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habitat rupestre.pdf - Società Friulana di Archeologia

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R. Caprarasolco, come il cavallo sellato che si vede su un pluteo del presbiteriodella chiesa <strong>di</strong> San Michele a Castellaneta che si può interpretarecome rappresentazione <strong>di</strong> quanto espresso dai versetti Bonum certamencertavi, cursum consummavi, fidem servavi, ‘Ho combattutouna buona battaglia, ho portato a termine la corsa, ho conservato lafede’2. PitturaIncomparabilmente più ricche delle testimonianze scultoree sono,come d’altra parte in tutto il Me<strong>di</strong>oevo, quelle pittoriche, e non solo<strong>di</strong> pittura parietale, <strong>di</strong> cui le chiese rupestri rappresentano la più importantegalleria <strong>di</strong> pittura me<strong>di</strong>oevale nell’Italia meri<strong>di</strong>onale, conmigliaia <strong>di</strong> affreschi e tempere realizzati fra IX secolo (Chiesa delPeccato Originale a Matera) e XV secolo, e con maggiore frequenzanei secoli XII-XIV.Nelle chiese rupestri però erano presenti anche <strong>di</strong>pinti su tavola,icone <strong>di</strong> importazione da Costantinopoli dapprima e da Creta nelpost-me<strong>di</strong>oevo, come è <strong>di</strong>mostrato dai nu<strong>di</strong> alloggiamenti rimastisulle pareti delle chiese e dal fatto che molte icone si trovano oggiin chiese sub<strong>di</strong>ali, nelle quali furono traslate dopo l’abbandono dellechiese rupestri.Sono generalmente icone mariane, rappresentanti l’Odegitria, aventicome prototipo l’icona <strong>di</strong> altissima qualità conservata nell’episcopio<strong>di</strong> Andria, <strong>di</strong> XIII secolo, e riprodotta innumerevoli volte da pittorilocali, o la Glicofilusa, o la Galattotrofusa. Non mancano, però,icone cristologiche, rappresentanti per lo più il Cristo Pantocrator oscene della Passione, e, soprattutto in epoca tarda, con figure <strong>di</strong> Santiin trono, come Giovanni Elemosiniere o Giovanni Teologo, o <strong>di</strong> santicavalieri come Giorgio.Però è soprattutto quella parietale la massima espressione della pitturain ambito <strong>rupestre</strong>, per la quale non possono sorgere <strong>di</strong>vergenze<strong>di</strong> vedute sull’origine del <strong>di</strong>pinto: il <strong>di</strong>pinto è stato eseguito lì dovesi trova, ed al massimo gli storici dell’arte, sulla base <strong>di</strong> criteri stilisticiil più delle volte opinabili (<strong>di</strong> qui le frequentissime polemichefra gli Autori) possono <strong>di</strong>scettare su sfere d’influenza e derivazioni,nel tentativo <strong>di</strong> delineare con relativa approssimazione le figure deisingoli frescanti, generalmente anonimi; infatti conosciamo i nomi<strong>di</strong> pochissimi pittori, un Eustazio e un Teofilatto che hanno <strong>di</strong>pintodue Cristi docenti a Carpignano Salentino nel 959 e nel 1020, e <strong>di</strong>un Giovanni che si definisce ‘povero pittore’ in una chiesa ipogeica<strong>di</strong> Taranto. I pittori generalmente non firmavano né datavano le loroopere; singolari sono le date apposte sui due <strong>di</strong>pinti già citati e quellatarda del 1321 in una Déisis nell’abside della chiesa <strong>di</strong> Santa Marinaa Massafra (Taranto).Le pitture presenti nelle chiese rupestri dell’Italia meridonale sono,per lo più, iconiche, rappresentano, cioè, singole figure <strong>di</strong> Santi, esono dovute a committenza devozionale. Il singolo devoto facevarappresentare il santo al quale era legato per i motivi più vari senzacurarsi che esso fosse già raffigurati nella chiesa stessa: ad esempio,nella chiesa <strong>di</strong> Santa Marina a Massafra la Santa eponima è <strong>di</strong>pintatre volte, fra XII e XIII secolo, due volte con iscrizione esegetica ingreco, una volta col nome <strong>di</strong> Margarita come la chiamavano i latini.Proprio il tipo <strong>di</strong> committenza e la mancanza <strong>di</strong> un programma decorativogià preor<strong>di</strong>nato in progetto, fanno sì che, a <strong>di</strong>fferenza, adesempio, delle gran<strong>di</strong> chiese monastiche <strong>di</strong> Cappadocia, manchinocicli sia dell’Antico che del Nuovo Testamento, dei quali si incontranosolo episo<strong>di</strong> isolati, come il Peccato Originale (a Matera e Castellaneta),o il raro Sacrificio d’Isacco (a Massafra) o l’Ultima Cena(rarissima, a Massafra), o la Crocefissione (piuttosto comune e <strong>di</strong> datazionetarda), o la Deposizione dalla Croce (rarissima, a Massafra).Nel Salento, <strong>di</strong> mano tarda, ma ingenua ed espressiva, è voisibile ununicum: la Vergine su uno sfondo <strong>di</strong> stelle della visione dell’Apocalisse.Essendo i <strong>di</strong>pinti, dunque, riflesso della devozione popolare, sispiega la presenza in quasi tutte le chiese <strong>di</strong> immagini della VergineOdegitria, o della Galattotrofusa, o della Glicofilusa, o <strong>di</strong> rarissimeimmagini, come quella che nella Chiesa della Candelora <strong>di</strong> Massafravede la Vergine condurre per mano un Bambino Gesù Nutritore cheregge un cestello colmo <strong>di</strong> uova. Il Cristo è rappresentato in molteabsi<strong>di</strong> come Giu<strong>di</strong>ce nel Giu<strong>di</strong>zio Finale, nella Déisis, affiancato dallaVergine e dal Battista.Ma il devozionismo imperante fa si che in molti casi la figura delBattista sia sostituita da quella del santo patrono del committente.Fra i Santi, quello <strong>di</strong> gran lunga più rappresentato è il santo vescovoNicola <strong>di</strong> Mira, il cui culto è ampiamente <strong>di</strong>ffuso ban prima della traslazionein Puglia delle sue reliquie. Seppur rare, non mancano rappresentazioni<strong>di</strong> episo<strong>di</strong> della sua vita, come, a Mottola, l’episo<strong>di</strong>odel riscatto <strong>di</strong> tre fanciulle che il padre, in estrema povertà, volevaavviare alla prostituzione. Poi vengono i gran<strong>di</strong> Santi Ausiliatori e isanti Cavalieri, come Giorgio, Eustachio, Teodoro, o altri santi militari,le vergini, come Parasceve/Venerdì, Lucia e Caterina d’Alessandria,i gran<strong>di</strong> Padri cappadocesi, soprattutto Basilio, accamnto alquyale è talvolta rappresentato Benedetto, patriarca del Monachesimooccidentale, i gran<strong>di</strong> Anacoreti ed Eremiti, come Onofrio, Paolo,Antonio Abate, gli Apostoli, fra i quali acquista prevalenza Pietrodopo l’XI secolo, quando, con l’arrivo dei normanni e lo scisma cheportò la Chiesa d’Occidente a staccarsi dalla comunione con quellad’Oriente, incominciò a sentirsi l’esigenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>chiararsi apertamentesostenitori della Chiesa <strong>di</strong> Roma, abche per tinore <strong>di</strong> repressioniche non mancarono.Frequentissima è l’immagine dell’Arcangelo Michele, che, sia peril culto che per l’iconografia, <strong>di</strong>pende dai passi dell’Apocalisse. Ècomunemente rappresentato alato in armatura con la spada o lanciacon cui sconfigge il demonio, nelle sembianze <strong>di</strong> drago. A volte hain mano una bilancia con cui pesa le anime (psicostasia), particolareche deriva dalla tra<strong>di</strong>zione islamica ma che non ha nessun fondamentonelle scritture o nella tra<strong>di</strong>zione cristiana.Sulla base del libro dell’Apocalisse ne vennero scritti altri de<strong>di</strong>catiall’Arcangelo che finirono per definirlo come essere maestoso con ilpotere <strong>di</strong> vagliare le anime prima del Giu<strong>di</strong>zio. L’iconografia bizantina,ampiamente maggioritaria nelle chiese rupestri, pre<strong>di</strong>lige rappresentarloin abiti da <strong>di</strong>gnitario <strong>di</strong> corte (con il loron) e con il titolo <strong>di</strong>Archistratigos (Comandante generale) rispetto a quella del guerrieroche combatte il demonio o che pesa le anime, più adottata invece inOccidente. Più rara è la rappresentazione dell’Arcangelo Gabriele, in<strong>di</strong>pinti non molto frequenti, ma pur presenti in varie chiese rupestri,raffiguranti l’Annunciazione.Va osservato però che particolarmente carenti rimangono gli stu<strong>di</strong>de<strong>di</strong>cati alle iconografie specifiche dell’ambito <strong>rupestre</strong>. I vari contributicritici de<strong>di</strong>cati alla decorazione pittorica delle chiese sotterranee,infatti, si sono concentrati prevalentemente sull’analisi deicaratteri formali, funzionale alla precisazione delle cronologie eall’eventuale identificazione degli esecutori, all’interno del più vastoquadro della pittura murale bizantina. In questo vasto contestoil fenomeno della pittura <strong>rupestre</strong> occupa inevitabilmente una posizionedefilata, con riferimento ad una committenza e ad un uso <strong>di</strong>livello privato, col rischio <strong>di</strong> passare dalla antica errata concezionepan monastica ad una nuova, pan funeraria, non meno errata ed ingiustificata,se vista alla luce dell’impetuosa crescita della ricercaarcheologica negli ultimi tre decenni, rispetto alla quale fortementelimitata risulta la visione storico-artistica.3. GraffitiDi importanza fondamentale per la ricostruzione della storia dellecomunità vissute nei villaggi rupestri è lo stu<strong>di</strong>o dei graffiti presentisulle pareti delle chiese o <strong>di</strong> grotte naturali già sede <strong>di</strong> culti per<strong>di</strong>vinità salutari e cristianizzate con de<strong>di</strong>cazione soprattutto a SanMichele, sull’esempio della grotta garganica <strong>di</strong>venuto Santuario nazionaleper i Longobar<strong>di</strong> meri<strong>di</strong>onali. Nei siti rupestri, e particolarmentenelle chiese, troviamo soprattutto incise e graffite, iscrizionidevozionali e immagini anche simboliche, <strong>di</strong> cui in<strong>di</strong>chiamo qui leprincipali, prescindendo, ovviamente, dalla Croce onnipresente intutte le sue forme.61volumeRicerca_OK_2012-11-15.indd 61 16/11/2012 15:01:15

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