massimo.<br />

Micha è seduto di fronte a me e rimugina sulle sue carte. «Penso che punterò il tuo<br />

reggiseno».<br />

Scuoto la testa con gli occhi socchiusi rivolti verso di lui. «Assolutamente no. Solo<br />

un capo di vestiario a ogni mano».<br />

Si passa la lingua sul piercing del labbro per tentare di sedurmi e giocare sporco. «E<br />

chi l’ha stabilita questa regola?»<br />

«Io». Traccio un cerchio con il dito sopra la testa. «Vedi questa corona invisibile?<br />

Significa che sono la regina del poker, perciò posso stabilire qualsiasi regola quando mi pare».<br />

Dalle sue labbra sfugge una risata scomposta. «Il gesto che hai fatto indica<br />

un’aureola, non una corona, e davvero non si può dire che tu sia un angelo».<br />

angelo».<br />

Resto a bocca aperta e gli tiro una fiche, colpendolo sul petto. «Eccome se sono un<br />

«Ahi». Si massaggia il capezzolo graffiato dalla fiche. «Che violenza».<br />

Gli mostro i denti e poi rido, bevendo un altro sorso di birra. «E adesso torniamo al<br />

gioco. Che hai in mano?».<br />

Tamburella le dita sul tavolo, scrutando le carte, poi mi rivolge uno sguardo


penetrante. «Voglio alzare la posta», dice, e quando io comincio a brontolare aggiunge: «Se<br />

vinci avrai la mia maglietta firmata dei Silverstein, se vinco io invece devi restare nuda».<br />

Il cuore mi martella violentemente nel petto. «Credevo avessi detto che non mi<br />

avresti mai dato quella maglietta, che eri troppo fiero di essere riuscito a farla firmare».<br />

Fa un sorriso indifferente. «Farò un’eccezione».<br />

Valuto la coppia di regine che ho in mano e quella che è sul tavolo, ma c’è anche<br />

una coppia di assi. Merda. «Non lo so…».<br />

«Avanti, Ella May», dice alzando e abbassando le sopracciglia. «Lasciati andare».<br />

Gli lancio un’occhiata da sopra le carte. «Facciamo così. Se perdi mi dai la<br />

maglietta, se invece perdo io, mi tolgo reggiseno e jeans e mi tengo le mutande».<br />

Micha ridacchia e beve un goccio. «Così non è divertente».<br />

Alzo gli occhi al cielo. «Ti ho visto giocare a poker con le ragazze altre volte. Non<br />

offri una posta così alta, a meno che tu non abbia una buona mano e non sia sicuro di vincere».<br />

«E io ti ho vista giocare abbastanza da sapere che non ti tiri indietro di fronte a una<br />

buona sfida», replica lui, sbattendo la bottiglia sul tavolo. «E quindi forza, bellezza, ci stai o non<br />

ci stai?».<br />

Ci rifletto su, ma non per molto, poi poggio le carte sul tavolo. «Ci sto. Okay, che<br />

cos’hai in mano?».<br />

Le sue labbra si increspano e io capisco immediatamente come andrà a finire. Sbatte<br />

le carte sul tavolo. «Spogliati, Ella May».<br />

«Avevi il maledetto asso». Le spazzo dal tavolo e le guardo ondeggiare fino a terra.<br />

«Lo sapevo».<br />

Lui continua a sorridere. «Ma sei venuta a vedere lo stesso. Adesso spogliati».<br />

Lo fisso immobile. «Non è giusto. Mi hai ingannata».<br />

I suoi occhi puntano dritti nei miei mentre dà dei colpetti con la mano sul tavolo. «È<br />

stata una mano onesta e tu lo sai, quindi smetti di fare la bambina e paga pegno».<br />

Lo scruto in faccia e arrivo alla conclusione che discutere non servirà a nulla. Tengo<br />

gli occhi fissi su Micha e mi alzo in piedi a testa alta.<br />

Lui tira su un dito e allontana la sedia dal tavolo. «Un secondo». Si sposta nel salone<br />

e poi scompare dalla mia vista.<br />

Confusa, vado verso la porta per capire cosa stia facendo, ma non ho il tempo di fare<br />

un passo che lo stereo si accende e io mi blocco quando sento partire Closer dei Nine Inch Nails.<br />

«Stai scherzando?», mormoro mentre Micha ritorna in cucina con un sorrisetto<br />

compiaciuto sulla faccia, fregandosi le mani. «Non esiste. La musica non faceva parte del


patto».<br />

Appoggia le braccia agli stipiti della porta, la luce mette in evidenza i muscoli del<br />

petto e il luccichio impudente dei suoi occhi turchesi. «Be’, la maggior parte dei ragazzi avrebbe<br />

scelto qualche canzone sexy da farti ballare, ma io sono un artista delle parole e penso che<br />

questa canzone sia perfetta».<br />

Il testo della canzone mi fa bruciare le guance. «Non ho mai, in nessun modo,<br />

manifestato l’intenzione di fare uno spogliarello».<br />

Lui si lecca lentamente le labbra e nel ritirare la lingua trascina con sé il piercing,<br />

mentre si passa le dita tra i capelli in disordine. «Paga la scommessa, bellezza».<br />

Serro le labbra per calmare i nervi, afferro il fermaglio del reggiseno e lo slaccio.<br />

Dopo un attimo di esitazione in cui prendo un respiro incerto, lascio la presa sul tessuto e faccio<br />

cadere l’indumento per terra.<br />

Micha concentra lo sguardo sul mio petto, senza vergognarsi, mentre prende un<br />

sorso di birra. Quando scosta la bottiglia dalle labbra mi fa un cenno con il dito. «Vai avanti».<br />

Vorrei dargli una botta in testa, invece sbottono i jeans. Sfilo i pantaloni con mani<br />

tremanti e rimango sotto le luci, indifesa, una condizione che detesto.<br />

Grazie al cielo indosso delle mutandine comode, perciò il sedere è coperto. I suoi<br />

occhi si muovono pigri lungo le mie gambe, sul mio stomaco, e poi si fermano quando<br />

incrociano i miei.<br />

«Adesso puoi sederti», dice come se fosse lui il capo.<br />

Cerco di mantenere il punto e attraverso la cucina per prendere una birra dal frigo.<br />

«Non devo sedermi solo perché me l’hai detto tu e…».<br />

Dita calde mi afferrano il fianco e mi voltano, togliendomi la birra dalle mani e<br />

premendomi la schiena contro la porta del frigo. Micha è a pochi centimetri da me, con uno<br />

sguardo truce, le labbra invitanti e il viso che rivela tutto il suo desiderio.<br />

Si china per baciarmi, ma io lo spingo indietro mettendogli le mani sul petto. La sua<br />

pelle è calda. «Assolutamente no. Hai vinto solo uno show».<br />

Mi chino e faccio per passare sotto il suo braccio, ma lui mi afferra il polso e me lo<br />

blocca sopra la testa un po’ rudemente. Siamo ubriachi e nessuno dei due è in grado di pensare<br />

razionalmente, ma l’idea di ciò che sta per accadere mi fa restare immobile.<br />

Le sue pupille sono così dilatate che intorno è rimasto solo un piccolo anello<br />

turchese. Sento il suo respiro bollente sulla guancia mentre mi prende l’altro braccio e me lo<br />

blocca sopra la testa, lasciandomi esposta alla sua vista. Dovrei essere nervosa, invece il mio<br />

corpo esausto freme di eccitazione.<br />

Si china su di me e con il petto mi sfiora i capezzoli che bruciano già. «Vuoi che mi<br />

fermi?». La sua voce è roca.


Scuoto la testa con sincerità. «No».<br />

Il pollice della sua mano libera mi scivola giù lungo il fianco, passando su ogni<br />

costola, poi si ferma sull’anca. Si inumidisce le labbra con la lingua e mi appoggia la bocca sul<br />

seno. Chiudo gli occhi mentre mi prende in bocca un capezzolo.<br />

«Oh mio Dio», gemo in preda all’estasi che esplode tra le mie gambe e risale su fino<br />

allo stomaco, mentre la mia schiena si inarca verso di lui. «Micha…».<br />

Mi lascia libere le braccia e prima che dalle mie labbra possa uscire fuori qualche<br />

obiezione, mi prende in braccio e mi copre la bocca con la sua. Mi avvinghio con le gambe ai<br />

suoi fianchi e schiudo le labbra, pronta a ricevere la sua lingua in un bacio da infarto.<br />

Indietreggiamo alla cieca verso il divano, sento le sue mani ovunque sulla pelle, e ovunque<br />

passano lasciano una scia di calore.<br />

«Non sul divano», mormoro. «Ethan e Lila potrebbero tornare in qualsiasi<br />

momento».<br />

Lancia un’occhiata alla porta d’ingresso e poi si volta in direzione del corridoio. Con<br />

le dita mi solleva l’orlo delle mutandine e chiude la mano sul mio sedere, mentre spalanca la<br />

porta della camera da letto con un calcio violento, mandando la maniglia a sbattere contro la<br />

parete. Cadiamo rimbalzando sul materasso, senza che le nostre labbra si separino. Ridacchio e<br />

faccio scivolare le dita lungo il suo petto tonico, fino al bottone dei jeans, ma lui blocca la mia<br />

mano con la sua.<br />

«Ella, forse non dovremmo», dice guardandomi confuso tra i fumi dell’alcol.<br />

Riesco a portare l’altra mano sul davanti dei suoi jeans e il suo respiro si fa esitante.<br />

«Non vuoi che lo faccia?», chiedo.<br />

Inspira profondamente dal naso e lascia ricadere la testa in avanti mentre io mi<br />

sfrego su di lui, facendolo impazzire. «Credimi, non è questo. Penso che…».<br />

Trovo il punto giusto e tutti i suoi pensieri svaniscono. Le sue labbra inseguono di<br />

nuovo le mie e mi bacia liberamente mentre la sua mano mi scivola giù lungo la pancia, fino<br />

all’orlo delle mutandine. Aggancia il dito sull’orlo superiore, le tira giù, e quando mi arrivano ai<br />

piedi le scalcio via.<br />

Le sue labbra non ritornano sulla mia bocca, ma indugiano sulla mia pancia, proprio<br />

sopra l’ombelico. Mi lasciano baci lievi sulla pelle, poi la sua lingua calda si fa strada verso il<br />

basso, apro le gambe per farla entrare dentro di me e la mia mente si fa ancora più confusa.<br />

Quando apro gli occhi vedo il sole filtrare nella stanza e sento la testa pulsare. Su di<br />

me c’è una coperta e mi sento un po’ disgustosa. Mi asciugo il sudore dalla guancia e noto la<br />

maglietta autografata dei Silverstein poggiata sopra di me.<br />

Sul mio volto si disegna un sorriso, poi mi accorgo che sul cuscino accanto c’è un<br />

foglio e lo afferro. Riconosco la scrittura di Micha, vergata in inchiostro rosso.<br />

Ciao bellezza,


la nostra serata alcolica è finita… non avevamo mai fatto una cosa del genere prima<br />

d’ora. Credo di avere una nuova canzone da aggiungere alla nostra playlist.<br />

Non preoccuparti comunque. Mi sono fermato prima di andare oltre, nel caso non te<br />

ne ricordassi. Non volevo che soffrissi per un errore fatto da ubriaca. In questo genere di errori<br />

sono un esperto e so che non sono piacevoli.<br />

Odio doverti lasciare, ma devo andare a lavoro. Passo da te più tardi.<br />

E puoi tenere la maglietta. In ogni caso, sta meglio a te.<br />

Ti amo più della mia stessa vita, più del sole e dell’aria.<br />

Tu possiedi la mia anima, Ella May.<br />

Micha<br />

Scendo dal letto continuando a sorridere e mi infilo i jeans. Chiudere una lettera in<br />

quel modo è proprio da Micha. Ha sempre avuto un gusto poetico per le parole e in ogni lettera<br />

che scrive viene fuori tutta la sua bellezza.<br />

Raccolgo la maglietta da terra e vado verso la porta, piegando il foglio con cura e<br />

riponendolo al sicuro nella tasca dei jeans. Mi sento leggera, anche se soffro un po’ il postsbronza.<br />

Non rimpiango nulla di quello che è successo, anche se sarebbe stato più bello se<br />

fossimo stati sobri. È una sensazione strana, ma forse vuol dire che sto davvero imparando a<br />

gestire la vita reale.<br />

Il salone è devastato, ci sono bottiglie di birra ovunque, sul pavimento e sul tavolino,<br />

e sul tavolo c’è una bottiglia vuota di Bacardi e delle carte sparpagliate. Prendo un sacco<br />

dell’immondizia dal cassetto della cucina e cerco di capire dove possano essere il mio telefono e<br />

la borsa. Mi ricordo del club, di Micha che suonava sul palco, e poi di essere venuta qui, e delle<br />

sue mani su di me. Chiudo gli occhi per riportare alla mente ogni singolo istante.<br />

Da qualche parte nella stanza parte Only One degli Yellowcard. Riapro gli occhi.<br />

Tendo l’orecchio e seguo la musica, che mi guida verso il divano. Il mio cellulare è sotto un<br />

cuscino logoro. Aggrotto la fronte mentre lo recupero, perché non riconosco la suoneria. Ma<br />

quando guardo lo schermo capisco.<br />

Rispondo. «Hai cambiato la suoneria sul mio cellulare?».<br />

mattina».<br />

All’altro capo della linea risuona la sua risata. «Mi sembrava appropriata per questa<br />

«Stai cercando di mandarmi dei messaggi attraverso biglietti e scelte musicali?».<br />

Afferro una bottiglia posata sopra il televisore e la butto nel sacco. «Sai, non sono arrabbiata per<br />

ieri notte. Ero abbastanza sobria da ricordare… Non devi sentirti in colpa».<br />

«Non mi sento in colpa», mi assicura lui. In sottofondo si sente un rumore di colpi.<br />

«Sono felice di ieri notte. Il biglietto e la canzone erano un modo per dirti una cosa».


Mi chino a raccogliere un cartone di birra vuoto e lo butto nel sacco, che poi annodo<br />

e lascio fuori dalla porta d’ingresso, prima di rientrare a prendere la borsa, che è accanto al<br />

televisore. «Che cosa?»<br />

«Devi scoprirlo da sola».<br />

«E se non ci riesco?»<br />

voce».<br />

«Ci riuscirai», risponde. «Ma bisogna vedere se avrai il coraggio di dirlo ad alta<br />

Ha ragione. Ho già capito, ma non riesco ancora a dirlo.<br />

«Sei parecchio criptico». Esco fuori sotto il sole caldo, chiudo la porta e trascino il<br />

sacco dell’immondizia giù per le scale, con le bottiglie che tintinnano. Arrivata in fondo mi<br />

guardo intorno nel parcheggio. «E adesso come torno a casa?»<br />

«Potresti restare finché non torno», propone Micha. «Oppure, ancora meglio,<br />

potresti trasferirti da me».<br />

Queste parole distruggono il mio umore. Sento i polmoni contrarsi e il flusso di<br />

ossigeno diminuire. «Devo tornare a casa. Stasera ho lezione».<br />

«E da quando hai lezione di sera?», mi chiede. «Lo stai dicendo solo perché ti ho<br />

proposto di trasferirti da me?».<br />

Mentre cammino verso il cassonetto non mi prendo la briga di tenere sollevato il<br />

sacco. Poi lo getto via. «No, ho davvero lezione», mento. «Ti chiamo più tardi, okay? Adesso<br />

devo rimediare un passaggio a casa».<br />

«Ok». Il suo tono è secco. «Ci sentiamo dopo allora».<br />

Riattacca, lasciandomi un po’ vuota, come se una parte di me fosse stata cancellata.<br />

Mi scrollo di dosso quella sensazione e compongo il numero di Lila.<br />

«Guarda un po’ chi si è deciso a svegliarsi», risponde con il buonumore che sprizza<br />

da ogni parola. «Ti stai già vergognando come una pazza?»<br />

«Io e Micha non abbiamo fatto sesso, Lila», rispondo con voce brusca, poi mi sento<br />

una persona orribile e mi scuso. «Scusami. È il post-sbronza a parlare. Devo tornare a casa e<br />

stendermi, ma non ho un passaggio».<br />

«Puoi sempre prendere l’autobus». Sento il rumore di un palloncino di gomma da<br />

masticare che scoppia. «Anche se personalmente non lo consiglio».<br />

«Tu come sei tornata casa?». Stringo la base del naso con le dita e capisco che sta<br />

per scoppiarmi un gran mal di testa.<br />

«Mi ha dato un passaggio Ethan». Sento una porta sbattere e il rumore di chiavi<br />

appoggiate sul bancone. «Sono appena tornata, ho pranzato con Parker».<br />

«Pensavo avessi chiuso con lui».


«Be’, ha insistito».<br />

Vado verso l’uscita, vicino a un muro di mattoni. «Okay, cercherò un autobus».<br />

«Buona fortuna. E attenta ai maniaci», scherza con una risata malvagia. «Stai sulla<br />

difensiva e lontana dal fondo del veicolo».<br />

«Ah-ah, sei davvero uno spasso», le dico ironica. «Ci sentiamo dopo».<br />

Trascino le gambe esauste allo Starbucks dietro l’angolo. Con un po’ di caffeina in<br />

circolo il mio cervello si riaccende. Ma quando finalmente approdo all’appartamento e mi<br />

ricordo il motivo per cui ho bevuto così tanto, tutto ciò che vorrei fare è andare in camera,<br />

spegnere le luci e dormire per sempre. La lettera di mio padre è ancora sul tavolino, chiusa.<br />

«Hai intenzione di aprirla prima o poi?». Sulla soglia compare Lila, con indosso un<br />

vestito blu e scarpe con i tacchi coordinate. I capelli biondi sono arricciati intorno al viso e<br />

fissati con dei fermacapelli di brillantini.<br />

Mi sfilo i sandali, crollo sul divano e fisso la busta bianca indirizzata a me. «Ancora<br />

non ho deciso».<br />

Lila si infila un orecchino e si siede accanto a me sul divano. «Ella, posso chiederti<br />

una cosa?».<br />

Scrollo le spalle e incrocio i piedi sul tavolo. «Direi di sì».<br />

Prende la lettera e la gira dall’altro lato. «Che cos’è che ti fa così paura? Questa<br />

lettera? Micha? La vita?»<br />

«Provare tutto questo. Perdere tutto questo», dico. Lei fa una smorfia. «Non è niente.<br />

È solo che non sono sicura di cosa potrebbe dire mio padre e questo mi preoccupa».<br />

Lila non sa quello che è successo a mia madre. Sa che non c’è più, ma non conosce<br />

le circostanze che hanno portato alla sua morte. È un segreto che mi perseguita e che solo mio<br />

padre, Dean e Micha conoscono. E vorrei che restasse così.<br />

Apro la busta, faccio un respiro profondo e spiego il foglio, ripetendo a me stessa<br />

che posso farcela a sopportare qualsiasi cosa ci sia scritto sopra. Che sono più forte di com’ero<br />

una volta.<br />

Ella May,<br />

per prima cosa vorrei dirti che mi dispiace per tutto quanto. Davvero. È quasi un<br />

mese che sono sobrio e mi hanno sospeso i medicinali. La mia mente adesso è lucida e quello<br />

che ho trovato al suo interno non mi piace, specialmente le cose che riguardano te.<br />

Nella seduta di ieri, il terapista mi ha fatto scrivere tutti i miei rimpianti e a quanto<br />

pare avevano tutti a che fare con te. È come se avessimo buttato ogni cosa addosso a te, per non<br />

doverla affrontare, e non sarebbe dovuto accadere. Più scrivevo e più realizzavo che non sei mai<br />

stata veramente bambina. E io sono stato un egoista a passare tutto quel tempo al bar. Sono stato<br />

un padre orribile che ha lasciato tutto sulle spalle di sua figlia, solo perché non voleva essere


adulto.<br />

Quella notte non è stata colpa tua. Avevi diciassette anni, l’adulto ero io. Avrei<br />

dovuto esserci io a casa con lei, ma il Jack Daniel’s era molto più importante e più facile da<br />

gestire.<br />

Sapevo quanto stava male, più di quanto tu possa immaginare, e dentro di me sapevo<br />

che stavo sbagliando a lasciarti da sola quella notte. Adesso che ho fatto chiarezza, riesco a<br />

immaginare quanto dev’essere stata dura per te. Tutto il dolore che devi aver provato. Continua<br />

a tornarmi in mente la sofferenza che ho visto nei tuoi occhi l’ultima volta che ci siamo<br />

incontrati, e mi distrugge.<br />

Mi dispiace, Ella. Per aver rovinato la tua infanzia, per averti rubato la felicità e per<br />

aver incasinato la tua vita futura.<br />

Ti voglio bene<br />

Papà<br />

«Che cazzo dovrei fare adesso?». Stringo il foglio tra le mani tremanti. Le lacrime<br />

mi scendono giù dagli occhi e devo costringere i polmoni a respirare mentre il muro eretto<br />

intorno a me crolla di schianto.<br />

Capitolo 15<br />

Micha<br />

Non so perché mi sono arrabbiato così tanto con Ella questa mattina, so solo che a<br />

volte le cose tra noi sembrano senza speranza. La amo e lo sa, ma a volte penso che lei non mi<br />

ami allo stesso modo. Se ci rifletto mi fa male.<br />

La sera faccio i bagagli e vado a letto presto, triste perché Ella non verrà con me. È<br />

da quando avevamo cinque anni che facciamo le vacanze insieme. Ed è sempre stato l’unico<br />

modo per festeggiare davvero, perché la sua famiglia non se ne curava molto e mia madre non<br />

poteva permetterselo. Però ci provava. Addobbava la casa e preparava una buona colazione per<br />

me e per Ella. Incartava sempre qualche regalo per noi. Niente di che, ma era bello lo stesso.<br />

Sto già dormendo da un bel po’ quando il telefono mi sveglia. La mano scatta verso<br />

il comodino, rovesciando la lampada, e finalmente afferra il cellulare. Ancora mezzo<br />

addormentato, cerco di mettere a fuoco, e leggo il nome di Ella sullo schermo.<br />

Rispondo subito. «Che succede?».<br />

Lei ha la voce roca. «Potresti farmi entrare? Non voglio suonare il campanello e<br />

svegliare Ethan».


«Sei a casa mia?». Mi sfrego gli occhi e guardo l’ora.<br />

«Sì, sono davanti alla porta».<br />

Quasi cado giù dal letto, corro alla porta con indosso solo i boxer e il telefono<br />

ancora premuto sull’orecchio. Accendo le luci esterne e spalanco la porta. La luce illumina i<br />

suoi occhi gonfi e le striature rosse sulle guance, lasciate dalle lacrime. Indossa un paio di<br />

calzoncini a righe e delle ciabattine, e ha i capelli raccolti in un nodo disordinato. Sotto la<br />

canottierina non ha il reggiseno e riesco a intravedere i capezzoli.<br />

«Che stai facendo?». La trascino dentro casa per nascondere a occhi estranei il suo<br />

corpo vestito a malapena. La sua pelle è fredda e sta tremando. «Sei venuta a piedi?».<br />

Scuote la testa e si stringe le braccia intorno al corpo. «No, ho preso l’autobus».<br />

Il mio sguardo vaga sulle sue gambe nude e sui capezzoli turgidi. «Vestita così?».<br />

vuoto».<br />

Scrolla le spalle e affonda nel divano, con una busta tra le mani. «Era praticamente<br />

Accendo la lampada, mi siedo lì accanto e le metto un braccio intorno alle spalle,<br />

cercando disperatamente di farla sentire meglio. «Cosa è successo? E cos’hai in mano?».<br />

ieri».<br />

Mi porge la busta stropicciata con il suo nome e indirizzo scritti sopra. «È arrivata<br />

La giro e mi accorgo che è aperta. Qualsiasi cosa contenga, lei l’ha letta. «Chi te l’ha<br />

mandata?».<br />

Batte un dito sull’indirizzo del mittente. «Mio padre».<br />

Merda. «Cosa dice?».<br />

Fissa il pavimento con gli occhi spalancati. «Che gli dispiace e che quello che è<br />

successo a mia madre non è stata colpa mia. Che è stata colpa sua perché era lui l’adulto e non<br />

avrebbe dovuto lasciare quella responsabilità a una bambina. Che avrebbe dovuto prendersi cura<br />

della sua famiglia invece di passare il suo tempo al bar… e che mi vuole bene». Le lacrime le<br />

scendono lungo le guance e il respiro si fa affannoso. «Ho sempre voluto che me lo dicesse».<br />

Il dolore che sento nella sua voce mi fa quasi piangere. Si accoccola su di me e<br />

nasconde il viso sul mio petto, singhiozzando mentre mi si avvinghia disperatamente. La prendo<br />

tra le braccia, la porto in camera e mi stendo accanto a lei.<br />

A ogni lacrima che versa guadagna un altro pezzo del mio cuore, finché non arriva a<br />

possederlo completamente. Capisco che per quanto grandi siano le difficoltà che dovremo<br />

affrontare, non riuscirei mai ad abbandonarla.<br />

Mi sveglio con la testa di Ella appoggiata sul collo e le sue braccia intorno alla vita,<br />

come se avesse temuto che potessi andarmene durante la notte.<br />

Ha continuato a piangere finché non si è addormentata e il mio cuore si è quasi


spezzato in due. Ogni tanto odio la sua famiglia, anche se questo mi fa sentire una persona<br />

orribile. Hanno preso una ragazza bellissima, piena di vita, in grado di fare cose meravigliose, e<br />

l’hanno ridotta in mille pezzi. Può guarire, adesso lo so, ma resta sempre ferita e fragile.<br />

«Sorgi e risplendi. È ora di mettersi in viaggio». Ethan spalanca la porta e non<br />

appena realizza la situazione il suo viso si incupisce. «Vieni lo stesso?».<br />

o meno».<br />

Annuisco mentre Ella si stringe ancora di più a me. «Sì, dammi un quarto d’ora, più<br />

«Come vuoi, amico. Però muovi il culo». Se ne va lasciando la porta spalancata.<br />

collo.<br />

«Baby, sei sveglia?», le bisbiglio all’orecchio, baciando il suo punto sensibile sul<br />

Le sue spalle sussultano e annuisce a occhi chiusi. «Come avrei potuto non<br />

svegliarmi con Mr Megafono in camera?».<br />

Le stuzzico il lobo dell’orecchio e respiro l’odore dei suoi capelli. «Devo prepararmi<br />

per andare… Sei sicura di non voler venire con noi? Mi piacerebbe così tanto».<br />

Le sue gambe mi si stringono addosso e il suo corpo si incurva sul mio. «Credo…<br />

Voglio venire con voi, ma devo tornare a casa mia e fare al volo i bagagli. E devo fermarmi un<br />

attimo dalla terapista. E dobbiamo chiedere a Lila se vuole venire con noi. Non mi va di<br />

lasciarla qui da sola».<br />

Mi irrigidisco a quel contatto ravvicinato. «Okay, però sappi che Ethan si lamenterà<br />

per tutto il tempo».<br />

Rotola sopra di me, poi si solleva sui gomiti e mi guarda con gli occhi gonfi. «Lo so,<br />

ma se ne farà una ragione e arriverà con qualche ora di ritardo».<br />

Intreccio le dita nei suoi capelli, li tiro lievemente e avvicino il suo viso al mio.<br />

Adoro il modo in cui socchiude gli occhi. «Sicura di stare bene? L’altra notte mi hai fatto<br />

preoccupare».<br />

«Sto bene, Micha». Mi bacia dolcemente sulle labbra. «La notte scorsa è stato bello,<br />

e intenso… e credo di dover tornare a casa. Se non altro per parlare con mio padre».<br />

Comincia ad allontanarsi, ma la trattengo per i fianchi, la intrappolo, e attiro di<br />

nuovo le sue labbra verso le mie. Le infilo la lingua in bocca e lei emette un gemito. Quando la<br />

lascio andare abbiamo entrambi il respiro affannoso. Si allontana e io provo a non pensare al<br />

nostro amore così squilibrato. Ma prima o poi anche lei ci arriverà, quando capirà cos’è l’amore.<br />

Mentre va verso il corridoio le grido: «Ti amo», lei mi risponde solo con un sorriso e<br />

mi fa un po’ male.<br />

Ella


Ethan mi rimprovera per tutto il tempo mentre faccio i bagagli, e il suo viso si fa<br />

paonazzo quando gli annuncio che devo vedere la mia terapista prima di partire. Ho bisogno di<br />

parlare con lei dopo la rivelazione della notte scorsa. Fin da quando ero bambina ho sempre<br />

pensato che l’amore non fosse una cosa reale. Poi Micha mi ha fatto vedere che non è così, ma<br />

ancora non riesco ad amarlo come merita.<br />

Che l’abbia fatto di proposito o no, la lettera di mio padre mi ha liberato di un po’<br />

del peso che portavo su di me. Non di tutto, solo un po’, e la notte scorsa, mentre ero<br />

rannicchiata accanto a Micha, ho avuto la visione di qualcosa che non mi era mai apparsa<br />

davanti agli occhi.<br />

Una speranza per il futuro.<br />

Anna sta chiudendo l’ufficio quando arrivo. «Non dovevamo vederci oggi?».<br />

Si volta di scatto, e portandosi una mano al cuore con gli occhi sgranati, le chiavi le<br />

cadono per terra. «Buon Dio, mi hai spaventata».<br />

Raccolgo le chiavi e gliele porgo. «Mi dispiace. È solo che pensavo avessimo un<br />

appuntamento per oggi».<br />

Getta le chiavi nella borsa. «In realtà stavo per chiamarti. Mi ha telefonato mia<br />

sorella, ha bisogno che io vada da lei con un paio di giorni di anticipo. È preoccupata perché<br />

deve preparare il cenone di Natale per tutti».<br />

Percorriamo il corridoio della scuola spingendo le porte che si richiudono con uno<br />

scatto dietro di noi. È una giornata nuvolosa e il vento forte è gelido sulla mia pelle e mi punge<br />

le guance.<br />

«Be’, allora ci vediamo quando torna», dico mentre mi accingo ad andarmene verso<br />

il mio appartamento, tagliando per il prato.<br />

Lei si volta verso il parcheggio, ma si ferma sul bordo del prato. «Certo, sarà il<br />

primo impegno del lunedì. E ricordati di chiamarmi se ti serve qualcosa».<br />

Il camioncino di Ethan si accosta al marciapiede e lui suona il clacson. Gli occhi di<br />

Anna si spostano in quella direzione e un tacco della scarpa le si impiglia nell’erba, facendola<br />

inciampare.<br />

Sospiro e mi avvio verso il camioncino. «Lo scusi. È solo un po’ agitato».<br />

«Vai da qualche parte?». Libera la scarpa dall’erba e torna sul marciapiede.<br />

Annuisco. «Ho deciso di andare a casa con Micha e Ethan».<br />

Lei si abbottona la giacca blu scuro. «È una buona cosa. Sono felice che tu abbia<br />

deciso di andare».<br />

Mi proteggo la faccia dal vento con la mano. «Perché? Mi pareva avesse detto con<br />

non era sicura fosse il caso».


«No, ho detto che solo tu potevi decidere se era il caso». Fa una pausa, qualche<br />

ciocca dei capelli corti ondeggia al vento. «Ella, potresti fare una cosa per me durante queste<br />

vacanze?»<br />

«Certo, cosa?»<br />

«Smetti di preoccuparti e divertiti. È ciò di cui hai bisogno», dice sorridendo.<br />

«Io mi diverto… a volte».<br />

«Be’, prova a divertirti per tutto il tempo».<br />

Tolgo qualche capello dalla bocca e rifletto sulle sue parole. «Ricorda ciò che mi ha<br />

detto sul fatto di stare con Micha e che solo io avrei saputo dire se ero pronta? Ecco, penso di<br />

essere pronta. Lo so che è passato poco tempo e tutto il resto, ma la scorsa notte, be’, ho visto<br />

un’immagine del futuro con lui che vorrei davvero realizzare. E non mi era mai successo<br />

prima».<br />

Non sembra stupita come mi aspettavo. «È una cosa buona. Sono contenta che tu sia<br />

riuscita a vederla. Ma ricordati di affrontare gli eventi alla tua velocità. Voglio che ti concentri<br />

su te stessa». Mi saluta con la mano e si avvia sul prato verso il parcheggio. «Divertiti, Ella,<br />

davvero. Te lo meriti».<br />

Divertimento? È questa la magica cura per aggiustare la mia mente? Incasso il<br />

mento nella giacca e lotto contro il vento mentre vado verso la macchina. Vado a casa.<br />

I viaggi in macchina con Ethan e Micha sono una tortura. Mi ero dimenticata della<br />

regola “niente fermate per il bagno”: si fermano più o meno ogni quattro ore per fare una pausa.<br />

E se non c’è una toilette a portata di mano, per loro un cespuglio è un ottimo sostituto.<br />

Ormai non mi dà più troppo fastidio, ma la povera Lila non ci è abituata. Siamo<br />

sedute sul sedile posteriore del camioncino, ognuna su un lato, e lei rimbalza su e giù, agitando<br />

le gambe per trattenersi.<br />

«Accosta». Colpisco Ethan su un braccio, perché è uno stronzo e non si ferma. «Non<br />

credo che farà pipì da una rampa dell’autostrada».<br />

«Mi metto davanti a lei con il camioncino, così non la vede nessuno», replica lui,<br />

lasciando Lila allibita.<br />

«Non credo che…». Lila mi guarda in cerca di aiuto.<br />

Slaccio la cintura e mi sporgo sul sedile per dare un pizzico sul braccio di Ethan.<br />

«Ferma questo maledetto camioncino adesso», lo minaccio. «Fallo per lei, se non per me».<br />

«Uff, sei perfida come al solito», si lamenta Ethan, poi frena di colpo facendomi<br />

volare sul sedile. «Ma io sono molto più perfido di te».<br />

Mi cappotto, sbatto le gambe e la leva del cambio mi si infila nella schiena. Mi siedo<br />

di nuovo dritta, rimetto a posto i capelli e allungo una mano verso di lui per fare qualcosa di<br />

altrettanto malvagio, ma Micha mi afferra il gomito e mi tira in braccio a lui.


«State buoni voi due», dice abbracciandomi e aderendo perfettamente alla mia<br />

schiena. «Abbiamo ancora parecchia strada davanti».<br />

Ethan mi lancia un’occhiataccia e sterza, imboccando la rampa di uscita più vicina<br />

che porta a un’area di servizio. C’è una fila di autocarri parcheggiati davanti alla catena che<br />

delimita l’edificio e un’insegna luminosa che promette uno sconto di dieci centesimi su ogni<br />

litro di benzina per chi paga in contanti.<br />

Ethan accosta vicino a una pompa deserta, spegne il motore e tira su la lampo del<br />

giubbotto a quadri con il cappuccio. «Solo perché tu lo sappia, lo faccio per Lila, non per te».<br />

Lo guardo male, mentre Lila salta giù dal camioncino e corre verso l’entrata<br />

dell’edificio. Indossa un vestito bianco e ha delle perle al collo, sembra totalmente fuori posto in<br />

quell’area di servizio per camionisti. Quando le ho chiesto perché si stava vestendo così bene<br />

per un viaggio in macchina ha scrollato le spalle e mi ha detto che nei giorni di vacanza è<br />

abituata a vestirsi bene.<br />

Anche Micha scende e mi offre la mano per aiutarmi a uscire. L’aria fredda mi<br />

colpisce le gambe nude e stiracchio le braccia sopra la testa.<br />

Micha mi fissa divertito e si sistema i capelli biondi, scompigliandoli in modo che<br />

qualche ciocca gli ricada sulla fronte. «Sai, hai preso in giro Lila perché si è vestita troppo bene,<br />

ma tu non ti sei vestita per niente!». Indica i miei calzoncini di jeans e la maglietta viola. «Che<br />

avevi in mente quando ti sei messa addosso quella roba?»<br />

«Ehi, quando siamo partiti faceva caldo», ribatto mettendo a posto l’orlo della<br />

maglietta. «E volevo stare comoda».<br />

Micha tira giù la lampo della sua giacca nera e la maglietta gli si solleva<br />

leggermente, mostrando per un attimo gli addominali. «Metti questa prima di congelarti».<br />

«Sto bene», gli assicuro, stringendomi le braccia intorno al corpo.<br />

Insiste nel porgermi la giacca. «Prendila, tanto non me la rimetto».<br />

Accetto la giacca e gli do un rapido bacio sulla guancia, prima di infilare le braccia<br />

nelle maniche e tirare su la lampo. Odora della sua acqua di colonia mescolata a un profumo che<br />

è soltanto suo, lo inspiro a fondo, gustandolo.<br />

«Stai annusando la mia giacca?», mi chiede inarcando un sopracciglio. «È una<br />

specie di strano rituale, o cosa?»<br />

«Odora di te», gli spiego portando un lembo davanti al naso per proteggerlo dal<br />

freddo. «E mi piace il tuo odore».<br />

La mia strana risposta sembra piacergli e mi tira il cappuccio sulla testa. «Sparisci».<br />

Sorrido e mi volto verso il benzinaio nell’istante in cui una Mustang rossa, dello<br />

stesso anno di quella di Blake, si accosta alla pompa due file più in là. La liquido come una<br />

coincidenza, finché non vedo Blake scendere dalla macchina. In testa ha un berretto grigio e<br />

indossa una felpa con il cappuccio e una maglietta blu. Non ha macchie di pittura sui jeans e


porta dei guanti. Micha e Ethan sono distratti da una bionda che sporge il sedere in fuori mentre<br />

tenta di cambiare l’olio. Ethan sta facendo commenti volgari sul suo culo e Micha lo incoraggia<br />

ad andare ad aiutarla a “riempire il serbatoio”.<br />

Alzo gli occhi al cielo e raggiungo Blake mentre sta infilando la carta di credito nel<br />

distributore.<br />

«Che coincidenza assurda», dico. Lo colgo di sorpresa e fa cadere la carta per terra.<br />

fai qui?».<br />

«Merda, mi hai spaventato». Si china per recuperare la carta, poi si rialza. «Che ci<br />

Il mio sguardo si sposta su Micha che ride e Ethan che cerca di approcciare con la<br />

bionda, che alza gli occhi al cielo e richiude il cofano. Evidentemente non è interessata.<br />

«Sto andando a casa per le vacanze». Concentro di nuovo la mia attenzione su<br />

Blake. «E tu? Che ci fai così lontano? La California è dall’altra parte, sai?».<br />

La mia battuta scema gli suscita un guizzo agli angoli della bocca. «È solo mia<br />

madre che vive in California, mio padre sta in Colorado».<br />

«E quindi te ne vai a est, capisco», dico.<br />

Blake preme alcuni pulsanti sul distributore, prende la pompa, la infila nel serbatoio<br />

e la benzina comincia a scorrere. Poi si appoggia alla macchina e incrocia le braccia. «Tu invece<br />

sei in viaggio con il tuo ragazzo», dice con un tono pieno di sottintesi.<br />

Faccio una smorfia colpevole. «Sì, e per quella sera al ristorante, avevo intenzione di<br />

venire a chiederti scusa».<br />

evitando».<br />

Alza le sopracciglia con aria scettica. «Strano, sembrava che invece mi stessi<br />

Sospiro. «Era così evidente?».<br />

Scuote la testa. «Ella, quando ti ho chiamata, dopo la lezione, sei praticamente<br />

scappata via. Ma volevo solo parlarti».<br />

Faccio un sospiro stentato e giocherello con la lampo della giacca. «Mi dispiace.<br />

Non sapevo cosa dire. Quella sera lui era ubriaco e turbato per un po’ di cose».<br />

Blake si volta a guardare Micha che sta ritirando lo scontrino al distributore e Ethan<br />

che tira fuori della soda dalla borsa frigo sul retro del camioncino. «Sembra un tipo parecchio<br />

suscettibile».<br />

«È proprio questo il punto. Lui non è così», lo difendo con un po’ di irritazione che<br />

trapela dalla voce. «Di solito non lo è».<br />

«Okay, se lo dici tu», dice accomodante.<br />

Mi siedo sul cofano e lascio penzolare le gambe mentre cambio argomento. «Come<br />

mai non hai portato la tua ragazza con te?».


La pompa emette un clic e lui si volta per tirarla fuori. «Ci siamo lasciati».<br />

«Ma come?», chiedo stupita. «Sembravate così felici».<br />

Strappa la ricevuta dal distributore e se l’infila nella tasca posteriore. «Non lo so,<br />

l’ultima volta che sono andato a trovarla semplicemente le cose non andavano più». Si passa una<br />

mano sul viso. «Stavamo insieme da quando avevamo quindici anni e forse siamo andati avanti<br />

così tanto perché eravamo entrambi troppo spaventati per mollare qualcosa che c’era sempre<br />

stato… Stavamo insieme perché eravamo attaccati all’idea di noi due».<br />

La mia mente si interroga su me e Micha. Ci conosciamo da sempre. È così che<br />

andrà a finire? L’ansia mi attanaglia il petto. Non voglio perdere Micha. Mai.<br />

«Be’, se hai bisogno di qualcosa puoi chiamarmi quando vuoi». Scendo giù dal<br />

cofano e i miei sandali atterrano in una pozzanghera piena di riflessi arcobaleno. «Non ho grandi<br />

progetti, a parte probabilmente cacciarmi nei guai».<br />

problemi».<br />

Lui ridacchia e gira intorno alla macchina. «Non sembri una che crea molti<br />

Una risata mi sfugge dalle labbra mentre mi sposto dalla parte del guidatore.<br />

«Questo rivela quanto poco sai di me».<br />

Lui apre la portiera. «Hai ragione. Ti conosco appena, so solo che adori disegnare,<br />

che non hai una macchina e che pensi che gli acquerelli del professor Marlina assomiglino a<br />

quei disegni con i numeri che indicano dove colorare».<br />

quei libri».<br />

«È così», gli dico in tono serio. «Sarei pronta a giurare che li ha copiati da uno di<br />

Sogghigna, getta uno sguardo in direzione di Micha, poi i suoi occhi tornano su di<br />

me. «Avrei una domanda».<br />

Dopo un attimo di esitazione, rispondo: «Ok».<br />

Anche lui tentenna per un momento, rimuginando qualcosa con la mano poggiata sul<br />

tettuccio dell’auto. «Diciamo che sono a casa di mio padre e mi sto annoiando. Posso chiamarti?<br />

Solo per chiacchierare».<br />

se vuoi».<br />

Cambio posizione, un po’ a disagio, e nascondo le mani dentro le maniche. «Certo,<br />

Mi fa l’occhiolino e la mia agitazione sale di una tacca. Come abbiamo fatto ad<br />

arrivare a questo punto così velocemente? «Ci conto, allora».<br />

Gli sorrido nervosa e faccio un passo indietro, così può chiudere la portiera. Mi<br />

saluta, fa marcia indietro ed esce dal parcheggio della stazione di servizio. Quando mi giro per<br />

tornare al camioncino di Ethan urto qualcuno.<br />

«Ti stavi divertendo?», mi chiede Micha in tono condiscendente, con gli occhi freddi<br />

come il ghiaccio.


«Stavamo solo parlando». Indietreggio e mi sposto di lato per passargli accanto, ma<br />

lui mi si mette davanti e mi blocca il passaggio.<br />

«Ella May, mi dispiace distruggere le tue illusioni, ma quel tizio ci stava provando<br />

alla grande». Abbassa il tono di voce fino a un brontolio protettivo e mi si avvicina con gli occhi<br />

sempre più cupi. «E se glielo vedo fare di nuovo si becca un cazzotto in faccia».<br />

«Niente violenza», invoco con un sospiro pesante. «Perché voi ragazzi dovete<br />

sempre picchiarvi?»<br />

«Invece di buttare a terra la gente e tirarle i capelli fino a farla piangere?». Si sposta<br />

dalla traiettoria di una macchina che si sta accostando e mi tira per una manica per trascinarmi<br />

con lui.<br />

«L’ho fatto solo una volta e avevo dodici anni».<br />

«O mordere le persone su un braccio?».<br />

Emetto un sospiro di frustrazione e strattono via il braccio. «Okay, fai come ti pare,<br />

io me ne tiro fuori però».<br />

Mentre gli passo accanto, le sue dita mi si chiudono sul fianco e mi attira a sé. Mi<br />

tiene le mani sulle spalle e cammina dietro di me fino al camioncino, lasciandomi libera solo per<br />

aprire la portiera.<br />

«Voglio picchiarlo solo perché ti amo», dice con una smorfia che gli increspa le<br />

labbra. «Mi fa incazzare come ti guarda, come quella sera al ristorante. Tu magari non te ne<br />

accorgi, ma era chiarissimo persino ai miei occhi ubriachi».<br />

Noto la gelosia dipinta sul suo viso. «Sei geloso di Blake?»<br />

«Certo che sono geloso, cazzo». Mi guarda come se fossi un’idiota. «Lui può stare<br />

insieme a te tutto il giorno perché andate alle stesse lezioni. E chissà quante volte siete usciti<br />

insieme mentre io ero in tournée».<br />

«Ci siamo visti due volte al di fuori delle lezioni». Mi lascio cadere sul sedile<br />

posteriore, sbattendo accidentalmente la testa sul tettuccio. «E una volta è stato perché Lila<br />

aveva bisogno di uscire dal campus per un giorno».<br />

«Solo parlarci è una violazione delle regole», mi dice con aria severa.<br />

Rimango a bocca aperta. «Regole? Sei matto?».<br />

Mette un piede tra i sedili e la mano sul retro del poggiatesta. «Fammi posto».<br />

Mi sposto dal centro del sedile posteriore e lui scivola accanto a me. Gli lancio uno<br />

sguardo irritato e incrocio le braccia. «Riguardo a queste regole, magari dovresti dirmi quali<br />

sono. Per esempio, ho infranto qualche regola stando da sola sul sedile posteriore?».<br />

È perplesso, non lo trova divertente. «Discuti quanto ti pare, non hai visto come ti<br />

guardava».


«Micha, non sono un premio a cui tutti ambiscono». Mi sposto vicino al finestrino<br />

per aumentare la distanza tra noi due. Le sue accuse mi fanno arrabbiare e anche il fatto che a<br />

quanto pare non si fida di me. «Sono una casinara con problemi mentali che non riesce a<br />

prendere una decisione praticamente su niente».<br />

«Soltanto il fatto che riesci ad ammetterlo ad alta voce», dice scivolando più vicino a<br />

me con un braccio appoggiato allo schienale, «ti rende una persona speciale. Sai quanta gente<br />

non è capace di ammettere i propri difetti e le cose che deve migliorare? Quanta gente non riesce<br />

a vedere se stessa?». Mi infila la mano tra le cosce e i suoi occhi mi attirano di nuovo verso di<br />

lui, mentre il mio cuore fa un balzo nel petto.<br />

«Sei dannatamente speciale e se voglio essere geloso e possessivo quando uno<br />

stupido artista ci prova con te davanti ai miei occhi, lo farò eccome. E se non ti sta bene<br />

chiederò a Ethan di inseguirlo proprio ora, così potrò dargli quel cazzotto in faccia».<br />

Serro la mascella per evitare di sorridere. «Sei divertente quando fai così».<br />

Mi bacia su una tempia. «Bene, sono contento che trovi la mia sofferenza<br />

divertente».<br />

Gli lancio uno sguardo di sottecchi. «Però lasciami dire che ti ho visto flirtare con le<br />

ragazze migliaia di volte, e pomiciare, e portartele a letto».<br />

A quest’ultima affermazione fa una smorfia. «Ma ti ricordi cosa ti ho detto quando<br />

ne abbiamo parlato?».<br />

aspettavi».<br />

Il mio sorriso finalmente emerge. «Che stavi solo ingannando il tempo mentre mi<br />

«Proprio così». Stringe le labbra e tutto quello che voglio adesso è leccarle, sentire il<br />

suo piercing in bocca e passarci sopra la lingua. Vorrei fare un sacco di cose oscene con lui<br />

proprio adesso.<br />

«Stai facendo dei pensieri sconci, non è vero?», mi prende in giro arrogante. «Riesco<br />

a vedere quanta voglia hai, ce l’hai scritta in faccia».<br />

Concentro la mia attenzione sul finestrino, ridendo tra i baffi. «Sai, per uno che è<br />

così sicuro di sé ti preoccupi un sacco di potermi perdere».<br />

«È perché senza di te sarei perso».<br />

«Questa è proprio una battuta da rimorchione, Micha Scott».<br />

Mi mette un dito sotto il mento e mi fa voltare verso di lui, le nostre labbra sono a<br />

pochi centimetri di distanza. «Ricordati il nostro patto. Tra me e te è una cosa seria».<br />

«Che patto?», chiede Lila entrando dal sedile del passeggero, senza fiato dopo<br />

essersi praticamente arrampicata sul camioncino. In mano ha una grossa busta di Skittles e una<br />

bottiglia d’acqua.<br />

«Un patto segreto». Mi illumina con il suo sorriso.


Avevo quasi dimenticato il patto, stretto da due bambini che cercavano qualcosa che<br />

non avrebbero mai potuto avere: la normalità.<br />

Ethan sale sul camioncino e fa stridere le ruote mentre esce dalla stazione di servizio<br />

e sfreccia verso l’autostrada, con Silhouettes degli Smile Empty Soul a tutto volume.<br />

«Direi che ci serve un drink», dichiara Micha tendendo la mano verso il finestrino<br />

scorrevole posteriore per prendere la borsa frigo.<br />

viaggio».<br />

Gli blocco la mano e me la stringo al petto, sopra il cuore. «Non mentre siamo in<br />

Mi fulmina con lo sguardo e fissa torvo la mia mano sopra la sua. «Perché no? Non<br />

sto guidando io».<br />

Apro le labbra e sto per parlargli del suo problema con il bere, ma il consiglio di<br />

Anna mi riecheggia nella testa e non trovo il coraggio. «Non credo che dovremmo cominciare a<br />

bere adesso, sappiamo benissimo che non faremo altro per tutto il weekend».<br />

Lui ritrae la mano e si volta sul sedile. «Hai ragione, anche se sarebbe stato utile per<br />

far passare il tempo».<br />

Scruto fuori dal finestrino e osservo la campagna cambiare dal verde al bianco, persa<br />

nei miei pensieri. Riuscirò mai a trovare l’equilibrio necessario per aiutare gli altri, invece di<br />

causargli problemi?<br />

Micha<br />

Arriviamo tardi a Star Grove. Il cielo è scuro e le stelle sono nascoste dalle nuvole.<br />

Le strade, le case e i cortili sono coperti da una spessa coltre di neve e luci verdi e rosse di<br />

Natale brillano intorno a casa mia.<br />

Lila dorme sul sedile davanti, con la testa appoggiata al finestrino. Ella invece mi si<br />

è addormentata in grembo, con il viso così vicino al pene che la mente mi si è riempita di<br />

immagini oscene per tutto il viaggio. Ma ho contenuto la tensione sessuale, Ethan ci ha già<br />

sentiti andare oltre e non voglio concedergli il bis.<br />

Quando il camioncino si ferma nel vialetto, Lila si sveglia e si stiracchia come un<br />

gatto. «Dove siamo?». Sbatte le palpebre di fronte alla mia casa a due piani e a quella di Ella là<br />

accanto. Sul suo vialetto non ci sono tracce di ruote nella neve, quindi non c’è nessuno in casa.<br />

L’auto di mia madre è parcheggiata davanti al garage aperto, da cui sporge la parte<br />

posteriore della Chevelle. Ethan salta giù lasciando la portiera spalancata e avanza a fatica nella<br />

neve verso il retro del camioncino. Lila lo segue, facendo entrare l’aria fredda nell’abitacolo, e<br />

cominciano a scaricare le valigie congelate.<br />

Ella è rannicchiata su di me, mezza addormentata, e io non riesco a trattenermi.<br />

Mordicchio il piercing del labbro per trattenere le risate e le do un pizzico sulle costole, proprio<br />

sotto il seno. Lei si sveglia di soprassalto con gli occhi verdi furiosi che risplendono alla luce


fioca dell’abitacolo.<br />

«Che cazzo…?». Mi dà un pugno sul braccio e scuote via il sonno dagli occhi. «È<br />

davvero il modo più perfido in assoluto di svegliarmi».<br />

Mi massaggio il braccio dove mi ha colpito. «In realtà è stata una delle cose più<br />

divertenti che abbia mai visto».<br />

«Una mossa da stronzo». Si sporge verso il mio collo, ma all’ultimo momento si<br />

abbassa e mi morde il petto attraverso la maglietta.<br />

Faccio una smorfia, ma sorrido. «Lo sai che questo mi eccita più di ogni altra cosa».<br />

Lei si mordicchia il labbro inferiore tra i denti. «Ti sei eccitato per tutto il viaggio.<br />

Guarda che ti ho sentito premere contro la mia guancia».<br />

Pronto a finire il match, concludo con la battuta vincente. «Perché la tua bocca era a<br />

un centimetro dal mio cazzo».<br />

Le sue guance avvampano e il labbro torna fuori, rosso, turgido e allettante. Scendo<br />

dalla macchina nel freddo gelido e le tendo la mano. Lei l’afferra, pronta a saltare giù nella neve<br />

con le ciabattine.<br />

le dita».<br />

«Aspetta un attimo». Ritraggo la mano e le offro la schiena. «Salta su o ti congelerai<br />

Monta volentieri e io la porto fino alla veranda. Il ghiaccio pende dal bordo del tetto<br />

e sui gradini qualcuno ha gettato del sale. Il fiato mi si condensa davanti mentre tendo la mano<br />

sopra le luci della veranda e recupero la chiave nascosta sotto un piattino. Poso Ella a terra, le<br />

porgo le chiavi e scendo i gradini fino al vialetto, con la neve che scricchiola sotto agli stivali.<br />

«Apri e vai dentro», le ordino tornando alla macchina. «Prendo le tue cose».<br />

Mi guarda e alla luce della veranda la sua pelle sembra di porcellana. «Chi l’ha detto<br />

che starò da te?»<br />

«E chi ha detto che starai da un’altra parte?», sogghigno. «Adesso smetti di rompere<br />

le scatole e vai dentro al caldo».<br />

Prima che si volti, intravedo l’ombra di un sorriso sulle sue labbra. Apre la porta ed<br />

entra, mentre io vado a prendere i bagagli. Ethan ha deciso di sistemarsi sul divano, lo fa da<br />

quando eravamo piccoli. Lila occuperà il letto nella stanza degli ospiti. Per Ella rimane solo il<br />

mio letto e la prospettiva mi entusiasma, anche se per lei probabilmente non sarà lo stesso.<br />

Mostro a Lila la sua stanza e lancio una coperta a Ethan, poi porto le borse in<br />

camera. La luce è accesa e c’è Ella stesa sul mio letto a pancia in giù, sta sfogliando le pagine<br />

del…<br />

«Quello dove cazzo l’hai trovato?». Cerco di afferrare il taccuino, ma lei rotola su<br />

un fianco ridendo e lo stringe al petto.


«Mio Dio… cos’è, il tuo libro nero?». Sussulta quando io le salto addosso e le tolgo<br />

il taccuino dalle mani.<br />

«Non è il mio libro nero». Praticamente sto ringhiando. «È solo…».<br />

«Un registro di tutte le ragazze con cui sei andato a letto». Si porta la mano davanti<br />

alla bocca e ride così tanto che diventa tutta rossa. Quando si ricompone si mette in ginocchio<br />

davanti a me. «Sai, pensavo di sapere tutto di te, ma mi sbagliavo».<br />

Butto il taccuino nel cestino. «Dove l’hai trovato?».<br />

Scrolla le spalle, si stende di nuovo sulla pancia e infila la mano sotto al cuscino.<br />

«Era qui sotto».<br />

Con un calcio spedisco la borsa sotto la scrivania e accendo la lampada da tavolo<br />

prima di spegnere la luce principale. Poi mi tolgo la maglietta e mi stendo sul letto accanto a lei.<br />

Sta tremando perché la stanza è gelida, ma mia madre la tiene così per risparmiare<br />

sulla bolletta. «C’erano un sacco di nomi là dentro… più di quelli che immaginavo».<br />

Lascio andare il respiro e mi passo una mano sulla faccia. «Ella, non so cosa vuoi<br />

che ti dica… non volevo che lo vedesse nessuno. Era una cosa personale, solo per me, per…»,<br />

mi irrigidisco, «…conservare una traccia».<br />

Mi guarda inespressiva, l’imbarazzo è alle stelle. «Non c’era il mio nome là dentro».<br />

Mi volto e la guardo negli occhi. «È perché sapevo che non avrei avuto bisogno di<br />

conservare una traccia. Non c’è stata più nessuna dopo di te e non ci sarà mai».<br />

Il suo respiro accelera e lei fa per alzarsi. Allungo una mano per fermarla, perché mi<br />

sembra che stia andando via, ma lei butta semplicemente le scarpe sul pavimento e si sfila i<br />

pantaloncini. La vista del suo sedere che spunta dalle mutandine mi eccita immediatamente.<br />

Tiene addosso la mia giacca e si infila sotto le coperte. «Fa freddo», dichiara con<br />

uno sguardo impenetrabile.<br />

Sbottono i jeans, me li sfilo e la raggiungo sotto le coperte, facendo una smorfia<br />

quando i miei piedi toccano i suoi. «Cazzo, hai i piedi gelati». Le metto una mano sul fianco.<br />

«Dio, sei gelata ovunque».<br />

Strofina i piedi sulle mie caviglie e si rannicchia più vicina a me. «Penso che dovrai<br />

tenermi al caldo tu».<br />

Le appoggio il mento sulla testa. «A volte mi mandi in confusione, bellezza.<br />

Davvero. Un minuto prima sei arrabbiata con me e un minuto dopo mi desideri».<br />

Mi affonda il viso sul petto e il suo fiato ardente mi riscalda la pelle. «Ogni tanto<br />

confondo anche me stessa». Fa una pausa. «Credo che nella mia testa ci sia davvero qualcosa<br />

che non va, perché leggere quella lista mi ha fatto venire voglia di fare sesso con te».<br />

Ogni muscolo del mio corpo si irrigidisce. «Che cosa hai detto?»


«Mi hai sentita». Con le dita mi traccia dei piccoli cerchi intorno al capezzolo.<br />

«Come ho già detto, credo che nella mia testa ci sia qualcosa che non va… È come se volessi<br />

rivendicare i miei diritti su di te, o qualcosa del genere».<br />

«Allora fallo». Trattengo il respiro, in attesa della sua reazione.<br />

Lei si tira un po’ indietro e mi guarda negli occhi. «Non stanotte. Sono stanca, e fra<br />

qualche giorno è anche il tuo compleanno».<br />

«Be’, tanto per mettere le cose in chiaro, come regalo voglio soltanto te con un<br />

nastro intorno, nient’altro. Okay, magari con delle scarpe col tacco. Con le tue gambe stupende<br />

sei assolutamente sexy sui tacchi».<br />

Sorride, mi riappoggia la guancia al petto e intreccia le gambe alle mie. Le tiene<br />

aperte all’altezza della mia coscia e sento tutto il suo calore. «Forse si può fare».<br />

L’abbraccio e avvicino le gambe, sfregandole teneramente su di lei. «Mi sembri di<br />

buon umore».<br />

Il contatto le mozza il respiro e le fa muovere leggermente i fianchi. «Sto solo<br />

cercando di non preoccuparmi. Ordini del dottore».<br />

Le faccio scivolare la mano lungo la schiena, e appoggio il palmo su una coscia. «Mi<br />

stai dicendo che forse la vecchia Ella May tornerà tra noi?»<br />

«No…». Chiude gli occhi mentre le mie dita tracciano una linea avanti e indietro<br />

sulla sua pelle morbida. «Non credo che esista più, ma sono abbastanza sicura di poterti<br />

presentare la vera me, la versione attuale… se lo vuoi».<br />

«Certo che lo voglio». Le stringo il sedere, chiudo gli occhi e respiro il suo profumo.<br />

«Voglio tutto quanto».<br />

Capitolo 16<br />

Ella<br />

L’odore di uova e pancetta mi sveglia. È passato un bel po’ dalla mia ultima vera<br />

colazione e mi viene subito l’acquolina in bocca. Scendo dal letto inciampando, mi infilo un<br />

paio di jeans e noto che Micha ha portato fuori la spazzatura, probabilmente per far sparire<br />

definitivamente il taccuino.<br />

“Dovrebbe darmi fastidio”, dico a me stessa infilandomi una maglietta termica a<br />

maniche lunghe. “Ma non è così. Dio, la mia testa è davvero messa così male?”.<br />

Arrivo in cucina. La madre di Micha è ai fornelli davanti a una padella sfrigolante.<br />

Ha i capelli biondi raccolti in una crocchia è indossa una tuta rosa. Seduto al tavolo c’è un tizio<br />

di almeno dieci anni più giovane di lei che sta leggendo la pagina sportiva del giornale e<br />

bevendo del succo di frutta. Ha folti capelli castani, a parte una piccola chiazza calva al centro e


delle occhiaie scure sotto gli occhi nocciola.<br />

«Buongiorno tesoro». La signora Scott mi accoglie con un sorriso allegro. «Vuoi<br />

fare colazione?».<br />

Lancio un’occhiata allo sconosciuto seduto al tavolo, che mi sta scrutando e mi<br />

rende nervosa. «Uhm… dove sono Micha e tutti gli altri?».<br />

La signora Scott infilza la pancetta con la forchetta e la gira. «Sono usciti. Micha era<br />

entusiasta perché suo padre gli ha fatto riparare la macchina a sue spese, credo che… sia stato<br />

un pensiero carino da parte sua».<br />

«Merda». Non intendevo dirlo ad alta voce e la signora Scott mi guarda perplessa.<br />

«Tutto a posto?», chiede strapazzando le uova nella padella con una paletta.<br />

Prendo una delle giacche di Micha dall’attaccapanni accanto alla porta sul retro ed<br />

esco senza risponderle. Non è possibile che sia entusiasta per quello che ha fatto suo padre.<br />

Fuori l’aria è più che gelida e mi provoca dei brividi. Gli stivali scricchiolano sulla<br />

neve mentre avanzo verso il garage dove è parcheggiata la Chevelle. La fiancata che era<br />

ammaccata adesso è perfettamente liscia ed è stata riverniciata di nero con una striscia rossa sul<br />

cofano sullo stile delle macchine da corsa. È di nuovo pronta a correre, ma è solo per merito del<br />

padre di Micha.<br />

«Riesci a credere che quel cazzone di mio padre abbia fatto questo?». La voce aspra<br />

di Micha mi sorprende e io mi volto, quasi cadendo sul sedere quando scivola sul ghiaccio.<br />

La mano di Micha scatta per prendermi al volo, ma poi anche lui perde l’equilibrio e<br />

si accascia su un lato. Afferro l’orlo della sua giacca e mantengo un piede d’appoggio che<br />

sostenga entrambi.<br />

Avvinghiato con una mano alla mia spalla, con l’altra Micha tiene stretta una birra,<br />

come se fosse l’oggetto più importante del mondo. «Mio padre pensa di potermi comprare».<br />

«Che vuoi dire?», chiedo lasciandogli andare il braccio e voltandomi di nuovo verso<br />

la macchina.<br />

Lui mi passa accanto e fa un salto per buttare giù alcuni ghiaccioli che pendono<br />

dall’orlo del tetto. «Dopo che l’ho aiutato, ha mandato dei soldi a mia madre per far riparare la<br />

macchina, come ringraziamento».<br />

Non sono sicura di come affrontare la situazione. «Be’, immagino che sia stato<br />

carino da parte sua. Voglio dire, almeno ha fatto qualcosa di buono».<br />

Gli occhi turchesi di Micha sono freddi come il ghiaccio che abbiamo sotto i piedi.<br />

«Avrei preferito che mi telefonasse, almeno avrebbe riconosciuto in qualche modo la mia<br />

esistenza. Invece ha mandato un fottuto biglietto a mia madre». Tira fuori un pezzo di carta dalla<br />

tasca e lo getta verso di me, ma il foglio riesce a coprire solo metà della distanza tra noi due, poi<br />

cade per terra nella neve.


Lo raccolgo, scrollo la neve che ci è rimasta sopra e lo apro. “Per favore, usa questi<br />

soldi per riparare la macchina di Micha come abbiamo concordato al telefono e ringrazialo per<br />

avermi aiutato. È stato molto gentile da parte sua, e io e la mia famiglia gli siamo molto grati”.<br />

«Lui e la sua famiglia mi sono grati». Dà un calcio alla ruota con la punta dello<br />

stivale e lancia la bottiglia di birra contro il muro, dove si frantuma in mille pezzi che si<br />

sparpagliano sul cemento. «È un maledetto stronzo. Come se non fossi anche io la sua<br />

famiglia».<br />

Lascio il biglietto sul cofano e spalanco le braccia per abbracciarlo, ma lui si tira<br />

indietro. «Mi serve un momento da solo, okay? Puoi tornare dentro?».<br />

È più sbronzo di quanto pensassi. Da vicino riesco a vedere gli occhi arrossati e<br />

lucidi e ha le guance color porpora. Ha i capelli ritti sulla testa, come se ci avesse passato più<br />

volte le mani. Nel suo sguardo c’è quella rabbia che solo una quantità spropositata di alcol può<br />

tirare fuori.<br />

«Okay, sono dentro se hai bisogno di me». Mi avvio verso la porta, ma mi fermo<br />

davanti ai gradini perché mi accorgo che il camioncino di Ethan non c’è. Mi volto verso Micha<br />

per chiedergli dov’è andato, ma lo vedo sbattere la porta del garage dopo aver preso un’altra<br />

birra dalla cassa che sta sullo scaffale. È come se sbattesse la porta in faccia al mondo mentre<br />

seppellisce nell’alcol tutto il suo dolore.<br />

Penso di nuovo di affrontarlo, di parlare del problema con il bere e del fatto che<br />

quando è in quelle condizioni mi respinge, ma appena torno in camera la stanchezza prende il<br />

sopravvento su di me e crollo sul letto, chiedendomi perché mai sono venuta qui.<br />

Ansia e depressione sono come dei demoni. Qualsiasi cosa è in grado di scatenarle e<br />

cambiare il mio umore in un istante. Per fortuna Anna mi ha insegnato ad accorgermi se sto<br />

precipitando nell’abisso della disperazione, che può anche diventare senza fondo. Mi ha<br />

insegnato a rendermi conto di quando la disperazione sta prendendo il sopravvento e anche a<br />

lottare contro quelle tenebre. Se mi impegno, posso riuscire a tornare nella luce. Devo farmi<br />

largo tra pensieri oscuri e non mollare.<br />

Una trentina di minuti più tardi imbocco la strada che porta alla luce e mi precipito<br />

fuori di casa, dritta verso il garage. Il camioncino di Ethan è nel vialetto e ci sono delle impronte<br />

di piedi che vanno nella mia stessa direzione.<br />

Spalanco la porta ed entro. Ethan e Micha sono seduti sul cofano, con gli stivali<br />

poggiati sul paraurti anteriore e delle birre in mano. Lila parla al telefono in un angolo, con un<br />

dito infilato nell’orecchio per cercare di arginare il chiacchiericcio dei ragazzi.<br />

Gli occhi di Micha incontrano i miei e la durezza del suo sguardo mi fa quasi fare<br />

marcia indietro. «Ehi, dove sei stata?». Barcolla giù dal cofano e viene verso di me a grandi<br />

passi.<br />

Indossa una maglia termica grigia che ha un piccolo buco sull’orlo e i jeans neri<br />

sono assicurati ai fianchi da una cintura borchiata. Ha i capelli spettinati, lo sguardo perso nel<br />

vuoto, e il sorriso che ha stampato in faccia significa guai in arrivo.


Con la mano cerca la mia vita, ma io mi tiro indietro. «Dobbiamo parlare».<br />

Ethan mi guarda, ha i capelli neri che gli ricadono sugli occhi e il suo viso mi lancia<br />

un chiaro messaggio. «Ella lascia perdere».<br />

«Non sai cosa ho intenzione di dirgli», gli rispondo. «Perciò stanne fuori».<br />

«Va bene, ma dal tuo tono credo che tu stia per tirare fuori qualcosa di personale e<br />

lui non ce la può fare adesso». Tira su le maniche della maglietta verde e si stende sul cofano,<br />

con le mani dietro la testa.<br />

Micha mi guarda confuso. «Aspetta, che succede?».<br />

Ethan mi ha innervosita, perciò faccio qualche passo indietro e mi avvicino alla<br />

borsa frigo. «Non è niente. Non mi ricordo nemmeno cosa volevo dirti».<br />

Mi afferra per un gomito e mi tira a sé. «Facciamo qualcosa di davvero divertente».<br />

Provo a divincolarmi. «Non mi va».<br />

Aggrotta la fronte e si gratta dietro al collo. «Perché sei così strana?»<br />

«Non sono strana». Libero il braccio. «È solo che non mi piace che tu sia ubriaco».<br />

«Perché? Mi sono ubriacato un sacco di altre volte».<br />

«Lo so ed è proprio questo il problema». Mi mordo la lingua. «Mi dispiace. Non era<br />

mia intenzione».<br />

I suoi occhi ardono di rabbia. «Tu ti ubriachi quanto me».<br />

Scuoto la testa. «Non è vero».<br />

«È verissimo», sbotta lui e il volume della sua voce mi fa trasalire. «Tu bevi quanto<br />

me, per divertimento o per dimenticare. Tutti noi lo facciamo, da quando avevamo quattordici<br />

anni».<br />

«Ehi, non tirarmi in mezzo», ribatte Ethan, scendendo dal cofano. «Io i miei<br />

problemi li ho risolti».<br />

«No, non è vero». Micha inciampa sui lacci degli stivali e sbatte contro uno scaffale,<br />

gettando a terra attrezzi e pezzi della macchina. Lila strabuzza gli occhi e chiude la<br />

conversazione al telefono. «Anche tu bevi quando vuoi darci un taglio, lo facciamo tutti».<br />

Tutto intorno cala il silenzio, il nostro respiro si condensa davanti a noi e<br />

realizziamo che ha ragione. Abbiamo tutti iniziato a bere intorno ai quattordici anni. Abbiamo<br />

cominciato per curiosità, ma più crescevamo, più tendevamo a usare l’alcol per fuggire dalla<br />

realtà delle nostre vite.<br />

«Okay, ma per me finisce qui», dico infine e mi avvio verso la porta con le mani<br />

alzate in segno di resa.<br />

«È finita anche per me!», urla Micha con il viso paonazzo. «I tuoi cazzo di giochetti


mentali e i tuoi problemi mi hanno rotto. Mi hanno rotto e me ne tiro fuori».<br />

Le mani mi ricadono inerti lungo i fianchi. «Volevo dire che la faccio finita con<br />

l’alcol, ma mi fa piacere sapere come stanno le cose per te».<br />

«Ella, lui non intendeva… È solo ubriaco, smettila di fare la pazza e passaci sopra»,<br />

mi interrompe Ethan, scuotendo la testa rivolto a Micha. «È meglio che ti schiarisci subito le<br />

idee, amico».<br />

Micha lancia un’occhiata torva a Ethan. «Stanne fuori». Mi volta le spalle, ma io<br />

sono già uscita.<br />

Me ne vado di corsa lungo la strada, ma lui non mi segue. Il vento mi soffia tra i<br />

capelli e mi punge le guance mentre cerco di scappare dal dolore e dalla sofferenza, ma l’ansia<br />

mi sta alle calcagna.<br />

Micha non si è mai arrabbiato con me in questo modo. Mai. È come avere un<br />

coltello piantato nel cuore e non sapere come tirarlo fuori. Fa male dappertutto.<br />

Quando arrivo all’angolo rallento e cerco di riprendere il controllo dei pensieri.<br />

Prendo il telefono dalla tasca e compongo il numero di Anna.<br />

«Pronto».<br />

Lei risponde dopo quattro squilli e sento un pianoforte suonare in sottofondo.<br />

«Pronto Anna, sono Ella». Mi sento in colpa per averla chiamata quando è evidente<br />

che è con la sua famiglia.<br />

Qualche secondo più tardi sento il rumore di una porta che si chiude e il baccano in<br />

sottofondo si smorza. «Che succede?».<br />

Tengo lo sguardo fisso sui graffiti tracciati sopra un cartello stradale. «Ho fatto una<br />

cosa che mi aveva detto di non fare… Ho affrontato Micha riguardo al suo problema con il<br />

bere».<br />

«E cosa è successo?»<br />

«Ha detto… delle cose».<br />

Fa una pausa. «Che genere di cose? Cose che ti hanno ferita?»<br />

«Tante cose. E sì, mi sento ferita». Premo una mano sul mio cuore sofferente e<br />

incurvo le spalle. «Davvero tanto».<br />

«E tutto questo dolore cosa ti fa venire voglia di fare?», mi chiede mentre una<br />

macchina mi passa accanto, spruzzando fanghiglia e neve dalla strada. «Ella, dove sei?»<br />

«Sono all’angolo di una strada e tutto quello che voglio fare è correre», ammetto. «E<br />

voglio piangere… e urlare».<br />

«Allora urla», mi incoraggia. «Va’ avanti. Butta tutto fuori».


«Ma sono per strada». Do un’occhiata in giro e vedo una coppia di anziani che<br />

cammina sul marciapiede. «E ci sono delle persone».<br />

«E allora?», dice lei. «Non preoccuparti di loro. Fa’ soltanto uscire tutto fuori, fai<br />

andare via le preoccupazioni e il dolore. Non trattenerli dentro di te, Ella. Ne abbiamo già<br />

parlato».<br />

Sentendomi un’idiota, apro la bocca ed emetto un grido smorzato.<br />

«Puoi fare meglio di così», insiste. «Urla per davvero, Ella».<br />

Prendo un profondo respiro e tiro fuori tutto quello che ho, faccio uscire tutto<br />

quanto, e l’eco si sente a chilometri di distanza.<br />

Dopo essermi liberata del peso che avevo nel petto, percorro la strada fino a Cherry<br />

Hill, dove sta il cimitero, pensando alle persone che ho perso. Mia madre e Grady, entrambi mi<br />

sono stati strappati via troppo presto.<br />

Le tombe e gli alberi sono coperti da una coltre di neve fresca, l’erba è sepolta là<br />

sotto e dalla recinzione pendono dei ghiaccioli. Cammino fino all’albero spoglio di fronte alla<br />

tomba di mia madre, le scarpe mi si riempiono di neve e il naso mi si arrossa. Mi chino per<br />

spazzare via un po’ di neve dalla lapide.<br />

Leggo ad alta voce le parole incise, che sono fin troppo semplici per riassumere<br />

davvero ciò che lei è stata. “Maralynn Daniels, madre e moglie adorata”. Non c’è nulla che<br />

ricordi quanto abbia lottato e il fatto che nel gioco della vita abbia ricevuto delle carte di merda.<br />

Ripenso a una conversazione che avemmo quando io avevo quindici anni. Stavamo<br />

guardando la televisione, anche se lei si perdeva nei suoi pensieri e non seguiva davvero il<br />

programma.<br />

pensosa.<br />

«Secondo te perché sono così?», mi chiese all’improvviso con un’espressione<br />

Abbassai il volume della televisione. «Che vuoi dire, mamma?».<br />

Fissava la parete come se sopra ci fossero scritte le risposte alle domande della vita.<br />

«Perché non riesco a sfuggire ai pensieri oscuri, come fanno tutti? Perché non riesco a pensare<br />

come tutti gli altri?».<br />

Mi lambiccai il cervello in cerca di una buona risposta. «Non credo che tutti pensino<br />

allo stesso modo, mamma. Siamo tutti diversi».<br />

«Sì, ma perché per alcuni le cose sono più facili?». Mi guardò e i suoi occhi verdi<br />

erano enormi, come se fosse sotto ipnosi. «Per loro la vita va semplicemente avanti senza mai<br />

un problema».<br />

Feci un breve sospiro, sapendo che le mie parole sarebbero state importanti per lei.<br />

«Tutti hanno dei problemi, mamma. È solo che quelli di alcune persone sono più gravi». Mi<br />

avvicinai a lei e la paura nei suoi occhi cominciò a scemare. «Credo che le persone che<br />

affrontano le prove più dure alla lunga diventino più forti delle altre. Riescono a vedere quello


che un sacco di gente non vede, hanno una mente più aperta».<br />

Gli angoli della bocca le si incurvarono verso l’alto e mi regalò uno dei suoi rari<br />

sorrisi. «Sei una ragazza intelligente, Ella May, e credo che un giorno, quando sarai adulta, farai<br />

grandi cose… Lo spero davvero».<br />

I nodi che sentivo nello stomaco cominciarono a sciogliersi. Avevo detto la cosa<br />

giusta e lei era rilassata e felice. Era ciò che volevo. Pensavo di aver avuto un qualche effetto<br />

positivo su di lei, ma alla fine uscì fuori che mi ero<br />

sbagliata.<br />

«Mi dispiace, mamma», sussurro sulla sua tomba. «Mi dispiace veramente… A<br />

volte penso di dover essere felice, per te».<br />

Il vento fruscia intorno a me, sibilandomi tra i capelli. Mi siedo davanti alla lapide e<br />

resto là in silenzio, promettendo a me stessa di tornare a trovarla più spesso, giurando di non<br />

dimenticarla.<br />

Non vedo Micha per il resto della nottata. Dormo in camera con Lila e sgattaiolo<br />

fuori di casa prima che Micha si risvegli dal suo torpore alcolico. Non sono più tanto arrabbiata<br />

con lui perché beve. Quello che ha detto è vero. Tutti noi usiamo l’alcol per nascondere i nostri<br />

sentimenti e tutti dobbiamo smettere di farlo. Ma le sue parole amare mi perseguitano.<br />

Lila e io andiamo nel mio garage e accendo la Firebird di mio padre, così possiamo<br />

andare a prendere qualcosa per pranzo. Mio padre tiene una chiave di riserva sotto il parasole,<br />

ma la macchina è rimasta ferma per così tanto tempo che ci vuole un’eternità perché si avvii.<br />

Finalmente riesco a far rombare il motore e lo lascio a riscaldarsi un po’, mentre mi incammino<br />

in mezzo alla neve cercando un modo per entrare in casa.<br />

Lila mi segue, intanto si tira su la lampo della giacca e si infila i guanti. «Fa davvero<br />

freddo qui».<br />

«Lo so». Sbircio in cucina attraverso i vetri ghiacciati della finestra e noto che non è<br />

chiusa del tutto. «Be’, penso di aver trovato il modo per entrare, anche se farà freddo là dentro,<br />

visto che la finestra probabilmente è rimasta aperta per mesi».<br />

Faccio un passo indietro e il cellulare squilla dentro la tasca per avvisarmi che ho<br />

ricevuto un messaggio.<br />

Blake: Che fai?<br />

Ho un momento di esitazione prima di rispondere.<br />

Io: Cerco di entrare a casa mia.<br />

Blake: Sembra divertente.<br />

Io: Non proprio.<br />

Blake: Sto scherzando. E che altro fai? Qualcosa di bello? Stavo pensando di<br />

squagliarmela da casa di mio padre con un paio di giorni di anticipo e tornare al campus. Tu


quando torni? Potremmo vederci per un caffè, o qualcosa del genere.<br />

«Chi è?». Lila si sporge sopra la mia spalla, guarda lo schermo e sbuffa. «Oh mio<br />

Dio, davvero ti sta mandando dei messaggi?».<br />

Sospiro e blocco lo schermo per spegnerlo. «Gli ho dato il permesso».<br />

Lila mi ammonisce con il dito alzato. «El, te lo dico adesso, lascia perdere questa<br />

storia dell’amicizia con quel ragazzo. Non può che finire male».<br />

«È solo un amico». Mi sposto dalla finestra e torno alla macchina. «E poi sei stata tu<br />

a incoraggiarmi, perché ti serviva un passaggio».<br />

«Me ne pento amaramente». Mi viene dietro, scivolando sul ghiaccio un paio di<br />

volte. «Vi ho visti parlare alla stazione di servizio e nei suoi occhi c’era solo desiderio… e<br />

adesso non è neanche più fidanzato, perciò non c’è più nulla a ostacolarlo».<br />

«Lo so e mi sto pentendo di avertelo detto», rispondo. «Comunque non importa.<br />

Anche se gli piacessi, non farei mai nulla con lui».<br />

Lila mi afferra per un braccio e mi obbliga a guardarla. «Tiratene fuori subito. Blake<br />

è carino e voi due avete in comune la passione per l’arte. Puoi anche non credere che possa<br />

accadere qualcosa, ma a volte le cose succedono e basta. Credimi».<br />

«Parli per esperienza?», le chiedo mentre il telefono segnala un altro messaggio.<br />

Blake: Non è che ti ho spaventata… vero? Senti, lo so che hai un ragazzo, non ti sto<br />

proponendo un appuntamento. Solo di bere un caffè insieme come due amanti dell’arte a cui<br />

piace il caffè.<br />

«In queste cose ne ho parecchia di esperienza», prosegue Lila, lasciando andare il<br />

mio braccio. «Sono stata con un sacco di ragazzi che per caso si sono fatti prendere dal<br />

momento e hanno fatto un errore. E conosco un sacco di ragazze che hanno fatto lo stesso. E tu<br />

sei fortunata, Ella. Davvero. Ti prego, in nome di tutte le donne, stai lontana da Blake e<br />

concentrati sulla bellissima relazione che hai adesso».<br />

dubbiosa.<br />

«Dopo quello che è successo ieri, continui a pensare che sia bellissima?», le chiedo<br />

«Quando litigate la rendete solo più bella». Sospira e il suo respiro si condensa. «So<br />

anche che adesso sei arrabbiata, ma l’ultima cosa che vuoi è scambiare messaggi con un ragazzo<br />

che ha una cotta per te. Potresti fare qualcosa di stupido».<br />

«Non sono arrabbiata con Micha. Solo agitata per… un po’ di cose».<br />

«È uguale».<br />

Sospiro e rispondo a Blake.<br />

Io: Resterò qui fino alla fine delle vacanze. Magari ci vediamo quando torno.<br />

Lui non risponde e io e Lila entriamo in macchina con il riscaldamento sparato in


faccia. Non mi importa se Blake si rifà vivo o no. È un amico simpatico, ma niente di più. Sono<br />

presa da questioni molto più importanti: devo affrontare Micha e dirgli che è finita.<br />

Micha<br />

Qualcosa di bagnato mi colpisce in faccia e salto in piedi con il pugno levato di<br />

fronte a me.<br />

«Calmati». Sopra di me c’è Ethan, con una tazza in mano. «È solo acqua».<br />

Mi asciugo la faccia con una manica della maglia. «Che cazzo stai facendo?».<br />

Lui poggia la tazza sul cassettone. «Be’, sono circa quattordici ore che dormi,<br />

volevo assicurarmi che fossi ancora vivo».<br />

Tenendomi tra le mani la testa pulsante, controllo l’ora sull’orologio appeso alla<br />

parete, vicino alla finestra. È mattina presto e fuori la neve fluttua nell’aria.<br />

«Cosa è successo?». Porto le gambe su un lato del letto e mi accingo ad alzarmi, ma<br />

sento in bocca un sapore amaro che mi costringe a rimettermi giù.<br />

«Be’, diciamo che ti sei bevuto tutto quello che c’era in casa», dice Ethan<br />

incrociando le braccia. «E poi hai rovinato i rapporti praticamente con tutti quelli che conosci,<br />

tranne me, ma solo perché a me non frega un cazzo».<br />

Mi passo le mani tra i capelli e mi volto su un fianco. «Ed Ella?»<br />

«Con lei probabilmente hai dato il peggio di te». Giocherella con la sveglia sul<br />

comodino, girando la rotellina sul retro.<br />

Mi volto di nuovo. «Perché? Che cosa ho detto?».<br />

Ethan fa il segno delle virgolette con le dita e dice: «“I tuoi cazzo di giochetti<br />

mentali e i tuoi problemi mi hanno rotto”».<br />

Porto le braccia davanti al viso e scuoto la testa. «Maledizione. Ma che avevo in<br />

mente? Maledizione, cazzo!». Tiro un pugno alla testiera del letto, le nocche schioccano e io<br />

faccio una smorfia.<br />

Ethan tiene fermo l’orologio accanto alla lampada. «Eri ubriaco, che è anche la<br />

ragione per cui è cominciata la discussione. Ella vuole che tu la smetta di bere così tanto e io<br />

sono d’accordo con lei. Sì, anche noi beviamo, ma tu usi l’alcol come meccanismo di difesa più<br />

di tutti quanti. Ultimamente lo fai molto spesso».<br />

Gli lancio un’occhiata da sotto il braccio. «Ma cosa ti sei letto, amico? Sembri uno<br />

psichiatra».<br />

Indietreggia verso la porta con un ghigno sulla faccia. «Come sistemare i casini del<br />

tuo migliore amico ubriaco. Adesso tira fuori il culo dal letto e vai ad aggiustare le cose con<br />

Ella, prima che lei scappi via di nuovo».


Scalcio via la coperta e mi piego di lato per alzarmi in piedi. «È scappata via… se ne<br />

è andata?»<br />

«Calmati». Ethan alza gli occhi al cielo. «Dopo che le hai urlato contro è corsa via<br />

fino alla fine della strada, ma poi è tornata. Stanotte ha dormito con Lila. Credo che non abbia la<br />

chiave di casa sua, il che è un po’ strano».<br />

«Non è strano». Gli faccio cenno di uscire mentre afferro un paio di jeans puliti dal<br />

cassetto. «Suo padre e suo fratello sono degli stronzi».<br />

Esce facendo un cenno di approvazione e chiude la porta. Mi fa male lo stomaco e<br />

mi sembra che la testa stia per esplodermi, ma il dolore più grande è nel mio cuore.<br />

Ero l’unica persona nella vita di Ella a non averla mai ferita intenzionalmente, ora<br />

non è più così.<br />

«Non risponde al telefono», mormoro attraversando il salone. Il tappeto marrone è<br />

vecchio e pieno di buchi, le pareti sono di un’orribile tonalità di verde che assomiglia a vomito.<br />

«E se è andata via di nuovo?»<br />

«Amico, stai tranquillo». Ethan apre del formaggio e sprofonda un’altra volta sul<br />

divano di pelle a cui manca un bracciolo. «Ho mandato un messaggio a Lila e mi ha detto che<br />

sono solo andate a prendere qualcosa per il pranzo».<br />

Mi accascio sulla poltrona reclinabile massaggiandomi la fronte e sposto una<br />

bottiglia vuota di soda con un calcio, così posso poggiare i piedi sul tavolino. «Dio, ma perché la<br />

nostra relazione è tutta alti e bassi?».<br />

Ethan sbuccia un pezzo di formaggio e alza gli occhi al cielo. «Perché tutti e due<br />

avete dei problemi, ma non ne volete parlare perché volete risparmiarvi il dolore a vicenda».<br />

Rubo una manciata di caramelle dal piatto che mia madre ha poggiato sul tavolino.<br />

«Davvero, ma cosa ti sei letto? Oggi vai proprio alla grande».<br />

Lui strappa la carta del formaggio in piccoli pezzi e li lancia sul tavolo. «È<br />

un’eternità che passo il tempo con voi e sono dotato di occhi. E poi mia madre fa la stessa<br />

cazzata con mio padre da sempre. Gliele fa passare tutte lisce perché ha paura del confronto».<br />

«Facciamo anche noi così?». Ci penso su.<br />

Spalanca gli occhi con un’espressione ironica. «Uhm, sì. Lo fate da quando eravate<br />

piccoli». Si alza e spazzola via le briciole dai jeans. «Forse se entrambi foste completamente<br />

onesti l’uno con l’altra, non avreste problemi. Ora devo andare. Mia madre vuole che le compri<br />

del fottuto prosciutto per cena». Tira fuori le chiavi dalla tasca e si avvia verso la porta sul retro.<br />

«È la vigilia di Natale, santo cielo. Non so proprio dove lei crede che possa trovarlo».<br />

«Sei un uomo saggio, Ethan», gli grido dietro, sapendo che gli darà fastidio. Dà un<br />

po’ fastidio anche a me, ma andava detto. «Grazie per avermi fatto vedere come stanno le cose».<br />

«Ora non fare lo strano con me solo perché ho detto quello che penso». Esce e sbatte<br />

la porta dietro di sé.


Faccio un giro dei canali in televisione, senza trovare pace, poi sento cigolare la<br />

porta sul retro. Mia madre e Thomas entrano in casa.<br />

«Ehi, come va?». Lui mi fa un cenno con la testa e si siede sul divano. Indossa un<br />

paio di pantaloni militari, stivali marroni da lavoro e una maglietta bianca macchiata. «Stai<br />

guardando la partita?».<br />

Getto il telecomando sul tavolo. «Ti sembro il tipo da partita?».<br />

Lui guarda il tatuaggio sul mio braccio, il piercing sul labbro, i jeans e la maglietta<br />

neri. «Uhm… Non saprei».<br />

Evito di fare un’espressione esasperata, mi alzo dal divano e vado in cucina da mia<br />

madre. «Okay, non capisco».<br />

Sta mettendo a posto la spesa nel frigo e si sporge oltre lo sportello. «Che cosa?».<br />

Indico con il pollice alle mie spalle, in direzione del salone, dove Thomas sta<br />

facendo zapping. «Sembra un idiota».<br />

«È una persona molto carina, Micha». Fruga dentro una busta di plastica sul bancone<br />

e tira fuori della zucca in scatola. «E mi rende felice».<br />

Lancio un’occhiata alla sua camicia stretta in vita e ai jeans con le paillettes. «Ti fa<br />

vestire in modo strano».<br />

«Ho un look un po’ più giovanile». Alza il mento, sicura di sé. «Mi sono persa un<br />

bel po’ di cose quando ero giovane e se adesso voglio divertirmi non c’è niente che me lo<br />

impedisca».<br />

papà?».<br />

«È perché hai avuto me?». Le rubo un sacchetto di patatine dalle mani. «O per<br />

Scuote la testa e io apro il sacchetto. «No, tu sei stato la cosa più bella che mi sia<br />

mai accaduta. Se ho perso la mia giovinezza è stato per colpa delle mie scelte. Ora sto<br />

scegliendo di riprendermi qualcosa e di godermi un po’ la vita».<br />

lui?».<br />

Lancio un altro sguardo a Thomas, che sta ridendo per qualcosa in televisione. «Con<br />

Lei richiude l’armadietto. «Con lui».<br />

Prendo un mucchietto di patatine e faccio un casino per terra. «Va bene, se è questo<br />

ciò che vuoi, allora mi faccio da parte». Faccio scrocchiare le nocche. «Ma se ti fa del male gli<br />

do un cazzotto in faccia».<br />

Mi scompiglia i capelli con un gesto accondiscendente, come se fossi ancora un<br />

bambino, poi prende due birre dal frigo e va verso il salone. «Nel caso volessi fare pace con<br />

Ella, sappi che l’ho vista scavalcare la finestra di casa sua poco fa».<br />

Raccolgo le patatine che ho fatto cadere a terra. «Come sai che abbiamo litigato?».


Lei scoppia a ridere. «Tesoro, quando voi due litigate lo sa tutto il mondo».<br />

Non ho idea di cosa intenda, ma mi infilo la giacca ed esco nel freddo gelido. La<br />

neve scende giù dal cielo e ricopre il terreno mentre avanzo verso la recinzione fatta con una<br />

catena. Il metallo mi congela i palmi delle mani mentre scavalco, poi busso alla porta sul retro.<br />

Busso un paio di volte, poi Lila mi apre. Ha indosso degli stivali rosa ricoperti di<br />

pelliccia, un cappotto, un cappello e una sciarpa. «Sì?»<br />

«Hai freddo per caso?», scherzo, tentando di risollevare l’umore generale, ma lei si<br />

limita a fare una smorfia. «Scusa, decisamente non è il momento di scherzare, eh?».<br />

Incrocia le braccia, i suoi occhi blu sono piuttosto ostili. «Hai idea di quanto tempo<br />

ho passato a incoraggiare Ella a farsi avvicinare da te? A dirle che tu l’amavi tantissimo e che<br />

non le avresti mai fatto del male? Adesso praticamente l’hai distrutta e sembra che io le abbia<br />

detto solo cazzate».<br />

«Sistemerò tutto», insisto facendo un passo sulla soglia, sperando che si sposti e mi<br />

faccia passare.<br />

Ma lei resta immobile e blocca l’entrata. «Prima di farti entrare, devi promettermi<br />

che la smetterai di bere quando sei agitato e che non le farai mai più del male. Giuro su Dio che<br />

se continui a ferirla ti strappo il piercing dal labbro».<br />

Porto una mano alla bocca per proteggermi le labbra. «Lo prometto, mai più».<br />

Si sposta per lasciarmi entrare, poi richiude la porta. «È di sopra, in camera sua».<br />

Mi avvio verso le scale. «Sai, Lila, sei davvero una tosta. Non sono molte le persone<br />

che oserebbero minacciare il mio piercing».<br />

«Non sono una delle tante», esclama. «Ella è la mia migliore amica e ha bisogno di<br />

essere protetta. È una cosa di cui di solito ti occupi tu, ma questa volta sei proprio tu la persona<br />

da cui bisogna proteggerla».<br />

Lascio Lila in cucina e salgo le scale. La casa è gelida e nell’aria risuona una<br />

canzone: One Thing dei Finger Eleven. La porta del bagno dove morì sua madre è aperta e sulle<br />

piastrelle ci sono dei segni colorati.<br />

«Ella», dico andando verso la porta. «Sei quassù?».<br />

Esce dalla stanza con dei pennarelli in mano e i suoi occhi si spalancano quando mi<br />

vede. «Come sei entrato?»<br />

«Mi ha aperto Lila», spiego con il fiato che si condensa davanti a me. «Non hai<br />

acceso il riscaldamento?».<br />

Scuote la testa e mi ignora, procedendo verso il bagno. Indossa la sua giacca di pelle<br />

e i mezzi guanti. Quando raggiunge il bagno si accovaccia per terra e scrive qualcosa sul<br />

pavimento.


Mi avvicino alla scena con cautela, sapendo che deve voler dire qualcosa di<br />

importante. «Che fai, bellezza?».<br />

Disegna una linea nera lungo una piastrella. «Sto facendo un santuario… E non<br />

chiamarmi bellezza, per favore».<br />

Mi accovaccio vicino a lei e trattengo il respiro mentre le poso le mani sulle spalle.<br />

Lei non le scrolla via, ma si irrigidisce al contatto. «Non hai idea di quanto mi dispiaccia».<br />

Traccia un cerchio intorno alla figura di una donna con le ali e un cupcake in mano.<br />

«Non devi scusarti. Non sono arrabbiata con te».<br />

Inarco un sopracciglio, perplesso. «Allora cosa c’è che non va?».<br />

Ombreggia gli occhi dell’angelo e aggiunge la fiammella di una candelina sul<br />

cupcake. «C’è che avevo ragione, su tutto quanto».<br />

Le scosto i capelli di lato mentre scrive “Ti voglio bene” sotto ai piedi dell’angelo.<br />

«Ragione su cosa?».<br />

Scrive “Ti voglio bene mamma, buon compleanno in ritardo”. Rimette il cappuccio<br />

al pennarello, si alza in piedi e mi guarda negli occhi. «Sul fatto che ti rovino la vita».<br />

Sgrano gli occhi mentre mi passa accanto e corre in camera. Questo davvero non me<br />

l’aspettavo. La raggiungo proprio mentre sta per richiudere la porta e la blocco con un braccio<br />

per poi spalancarla. «Non mi rovini la vita, Ella May. Come fai a pensare una cosa del genere?»<br />

«Perché è vera, credo». Getta il pennarello sul cassettone. «O comunque i miei<br />

problemi te la rovinano».<br />

Mi mordo un labbro, cercando di mantenere la voce ferma. «Sai meglio di me che<br />

quando le persone sono ubriache dicono cose che non pensano veramente».<br />

Lei deglutisce a fatica. «A volte invece le pensano».<br />

«Io non le pensavo. Lo giuro. Dio, quanto vorrei avere una macchina del tempo, o<br />

qualcosa di simile. Mi prenderei a schiaffi da solo piuttosto che arrivare anche solo a concepire<br />

quelle parole».<br />

«Le macchine del tempo non esistono», sospira dolcemente. «E non credo di poter<br />

continuare in questo modo. Ma non avrei neanche dovuto cominciare. Dovevo evitare le<br />

relazioni finché non mi fossi rimessa in sesto, ma quando sei insieme a me diventa impossibile.<br />

È sufficiente che tu mi guardi perché io mi senta affogare».<br />

cattiva?».<br />

«Non so se ho capito bene cosa intendi», dico con cautela. «È una cosa buona o<br />

Ella fa un sospiro di frustrazione, crolla sul letto e seppellisce il viso tra le braccia.<br />

«Potrebbe essere una cosa buona se io non fossi così incasinata… Quando siamo insieme, tu<br />

consumi ogni parte di me».


Mi metto sul letto accanto a lei e le appoggio dolcemente una mano sulla schiena.<br />

«Sai, è la cosa più sincera che tu mi abbia mai detto».<br />

Mi guarda attraverso un velo di capelli castani. «Lo so».<br />

Le scosto i capelli dagli occhi. «Ethan oggi mi ha dato uno strano consiglio. Ha<br />

detto che forse tu e io abbiamo bisogno di essere più onesti l’uno con l’altra, invece di provare<br />

in continuazione a proteggerci a vicenda».<br />

«Credo che tu sia stato piuttosto onesto nel garage», replica fredda. «Micha, se vuoi<br />

andartene, fallo adesso, perché se le cose vanno oltre ti giuro che la prossima volta una cosa così<br />

potrebbe uccidermi».<br />

«Non hai idea di quanto tu sia importante per me». Scendo dal letto e le tendo una<br />

mano. Ho capito che è arrivato il momento di rivelarci finalmente cosa c’è nei nostri cuori.<br />

«Verresti con me in un posto?».<br />

Lei fissa la mia mano, sospettosa. «Dove?»<br />

«È un segreto». Ammicco e cerco di mostrarmi calmo, anche se sono terrorizzato al<br />

pensiero che lei rifiuti, al pensiero di aver rovinato tutto ciò in cui mi sono impegnato così tanto.<br />

«Prometto che sarà bello».<br />

Mette la mano nella mia, si fida, e io riprendo a respirare. Prometto in silenzio a me<br />

stesso di non ferirla mai più.<br />

Capitolo 17<br />

Ella<br />

«Okay, a volte davvero non ti capisco». Il mio sguardo vaga nel parco pieno di<br />

sbarre piegate e spezzate, e di sogni vuoti. È il parco giochi in cui siamo cresciuti, anche se<br />

c’erano quasi più spacciatori che bambini. La giostra è tutta storta e al dondolo manca un sedile.<br />

Le catene dell’altalena sono arrugginite e lo scivolo è sepolto nella neve.<br />

Micha mi spinge verso le altalene con un gran sorriso sulla faccia. «Non riesco a<br />

credere che non ti ricordi». Spazza via la neve e si siede. «È uno dei ricordi più belli della mia<br />

infanzia».<br />

Spazzo via la neve dall’altalena accanto alla sua e mi siedo, chiudendo le dita<br />

intorno alle fredde catene di metallo. «Vuoi dire quando abbiamo fatto il patto? Me lo ricordo».<br />

Prende la rincorsa e solleva i piedi, librandosi verso l’alto. «Sì, ma cosa stavamo<br />

facendo prima di stringere il patto?».<br />

Dondolo di lato facendo attorcigliare la catena e la neve cade giù dagli anelli. «Il<br />

gioco della verità».<br />

Frena usando le scarpe, blocca il dondolio e si gira per guardarmi. «Allora ti


icordi».<br />

«Certo». Alzo gli occhi al cielo e dondolo una volta, con le gambe tese di fronte a<br />

me. «Era il giorno in cui mi hai fatto ammettere di non aver ancora mai baciato nessuno».<br />

Il suo sorriso si allarga. «E anche il giorno in cui mi hai dato il tuo primo bacio».<br />

Tengo la mascella serrata per evitare di sorridere. «Solo perché ero troppo ingenua<br />

per capire che ci stavi provando».<br />

«Avevo quattordici anni», dice. «Non ci stavo provando. Ero solo curioso di sapere<br />

come sarebbe stato baciare la mia migliore amica, perché tutte le altre ragazze con cui avevo<br />

pomiciato non mi avevano fatto una grande impressione».<br />

Gli do un colpetto sul piede con il mio. «Sei davvero un bugiardo».<br />

Traccia una croce sul cuore. «Sono assolutamente sincero. Ethan continuava a<br />

vantarsi delle sue fantastiche pomiciate e io non capivo. Ogni volta che ero con una ragazza<br />

sentivo che mancava qualcosa».<br />

Reprimo una risata. «E il nostro bacio ha esaudito i tuoi più selvaggi desideri?»<br />

«Oh, sì». Sogghigna arrogante. «Ma credo che ciò che ha alimentato la mia<br />

ossessione per te sia stato vederti nuda nella tua stanza, circa un anno e mezzo dopo».<br />

Gli colpisco uno stinco con il piede. «Non è vero».<br />

Sorride orgoglioso e indica con un dito le altalene su cui siamo seduti. «E invece è<br />

vero. Queste altalene sono la “zona niente balle”, ricordi?».<br />

Lascio l’altalena dondolare liberamente. «Be’, visto che stiamo dicendo la verità,<br />

una volta ho fatto un sogno erotico su di te».<br />

Sotto la luce fioca del lampione i suoi occhi per un attimo risplendono come la neve.<br />

«E cosa accadeva esattamente in questo sogno?».<br />

Do una spinta con le gambe e porto più in alto l’altalena, mentre mi piego<br />

all’indietro. «È un segreto che non rivelerò mai».<br />

«Allora dovrò pensare che sia una cazzata». Anche lui decolla, raggiungendomi in<br />

aria. «Avanti, bellezza. Mi hai appena svoltato la serata. Sai per quanto tempo ho pensato che la<br />

mia fosse una cotta non ricambiata?».<br />

Rido tra me e me e le mie guance si imporporano al ricordo del sogno. «Micha, è<br />

troppo imbarazzante».<br />

Afferra la catena della mia altalena e pianta un piede nella neve, facendoci fermare<br />

di colpo. «Avanti, mi farà impazzire».<br />

guance.<br />

I nostri volti sono a pochi centimetri di distanza e sento il suo respiro caldo sulle


Guardo per terra e i capelli mi ricadono su un lato del viso. «Ho sognato che io e te<br />

facevamo sesso sul cofano della tua Chevelle».<br />

Mi scosta i capelli, e dallo sguardo sul suo viso capisco di essermela andata a<br />

cercare. «Eri sotto o sopra?».<br />

Improvvisamente ho le guance in fiamme. «Ero sopra di te, sul cofano».<br />

Si sfrega la mascella e scoppia in una bassa risata. «Dobbiamo assolutamente farlo<br />

adesso che siamo qui».<br />

Gli do un colpo sul braccio. «Dovremmo prendere le cose con calma… e dopo<br />

quello che è successo nel…».<br />

Mi mette una mano sulla bocca. «È per questo che ti ho portata qui, per dirti la<br />

verità. Devi sapere quali sono i miei sentimenti per te e credo che questo sia il posto perfetto per<br />

rivelarli, perché è qui che è cominciato tutto».<br />

«Ancora il gioco della verità?»<br />

«Ancora il gioco della verità».<br />

Fissiamo la strada deserta. Durante le vacanze, quando nevica, tutto il circondario si<br />

chiude in casa. È bello e da piccola era il mio periodo preferito dell’anno.<br />

«Ti rendo infelice?», domando improvvisamente.<br />

Lui scuote subito la testa. «Mai. Neanche una sola volta. Triste, sì. Infelice, no».<br />

Prende un profondo respiro. «È mai successo qualcosa tra te e Blake?».<br />

La mia testa si volta di scatto verso di lui. «È questa la tua domanda?».<br />

Scrolla le spalle. «Devo saperlo».<br />

«No. E non ci ho neanche mai pensato», rispondo. «E quanto a te? È successo<br />

qualcosa in tournée?».<br />

Alza gli occhi al cielo come se fosse la domanda più ridicola del mondo. «Neanche<br />

quando pensavo che mi avessi tradito e avevo intenzione di tornare alle vecchie abitudini.<br />

Semplicemente non ci riuscivo». Fa una pausa. «Anche se Naomi ha provato a baciarmi».<br />

ragione».<br />

La mia mascella si irrigidisce e la rabbia divampa dentro di me. «Lila aveva<br />

Micha si tira il cappuccio sulla testa e infila le mani dentro le maniche. «Su cosa?»<br />

«Diceva che Naomi aveva un debole per te».<br />

«Per questo ha fatto la stronza in quel modo a Los Angeles?».<br />

Annuisco. «Sì, ha sentito Naomi che parlava male di me».<br />

«E perché non mi hai detto niente?», chiede.


«Perché mi fidavo di te». Scrollo le spalle. «E non volevo creare problemi».<br />

Segue i contorni delle mie labbra con il dito gelato, procurandomi un brivido che mi<br />

attraversa tutto il corpo. «Voglio che tu sia più onesta con me. Non voglio che tu abbia paura di<br />

dirmi qualcosa».<br />

«Anche tu mi nascondi delle cose», gli ricordo. «Perché non credi che possa gestirle.<br />

Io invece ho bisogno di imparare a gestire le situazioni, altrimenti esplodo».<br />

Sposta di nuovo la mano sulla catena. «Come con i tuoi attacchi di panico?».<br />

Mando giù l’enorme groppo che ho in gola. «Sì, come quelli, per esempio… E tu<br />

devi riflettere se vuoi averci a che fare per il resto della vita, perché magari riuscirò a tenerli<br />

sotto controllo, ma a volte qualcosa potrebbe scatenarli».<br />

«Per il resto della vita?». La sua voce si fa più dolce. «Lo vorresti, Ella May? Mi<br />

vorresti per l’eternità, all’infinito, per sempre, finché morte non ci separi?».<br />

Il mio petto è oppresso dalla serietà di quelle parole, perciò ci scherzo su. «Ti sei<br />

messo di nuovo a leggere il dizionario?»<br />

«Niente scherzi». Tira su la manica della giacca e mostra le linee nere del tatuaggio<br />

dell’infinito. «Non ti sto chiedendo di sposarmi, ma voglio sapere se ci vedi insieme per sempre,<br />

perché io di sicuro sì».<br />

Sento un nodo allo stomaco di fronte alla sincerità che leggo nei suoi occhi turchesi.<br />

«C’è qualcosa che non va in me».<br />

Lui continua a fissarmi. «So a cosa vado incontro e lo voglio più di qualsiasi cosa,<br />

ma la domanda è: tu mi vuoi?».<br />

Il cuore mi batte all’impazzata e lascio che lo scudo che lo circonda svanisca,<br />

riducendosi in polvere, e per una volta lo ascolto davvero, spazzando via le preoccupazioni.<br />

«Sì».<br />

È come se il cielo si fosse aperto, liberando il sole dalle nubi.<br />

Micha lascia andare piano il respiro e fissa la strada. «Cazzo, aspettavo che lo<br />

dicessi da una vita».<br />

Mi sporgo per baciarlo, ma lui mi spinge indietro e tira su una mano. «Adesso<br />

dobbiamo rifare il patto».<br />

«Non ho intenzione di sputarmi sulla mano», dico disgustata. «E di farti mischiare il<br />

tuo sputo con il mio».<br />

«Perché? L’hai già fatto una volta». Si sputa sulla mano «E poi abbiamo fatto cose<br />

molto peggiori».<br />

So che farlo equivale a prendere un impegno. «Abbiamo così tanti problemi».<br />

«Ci andrò piano con il bere, se è ciò di cui hai bisogno. Cazzo, mi taglierei un


accio per poter stare con te», dice. «Ella, possiamo anche aspettare, buttare degli anni,<br />

sperando di raggiungere la perfezione nelle nostre vite. Ma la perfezione non esiste. Avremo<br />

sempre dei problemi, ma finché ci impegneremo a risolverli insieme, credo che le cose andranno<br />

bene».<br />

«I problemi sono così tanti». Mi sfilo il guanto e sputo sulla mia mano tremante.<br />

«Ma se è questo ciò che vuoi, ci sto. Anche se devo dire che tagliarti un braccio sarebbe un<br />

gesto dimostrativo disgustoso».<br />

«Va bene, se la pensi così, mi terrò il braccio», scherza. Poi, esitando un po’, tende<br />

la mano. «Ma è davvero questo che vuoi? Perché la sola cosa che voglio io è che tu sia felice».<br />

Esploro la mia mente in cerca di una risposta sincera. «Lo voglio più di qualsiasi<br />

altra cosa, però devi farmi una promessa».<br />

«Che promessa?»<br />

«Promettimi che se tutto questo dovesse diventare troppo per te, mi lascerai, te ne<br />

andrai via».<br />

«Non accadrà mai», mi garantisce. «Devi darmi un po’ di fiducia. Mi hai<br />

abbandonato, e mi hai lacerato il cuore, poi sei tornata comportandoti come un robot, e sai una<br />

cosa? Ce l’abbiamo fatta. Tu e io, nel bene e nel male, ci apparteniamo. Ci completiamo a<br />

vicenda».<br />

Le lacrime minacciano di uscire e il mio cuore quasi si ferma. A chiunque altro<br />

potrebbe sembrare solo una frase fatta, ma io so che è la verità. Alzo la mano con il palmo<br />

rivolto verso di lui. «Ma ho bisogno che tu me lo prometta, così potrò mettermi l’anima in<br />

pace».<br />

«Va bene», dice in tono accomodante. «Ti prometto che me ne andrò se la situazione<br />

dovesse diventare insostenibile».<br />

Tiro un sospiro di sollievo. «Allora ci sto».<br />

Sono le parole esatte che ho pronunciato quando abbiamo stretto l’altro patto, in cui<br />

promettevamo di andarcene insieme, comprare una bella casa, avere dei buoni lavori e una vita<br />

felice.<br />

viscido».<br />

«Anche io». Sputa di nuovo sulla mano. «Tanto per essere sicuro che sia bello<br />

Grugnisco una risata, premo il palmo contro il suo e potrei giurare che la Terra abbia<br />

smesso di girare all’istante, perché è in questo momento che ha inizio l’eternità.<br />

«Adesso dobbiamo baciarci», dice Micha avvicinandosi. «È la tradizione».<br />

Ci incontriamo a metà strada e le nostre labbra si sfiorano. Micha mi mette una<br />

mano sulla guancia e intensifica subito il bacio, intrecciando la lingua alla mia. I nostri respiri si<br />

uniscono e si diffondono intorno a noi, mentre le catene dell’altalena tintinnano al ritmo dei<br />

nostri movimenti.


Si tira leggermente indietro, mi prende per la vita e mi fa spostare in braccio a lui, a<br />

cavalcioni. Adesso siamo una di fronte all’altro, io ho le gambe infilate negli spazi laterali del<br />

sedile.<br />

«Non farci cadere a terra», gli ordino indossando di nuovo il guanto per aggrapparmi<br />

alla catena. «L’ultima volta mi sono quasi rotta un braccio».<br />

Sul suo viso si dipinge una maschera subdola, dà una spinta con i piedi e in un<br />

attimo ci libriamo nel cielo. Fa un freddo pazzesco, ci sono dei cani che abbaiano e qualcuno<br />

che comincia a gridare, ma riesco ancora a sentirla: la leggerezza che ti avvolge quando permetti<br />

a qualcuno di amarti in maniera così totale.<br />

Capitolo 18<br />

Micha<br />

Il giorno dopo, di mattina presto, Caroline ha chiamato Ella per chiederle se le<br />

dispiaceva fare la spesa per il cenone di Natale. Ella ha accettato e Caroline le ha dato una lista.<br />

Io ero un po’ infastidito, perché Ella ha sempre dovuto occuparsi di queste cose quando eravamo<br />

più piccoli. Dean avrebbe potuto lasciarla un po’ in pace. Perciò, dopo aver eliminato qualsiasi<br />

traccia di alcol dalla casa prima dell’arrivo del padre di Ella, siamo andati al negozio di<br />

alimentari.<br />

«Devo fare una confessione», annuncio mentre attraversiamo il reparto surgelati. Il<br />

negozio è affollato e preso d’assalto, visto che è il giorno di Natale e ogni singolo abitante di<br />

questa dannata città è uscito a fare gli acquisti dell’ultimo minuto.<br />

«Non sono sicura di volerla ascoltare», risponde lei con un sorriso mentre scorre la<br />

lista. Indossa un paio di jeans aderenti che le abbracciano i fianchi e ogni volta che si china a<br />

prendere qualcosa dallo scaffale più basso, io mi godo la vista del suo sedere. «Le cose stanno<br />

andando così bene».<br />

«Ma è importante, e mi sta tormentando da quando abbiamo finito il nostro gioco,<br />

ieri, perché avrei dovuto dirlo». Faccio una pausa. «Voglio che tu sappia che ho parlato con un<br />

produttore musicale di San Diego».<br />

I suoi occhi si sollevano lentamente dal foglio. «Quando è successo?»<br />

«Più o meno un paio di giorni fa». Sterzo con il carrello perché una signora anziana<br />

mi sta praticamente venendo addosso. Ho il cappuccio in testa e lei mi guarda come se stessi per<br />

derubarla, perciò provo a incantarla con un sorriso, prima di riportare la mia attenzione su Ella.<br />

«Non è niente di che. Quando ho suonato all’Hook Up, un tizio è venuto da me e mi ha dato il<br />

suo biglietto da visita. Non avevo mai sentito il suo nome, però l’ho cercato su Google ed<br />

effettivamente lavora per un piccolo studio di registrazione».<br />

«L’hai chiamato?». Apre lo sportello di uno dei freezer per prendere una busta di<br />

piselli surgelati.


Annuisco, le prendo la busta dalle mani e la getto nel carrello. «Sì, vuole<br />

incontrarmi, tra circa due settimane».<br />

Si stringe addosso la giacca di pelle con un’espressione confusa. «E cosa succede se<br />

gli piaci? Ti trasferirai in California?»<br />

«Forse… Non lo so». Esito un po’ mentre le dico quella bugia. «Ho deciso di non<br />

pensare ai “se”, è troppo».<br />

Aggiunge un’altra busta di piselli surgelati al carrello e ricomincia a camminare<br />

lungo il corridoio. «Ma se si muove qualcosa? Perché potrebbe. In fondo sei fantastico».<br />

«Be’, se si muove qualcosa…». Mi schiarisco la voce, essere così nervoso mi fa<br />

sentire una femminuccia. «Stavo pensando che forse potresti trasferirti insieme a me. Là vicino<br />

c’è qualche college, così potresti continuare a studiare».<br />

Sgrana gli occhi, come mi aspettavo. «E noi, che faremo? Vivremo insieme?»<br />

«Be’, non stavo pensando di trasferirci per vivere separati».<br />

«Vivere insieme», ripete. «Cioè, con te?»<br />

«Calmati, okay? Non devi rispondermi adesso». Lancio una busta di patatine nel<br />

carrello e lo spingo avanti. «Solo pensaci».<br />

Cancella una voce dall’elenco. «Ok… ci penserò».<br />

Decido che è meglio chiudere la conversazione qui, su questa nota felice, perché mi<br />

terrà di buon umore per tutto il giorno.<br />

Ella<br />

Scarico la spesa e do un’occhiata alle bollette e ai conti da saldare scaduti che si<br />

stanno accumulando nella cassetta delle lettere. Uno in particolare dice che la casa verrà<br />

pignorata. Mi si stringe il cuore a leggerlo e il foglio mi trema tra le mani malferme.<br />

«Che succede?», chiede Micha, arrivandomi alle spalle.<br />

«Non è niente». Rimetto la lettera nella busta e la poggio sul tavolo della cucina.<br />

«Solo conti con i quali non so che devo fare».<br />

Vado a farmi una doccia. È da quando siamo arrivati che mi congelo e l’acqua calda<br />

è una prospettiva magnifica. E poi ho bisogno di qualche minuto da sola per rimuginare sulla<br />

sua proposta di voler vivere con me. Vivere insieme. La mia mente riesce appena ad afferrare<br />

l’idea.<br />

Micha mi segue mentre mi avvio verso le scale. «Dovresti farmi venire con te», dice<br />

con un sorriso accattivante sulle labbra. «Potrebbe essere un regalo di compleanno».<br />

«Il tuo compleanno è domani», gli ricordo, fermandomi ai piedi delle scale. «E poi


sarà una doccia rapida, devo cominciare a preparare la cena». Guardo l’orologio. «Saranno tutti<br />

qui tra quattro o cinque ore».<br />

Si porta la mano al cuore e fa l’espressione più attraente del suo repertorio. «Farò in<br />

fretta, lo giuro».<br />

«Esattamente, cosa pensi che accadrà durante questa doccia?», gli chiedo mentre mi<br />

afferra i fianchi, subito sotto l’orlo della maglietta, e mi guida verso di sé. «Perché il mio piano<br />

sarebbe darmi una ripulita».<br />

Scuote lentamente la testa, con gli occhi ardenti. «Non esiste. Le docce sono fatte<br />

per le cose sporche». Mi spinge oltre la ringhiera, contro il muro, intrecciando a fondo le dita nei<br />

miei capelli e riducendo la voce a un bisbiglio roco. «Pensa all’ultima volta che io e te abbiamo<br />

fatto la doccia insieme. A quanto è stato bello». La sua mano sale su tra le mie cosce, finché non<br />

arriva in cima. Persino attraverso il tessuto dei jeans il calore sembra divorarmi la pelle.<br />

Dalla gola mi sfugge un suono a metà tra un gemito e un lamento, e lui lo prende<br />

come un sì, unendo le labbra alle mie. Gli succhio la lingua mentre gli sbottono la camicia e la<br />

strappo via.<br />

«Non ho vestiti puliti», mormoro sulle sue labbra. Camminiamo a ritroso verso il<br />

bagno del piano di sotto.<br />

«Ci inventeremo qualcosa». Apriamo la porta con un calcio, incespichiamo dentro e<br />

Micha chiude la porta a chiave prima di riportare le labbra sopra le mie. Mi sbottona i jeans<br />

mentre traccia una fila di baci lungo la mia mascella, me li sfilo, poi tolgo la maglietta e<br />

scompiglio i capelli.<br />

Il desiderio nei suoi occhi mi fa quasi sciogliere; il mio corpo brama di averlo dentro<br />

di me. Slaccio velocemente il reggiseno, poi lo afferro per i jeans e lo attiro a me. Quando i miei<br />

capezzoli sfregano contro la sua pelle, si inturgidiscono all’istante e Micha chiude gli occhi,<br />

mentre le sue labbra trovano di nuovo le mie. Le sue mani mi scivolano sulla schiena, brucianti;<br />

la passione mi attraversa tutto il corpo e lui si stringe ancora di più a me.<br />

Sento la doccia dietro di me e riesco ad aprire l’acqua, il vapore invade la stanza. La<br />

mia pelle si inumidisce e le mie cosce desiderano il suo tocco. Comincio a togliergli i jeans e lui<br />

mi aiuta con entusiasmo. Quando tutti i vestiti sono per terra, entriamo nella doccia e lui tira la<br />

tenda. Non riesco a evitare di sorridere quando riemergono i ricordi.<br />

L’acqua gocciola dai suoi capelli biondi, indugia sulle sue labbra e scorre lungo il<br />

petto atletico. La sua mano mi accarezza il fianco e la pancia, ma prima che lui faccia scivolare<br />

le dita dentro di me, gli salto addosso e gli allaccio le gambe intorno alla vita, sorprendendolo.<br />

«Ti voglio dentro di me», sospiro mettendo da parte tutte le riserve. «Adesso».<br />

Spalanca le palpebre e le ciglia fremono sotto il getto della doccia. La mia<br />

confessione lascia entrambi sbalorditi, ma senza altre esitazioni, Micha appoggia un braccio alla<br />

parete e mi penetra.<br />

Respiro affannosamente e gli stringo più forte le gambe intorno ai fianchi, mentre lui


affonda ancora di più dentro di me. Riesco a malapena a respirare… o a pensare. È così bello.<br />

Quando lui trova il punto giusto, libero un gemito e mi avvinghio alle sue scapole.<br />

sempre.<br />

«Micha, ti amo», mormoro tra i sospiri, e realizzo che è questo ciò che voglio. Per<br />

Micha<br />

Quando dice che mi vuole dentro di lei, mi lascia senza parole. Non è mai stata così<br />

diretta riguardo a ciò che desidera e mi eccita così tanto che il cazzo mi fa quasi male.<br />

Una volta dentro di lei, la sensazione è così meravigliosa che probabilmente non<br />

riuscirò a durare a lungo. L’acqua scorre sui nostri corpi e rende tutto scivoloso, un aspetto<br />

ancora più eccitante. Sostenendomi con una mano al muro per evitare a entrambi di cadere,<br />

spingo dentro di lei ancora e ancora, portandola al culmine. Quando getta indietro la testa,<br />

l’acqua della doccia le scorre lungo il seno e io non riesco a resistere. Voglio un assaggio.<br />

Abbasso la bocca su uno dei seni e succhio via l’acqua mentre le accarezzo il<br />

capezzolo con la lingua, finché non la sento gemere. Lei mi avvinghia le dita ai capelli e guida<br />

la mia bocca più vicina, ne vuole ancora. E io le do quello che desidera. Tutto. Finché non urla il<br />

mio nome. Ha i capelli bagnati e gocce d’acqua sulle ciglia mentre rovescia la testa all’indietro,<br />

contro il muro, e i suoi occhi verdi si fanno vitrei. Un attimo dopo la raggiungo, ansimando forte<br />

mentre lotto per tenerci in equilibrio.<br />

Quando entrambi riprendiamo fiato, esco da lei, chiudo l’acqua e usciamo dalla<br />

doccia. Si avvolge in un asciugamano e io me ne lego un altro intorno alla vita. Non ci sono<br />

parole per descrivere quanto mi sento vivo in questo momento.<br />

Si morde il labbro e si appoggia alla parete. «Perché sorridi?».<br />

Scrollo le spalle, arrotolando la lingua per evitare che il sorriso si allarghi ancora di<br />

più. «Non me ne ero accorto».<br />

Mi bacia sulla guancia. «Hai un sorriso enorme stampato in faccia, dimmi a cosa stai<br />

pensando».<br />

«Vuoi davvero saperlo?», chiedo. «Perché è un po’ forte».<br />

Annuisce, mentre i capelli bagnati le gocciolano sulle spalle. «Voglio la verità».<br />

Le do un bacio lieve sulle labbra e le sussurro all’orecchio: «Stavo pensando che<br />

quando avremo casa nostra potremo rifarlo tutti i giorni».<br />

Il suo respiro irregolare mi colpisce la guancia e sono preoccupato che possa<br />

prenderla male. «Credo che dovremmo cominciare a provare anche altri posti oltre alla doccia».<br />

Il mio sorriso si allarga, mi scosto un po’ e cerco il suo sguardo. «Potrei buttarti sul<br />

tavolo. O tenerti sospesa sulla ringhiera».


«Nella casa che ho in mente non abbiamo una ringhiera», risponde pensierosa.<br />

«Penso di volere un appartamento piccolo. È più facile da tenere pulito».<br />

«Mi stai entusiasmando, Ella May», dichiaro.<br />

«Sono contenta. Voglio che ti entusiasmi». Si morde il labbro. «Però ho anche<br />

paura. Cioè, è un passo enorme, lo sai».<br />

Sono felice che lo ammetta davanti a me. «Anche io ho paura, ma poi penso a<br />

quando introdurremo la regola “niente vestiti dentro casa” e torno a essere contento».<br />

Alza gli occhi al cielo e si pettina i capelli con le dita. «Se va a finire che non devi<br />

trasferirti in California, cosa pensi di fare?»<br />

«Troveremo comunque un posto per noi, non importa dove andremo a vivere», dico<br />

baciandole la fronte. «Magari puoi pensare che sia tutto troppo veloce, ma ricordati che<br />

tecnicamente io e te viviamo insieme da quando eravamo bambini. Voglio dire, in pratica siamo<br />

sempre stati l’uno accanto all’altra da quando avevamo sei anni». Mi fermo perché gli occhi le si<br />

stanno riempiendo di lacrime. «Baby, che succede?».<br />

funzioni».<br />

Se li asciuga con il dorso della mano. «Niente. È solo che voglio davvero che<br />

L’abbraccio, le appoggio il mento sulla testa e le accarezzo la schiena. «Andrà bene,<br />

e sai perché?», chiedo. Lei annuisce. «Perché la maggior parte della gente si lancia in queste<br />

cose alla cieca. Molti non hanno mai visto i lati negativi della persona che hanno accanto. Ma io<br />

conosco i tuoi difetti, le tue debolezze, e tu conosci i miei. Noi sappiamo a cosa andiamo<br />

incontro. E questo ci rende forti».<br />

«Ti amo davvero». Si stringe a me.<br />

cosa».<br />

«Ti amo anche io», rispondo baciandola ripetutamente sul collo. «Più di ogni altra<br />

Capitolo 19<br />

Ella<br />

Sono fiera di me per aver detto la verità a Micha e per non essermi arrabbiata troppo<br />

durante il viaggio, almeno finora. Dopo essermi vestita, esco dalla mia stanza e mi sento felice.<br />

Ma quando entro in cucina il mio buonumore svanisce.<br />

Caroline è ai fornelli, con i capelli neri tirati indietro, e agita una padella con un<br />

grembiule legato intorno alla vita. Micha è accanto al microonde e aspetta che il burro si scaldi.<br />

Indossa dei jeans larghi e ha i capelli biondi ancora un po’ umidi dalla doccia. Dean è a tavola,<br />

indossa dei pantaloni sportivi e una camicia e sta pulendo una pannocchia. «Le abbiamo portate<br />

noi», mi spiega quando nota che sto fissando le pannocchie. «Caroline le voleva».


«Oh, okay». Mi volto verso Caroline. «Che altro c’è da cucinare?».<br />

Mi scaccia via con la mano libera. «Tu non devi cucinare nulla».<br />

Prendo un cucchiaio dal bancone. «Ma ho sempre cucinato io il cenone di Natale».<br />

«Ecco perché ha sempre fatto schifo», commenta Dean a bassa voce mentre butta<br />

dei rifiuti nella spazzatura.<br />

«Ho fatto del mio meglio», dico. «E non è che fosse il mio gran desiderio. Nessun<br />

altro lo voleva fare. E metà delle volte nessuno lo mangiava».<br />

Caroline abbassa la temperatura dei fornelli. «Quest’anno non cucini. Non è giusto<br />

che tu abbia passato tutta la tua vita a prenderti cura degli altri».<br />

Lancio un’occhiata alle mie spalle, dove c’è Micha. «Che cosa le hai detto?».<br />

Il microonde suona e lui apre lo sportello. «Non le ho detto niente».<br />

Guardo mio fratello perplessa. «Sei stato…».<br />

Lui alza gli occhi al cielo e butta una pannocchia dentro una ciotola di coccio sul<br />

tavolo. «Senti, le ho solo raccontato che cucinavi per noi quasi tutti i giorni quando ero più<br />

piccolo».<br />

Caroline sorride e mette un coperchio sopra la padella. «Ha iniziato a vedere<br />

qualcuno per i suoi problemi di controllo della rabbia».<br />

I miei occhi tornano su Dean, mi aspetto che scatti contro di lei, invece scrolla le<br />

spalle e prende un’altra pannocchia da pulire.<br />

«Cuciniamo noi la cena». Caroline fa cenno a Dean di aggiungere qualcosa.<br />

Lui emette un respiro frustrato. «Dovresti uscire e fare qualcosa di divertente. Essere<br />

una ragazzina, tanto per cambiare. Prepareremo tutto per quando arriva papà».<br />

«Come fa a venire?», chiedo rimettendo il cucchiaio sul bancone. «Non ha la<br />

macchina».<br />

«Il suo tutor gli darà un passaggio», spiega Caroline accendendo il frullatore.<br />

«Credo che abiti più o meno a un’oretta da qui».<br />

Comincia a canticchiare mentre mischia della roba all’arancia in una coppa. Dean si<br />

concentra sulle pannocchie e io resto là senza sapere bene che fare. Finalmente lancio<br />

un’occhiata a Micha in cerca d’aiuto.<br />

«Potremmo andare giù a Back Road e fare qualche sgommata con la macchina»,<br />

suggerisce, posando il burro sul bancone.<br />

«La tua macchina non è adatta», dico mentre viene verso di me. «Infatti l’ultima<br />

volta siamo rimasti impantanati».<br />

«Ho le catene se restiamo impantanati». Ruba un marshmallow da una busta aperta


sul bancone. «E poi devo fare qualche ammaccatura a quella macchina per farla tornare<br />

com’era». Me ne lancia uno e apro la bocca per prenderlo al volo, ma mi colpisce sulla fronte.<br />

«Ma a me piace la tua macchina». Prendo il marshmallow e lo butto nella<br />

spazzatura. «Non voglio che la rovini».<br />

«Adesso mi fa schifo», dichiara lui. «Mio padre l’ha infettata».<br />

«Se vuoi rovinarla», si intromette Dean, «in garage c’è un martello».<br />

«Va bene così», replica Micha secco, afferrando la busta di marshmallow e<br />

spingendomi verso la porta. Dean non gli è mai stato simpatico. «Ho un’altra idea».<br />

Prendo la giacca dall’attaccapanni e ridacchio, mentre lui mi trascina verso la<br />

recinzione. La scavalca senza sforzo, poi mi prende per la vita e mi solleva facilmente dall’altra<br />

parte.<br />

«Quale sarebbe la tua grande idea?», dico senza fiato mentre mi guida in direzione<br />

del garage e la neve mi riempie le scarpe. «Andare a sbattere contro un muro? Correre finché<br />

non esplode il motore?».<br />

Micha fa la sua risata cattiva e apre la porta del garage. «Facciamo qualche<br />

sgommata in un modo un po’ pericoloso».<br />

Scuoto subito la testa. «Assolutamente no. L’ultima volta ho rischiato una<br />

commozione cerebrale quando sei andato contro quel mucchio di neve».<br />

«Be’, sarà meglio che ti prepari». Apre la portiera del passeggero per me. «Perché<br />

sarà roba forte».<br />

Chino la testa per entrare nell’abitacolo e mi siedo. «Non mi preparo affatto. Sono<br />

una leggiadra donzella».<br />

Grugnisce una risata secca. «Okay, se lo dici tu».<br />

Sbatte la portiera e passa davanti alla macchina. Lancia uno sguardo fugace alla<br />

cassa di birra da dodici che sta sullo scaffale tra la scatola degli attrezzi e l’olio. Quando si<br />

accorge che lo sto guardando, mi sorride ed entra in macchina. Dà gas e sfreccia sul vialetto,<br />

sbandando a destra e a sinistra e slittando quando arriva sulla strada ghiacciata.<br />

«Potresti farmi un favore?», gli chiedo mentre sterza.<br />

«Qualsiasi cosa tu voglia», risponde raddrizzando la macchina.<br />

«Potresti provare a non ammazzarci?», dico alzando il riscaldamento. «Adesso che<br />

abbiamo cominciato a pensare al futuro, mi piacerebbe davvero averne uno».<br />

Ethan e Lila ci seguono fino a Back Road sul camioncino di Ethan. Il cielo è<br />

nuvoloso e la neve scende silenziosa. Più o meno a metà strada dalla vecchia pista per le gare,<br />

Micha deve mettere le catene. Guardarlo chinarsi e montarle è molto divertente, perché i<br />

pantaloni continuano a calargli sui fianchi. Quando si accorge che lo sto osservando, mi fa un


cenno e muove le sopracciglia ammiccando. Mi volto sul sedile, sorridendo tra me e me.<br />

Quando arriviamo in fondo alla strada, Micha scende di nuovo e toglie le catene,<br />

così possiamo “fare qualche sgommata in un modo un po’ pericoloso”, come ha detto prima.<br />

Ethan parcheggia il camioncino vicino a un cumulo di neve e lui e Lila entrano in macchina con<br />

noi. L’area che abbiamo di fronte è libera e piena di neve. Ci sono ghiaccioli appesi ai rami<br />

degli alberi che circondano lo spiazzo e il tetto dell’Hitch, un edificio di mattoni che una volta<br />

era un ristorante, è crollato.<br />

Micha dà gas con la mano sul volante e gli occhi fissi davanti a sé, e dal tubo di<br />

scappamento esce uno sbuffo di fumo. Le ruote girano e io mi copro gli occhi con le mani.<br />

pericolo?»<br />

«Cosa c’è che non va?», chiede lui ironico. «Dov’è finita la mia ragazza amante del<br />

«Sono parecchio in pensiero perché vuoi distruggere la macchina». Sbircio tra le<br />

dita. «È una tragedia».<br />

danze?».<br />

«Ma non la distruggerò». Prende il suo iPod e me lo porge. «Vuoi aprire tu le<br />

Lo prendo e scorro i brani. Alla fine clicco su Face to the Floor dei Chevelle.<br />

Micha sorride. «Ottima scelta».<br />

La mia mano scatta immediatamente di lato, punto un piede sul cruscotto e scivolo<br />

giù sul sedile.<br />

«El, che stai facendo?». Lila fa capolino da dietro. «E che diavolo è questa musica?»<br />

«Gli Chevelle», dice Ethan, come se lei fosse tenuta a saperlo.<br />

Lila inarca le sopracciglia e torna a sedersi. «Ok…».<br />

«Mettiti la cintura», le dico, mentre Micha ride e scalda il motore.<br />

Lei obbedisce e la allaccia immediatamente, Ethan si sporge in avanti, poggiando un<br />

gomito sul cruscotto. «Evita il fottuto mucchio di neve, non come l’altra volta. Non voglio<br />

un’altra commozione cerebrale».<br />

Ethan e io ci scambiamo uno sguardo, perché la commozione cerebrale in questione<br />

l’abbiamo avuta entrambi, visto che le nostre teste si sono scontrate.<br />

«Capito», ci garantisce Micha, sicuro di sé, mentre è pronto a partire. «Più o meno…<br />

se qualcuno vuole squagliarsela, questo è il momento».<br />

Cogliamo il riferimento a Lila.<br />

«Ehi, non sono una rammollita». Si porta la mano al cuore, offesa. «E resto».<br />

Micha preme il pedale del gas e le ruote girano. Scattiamo in avanti, acquistando<br />

lentamente velocità e sbandando da tutte le parti mentre la macchina lotta contro la neve. Il


ghiaccio vola intorno all’auto, lui ingrana una marcia più alta e accelera, puntando verso la fine<br />

della strada, che è bloccata da un’enorme montagna di neve. Chiudo gli occhi e aspetto, so cosa<br />

sta per succedere. Succede sempre.<br />

«Tenetevi», ordina Micha prima di tirare il freno a mano.<br />

La macchina va fuori controllo, ed è come stare su una giostra. A occhi chiusi<br />

sembra di volare. Vorrei tirare fuori le braccia e godermi questa libertà. Qualche momento più<br />

tardi, l’auto sbatte contro la neve e l’impatto mi fa volare per davvero. Atterro sopra Micha, e<br />

sbatto la testa contro la sua mentre la macchina si ferma.<br />

«Figlio di puttana», mugola Ethan. «Cazzo. Lila, tutto a posto?»<br />

«Sto bene», assicura lei con la voce carica di terrore. «Ma perché nessuno mi ha<br />

avvisata?».<br />

Apro gli occhi e incontro quelli turchesi di Micha. «Ciao».<br />

«Stai bene?». Mi sfiora delicatamente la testa con la punta delle dita. «Ci siamo dati<br />

una bella capocciata».<br />

Premo la mano sulla testa. «Secondo me l’hai fatto apposta per farmi finire in<br />

braccio a te».<br />

«Forse un po’». Si china e mi bacia con passione, mi succhia il labbro inferiore<br />

prima di ritrarsi lasciando il mio corpo in preda a un calore soffocante. «In realtà puntavo a<br />

un’entrata in scivolata, ma all’ultimo secondo mi è andato di traverso qualcosa e non ho<br />

premuto il freno in tempo».<br />

Provo a mettermi seduta, ma lui mi tiene giù mettendomi una mano sul petto.<br />

«Penso che dovresti restare così per un po’. È un buon posto per te».<br />

Ho la testa poggiata sulle sue gambe e riesco a sentire il rigonfiamento nei pantaloni.<br />

«Ma dài? Persino in questa situazione?».<br />

I suoi occhi brillano divertiti. «Hai di nuovo la faccia a un centimetro di distanza».<br />

«Potreste piantarla voi due?», ci sgrida Ethan dal sedile posteriore. «Sta diventando<br />

davvero fastidioso e non mi regge lo stomaco».<br />

Micha mi bacia di nuovo facendo un gemito esagerato per farlo arrabbiare. La<br />

portiera sbatte, Ethan è sceso e Micha mi aiuta a mettermi seduta.<br />

«Torno subito», dice. «Vado a prendere il cavo da rimorchio nel camioncino».<br />

Un attimo dopo, Lila passa davanti, sul lato del passeggero. «Fammi capire. Ha<br />

incastrato la macchina qua dentro solo per poterla rimorchiare fuori?».<br />

Rabbrividisco e alzo il riscaldamento al massimo. «Ha incastrato la macchina come<br />

risposta al fatto che suo padre gliel’ha fatta riparare».<br />

«Ma suo padre non è qui».


«È più una cosa che ha fatto per se stesso».<br />

Lei non lo capisce e io non provo a spiegarglielo. Se questo fa sentire meglio Micha,<br />

sono contenta. Se lo merita.<br />

Circa un’ora più tardi la macchina è di nuovo libera. Micha aveva incastrato le ruote<br />

davvero a fondo, al punto che abbiamo dovuto tirare fuori le pale da neve dal retro del<br />

camioncino di Ethan. Non è la prima volta che restiamo incastrati qui e abbiamo imparato la<br />

lezione: avere sempre una pala da neve, un cavo da rimorchio e le catene. Altrimenti, fino a casa<br />

è una lunga camminata in mezzo al gelo.<br />

Dopo aver riportato la macchina in superficie, Micha prende il cavo, se lo arrotola<br />

sulla mano, e osserva con orgoglio i graffi e le ammaccature sul parafango.<br />

portiera.<br />

«Torno a casa con Ethan», mi dice Lila, tendendo la mano verso la maniglia della<br />

«Aspetta, devo chiederti una cosa». Esito e mi volto per guardarla negli occhi. «Stai<br />

andando a letto con Ethan?».<br />

I suoi occhi azzurri si dilatano e lei si aggiusta la sciarpa intorno al collo. «No,<br />

siamo solo amici. Dio, Ella, non vado a letto con tutti quelli che conosco».<br />

«Non è questo», le dico. «È che voi due sembrate intimi… e poi… ma che fate<br />

quando rimanete da soli?».<br />

Apre la portiera ed esce, i suoi piedi affondano nella neve. «Parliamo».<br />

Mi sporgo verso di lei, chiedendomi cosa mai possano avere in comune questi due.<br />

«E di cosa?»<br />

«Della vita». Richiude la portiera, passa dietro all’auto, raggiunge il camioncino di<br />

Ethan con il motore acceso e sale.<br />

Le farò confessare cos’è che fanno. Alzo il volume della musica e canto ad alta<br />

voce, mentre aspetto che Micha risalga. Quando apre la portiera, una raffica di vento gela<br />

l’abitacolo.<br />

Micha infila dentro la testa, ha le guance colorite per il freddo e fiocchi di neve tra i<br />

capelli. «Cos’è questa storia? Guidi tu?».<br />

Passo la mano sul volante. «Ci stavo pensando. Perché? Non me lo lasceresti fare?»<br />

«Certo che te lo lascerei fare», ride. «Ma c’è un’altra cosa prima».<br />

«Cosa?».<br />

Faccio passare le gambe oltre il cruscotto e mi sposto sul sedile del passeggero.<br />

Richiude la portiera, interrompendosi un istante e giocherellando con il piercing, e<br />

riflette, guardando fuori, attraverso il parabrezza, il cielo che si va scurendo. «Devo ancora<br />

decidere».


«Dovremmo tornare», dico controllando i messaggi. «Dean mi ha scritto più o meno<br />

cinque minuti fa per dirmi che la cena è tra un’ora. Immagino che mio padre sia già lì, e tua<br />

madre e il suo ragazzo arriveranno a minuti».<br />

«Sembri un po’ triste che ci sia anche tuo padre», dice scrutandomi attentamente.<br />

nervosa».<br />

Fisso il cielo nuvoloso e i fiocchi di neve che cadono a terra. «Non sono triste, solo<br />

«Pensavo che la lettera avesse migliorato le cose», continua. «Ti ha detto che non è<br />

stata colpa tua».<br />

Il mio respiro si fa irregolare. «Micha, me lo porterò sempre con me, qualsiasi cosa<br />

dica mio padre».<br />

«Ella, non è stata colpa tua». Nei suoi occhi balena il panico, è preoccupato che<br />

possa avere una ricaduta. «Devi cominciare a crederci».<br />

«Micha, sto bene». Metto una mano sulla sua per confortarlo. «Il problema è quando<br />

non parlo di queste cose e mi tengo tutto dentro».<br />

Il suo pomo d’adamo fa su e giù mentre deglutisce a fatica. «Ok».<br />

Restiamo seduti in silenzio, osservando i fiocchi di neve che cadono sul cofano e<br />

passano davanti al fascio di luce proiettato dai fari.<br />

Quando torna a guardarmi, il desiderio che leggo nei suoi occhi mi induce a<br />

prendere un respiro secco. «Okay, basta affogare nella tristezza. È di nuovo il momento delle<br />

confessioni».<br />

«Non lo stiamo facendo un po’ troppo spesso negli ultimi giorni?». Intreccio le dita<br />

alle sue. «Forse ho confessato tutto ciò che dovevo».<br />

«Io faccio questo sogno», dice, ignorando la mia osservazione. «Be’, è più una<br />

fantasia… Comunque, ci siamo io e te che facciamo sesso nella mia macchina. Siamo sul sedile<br />

del guidatore e tu sei sopra di me».<br />

«Assomiglia davvero tanto al sogno che ho fatto io».<br />

«Perché le grandi menti pensano allo stesso modo. Ma credo che fare sesso sul<br />

cofano con questo clima potrebbe non funzionare, perciò ripiego sull’interno».<br />

Do un’occhiata alla strada alle mie spalle. «Vuoi fare sesso in macchina? Adesso? E<br />

se arriva qualcuno?»<br />

«Nessuno viene mai qui con un tempo del genere. Lo sai». Mi guarda fisso,<br />

mordendosi quel maledetto piercing, e il mio corpo brucia di desiderio. Senza pensare, passo<br />

sopra il cruscotto e mi metto a cavalcioni su di lui.<br />

Le sue labbra guizzano. «Credevo che ci sarebbe voluta un po’ di capacità di<br />

persuasione in più».


Riflette un attimo e mi scosta per uscire dall’auto. Apre il bagagliaio e prende<br />

qualcosa, poi rientra di corsa, tremando per l’aria fredda. Ha della neve sulle spalle e una<br />

coperta in mano. «Nel caso arrivasse davvero qualcuno, almeno possiamo coprirci».<br />

«Tieni una coperta nel bagagliaio?», dico. «Cavolo, sei preparato. Quante volte hai<br />

fatto sesso in macchina?».<br />

Mi riporta a cavalcioni sopra di sé e ci avvolge intorno la coperta. «È la prima volta<br />

per me, bellezza».<br />

«Non l’hai mai fatto in macchina prima d’ora?», domando scettica.<br />

Con un’espressione seria, mi scosta una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «So che<br />

mi hai visto con un sacco di ragazze, ma penso che tu abbia totalmente frainteso il mio impegno<br />

con loro. Farlo in macchina è complicato. E poi stavo conservando questo posto per te».<br />

Alzo gli occhi al cielo e gli circondo il collo con le braccia. «E se non ci fossimo mai<br />

messi insieme? Non avresti mai realizzato la tua fantasia. E se non fossi stata io in quella<br />

fantasia?».<br />

Mi strizza il sedere. «Oh, sapevo che eri tu. Per quanto queste cose ti imbarazzino, le<br />

macchine ti hanno sempre eccitata. Mi ricordo la prima volta che ti ho portata a fare un giro<br />

sulla Bestia. All’epoca era davvero una merda, ma filava lo stesso. Eri seduta sul lato del<br />

passeggero con la mano fuori dal finestrino e avevi quell’espressione… ti stavi eccitando. Mi<br />

sono eccitato anche io, infatti ho dovuto prendermi un po’ cura di me quando sono tornato a<br />

casa».<br />

«Non mi stavo eccitando», mento. «Mi godevo il momento».<br />

Le sue labbra si incurvano in un ghigno furbo. «Se avessi accostato e ti avessi<br />

chiesto di farlo con me, l’avresti fatto di sicuro».<br />

chiesto».<br />

Protesto scuotendo il capo. «No invece. Sarei andata fuori di testa se me l’avessi<br />

Lo sguardo intenso sul suo viso diventa solenne. «Lo so. Vedi, quando si trattava di<br />

fare cose pazze, come saltare dai tetti e fare la lotta, andavi alla grande. Ma bastava sfidarti ad<br />

affrontare i tuoi sentimenti per farti scappare via come se stessi andando a fuoco».<br />

«Perché non li capivo», mormoro a bassa voce, fissando l’oscurità che c’è fuori.<br />

«Anna… la mia terapista, pensa che sia perché nessuno mi ha mai abbracciata, o roba del<br />

genere. Non lo so… Mi dice sempre cose strane come queste, come se pensasse che se sono così<br />

è per colpa della mia infanzia».<br />

Tra di noi cala il silenzio, poi finalmente oso alzare lo sguardo verso di lui, con il<br />

timore che la mia confessione l’abbia spaventato. «Mi dispiace. Probabilmente dovrei tenere<br />

queste cose per me».<br />

«Io voglio che me ne parli, Ella», dice. «Sono solo sorpreso che tu l’abbia fatto. Non<br />

hai mai raccontato molto di quello che succede durante le sedute di terapia».


«Perché sono cose personali». Il mio petto si alza e si abbassa al ritmo del respiro.<br />

Mi mette una mano sulla guancia e mi accarezza con il pollice. «Credo che abbiamo<br />

superato la barriera del personale, sai?».<br />

Ha ragione, perciò proseguo, più sicura di me. «Dice che non sono stata abbracciata<br />

abbastanza e io le ho detto che tu mi abbracciavi sempre, ma non mi è parsa colpita dalla cosa».<br />

Lui ridacchia. «Mi ricordo la prima volta che ho provato ad abbracciarti… Credo<br />

avessimo otto anni, o giù di lì. Ti eri sbucciata un ginocchio provando ad arrampicarti su un<br />

albero e io volevo farti sentire meglio, perciò ti ho abbracciata».<br />

Faccio una smorfia. «E io ti ho dato un pugno sul braccio. Me lo ricordo… mi avevi<br />

spaventata. Nessuno si era mai avvicinato a me in quel modo».<br />

«Lo so». Accosta le labbra alle mie e con il dito segue il contorno del mio zigomo.<br />

«La volta successiva ci sono andato piano, e sono riuscito a stringerti il braccio un paio di volte,<br />

per non parlare delle pacche sulla schiena».<br />

«È stato strano per me», confesso. «Ma c’era troppa gente intorno, e non volevo<br />

scappare via di fronte alle tue dimostrazioni di affetto e sembrare una pazza… Dio, non riesco a<br />

credere che quando sono stata abbracciata per la prima volta ero così grande».<br />

«Quanti anni avevamo, tredici?». Micha cerca di ricordare, vagando con la mente<br />

mentre gioca con una ciocca dei miei capelli. «Ero così entusiasta di aver vinto quella stupida<br />

scommessa».<br />

«Era una scommessa davvero stupida». Sbatto le palpebre, mentre lui mi passa la<br />

mano tra i capelli e stringe una volta arrivato alle radici. «Sapevamo tutti che Danny soffriva di<br />

vertigini. Non ho davvero idea del perché abbia tentato di saltare nel lago dalla rupe».<br />

«Io ho trattenuto il respiro per tutto il tempo». Gli afferro la spalla. «Avevo paura<br />

che ti facessi male, o qualcosa del genere».<br />

«Perché mi amavi. Solo che ancora non lo sapevi».<br />

«Non lo sapevi neanche tu. Eri cieco quanto me».<br />

«Lo so, ma ricordo di essere uscito dal lago tutto gasato perché avevo vinto duecento<br />

verdoni. In più, avevo ancora tutta l’adrenalina in circolo. E quando ti ho vista sulla riva, con<br />

indosso i jeans corti che lasciavano scoperte le gambe lunghe e snelle…». Mi dà un pizzico sul<br />

sedere e io scuoto la testa. «Non ci ho neanche pensato. Mi sono avvicinato, ti ho presa in<br />

braccio e ti ho abbracciata».<br />

piaciuto».<br />

«Mi stavi quasi soffocando», ricordo. «E mi hai bagnato tutti i vestiti… ma mi è<br />

Lui inarca un sopracciglio. «Non sembrava, all’epoca».<br />

«Mi è piaciuto». Cerco il suo sguardo, ho bisogno di guardarlo negli occhi. «Mi ha<br />

fatto paura, ma è stato bello. Tutto con te mi fa paura ed è bello».


La sua espressione cambia di fronte alla mia sincerità, e si avvicina per baciarmi<br />

appassionatamente, ponendo fine alla conversazione. Impaziente, tiro giù la lampo della giacca e<br />

la lancio sul sedile posteriore. Lui mi sfila la camicia da sopra la testa e slaccia rapido il<br />

reggiseno con un singolo movimento del dito. Guarda subito in basso. Mi poggia una mano su<br />

un seno e la bocca sull’altro, e io getto la testa all’indietro, facendo suonare il clacson. Risuona<br />

nel buio, ma io sono troppo presa perché mi importi. La mano di Micha mi scivola sulla pancia e<br />

si infila nei jeans. Quando sento le sue dita dentro di me, chiudo gli occhi e il calore mi si<br />

diffonde in tutto il corpo. Il clacson continua a suonare e dalle casse esce Don’t Wait dei<br />

Dashbord Confession.<br />

«Micha, ti voglio», gemo mentre mi bacia e mi succhia il collo e io riesco a<br />

malapena a respirare. «Davvero».<br />

Si tira leggermente indietro, gli occhi fissi nei miei. Quando le sue labbra tornano<br />

sulle mie, non si tratta più di sola passione, o desiderio, si tratta di diventare una cosa sola.<br />

Mentre tiro su i fianchi per togliermi jeans e mutandine, sbatto accidentalmente la<br />

testa contro il tettuccio. Lui ride con fare tenero e riporta la bocca sulla mia, mentre io armeggio<br />

con il bottone dei suoi jeans, che lui tira giù. Un secondo dopo è dentro di me, mi sposto in<br />

avanti per far smettere il clacson di suonare e apro la bocca per permettere alla sua lingua di<br />

divorarmi. I finestrini si appannano, mentre lui spinge dentro di me e io mi avvinghio al suo<br />

corpo come se fosse la fonte della mia forza vitale. Perché lo è.<br />

Capitolo 20<br />

Micha<br />

Sorrido per tutto il tragitto verso casa. Non solo perché l’abbiamo fatto in macchina,<br />

ma anche perché sono cambiate tante cose. Lei si è aperta con me e i suoi occhi hanno perso un<br />

po’ della loro tristezza.<br />

Quando accosto davanti a casa sua, sento una fitta allo stomaco al pensiero che tutti<br />

quei progressi potrebbero essere cancellati in un attimo, se Dean o suo padre decidessero di<br />

tirare fuori argomenti dolorosi. Ancora prima di uscire dalla macchina, decido di picchiarli se lo<br />

faranno.<br />

La Porsche rossa di Dean è nel vialetto accanto al camioncino di Ethan.<br />

Camminiamo verso l’entrata sul retro, tenendoci per mano, con la neve che cade dal cielo e<br />

scricchiola sotto le scarpe, e nessuno dei due parla. Quando arriviamo alla porta, mi fermo prima<br />

di aprirla.<br />

«Sicura di volerlo fare?», le chiedo. «Perché potremmo andarcene adesso, solo tu e<br />

io, dove vuoi».<br />

fare».<br />

Lei si alza sulle punte per baciarmi sulla guancia e annuisce. «Credo di doverlo


Apro la porta con riluttanza ed entriamo a testa alta nella tana del leone. Seduti al<br />

tavolo, in silenzio, ci sono il padre di Ella, Lila e Ethan, circondati da ciotole e piatti pieni di<br />

mais, pollo, piselli. Ci sono un sacco di burro e di panini, nessuno di noi due è abituato a vedere<br />

così tanto cibo tutto insieme.<br />

Tengo stretta la mano di Ella e proseguo verso il tavolo, dove ci sediamo vicini.<br />

«Ci avete messo parecchio a tornare», mormora Ethan con una risata provocatoria.<br />

«Cos’è successo? Siete rimasti incastrati di nuovo?»<br />

«Piantala». Prendo un panino ed Ella mi stringe la mano sotto il tavolo, con gli occhi<br />

fissi sulla tovaglia. Suo padre sembra imbarazzato, è seduto di fronte a noi e sta tagliando un<br />

pezzo di pollo in fettine microscopiche.<br />

«Ciao Ella», dice formale, senza guardarla negli occhi. «Come stai?».<br />

I miei muscoli si irrigidiscono mentre attendo la sua risposta.<br />

Le serve un secondo. «Bene. Davvero bene».<br />

Lascio andare il respiro e la pesantezza, e per il momento le preoccupazioni della<br />

serata diminuiscono. Arriva Dean con una scatola in mano e un’espressione confusa sul volto.<br />

«Chi è che ha disegnato sul pavimento del bagno?». Poggia la scatola sul bancone.<br />

Ella alza la mano. «Io».<br />

«Ok». Ha un tono un po’ infastidito. «Be’, la prossima volta chiudi la dannata porta.<br />

Lo sai che non mi piace che resti aperta».<br />

Digrigno i denti, cercando di restare zitto. Ella alza la testa e guarda suo padre, che<br />

pare ossessionato dal pollo. «Papà, credo che il pollo sia tagliato a sufficienza».<br />

«Oh». Posa la forchetta accanto al piatto e sospira. «Non mi sono neanche accorto<br />

che stavo continuando a tagliarlo».<br />

«Sii carino», sibila Caroline a Dean dietro di noi. «O giuro su Dio che stanotte<br />

dormi da solo». Si avvicina al tavolo con un vassoio di cracker e formaggio.<br />

Indossa un abito rosso con uno scheletro disegnato in basso su un lato e ha una croce<br />

al collo. «Okay, chi ha fame?».<br />

Ci lanciamo tutti sul cibo come animali affamati, e mia madre e Thomas arrivano<br />

giusto in tempo. Mamma ha un abito verde un po’ troppo corto e Thomas indossa una polo e<br />

pantaloni militari. Il padre di Ella si alza in piedi per dare a mia madre un rapido bacio sulla<br />

guancia, poi si siedono alle estremità opposte del tavolo, sulle sedie pieghevoli.<br />

Quando tutti si sono seduti, Caroline fa tintinnare il suo bicchiere con la forchetta.<br />

«Okay, la mia famiglia ha una tradizione: tutti quanti a turno diciamo qualcosa per cui siamo<br />

grati».<br />

«Baby, non credo che sia una buona idea», dice Dean prendendo la salsa. «Almeno


non qui».<br />

Lei gli scosta la mano dal cibo. «Non mi interessa cosa ne pensi, credo che<br />

dovremmo farlo».<br />

Aspettiamo tutti che lui reagisca, perché il Dean che conoscevamo aveva un bel<br />

caratteraccio. Un tempo eravamo amici e suonavamo in una band, lui si incazzava per qualsiasi<br />

cosa e ha rotto un sacco di bacchette da batteria.<br />

Si massaggia la base del collo. «Okay, ti sono molto grato per aver cucinato questa<br />

cena deliziosa per tutti quanti».<br />

Caroline lo guarda raggiante. «E io sono grata che tutti siano riusciti a venire».<br />

Si inserisce mia madre. «Io sono grata soprattutto che ce l’abbiano fatta i ragazzi.<br />

Sarebbe stato un po’ triste senza di loro».<br />

Thomas si guarda intorno, sembra un po’ perso. «Uhm… sono grato che i Vikings<br />

abbiano vinto la partita».<br />

Alzo gli occhi al cielo ed Ella si copre la bocca per nascondere una risata. Mia<br />

madre ci lancia un’occhiataccia, ma poi il padre di Ella si schiarisce la gola, sembra nervoso.<br />

«Io sono grato di essere sobrio», dice sorseggiando un po’ d’acqua. «Dopo tanto<br />

tempo, questo è il primo Natale che io ricordi in cui non sono ubriaco».<br />

Ella fa un respiro tremante e i suoi occhi si inumidiscono, come se stesse per<br />

piangere. Per un minuto nessuno parla, poi Caroline guarda Ethan.<br />

«E tu?», gli chiede.<br />

Ethan ci riflette con un ghigno sulla faccia. «Io sono grato per i reggiseni rossi di<br />

pizzo con l’allaccio facile sul davanti».<br />

Trattengo una risata, Ella crolla con la faccia sul tavolo e le spalle che sussultano<br />

mentre cerca di ridere in silenzio, e io e Lila ci uniamo a lei.<br />

«Ethan Gregory», lo sgrida mia madre. «Questo era davvero inappropriato».<br />

Lui alza le mani. «Ehi, sono stato onesto».<br />

Mia madre alza gli occhi al cielo. «E tu, Lila?».<br />

Lila arrotola una ciocca dei capelli biondi sul dito, con uno scintillio negli occhi<br />

azzurri. «Io sono grata per i bastoncini di zucchero».<br />

Ella tira su la testa e si sistema i capelli, con un’aria confusa come quella di tutti noi,<br />

a eccezione di Ethan.<br />

grati».<br />

Lui strizza l’occhio a Lila, che arrossisce un po’. «È una bella cosa per cui essere<br />

Ella resta in silenzio per un attimo, con un’espressione strana in viso, come se fosse


impegnata in profonde riflessioni. «Io sono grata per Micha».<br />

Mi accosto a lei e la bacio di fronte a tutti. «E io sono grato che tu l’abbia detto».<br />

«Aspetta un attimo», si intromette Dean, guardandoci con un’espressione disgustata<br />

in faccia. «Voi due state insieme?»<br />

«Sì», dice Ella con tono indifferente, avvicinando la sedia al tavolo. «Adesso<br />

possiamo cominciare a mangiare?».<br />

Per tutto il resto della cena mangiamo e chiacchieriamo. Ella continua a mordersi il<br />

labbro e a osservare tutti, ma non sembra triste, solo sinceramente interessata a quello che tutti<br />

dicono e fanno. Ci sono persino dei momenti in cui sembra felice.<br />

È bellissima quando è così.<br />

Ella<br />

La cena è piuttosto imbarazzante, specialmente quando Caroline ci obbliga ad<br />

ammettere le cose per cui siamo grati. All’inizio ho provato a pensare a qualcosa di profondo e<br />

significativo, ma poi ho solo ascoltato il mio cuore. Alla fine laviamo i piatti in un clima privo<br />

di tragedie. Non è niente di speciale, ma è la normalità, ovvero quello che ho sempre voluto da<br />

quando ero una bambina. Niente padri ubriachi, niente urla, e non ho dovuto farmi il culo per<br />

preparare una cena che nessuno ha mangiato.<br />

Aiuto Caroline a pulire e lavo i piatti mentre mio padre va in camera sua a disfare i<br />

bagagli. Dean sparisce da qualche parte e Micha è andato un attimo a casa perché sua madre ha<br />

un regalo per lui. Lila e Ethan sono in salone e tentano di tenere in piedi un piccolo pino che<br />

Dean ha tagliato dal cortile principale.<br />

Quando porto fuori la spazzatura, una nuvola di fumo mi colpisce in viso appena<br />

giro l’angolo della veranda. Nel buio, appoggiato alla parete della casa, c’è Dean intento a<br />

fumare una sigaretta, con indosso una delle sue vecchie giacche di flanella con il cappuccio, che<br />

ha tirato sopra la testa. Ho un flashback di quando avevo quattordici anni e l’ho beccato a<br />

fumare qualcos’altro in garage.<br />

«Che ci fai qui?». Apro il bidone dell’immondizia e ci butto dentro il sacco.<br />

Si gratta la testa e aspira un’altra boccata. «Fammi un favore, non dire a Caroline<br />

che sono qui. Lei pensa che io abbia smesso. E ho smesso. Più o meno».<br />

Annuisco, mi stringo le braccia intorno al corpo e mi volto verso la casa.<br />

«È strano, vero?», mi chiede Dean di colpo.<br />

Mi giro e scruto nel buio per guardarlo. «Che cosa?».<br />

Butta fuori una nuvoletta di fumo. «Vederlo qui sobrio».<br />

Guardo dalla finestra e vedo mio padre parlare con Caroline. Indossa una maglietta a


ighe e un paio di pantaloni sportivi. Ha i capelli castani pettinati e in ordine, e la barba fatta di<br />

fresco.<br />

«È strano», concordo, riportando la mia attenzione su Dean. «E sembra così pulito».<br />

Dean fa su e giù con la testa. «Lo so… giurerei che c’è stato un anno in cui non si è<br />

mai fatto la doccia». Prende un’altra boccata e dà un calcio alla neve. «Ha… ha mandato una<br />

lettera anche a te?»<br />

«Sì…». Cerco di reprimere l’imbarazzo di essere lì a parlare con lui di questioni<br />

intime. «Immagino che ne abbia scritta una anche a te».<br />

«Credo che il suo terapista, o il consulente, o come diavolo si chiama, gliel’abbia<br />

fatto fare». Il mozzicone di sigaretta brilla nell’oscurità mentre lui inspira. «Cazzo, non so<br />

ancora cosa devo pensare».<br />

«Neanche io». Mi dondolo da un piede all’altro per il freddo. Senza giacca la mia<br />

pelle è già diventata insensibile e probabilmente anche viola. «Sono contenta che l’abbia fatto,<br />

ma questo non cancella il passato».<br />

«Niente può cancellare il passato», dichiara reciso. «Ma cazzo, potremmo anche<br />

andare avanti. È un bel po’ che provo a farlo».<br />

«Anche io». Mi chiedo se stiamo per imboccare di nuovo quel sentiero, quello in cui<br />

lui mi dice che ciò che è successo è tutta colpa mia.<br />

La neve cade sulle nostre teste e io fisso la strada, le luci dei lampioni che<br />

illuminano il marciapiede.<br />

«La macchina l’aveva ereditata», dice Dean. «È da lì che arriva».<br />

Volto la testa verso di lui. «Che?».<br />

Prende una bella boccata. «La Porsche. A quanto ho capito la mamma aveva questa<br />

vecchia prozia che nessuno conosceva davvero e che quando è morta ha lasciato qualcosa a ogni<br />

parente. Lei ha avuto quella».<br />

«Te l’ha detto lei?»<br />

«Sì, un paio di settimane prima di… prima che morisse. E mi ha detto che quando<br />

fosse morta sarebbe passata a me. All’epoca pensai solo che fosse una cosa un po’ strana da<br />

dire, adesso che ci ripenso mi chiedo se stesse, come dire, premeditando la sua morte».<br />

Mando giù il groppo enorme che ho in gola. «Sei sicuro che non fosse una storia<br />

inventata? Lo faceva a volte. Come la storia di lei e papà che si erano conosciuti alla stazione<br />

dopo aver perso entrambi il treno. In realtà uscivano insieme dal liceo».<br />

«La storia del treno era migliore», dice con un sorriso mentre sta per spegnere la<br />

sigaretta. «Comunque sì, stava dicendo la verità. Lo so perché era in uno dei suoi giorni<br />

normali».


Butto fuori un respiro incerto, ripensando a quei giorni, così rari. Li custodisco nel<br />

mio cuore, perché non ce ne saranno più.<br />

Dean mi offre la sigaretta. «Ti calmerà un po’. Fidati».<br />

La prendo tra le dita e faccio un tiro. «Lo sai, fa schifo proprio come quella che mi<br />

hai offerto l’ultima volta», dico tossendo e coprendomi la bocca con la mano.<br />

di nuovo».<br />

Sorride, butta il mozzicone per terra e lo spegne con la scarpa. «Però l’hai accettata<br />

Scuoto la testa e mi faccio strada in mezzo alla neve verso l’entrata. Prima che<br />

arrivi, la porta si spalanca e mio padre esce fuori tirandosi il cappuccio sopra la testa. «Gesù, fa<br />

freddo qua fuori».<br />

«Be’, è dicembre», commenta Dean inarcando le sopracciglia.<br />

Mio padre si infila una sigaretta in bocca e l’accende. «Mi sa che avremmo dovuto<br />

mettere qualche decorazione sulla casa, o roba del genere. Non l’abbiamo mai fatto, vero?»<br />

«L’abbiamo fatto una volta», dico trascinando i piedi nella neve. «Ma tu non c’eri.<br />

Credo sia stata quando sei andato con Bill a pescare un paio di settimane sul ghiaccio. Mamma<br />

ha voluto che lo facessimo…». Lascio perdere e restiamo tutti in silenzio.<br />

«Be’, forse dovremmo renderla una tradizione». Butta fuori il fumo, che aleggia<br />

davanti al mio viso. «Forse potremmo tutti tornare qui ogni Natale, decorare la casa e fare una<br />

bella cena come quella di stasera». Fa una pausa e sembra nervoso. «Che ne pensate voi due?».<br />

Dean mi lancia un’occhiata e scrolla le spalle. «Boh, va bene. Non sembra una<br />

cattiva idea. Ma non prometto nulla. Ho una mia vita adesso».<br />

Mio padre non risponde e resta di nuovo in silenzio. Io ridacchio tra me e me. È<br />

probabile che le cose tra noi vadano avanti così, finché ognuno non avrà risolto i suoi problemi.<br />

Sarà imbarazzante, passare del tempo insieme sarà difficile, e probabilmente ci diremo cose che<br />

ci feriranno. Ma so che posso sopportarlo, perché nella mia vita ho delle persone su cui contare.<br />

Ho Lila. E Ethan. E Micha. A lui posso dire tutto e so che mi farà stare meglio, che mi ascolterà<br />

e che mi starà accanto.<br />

Indietreggio fino alla recinzione. «Credo che andrò dai vicini per un po’». Scavalco<br />

e loro mi guardano, perplessi. «E, papà, mi piace l’idea, la cosa del Natale. Non è male. Io ci<br />

sto».<br />

Annuisce e finisce la sigaretta, mentre Dean entra in casa.<br />

Entro da Micha senza bussare, come facevo quando eravamo piccoli. Lui è seduto al<br />

tavolo della cucina e sta mangiando un pezzo di torta che deve aver sgraffignato da casa mia<br />

prima di andarsene. I capelli biondi gli ricadono sui bellissimi occhi turchesi e vedere la sua<br />

bocca muoversi mi fa venire voglia di baciarlo.<br />

Poggia la forchetta sul piatto e quando alza lo sguardo e mi vede, i suoi occhi si<br />

spalancano. «Dio, ti stai congelando. Hai le guance rosse e le labbra viola».


Serro le labbra per riscaldarle. «Sono rimasta fuori per un po’ a parlare con mio<br />

padre e Dean».<br />

Fa una smorfia e mette il piatto nel lavandino. «E com’è andata?»<br />

«Tutto okay». Scrollo le spalle e attraverso la cucina per raggiungerlo. «Nessuno ha<br />

detto nulla di cattivo e questo è sempre un dato positivo».<br />

Sciacqua il piatto e poi chiude l’acqua. «Stai bene?».<br />

Lo abbraccio e lo stringo con tutte le mie forze. «Adesso sì».<br />

Anche lui mi abbraccia e mi solleva il mento per darmi un bacio tenero e dolcissimo.<br />

Quando ci separiamo ha le sopracciglia aggrottate. «Hai fumato?».<br />

meno».<br />

Mi mordo il labbro inferiore per nascondere la coscienza sporca. «Uhm.. più o<br />

Aspetta che io gli spieghi, e quando non lo faccio mi bacia di nuovo. Probabilmente<br />

il sapore gli piace. «Cosa vuoi fare per il resto della nottata?», mormora contro le mie labbra.<br />

Rifletto sulla domanda. «Voglio passarla a letto con te».<br />

Mi prende la mano e mi guida lungo il corridoio: esattamente ciò che desidero.<br />

Micha<br />

Ho una sorpresa di Natale per lei, ma non sono sicuro di come la prenderà. In realtà<br />

è un regalo che mi ha fatto mia madre. All’inizio pensavo che fosse impazzita del tutto, ma poi<br />

lei mi ha assicurato di essere perfettamente sana di mente.<br />

«Credo che dovresti darlo a Ella», ha detto porgendomi una scatolina nera. Eravamo<br />

seduti sul divano uno di fronte all’altra, accanto a lei c’era Thomas con una birra in mano.<br />

«Apparteneva alla tua bisnonna».<br />

Thomas fingeva di essere interessato, tenendole un braccio sulle spalle. «Sì, le<br />

ragazze adorano queste stronzate».<br />

Ho aperto la scatola e dentro c’era quello che immaginavo. «No, Ella… Cazzo, ci<br />

resterà secca se le faccio vedere questo».<br />

«Micha Scott, modera il linguaggio», mi ha sgridato lei agitando un dito. «Penso che<br />

Ella ti ami più di quanto tu creda».<br />

«Lo so che mi ama». Ho chiuso la scatola e l’ho tesa verso di lei per ridargliela. «Ma<br />

questo non le piacerebbe».<br />

Non ha voluto riprenderla e ha accavallato le gambe, stringendosi a Thomas. «Non ti<br />

ho mai raccontato la storia della tua bisnonna, vero?».<br />

Ho posato la scatolina sul tavolo e ho incrociato le braccia, mettendomi comodo sul


divano e appoggiando i piedi sul tavolino. «No, ma ho la sensazione che tu stia per farlo».<br />

«Ho davvero un figlio intelligente». Ha sospirato. «Quando mia madre me ne<br />

parlava, si riferiva a lei come alla fortunata della famiglia. Non so se lo sai, ma io faccio parte di<br />

una lunga discendenza di donne che hanno avuto il cuore spezzato».<br />

«Questo non migliora la tua posizione», le ho detto, e Thomas ha ridacchiato,<br />

giocherellando con una delle decorazioni del piccolo albero di Natale sul tavolo.<br />

Lei ha alzato gli occhi al cielo e ha riaperto la scatolina, in modo che l’anello mi<br />

guardasse. «Le protagoniste di questa storia non sono le donne che non hanno trovato l’amore,<br />

ma quella che invece ce l’ha fatta. La tua bisnonna Sherri, mia nonna, sposò un ragazzo che<br />

conosceva dall’adolescenza e rimase felicemente con lui per cinquantatré anni».<br />

«Mi stai riempiendo di balle», le ho detto scuotendo la testa. «Ma ti do qualche<br />

punto per aver inventato questa storia».<br />

«Non è una storia, Micha Scott. È la verità». Ha ripreso la scatola dal tavolino e l’ha<br />

tenuta di fronte a me nel palmo della mano, pregandomi di prenderla. «E anche voi ce l’avete<br />

fatta. La gente invidia te ed Ella. Cavolo, vi invidio anche io».<br />

«Questo perché sei stata sposata con uno stronzo per sei anni».<br />

«Quello che avete voi due non è la stessa cosa. Tuo padre lo conoscevo appena<br />

quando ci siamo messi insieme».<br />

A quel punto ho rinunciato e ho preso la scatola per farla contenta. «Ci penserò».<br />

Lei ha sorriso e si è rannicchiata accanto a Thomas, che le ha sussurrato qualcosa<br />

all’orecchio. Più guardavo l’anello, più le mie riserve franavano. E alla fine mi è venuta un’idea.<br />

Ella e io siamo nel mio letto, con la lampada accesa, stretti l’uno all’altra per<br />

difenderci dalla temperatura polare. Le luci di Natale rosse e gialle dei vicini si accendono a<br />

intermittenza e illuminano la stanza. Ella indossa la maglietta dei Silverstein senza reggiseno e i<br />

suoi capelli odorano di vaniglia e fumo. Mi piace quest’odore.<br />

«A cosa pensi?». Si gira sulla pancia e mi appoggia il mento sul petto, sbattendo le<br />

ciglia. «Sei molto silenzioso».<br />

La guardo negli occhi e rifletto attentamente sulle parole da usare. «Stavo pensando<br />

di darti il tuo regalo di Natale».<br />

Inclina la testa di lato. «E da quando ci scambiamo i regali di Natale? Non<br />

l’abbiamo mai fatto».<br />

«Be’, stavo pensando di inaugurare una nuova tradizione». Inspiro a fondo, afferro<br />

la scatola sul comodino e me la poggio sul petto, davanti al suo viso. «Un paio di tradizioni, in<br />

realtà».<br />

Lei spalanca gli occhi verdi, si tira indietro e si mette in ginocchio sul letto. «E<br />

quello cos’è?».


Riprendo la scatola e mi metto seduto. «È quello che pensi. Ma prima di dare fuori<br />

di matto lasciami fare il mio discorso, okay?».<br />

Il suo petto si alza e si abbassa al ritmo del respiro. «Ok».<br />

Sono sbalordito, ho persino ottenuto un okay da lei, perciò mi sbrigo a proseguire.<br />

«Dunque, mia madre mi ha raccontato questa storia, sulla mia bisnonna, che a quanto pare era,<br />

in pratica, l’unica donna della famiglia tanto fortunata da essere riuscita a trovare l’amore». Mi<br />

fermo, cercando di interpretare le sue reazioni, ma con la luce così bassa i suoi occhi sono scuri<br />

e il suo viso è poco più di un’ombra.<br />

Mi metto in ginocchio davanti a lei e le prendo la mano, che sta tremando. «Mi ha<br />

anche detto quanto siamo fortunati e che un po’ ci invidia».<br />

Lei reprime un sorriso. «Tua madre invidia una coppia di adolescenti?»<br />

«Ehi, da domani ufficialmente non farò più parte della categoria», le ricordo con<br />

tono leggero.<br />

Lei deglutisce e i suoi occhi guizzano sulla scatola che ho in mano. «Il che vuol dire<br />

che dovrò farti dei regali».<br />

«Oh, lo farai», le assicuro con un sorriso mentre stringo la mano sudata intorno alla<br />

scatolina, tentando di nascondere il nervosismo. «Ma stasera ci siamo solo io e te e il nostro<br />

futuro». Schiude le labbra per obiettare, ma io le parlo sopra, mentre i suoi occhi si spostano<br />

sulla porta. «Il punto è che quando mia madre me l’ha suggerito, io sapevo che tu non eri pronta.<br />

So leggere dentro di te, Ella May, fino in fondo». Le metto una mano sulla guancia e la<br />

costringo a guardarmi. «Come so che in questo momento vorresti scappare. Non perché non mi<br />

ami, ma perché hai paura. Paura di non farcela. Paura di farmi del male. Paura del fatto che sarai<br />

felice di sentirmi chiedere quello che sto per chiederti».<br />

Si mordicchia il labbro inferiore con aria tormentata, gli occhi spalancati, il petto che<br />

si muove al ritmo irregolare del suo respiro. «A volte credo che tu sappia leggere nel pensiero».<br />

Sorrido. «In realtà sì, so farlo. Non lo dico a nessuno per non spaventare la gente».<br />

Alza gli occhi al cielo e si siede sul letto; i miei nervi si calmano un po’. Mi siedo di<br />

fronte a lei e poggio la scatola tra noi due.<br />

«Non sto per chiederti di sposarmi», le dico. Lei aggrotta le sopracciglia e alza lo<br />

sguardo dalla scatola a me. «Però sto per farti una proposta».<br />

«Una proposta?», mi chiede, confusa. «Che proposta?».<br />

Mi sto divertendo da matti a vederla così incuriosita. Le prendo la mano, apro il<br />

palmo e ci appoggio sopra la scatolina. «Voglio che tu lo metta, però non all’anulare. Su un altro<br />

dito, poi lo sposterai sull’anulare quando ti sentirai pronta».<br />

Scruta timorosa la scatola. «E che succede quando lo sposto? Ci sposiamo?»<br />

«Sì», le dico semplicemente. «L’idea è questa».


Il suo sguardo incrocia il mio, ha le pupille dilatate. «E allora saremo sposati…<br />

Cioè, davvero sposati».<br />

«Non sta accadendo adesso, rilassati». Le massaggio i fianchi per provare a<br />

calmarla. «La apri quella scatola, o pensi di restare a fissarla tutta la notte?».<br />

Ella tiene gli occhi fissi sulla scatolina per un tempo che mi sembra infinito, poi apre<br />

il coperchio, esitante. Le si mozza il fiato. «Oh, merda», dice lasciandola cadere.<br />

Cercando di non ridere, la raccolgo e tiro fuori l’anello, poi glielo porgo. «Che ne<br />

dici, bellezza? Ci stai?».<br />

«Ci sto».<br />

Il tempo dell’attesa è di nuovo un’eternità, poi si infila l’anello a un dito tremante.<br />

L’ha infilato all’anulare della mano sbagliata, il che significa che ancora non è il<br />

momento. Ma un giorno lo sarà, e per adesso questa consapevolezza è tutto ciò di cui ho<br />

bisogno.<br />

Capitolo 21<br />

Ella<br />

Il giorno dopo mi sento stranissima, in un modo che non riesco a spiegare. Ho un<br />

anello al dito, una fascia di diamanti intrecciati che culmina in una pietra nera circondata da<br />

brillanti. È l’anello perfetto, non è il classico solitario che tante ragazze desiderano. È più cupo,<br />

è diverso, e ha qualche graffio in superficie, proprio come me.<br />

Più ci penso, più lo trovo assolutamente perfetto.<br />

Decido di svegliare Micha con un bel regalo di compleanno; se lo merita per essere<br />

la più meravigliosa tra tutte le persone che hanno reso bella la mia vita.<br />

Quando spunta l’alba e la luce del sole comincia appena a trapelare dalle tende,<br />

sgattaiolo fuori dal letto e vado a casa mia, che è ancora silenziosa. Lila dorme nel mio letto,<br />

quindi mi avvicino all’armadio in punta di piedi. Frugo tra i vestiti vecchi e trovo quello che sto<br />

cercando. Mi ricordo di averlo indossato a Halloween. Avevo sedici anni e avevo deciso di<br />

comportarmi da femmina per una volta. Di solito optavo per un costume dell’orrore, ma<br />

quell’anno mi misi un vestito di pelle e dei tacchi alti che mi facevano torreggiare praticamente<br />

sopra tutti gli invitati alla festa di Micha. Mi ero tirata su i capelli e avevo messo un rossetto<br />

rosso. A casa mia era stata una brutta giornata. Mio padre aveva distrutto la macchina e mia<br />

madre gli aveva urlato contro per ore, perciò io ero felice di uscire e darci un taglio.<br />

La festa era al culmine quando arrivai. La musica era alta, la gente ubriaca, le<br />

ragazze mezze nude, e c’era qualche mobile rotto. Micha stava parlando con una ragazza dai<br />

capelli castani e ricci, che indossava un abito corto come il mio, anche se la sua scollatura era<br />

molto più profonda. Lui aveva una maglietta nera con un teschio rosso e una cintura costellata di


teschi sui jeans neri. Si era spruzzato delle strisce di nero tra i capelli e aveva delle fettucce di<br />

cuoio intorno ai polsi.<br />

Erano in cucina, vicino al barilotto di birra alla spina, e io passai loro accanto<br />

tranquillamente, come se non ci fosse nulla di strano.<br />

«Lo sai che qualcuno ha rotto il piatto di ceramica di tua madre, vero?», gli dissi,<br />

tendendo la mano per prendere un bicchiere di plastica. «Fuori, nella veranda sul retro».<br />

Lui era tutto preso dalla brunetta. «Be’, dopo pulisco…». Quando i suoi occhi si<br />

posarono su di me, la sua voce si spense e la tipa mi lanciò un’occhiataccia. Micha passò in<br />

rassegna il mio costume e non parve contento. «Ma che cazzo ti sei messa?».<br />

Io sorseggiai la mia birra. «Un costume di Halloween».<br />

Mi squadrò. «E che cavolo dovresti essere?»<br />

«Una puttana», risposi lanciando un’occhiata alla brunetta. «A quanto pare era il<br />

tema della serata».<br />

venire?».<br />

Quella mi guardò torva e fece un sorriso melenso a Micha. «Io vado a ballare. Vuoi<br />

Lui se ne liberò con un gesto della mano. «Non puoi andare in giro vestita così».<br />

«Perché no?». Mi stavo divertendo un mondo a vederlo così nervoso per quell’abito.<br />

«Sono vestiti tutti così».<br />

Si chinò e controllò dietro. «Hai praticamente il culo all’aria… e le ragazze si<br />

vestono così quando vogliono farsi scopare, perciò vai a casa e cambiati».<br />

Stavo cominciando ad arrabbiarmi. Mi scolai tutta la birra, accartocciai il bicchiere e<br />

lo gettai sul bancone. «Ti stai comportando come un fidanzato geloso, è assurdo».<br />

«Sto cercando di proteggerti, Ella May», rispose lui urlando sopra la musica mentre<br />

io marciavo verso il salone dove tutti ballavano. «Dagli altri ragazzi presenti che staranno<br />

facendo gli stessi pensieri osceni che faccio io».<br />

Per un momento le sue parole mi eccitarono, ma misi a tacere quella sensazione.<br />

«Non hai il diritto di impedirmi di fare qualcosa, io me ne sto zitta mentre tu fai quello che ti<br />

pare, e ti fai chi ti pare».<br />

Mi guardò male e io lo ricambiai, prima di infilarmi tra la folla con il mento in alto<br />

in una posa provocatoria.<br />

Circa un’ora dopo ero piuttosto ubriaca e ballavo con un tizio moro che aveva gli<br />

occhi arrossati e odorava di erba. Era carino, ma non mi piaceva. Ogni volta che provava a<br />

toccarmi, io mi spostavo fuori dalla sua portata e andavo nel panico.<br />

Alla fine era riuscito a prendermi per la vita afferrandomi con violenza, e mi stava<br />

costringendo ad avvicinarmi a lui. L’ansia mi aveva serrato la gola, sentivo le sue dita stringersi


sui miei fianchi e stavo giusto per dargli un calcio dove non batte il sole, quando qualcuno lo<br />

strattonò, lontano da me.<br />

«Sparisci stronzo». Micha lo aveva spinto via, con le mani chiuse a pugno.<br />

Il tizio andò a sbattere contro un gruppetto di persone, recuperò l’equilibrio e tornò<br />

da Micha con i pugni chiusi. Ma gli occhi minacciosi di Micha gli fecero cambiare idea e quello<br />

indietreggiò tra la folla.<br />

Poi Micha portò lo sguardo su di me e io fui sopraffatta dalla sua intensità. «Vai in<br />

camera mia e mettiti a letto, prima di finire a fare qualcosa di cui ti pentiresti».<br />

«Vaffanculo», gli risposi. Odiavo litigare con lui, ma quel suo fare possessivo mi<br />

stava dando sui nervi. «Sei uno stronzo maniaco del controllo».<br />

La sua espressione si addolcì e mi offrì la mano. «Sto solo cercando di proteggerti.<br />

Sei ubriaca e sei vestita come…». Aveva ispezionato il mio corpo con lo sguardo e poi aveva<br />

scosso la testa, strizzando gli occhi. «Vieni, stenditi un attimo vicino a me».<br />

Gli presi la mano e lui mi guidò camminando dietro di me con le mani sui miei<br />

fianchi. Non mi lasciò andare finché non raggiungemmo la sua camera.<br />

Richiuse la porta e si succhiò il piercing, apparentemente a disagio, il che era strano.<br />

«Vuoi una maglietta per dormire?»<br />

«Ti stai comportando in maniera molto, molto strana». Mi sedetti vicino al letto,<br />

slacciai una scarpa e scossi il piede per tirarlo fuori, prima di cominciare a sfilarmi l’altra. «Che<br />

ti succede stasera? Qualche ragazza ti ha tirato un bidone, o cosa?»<br />

«Non mi agito mai per le ragazze, a meno che non si tratti di te». Lasciò andare il<br />

piercing che teneva tra i denti e cominciò a slacciare i bracciali dai polsi. «Dovrei essere io a<br />

chiederti cosa succede. Non ti avevo mai vista vestita così».<br />

«Sto bene». Sfilai il piede dalla scarpa e mi voltai per salire sul letto. «Volevo solo<br />

fare qualcosa di diverso».<br />

Stavo per infilarmi sotto le coperte e quando lo guardai di nuovo aveva un sorrisetto<br />

divertito in faccia.<br />

«Che c’è?», chiesi tirandomi addosso la coperta. «Perché mi guardi così?».<br />

Mi fece cenno di fargli spazio mentre si toglieva la maglietta. «Non è niente. Non<br />

riesco ancora a credere che tu sia venuta alla festa vestita in quel modo».<br />

Mi girai su un fianco e gli voltai le spalle, furiosa. «Tizio-come-si-chiama sembrava<br />

apprezzare».<br />

Entrò anche lui nel letto e si tenne stretto a me più del normale. «Non ho detto che<br />

fosse una brutta cosa… solo che mi ha sorpreso. Tutto qui». Mi appoggiò dolcemente una mano<br />

sul fianco e io sentii lo stomaco contrarsi. Non mi era mai successo prima.


Mi sfuggì un respiro rumoroso e sussultai. Poi serrai le labbra e incrociai le dita,<br />

sperando che non mi avesse sentito. Si avvicinò, il suo petto toccava la mia schiena e il suo fiato<br />

caldo mi solleticava la pelle.<br />

«Ella?». Aveva la voce strozzata.<br />

«Sì».<br />

Ci volle un secondo prima che riuscissi a ricompormi abbastanza da poter parlare.<br />

Il silenzio che seguì mi fece impazzire.<br />

«Sogni d’oro», disse alla fine, baciandomi la nuca prima di voltarsi.<br />

Ripensando adesso a quella notte non riesco a evitare di sorridere. Ora è chiaro cosa<br />

stava accadendo.<br />

Infilo il vestito e le scarpe nella borsa e corro al piano di sotto, dove incontro<br />

Caroline in cucina. Ha i capelli neri ritti sulla testa e un pigiama a strisce. Si sta versando una<br />

tazza di caffè, sbadigliando, e quando mi vede mi sorride.<br />

«Oh, pensavo che fossi ancora a letto», dice. «Anche tu sei mattiniera?».<br />

Getto la borsa sulla spalla. «Di solito no. Questa mattina è un po’ un’eccezione».<br />

Afferra la sua tazza e sposta una sedia davanti al tavolo. «Vuoi del caffè?»<br />

«Certo, perché no?». Poggio la borsa a terra, mi verso una tazza e mi unisco a lei al<br />

tavolo, respirando l’aroma. «Dio, adoro la caffeina».<br />

Aggiunge del latte al caffè e beve un sorso. «Mi piacerebbe fare qualche foto a te e a<br />

Micha più tardi, se non vi dispiace. Faccio sempre delle foto in vacanza».<br />

«Ok», le dico. «Devo chiedere a Micha, ma sono sicura che a lui starà bene».<br />

Fa una lunga pausa. «Mi piacerebbe farne anche qualcuna di te, Dean e tuo padre».<br />

Il mio viso si incupisce e riappoggio la tazza sul tavolo. «Cosa ne pensa Dean?»<br />

«Ha detto che lo farà». Si alza per riporre il latte nel frigo. «Se anche voi due siete<br />

d’accordo».<br />

Le rivolgo un sorriso teso. «Okay, be’, immagino che per me vada bene».<br />

Torna al tavolo, un po’ titubante. «Dean è un po’ diverso da com’era. Almeno credo.<br />

Penso che le sedute di terapia lo stiano aiutando molto». Fa una pausa per bere. «Sai, gli ci è<br />

voluto molto tempo per aprirsi con me… su tutto quanto».<br />

Fisso le crepe sul tavolo, sentendomi sempre più a disagio. «Oh».<br />

«Non preoccuparti, Ella. Non voglio parlarne», dice in tono gentile. «Volevo solo<br />

farti sapere che lui è cambiato e che magari potresti farlo avvicinare un po’ di più a te».<br />

Alzo lo sguardo su di lei. «Lo faccio avvicinare finché lui vuole che io lo faccia».


Caroline raccoglie la tazza vuota e la poggia nel lavandino. «Non è vero, anche se<br />

probabilmente lui non lo ammetterà mai. Non ammette mai nulla, a meno che non sia costretto.<br />

Si tiene dentro un sacco di cose».<br />

me».<br />

I miei pensieri sono confusi. «Ha sempre detto quello che gli pareva quando era con<br />

«No, diceva certe cose solo per allontanarti da lui». Mi dà una pacca sul braccio e va<br />

verso la porta. La luce del sole entra dalla finestra accanto a lei. «Ma di questo dovrete parlare<br />

tra voi, un giorno, in futuro… quando entrambi sarete pronti. In effetti, sai cosa dovresti fare?»<br />

«No». E comunque non sono sicura di volerlo fare.<br />

«Dovresti venire a stare da noi per l’estate», dice. «Magari qualche settimana».<br />

«Non sono sicura che sia una buona idea».<br />

«Pensaci però, okay?».<br />

Annuisco e lei esce dalla cucina. Dopo aver finito il caffè, prendo la borsa ed esco<br />

nel freddo gelido, rimuginando sul mio futuro.<br />

Micha<br />

Mi sveglio perché qualcuno che profuma di vaniglia mi sta succhiando il collo.<br />

Rifletto che potrei anche non aprire gli occhi e lasciar fare tutto a Ella.<br />

«Alzati e risplendi, buon compleanno», mi bisbiglia all’orecchio mentre mi<br />

mordicchia il lobo e fa scivolare le gambe su di me, mettendosi a cavalcioni.<br />

«Eh no», rispondo a occhi chiusi, sentendo la sua pelle che mi sfrega sulla pancia.<br />

«Dovrai succhiare ben altro per svegliarmi da un sonno così profondo».<br />

Ride e si sposta. Apro gli occhi e sono immediatamente felice di averlo fatto.<br />

Indossa un vestitino corto, di pelle, che la copre appena, e delle scarpe con i tacchi coordinate.<br />

Ha i capelli castano ramato raccolti, con qualche ciocca che pende libera ai lati del viso, e le<br />

labbra rosse.<br />

«L’ho già visto questo look». Cerco i suoi fianchi con le mani. «Anzi, ricordo<br />

perfettamente quel giorno».<br />

«Eri così arrabbiato». Mi passa le mani tra i capelli. «Pensavo che avresti picchiato<br />

quel tizio in mezzo alla pista da ballo».<br />

«Oh, è stato difficile trattenermi», le assicuro, spingendola contro il mio pene eretto.<br />

«Ero così incazzato che avesse provato a toccarti».<br />

«Ma perché?», mi chiede curiosa. «Non era la prima volta che vedevi un ragazzo<br />

provarci con me e non avevi mai fatto nulla in precedenza».


«Perché di solito li picchiavi prima tu. Ma quella sera era come se mi stessi<br />

chiedendo di farlo», dico. «Sai, quando ti sei messa a letto, ho visto quelle mutandine sconce e<br />

striminzite che indossavi, ti coprivano a malapena».<br />

Schiude le labbra. «Era per questo che sorridevi?»<br />

«Cazzo, sì». Le infilo le dita sotto il vestito e le stringo il culo sodo. «Era proprio un<br />

bello spettacolo e mi eccitò parecchio».<br />

«Oh mio Dio». Si copre la bocca con la mano e scuote la testa. «È così<br />

imbarazzante».<br />

«Perché? Ho visto tutto quanto adesso. Cazzo, sono stato dentro di te». A sorpresa<br />

tiro giù la parte superiore del vestito e mi avvicino il suo seno alla bocca. «Ho baciato ogni<br />

singola parte di te». Chiudo la bocca sul suo seno e le passo la lingua intorno al capezzolo fino a<br />

farla gemere.<br />

«Avevo un piano», dice senza fiato. «Avrei…». Si interrompe e geme di nuovo<br />

mentre io succhio con più violenza, facendola impazzire di piacere. Lei freme contro di me.<br />

La lascio andare per un secondo e faccio scivolare le sue mutandine fino alle<br />

caviglie. «Tieni addosso il vestito e i tacchi».<br />

Sulle sue labbra si disegna un sorriso mentre scalcia via le mutandine e si riabbassa<br />

lentamente su di me. Io le vado incontro e mi spingo dentro di lei. Sussulta, la testa le ricade<br />

all’indietro e qualche ciocca di capelli le scivola sulle spalle.<br />

«Micha…», geme mentre io continuo a muovermi dentro di lei. «Oh mio Dio…».<br />

La bacio con passione mentre le mie mani si spostano dalle sue spalle nude lungo il<br />

vestito di pelle e si fermano sui fianchi, tenendola salda. La pelle ci si imperla di sudore e i<br />

nostri movimenti si coordinano. Quando grida il mio nome, con gli occhi scintillanti, perde<br />

completamente il controllo e io la seguo. Poi riprendiamo fiato, le bacio la mascella ed esco da<br />

lei. La cingo con un braccio, mi giro su un fianco e la guardo negli occhi.<br />

«Il miglior regalo di compleanno di tutti i tempi», dico baciandole con dolcezza il<br />

palmo della mano e l’anello che ha al dito. «Credo che non potrà mai esserci un compleanno<br />

migliore di questo».<br />

Sorride felice. «Dici di no?».<br />

Passo il dito sull’anello e una scarica di adrenalina mi attraversa il corpo al pensiero<br />

che lei è a un passo dall’essere mia per sempre. «Lo so».<br />

Ci alziamo dal letto nel tardo pomeriggio ed Ella si lamenta che le fa male tutto,<br />

facendomi sentire orgoglioso di me.<br />

Mi sgrida quando glielo dico, poi si infila la maglietta. «Be’, cosa vuoi fare per il<br />

resto della giornata?»<br />

«Farti male un altro po’?», dico infilando una maglia a maniche lunghe.


Lei sospira e lascia ricadere le braccia ai lati del corpo. «Potrei avere solo una<br />

piccola pausa? Ti prego, ti prego. Tipo di un’ora».<br />

«Va bene». Faccio una smorfia delusa e penso a qualcos’altro da fare. «Okay, so<br />

cosa voglio fare».<br />

Lei si muove sensuale mentre indossa i jeans e allaccia il bottone. «Che cosa?».<br />

Vado verso la porta e raccolgo un accendino che mio padre ha dimenticato quando<br />

se ne è andato. «Voglio bruciare tutta la roba che mi ricorda mio padre».<br />

Aspetto che lei mi rimproveri, invece raccoglie la giacca e tira su la lampo. «Ma<br />

dovremmo farlo in uno spazio aperto, sul vialetto magari», dice imperturbabile. «Solo per<br />

sicurezza».<br />

«Nessuno al mondo mi capisce più di te, bellezza». Le prendo la mano e usciamo a<br />

preparare il falò.<br />

Fuori splende il sole, ma l’aria è ancora fredda. È tutto ricoperto di ghiaccio e<br />

qualcuno ha spalato la neve sul vialetto.<br />

Ella cerca la legna e il liquido per riempire l’accendino, io vado in garage e raccolgo<br />

alcuni oggetti appartenuti a mio padre. Quando torno sul vialetto, ha acceso un piccolo fuoco e<br />

ha un’espressione rilassata mentre guarda le fiamme.<br />

Comincio a gettare gli oggetti tra le fiamme uno per uno, cominciando da una<br />

vecchia camicia da lavoro dimenticata nel garage. «Ho deciso di non parlargli più».<br />

Lei prende l’accendino e lo getta nel falò. «E se ti chiama e vuole davvero fare di<br />

nuovo parte della tua vita?».<br />

Butto nel fuoco uno dei suoi vecchi cacciavite, anche se non brucerà. «Dovrà fare<br />

molto di più di una semplice telefonata». Prendo un profondo respiro e fisso la foto di me e mio<br />

padre davanti alla sua vecchia Dodge Challenger parcheggiata nel garage.<br />

Ci lavoravamo sopra tutti i giorni. Era una cosa nostra, finché lui non se ne è andato,<br />

portando via con sé la macchina e lasciandosi dietro solo un garage vuoto pieno di ricordi di<br />

merda.<br />

Accartoccio la foto, la lancio nel fuoco e la guardo bruciare. «Dovrà<br />

guadagnarselo».<br />

Ella mi prende la mano e me la stringe. «Bene, perché lui non ti merita».<br />

Faccio per lanciare un’altra cosa tra le fiamme, ma lei mi blocca.<br />

«Che stai facendo?», mi chiede tenendomi il polso, per evitare che io lanci la<br />

cassetta di birra da sei nel falò.<br />

«Me ne libero».<br />

«Micha, non ti ho detto che dovevi smettere di bere, solo che dovevi evitare di


isolvere i tuoi problemi con l’alcol».<br />

bisogno».<br />

«Lo so», le rispondo. «Ma credo che adesso questo sia ciò di cui entrambi abbiamo<br />

Mi guarda negli occhi, annuisce, e lascia andare il mio braccio. Getto la cassa nel<br />

fuoco, che divampa quando le bottiglie si rompono. Mentre contempliamo le fiamme che<br />

sciolgono la neve, il camioncino di Ethan accosta e Lila salta giù.<br />

«Okay, vorrei sapere cos’è questa roba», dice Lila infilando le mani nelle tasche del<br />

cappotto, con la luce del fuoco che si riflette nei suoi occhi grandi.<br />

«Stiamo dicendo addio». Cingo le spalle di Ella con un braccio e la stringo a me.<br />

«Addio a cosa?», chiede Ethan, tirando su la lampo della giacca e sistemandosi il<br />

cappuccio sulla testa.<br />

Io ed Ella ci scambiamo uno sguardo d’intesa.<br />

«Al passato», dice, e io sorrido, perché ha perfettamente ragione.<br />

Capitolo 22<br />

Ella<br />

I giorni seguenti sono rilassanti, pieni di lunghi giri in macchina e di conversazioni<br />

leggere. Caroline ci fa le foto nel cortile principale. In alcune riusciamo tutti quanti a sorridere,<br />

ma è molto più facile se nella foto ci siamo io e Micha da soli. Quando ci salutiamo per tornare<br />

alle nostre vite, Caroline promette di mandarmi delle copie.<br />

Lila e Ethan sono tornati a Las Vegas, io e Micha riportiamo indietro la Chevelle<br />

ammaccata.<br />

Micha mi aspetta in macchina mentre faccio un rapido giro di saluti. Dean mi dà una<br />

pacca semi affettuosa sulla spalla e Caroline mi stringe in un vero abbraccio, destabilizzandomi<br />

un po’.<br />

Quando mi lascia andare, sento l’ansia pulsare nel petto, ma riesco a tranquillizzarmi<br />

e raggiungo mio padre, che trovo sulla veranda con indosso un cappotto marrone. «Sei sicuro<br />

che non vuoi che resti per qualche altro giorno e ti aiuti a sistemare casa? Oppure potrei<br />

accompagnarti al primo incontro degli alcolisti anonimi». In realtà non ci voglio andare, ma ho<br />

paura che lui manchi all’appuntamento se non c’è qualcuno a controllarlo.<br />

«Me la caverò», mi assicura, passando la mano sulla ringhiera mentre scende dal<br />

gradino più alto. Ha i capelli pettinati e gli occhi pieni di vita. Non so quanto mi ci vorrà per<br />

abituarmi al suo nuovo look. Probabilmente un bel po’, visto che non riesco a ricordarmi di<br />

averlo mai visto così in forma prima d’ora. «Possiamo parlare un minuto?».<br />

Annuisco, perplessa, e lo seguo. La luce del sole scintilla sul ghiaccio che ricopre


tutto il cortile. Lui indugia nei suoi pensieri per un po’, fissando il garage come se contenesse la<br />

risposta ai misteri della vita.<br />

«Voglio che tu sappia che pensavo davvero quello che ho scritto nella lettera», dice<br />

finalmente in tono imbarazzato. «Solo che per me a volte è difficile esprimere i miei<br />

sentimenti».<br />

Annuisco comprensiva mentre struscio gli stivali sulla neve. «Lo capisco. Davvero».<br />

Lui si sfrega la mano sul viso. «Ti andrebbe di tornare qui per le vacanze di<br />

primavera? Solo a trovarmi, non per prenderti cura di me, o roba del genere».<br />

«Papà, lo sai che la casa sta per essere pignorata, vero?», gli chiedo nervosa. «Non<br />

hai visto i conti da pagare sul tavolo?».<br />

Annuisce, passandosi le mani tra i capelli. «Li ho visti e forse non potrò farci nulla.<br />

Ma il punto, Ella, è che non sei tu a dovertene preoccupare. Il centro della questione è proprio<br />

questo. Tu devi andare e vivere la tua vita e io vivrò la mia. Sto imparando a farlo».<br />

L’idea mi rende nervosa, ma è anche liberatoria. È confusa e nuova, ma lo è un po’<br />

tutto quanto. «Okay, ci proverò».<br />

«Bene». Ha un attimo di esitazione, poi spalanca le braccia.<br />

Mi gratto la nuca e mi avvicino imbarazzata per ricevere un abbraccio. Mi avvolge<br />

stretta. Non ricordo che mi abbia mai abbracciato. Neanche una volta, nemmeno quando ero<br />

piccola. Adesso è strano e innaturale, ma sono contenta che l’abbia fatto. Quando ci<br />

allontaniamo, lo saluto e vado verso il vialetto. Mi lascio andare e vado avanti.<br />

Quando salgo in macchina, Micha mi sorride, mette l’iPod sul cruscotto e intreccia<br />

le dita alle mie. «Sei pronta?».<br />

Annuisco e gli rivolgo un sorriso. «Più che pronta».<br />

Lui ricambia il sorriso ed esce dal vialetto, sulla strada coperta di fanghiglia. Mentre<br />

ci allontaniamo dalle nostre case, sento che sto andando avanti, verso l’inizio della mia nuova<br />

vita.<br />

Epilogo<br />

Sei mesi dopo<br />

Ella<br />

È giugno e a Las Vegas il caldo è soffocante, anche se indosso una canottiera e dei<br />

pantaloncini. Lila e io siamo in piedi sotto alla tettoia per le auto davanti all’appartamento di<br />

Micha e Ethan.


«Oh mio Dio, mi mancherai tantissimo». Le lacrime rigano le guance di Lila, che mi<br />

stringe le braccia al collo.<br />

Sono in tanti a farlo, ultimamente, e mi ci sto abituando. Anche se a volte è un po’<br />

strano, per esempio quando mi ha abbracciata Ethan. Era ubriaco, ma comunque.<br />

«Mi mancherai anche tu». Ricambio l’abbraccio meglio che posso, poi ci separiamo.<br />

«Ma ci rivedremo tra una settimana, quando tu e Ethan verrete a portare il resto della roba».<br />

«Ma non sarà la stessa cosa. Non sarai più sotto il mio stesso tetto». Si tampona gli<br />

occhi, asciugando il mascara che le cola, e tira su con il naso. «Non posso credere che tu mi stia<br />

lasciando qui per andare a vivere nella mia città».<br />

«Potresti sempre decidere di tornare», le dico speranzosa. «Scommetto che potresti<br />

persino convincere Ethan a venire».<br />

«Ehi, non sono l’ultimo degli stronzi», esclama Ethan lanciando l’ultima scatola nel<br />

bagagliaio della Chevelle. «E nessuna ragazza mi farà mai cambiare vita».<br />

«Sì, sì, vedremo», dichiaro con un atteggiamento che so gli darà fastidio.<br />

Lui fa una smorfia e chiude il bagagliaio, poi si appoggia all’auto, incrocia le braccia<br />

e fissa lo sguardo su un albero. Si è fatto crescere i capelli e ha un aspetto un po’ selvaggio. Ha<br />

anche aggiunto tre nuovi tatuaggi alla sua collezione.<br />

«È triste perché il suo migliore amico se ne va. E anche tu», bisbiglia Lila con un<br />

sorrisetto, sistemando una ciocca di capelli biondi sfuggita dal fermacapelli. «L’ha ammesso di<br />

fronte a me la notte scorsa, quando era ubriaco».<br />

Ridacchiamo sottovoce, per non farlo arrabbiare ancora.<br />

Lila torna seria e mi dà un colpetto sull’anello che ho al dito. «Ah, e poi fammi<br />

sapere quando cambierà dito. Anzi, direi che è meglio che io sia la prima persona che chiamerai<br />

quando succederà».<br />

Sorrido all’idea, che non mi fa più paura, anzi è una prospettiva eccitante. «Va bene,<br />

lo prometto, e tu fammi sapere quando vi metterete finalmente insieme tu e Ethan».<br />

Lei alza gli occhi al cielo. «Non accadrà».<br />

Aspettiamo in silenzio vicino alla macchina, finché Micha non scende giù per le<br />

scale con il telefono all’orecchio. Indossa una maglietta grigia su un paio di jeans neri, e qualche<br />

ciocca di capelli biondi ricade davanti ai suoi occhi turchesi.<br />

Appena siamo tornati dalle vacanze di Natale ha telefonato al produttore musicale di<br />

San Diego. All’inizio pareva che non ci fossero grandi prospettive, perciò è andato avanti con la<br />

sua vita, suonava all’Hook Up e in altri posti, e continuava a lavorare al cantiere. Poi lui l’ha<br />

richiamato. Per una volta Micha ha scelto di fidarsi ed è andato a fare un colloquio. L’hanno<br />

subito adorato e non sono stata affatto sorpresa quando mi ha detto che si trasferiva laggiù. Poi<br />

ha aggiunto che io sarei andata con lui. Mi sono chiusa nel mio appartamento per un giorno<br />

intero.


«Bellezza», gridava Micha attraverso la porta. «Fammi entrare, così possiamo<br />

parlarne. Sei lì dentro da un bel po’ e sto cominciando a preoccuparmi».<br />

Io camminavo avanti e indietro, con le mani sui fianchi, inspirando ed espirando.<br />

«Sto bene, ma non mi sento ancora di parlarne».<br />

Poi ho sentito un leggero colpo sulla porta. «Ne abbiamo già parlato, ricordi? Sapevi<br />

che sarebbe accaduto».<br />

Mi sono fermata al centro della stanza e ho cominciato a guardarmi intorno, in cerca<br />

del cellulare. «Dammi solo un po’ di tempo, okay. Io… prometto che uscirò subito».<br />

Lui ha impiegato un secondo a rispondere. «Okay, ma io resterò qui in salone».<br />

Ho aspettato che si allontanasse e ho composto il numero di Anna. Appena ha<br />

risposto, sono esplosa: «Micha vuole che mi trasferisca con lui a San Diego».<br />

«Adesso calmati, Ella», mi ha detto. «Sapevi che sarebbe potuto succedere, ne<br />

parliamo da quando sei tornata dalle vacanze di Natale».<br />

«Lo so». Sono crollata sul letto. «Però adesso è reale. E fa un po’ paura».<br />

«Lo so», ha risposto. «Ma scappare non è una soluzione».<br />

«Non sto scappando. È solo che non so cosa fare».<br />

riguardo».<br />

«Potresti fare una lista», mi ha suggerito. «Dei pro e dei contro e di come ti senti a<br />

Il mio sguardo si è posato sul taccuino e la penna sul cassettone nell’angolo. «È<br />

questo il suo consiglio?»<br />

«È questo il mio consiglio», ha detto, mentre sentivo qualcuno parlare in sottofondo.<br />

«Devo andare, ma fai una lista, come ti ho detto, e poi richiamami e ne riparliamo».<br />

«Va bene», ho sospirato. Poi ho riattaccato e ho fatto come mi ha detto. Alla fine, la<br />

lista mi ha rivelato quello che già sapevo, ma che avevo troppa paura ad ammettere ad alta voce<br />

senza un po’ di incoraggiamento.<br />

Ho mandato qualche domanda online per cercare lavoro a San Diego e un paio di<br />

settimane fa siamo andati lì per fare dei colloqui. Abbiamo scelto un appartamento con una<br />

camera da letto in una zona non male. Sono spaventatissima, ma con Micha al mio fianco so che<br />

posso farcela.<br />

«Sei pronta?», mi chiede avvicinandosi con la mano tesa.<br />

Tutta la mia ansia scoppia come una bolla di sapone quando metto la mano nella<br />

sua. Per la prima volta vivremo insieme e sono curiosa di vedere come andrà.<br />

Lila mi abbraccia di nuovo, mentre Micha e Ethan si danno delle virili pacche sulle<br />

spalle e si prendono a pugni. Micha e io saliamo in macchina, lui avvia il motore e io appoggio<br />

una foto sul cruscotto.


Caroline me l’ha mandata non molto dopo Natale. Ci siamo Micha e io davanti alla<br />

veranda, è rivolto verso di me invece che verso l’obiettivo. Mi stava sussurrando un commento<br />

osceno all’orecchio e io sono scoppiata a ridere proprio mentre Caroline scattava. È una foto<br />

perfetta, perché anche se non stiamo guardando l’obiettivo siamo genuinamente felici e ognuno<br />

dei due fa sentire così l’altro.<br />

Il sedile posteriore è pieno di borse e scatole, perciò Micha usa lo specchietto<br />

laterale per uscire in retromarcia. Faccio un rapido saluto con la mano a Lila, che sta<br />

singhiozzando. Ethan si avvicina e le mette un braccio intorno alle spalle.<br />

prometto».<br />

Quando arriviamo all’uscita, il mio telefono suona e io rispondo. «Starò bene, lo<br />

«So che starai bene», dice Anna. «Ma volevo assicurarmi che avessi chiamato quella<br />

terapista di cui ti ho dato il numero».<br />

«Sì, ho appuntamento con lei tra qualche settimana», dico allacciando la cintura di<br />

sicurezza. «E ci andrò di sicuro».<br />

«Bene». Fa una pausa. «E se avessi mai bisogno di qualcosa, e intendo qualsiasi<br />

cosa, non farti problemi a chiamarmi».<br />

«Lo farò», prometto. «Anna, grazie per quello che ha detto l’altro giorno. Che sono<br />

una ragazza diversa da quella che ha visto la prima volta. So di essere cambiata, ma è bello<br />

sentirselo dire».<br />

«Ho detto solo la verità, Ella. Sei cambiata e credo che avrai una bella vita. Devi<br />

solo ricordare che chiedere aiuto non è una cosa sbagliata, e che devi farlo, perché ci saranno<br />

momenti in cui ne avrai bisogno».<br />

Sorrido a Micha, che mi sta osservando, curioso. «Lo farò».<br />

«Bene», dice. «Ricordati anche di divertirti e di non preoccuparti troppo».<br />

«Lo farò». Riattacco, e Micha intreccia le dita alle mie.<br />

«Chi era?», chiede, fermandosi a un semaforo rosso.<br />

«Anna».<br />

«Cosa doveva dirti?».<br />

Guardo in alto, verso il sole che splende nel cielo. «Che crede che andrà tutto bene».<br />

Qualche ora dopo ci fermiamo per riposarci un momento, per una rapida pausa al<br />

bagno e per prendere qualche snack dal bagagliaio. Parcheggiamo in una piazzola in cima a una<br />

rupe rocciosa che sovrasta un lago. Poco più in là ci sono delle persone che si tuffano. Non è<br />

molto alto e sembra che si divertano. Mentre aspetto Micha, mi sporgo e guardo giù l’acqua che<br />

si increspa alla luce del tramonto. Mi torna alla mente il ponte e quanto avevo voglia di saltare<br />

quella notte.


«Che stai facendo?». La voce preoccupata di Micha spunta all’improvviso alle mie<br />

spalle e le sue mani mi afferrano la vita.<br />

Guardo una donna che sta raccogliendo il coraggio per saltare dalla scogliera. Si<br />

libra nell’aria con gli occhi chiusi e le braccia aperte, il massimo della libertà. Qualche secondo<br />

dopo entra a contatto con l’acqua sollevando degli spruzzi.<br />

felice.<br />

«Credo che dovremmo saltare». I miei occhi incontrano quelli di Micha, non sembra<br />

«Non credo che sia una buona idea». Mi prende per mano e mi tira via dalla<br />

sporgenza. «Dobbiamo rimetterci in viaggio».<br />

Mi libero dalla sua presa, mi tolgo le scarpe e mi lego i capelli con l’elastico che<br />

porto al polso. «Avanti, sarà divertente».<br />

così».<br />

«Non ho intenzione di farlo». Infila le mani nelle tasche e scuote la testa. «Non<br />

Incrocio le braccia. «Perché no?»<br />

«Perché…». Scrolla le spalle, dando un calcio al terriccio con la punta dello stivale.<br />

«L’idea di te che salti mi spaventa».<br />

Gli prendo la mano e lo porto più vicino alla scogliera. «Non è quello che credi. Si<br />

tratta di lasciarsi andare. Voglio farlo».<br />

Lui esita, scrutando il lago luccicante. «E va bene. Hai vinto. Lo farò, ma solo<br />

perché ti amo e non ce la faccio a dirti di no quando mi guardi così». Si sfila la maglietta,<br />

scoprendo i muscoli asciutti e il tatuaggio sulle costole. Slaccia gli stivali, li sfila e poi tira fuori<br />

il portafogli e le monete dalle tasche dei pantaloni. «Ma devi tenermi la mano per tutto il<br />

tempo».<br />

Sorrido, entusiasta. «Okay, ci sto».<br />

Camminiamo mano nella mano fino al bordo. La scogliera è a picco sull’acqua, con<br />

soltanto un paio di sporgenze frastagliate. È a un’altezza abbordabile, non come il ponte.<br />

Lui tentenna, risucchia il piercing in bocca, poi sulla sua faccia compare un sorriso.<br />

«Quando sei pronta, bellezza».<br />

Prendo un profondo respiro e sussurro: «Sono pronta».<br />

Lui conta a bassa voce: «Uno… due… tre».<br />

Saltiamo dalla scogliera mano nella mano. La discesa è rapidissima, ma sembra<br />

passare un’eternità prima dell’impatto con l’acqua. Con il suo aiuto, torno in superficie in un<br />

attimo.<br />

Ansimando, guardo in alto verso la rupe, che non sembra poi così alta. Ho i vestiti<br />

incollati al corpo e mi sento il petto leggero. «Questo sì che è stato divertente».


Micha ride mentre si asciuga qualche goccia d’acqua dalla pelle, dalle labbra e dalle<br />

lunghe ciglia. Si passa le mani tra i capelli biondi, lisci e tirati indietro. «Sono contento. Adesso<br />

possiamo nuotare fino a riva e rimetterci in viaggio? Vorrei arrivare prima che faccia buio».<br />

Guardo nei suoi occhi, dello stesso colore dell’acqua. «Che fretta c’è? Possiamo<br />

anche restare qui tutto il giorno a galleggiare sull’acqua, solo io e te».<br />

Mi attira a sé e si sposta all’indietro verso la riva sabbiosa incuneata alla base della<br />

rupe. «È questo che vuoi fare? Stare a mollo in un lago per tutto il giorno?»<br />

«No, voglio solo sapere se lo faresti per me». Gli metto un braccio intorno al collo e<br />

tormento l’anello finché non scivola dal dito fino al palmo, mentre sto ancora decidendo.<br />

«Sai che qualsiasi cosa tu mi chieda la farò». Mi bacia e io succhio via l’acqua dalle<br />

sue labbra. «Perché non resisto allo sguardo da cucciolo triste che fai tutte le volte che vuoi<br />

qualcosa».<br />

Allontano le mani dal suo collo e gli allaccio le gambe intorno alla vita per<br />

sostenermi. Sono ancora un po’ titubante, ma alla fine lascio andare tutte le mie remore:<br />

«Adesso c’è qualcosa che voglio darti».<br />

Lui inarca un sopracciglio, confuso, mentre io sposto l’anello sul dito dell’altra<br />

mano. Ho la sensazione che sia quello il suo posto. All’inizio la sua espressione è impenetrabile<br />

e io ho timore che abbia cambiato idea sul fatto di sposarmi.<br />

«Posso sempre toglierlo», dico in fretta. «Se non vuoi che lo sposti adesso».<br />

«Toglierlo?». Mi guarda come se fossi pazza e mi stringe più vicina a sé. Adesso<br />

ogni centimetro dei nostri corpi bagnati aderisce, e lui tiene a galla entrambi muovendo le<br />

gambe. «Perché diavolo dovrei mai volere una cosa del genere? Non voglio che te lo tolga mai.<br />

Mai».<br />

«Ma sembri agitato, o chissà che».<br />

«Sono sotto shock. Pensavo che ci sarebbero voluti anni e anni e anni prima che tu<br />

spostassi quell’anello sull’altro dito».<br />

Sulle mie labbra spunta un sorriso. «Quindi vuoi che lo tenga?»<br />

«Certo che voglio che tu lo tenga». I suoi occhi sono pieni di felicità, accecanti come<br />

il sole alle sue spalle. «E non hai il permesso di levartelo».<br />

Annuisco e preme le labbra contro le mie, baciandomi con trasporto. Io ricambio con<br />

la stessa passione e quello diventa il primo bacio della nostra personale eternità.

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