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18 LUGLIO 2015 | NUMERO 27 | SETTI<strong>MA</strong>NALE € 2,50 | 92 PAGINE<br />
5 STELLE<br />
Sarti: «L’antimafia<br />
dell’apparenza»<br />
GRECIA<br />
Viaggio tra i danni<br />
dell’austerity<br />
LIBRI<br />
Majakovskij,<br />
suicidio di Stato<br />
«Folle e oltraggioso ridurre la spesa»<br />
<strong>MA</strong> <strong>QUALE</strong> <strong>TROIKA</strong><br />
<strong>RIDATECI</strong> <strong>KEYNES</strong><br />
50027<br />
9 771594 123000<br />
C’è chi da tempo indica<br />
un altro modello di economia.<br />
Che punta su piena occupazione<br />
e stabilità dei prezzi.<br />
Senza l’ossessione del debito<br />
di Giacomo Bracci,<br />
Guido Iodice, Stefano Santachiara
UN MONDO<br />
CHE CRESCE<br />
IN MODO SOSTENIBILE È<br />
POSSIBILE.
EXPO MILANO 2015. NUTRIRE IL PIANETA, ENERGIA PER LA VITA. NOI CI SIAMO.<br />
In Intesa Sanpaolo miriamo a utilizzare in modo attento tutte le risorse, promuovendo comportamenti improntati a evitare sprechi e inutili ostentazioni,<br />
privilegiando le scelte rivolte alla sostenibilità. Siamo sempre pronti a cooperare con altri soggetti pubblici e privati, per realizzare progetti comuni<br />
a sostegno della crescita economica e sociale dei Paesi e delle comunità in cui operiamo. Con la nostra passione, la nostra cultura e i nostri prodotti contribuiremo<br />
al successo di Expo Milano 2015. Perché questa è un’opportunità reale per fare qualcosa di importante per il futuro del nostro pianeta. E noi ci siamo.<br />
www.intesasanpaolo.com
di FABIO <strong>MA</strong>GNASCIUTTI<br />
IN FONDO A SINISTRA<br />
18 luglio 2015<br />
5
a sinistra senza inganni<br />
SOM<strong>MA</strong>RIO<br />
NUMERO 27<br />
STORIA DI COPERTINA<br />
<strong>MA</strong> <strong>QUALE</strong> <strong>TROIKA</strong>, <strong>RIDATECI</strong> <strong>KEYNES</strong><br />
24 Keynesiani di tutto<br />
il mondo, unitevi<br />
di Giacomo Bracci<br />
28 James Galbraith,<br />
l’intervista esclusiva<br />
di Stefano Santachiara<br />
30 Usa 1933, ritorno a Roosvelt<br />
di Guido Iodice<br />
POLITICA<br />
32 Giulia Sarti:<br />
«Vi spiego a cosa servono i 5 stelle»<br />
di Ilaria Giupponi<br />
MOBILITAZIONE<br />
36 Lotta di classe alla Buona scuola<br />
di Donatella Coccoli<br />
INCHIESTA<br />
38 Quanto costa un bambino?<br />
di Giulio Cavalli<br />
EUROSCETTICI<br />
44 Indipendentismo,<br />
nostalgico presente<br />
di Stefano Catone<br />
46 Veneto-Austria,<br />
una faccia una razza<br />
di Giorgia Furlan<br />
GRECIA<br />
50 Dentro il ghetto di Atene<br />
di Michela AG Iaccarino<br />
52 Il memorandum spacca Syriza<br />
di Francesco De Palo<br />
54 La sanità umiliata dall’austerity<br />
di Nicola Zolin e Jacopo Ottaviani<br />
56 L’Europa dei tedeschi, un privé<br />
di Nadia Urbinati<br />
IL PERSONAGGIO<br />
58 L’imbarazzante Martin Schulz<br />
di Stefano Santachiara<br />
DIPLO<strong>MA</strong>ZIA<br />
60 L’Italia di Renzi grande assente<br />
di Umberto De Giovannangeli<br />
PORTOGALLO<br />
64 Troika, film già visto a Lisbona<br />
di Tiziana Barillà<br />
FILOSOFIA<br />
68 La donna e l’identità della sinistra<br />
di Gianfranco De Simone<br />
LETTERATURA<br />
72 Majakovskij, il poeta “suicidato”<br />
di Simona Maggiorelli<br />
SCIENZA<br />
76 La nuova Città della Scienza<br />
di Pietro Greco<br />
MUSICA<br />
80 Il favoloso mondo di Dimartino<br />
di Tiziana Barillà<br />
05 IN FONDO A SINISTRA<br />
di Fabio Magnasciutti<br />
07 EDITORIALE<br />
di Adriano Prosperi<br />
08 LETTERE<br />
09 BREVI<br />
10 IO SONO UN BASTARDO<br />
di Bebo Storti<br />
10 IL BUON VIGNAIOLO<br />
di Fulvio Fontana<br />
11 #INUTILMENTEFIGA<br />
di Elda Alvigini e Natascia Di Vito<br />
11 EPICA FILATELICA<br />
di Saro “Poppy” Lanucaro e Pronostico<br />
12 PICCOLE RIVOLUZIONI<br />
di Paolo Cacciari<br />
13 #ITALIAVIVA<br />
14 FOTONOTIZIE<br />
20 ECONOMIA E FINANZA<br />
di Ernesto Longobardi<br />
21 IL COMMENTO<br />
di Maria Pia Pizzolante<br />
22 IL COMMENTO<br />
di Stefano Bartolini<br />
24 IL MONOLOGO<br />
di Mimmo Calopresti<br />
50 SCUOLA<br />
di Giuseppe Benedetti<br />
51 CALCIO <strong>MA</strong>NCINO<br />
di Emanuele Santi<br />
82 LIBRI<br />
di Filippo La Porta<br />
82 TEATRO<br />
di Massimo Marino<br />
83 ARTE<br />
di Simona Maggiorelli<br />
84 BUONVIVERE<br />
di Francesco Maria Borrelli<br />
84 TENDENZE<br />
di Sara Fanelli<br />
85 OPERA<br />
di Elisabetta Tomassini<br />
85 MY LEFT<br />
di Alessandra Grimaldi<br />
88 TRASFOR<strong>MA</strong>ZIONE<br />
di Massimo Fagioli<br />
90 UN’ALTRA STORIA<br />
di Monica Catalano<br />
6 18 luglio 2015
EDITORIALE<br />
È QUALCOSA DI PIÙ DI UN CALCOLO.<br />
È UNA VERA FEROCIA PUNITIVA<br />
di Adriano Prosperi<br />
L’<br />
Europa è morta: quella della libertà e dei<br />
diritti, della solidarietà e del rispetto per le<br />
persone. Nel calendario di un anno che resterà<br />
nella storia la sua agonia è durata dal 4<br />
al 14 luglio. Sono i giorni che ricordano nel mondo<br />
le date storiche di due grandi vittorie dei diritti<br />
e della libertà: la dichiarazione d’indipendenza<br />
degli Stati americani dal dominio inglese (1776) e<br />
la presa della Bastiglia (1789). Tra queste due date<br />
del calendario 2015, è stata uccisa a Bruxelles la libertà<br />
dei popoli europei. Di “crocefissione” ha parlato<br />
un funzionario Ue citato dal Financial Times,<br />
altri hanno parlato di “waterboarding morale”. In<br />
Tsipras è stato offeso il diritto di ogni essere umano<br />
al rispetto della sua dignità. E l’offesa continua:<br />
basta leggere le sette pagine del comunicato finale<br />
per capire che siamo solo all’inizio di un percorso di<br />
umiliazioni di un’intera nazione sottoposta a prove<br />
durissime. L’obiettivo politico è evidente: spezzare<br />
la fiducia fin qui fortissima del popolo greco nel governo<br />
di una sinistra che si è dimostrata rispettosa<br />
delle regole democratiche. La fiducia, appunto: l’ipocrisia<br />
del documento finale ne parla per dire che<br />
solo alla fine, quando tutte le sostanze e i beni della<br />
Grecia saranno nelle mani di un sovrano straniero,<br />
la fiducia resterà sospesa.<br />
Ma c’è qualcosa di più di un calcolo politico condiviso<br />
da tutti i regimi di un’Europa sempre conservatrice,<br />
reazionaria o francamente fascista. C’è una<br />
vera ferocia punitiva contro chi ha osato chiamare<br />
alle urne il popolo e ne ha riscosso un mandato<br />
pieno. La democrazia è diventata una vana parola,<br />
buona per sciacquarsi la bocca da parte di chi intanto<br />
è impegnato ad alzare muri su muri - contro<br />
i migranti, gli zingari, i serbi e quant’altro. Chi ha<br />
stilato il comunicato finale in realtà ha scandito di<br />
date in rapida successione un’escalation di orrori<br />
condannando quel Paese a inabissarsi nel gorgo dei<br />
debiti. Oggi il popolo greco viene descritto nell’ultimo<br />
numero del settimanale Der Spiegel come un<br />
popolo “strano”: un’altra razza, levantina, profittatrice,<br />
infida. Quasi come gli ebrei. Intanto la fotografia<br />
del pensionato greco svenuto davanti alla<br />
cassa di un bancomat dopo una lunga fila, entrerà<br />
negli incubi di tutti noi. Risveglierà forse nella mente<br />
di qualcuno un’altra terribile immagine, quella<br />
del bambino che marcia con le braccia alzate sotto<br />
la minaccia dell’arma di un soldato tedesco. Noi<br />
non crediamo affatto che il popolo tedesco sia inguaribilmente<br />
nazista, al contrario. Ma bisogna<br />
arrendersi all’evidenza: sui popoli smemorati e in<br />
preda ad analfabetismo di ritorno che abitano la<br />
nostra Europa le iniezioni di liberismo e di egoismo<br />
nazionale a cui la finanza internazionale e i governi<br />
li stanno abituando, hanno l’effetto di alzare barriere<br />
mentali insuperabili, egoismi nazionalistici<br />
dominati dal virus dell’odio. Nel caso delle culture<br />
nazionali dell’Europa a dominanza germanica questo<br />
è il frutto di un esagerato senso della propria<br />
virtuosa differenza da parte dei popoli che vivono<br />
nella “colpa” del “debito” (Schulde).<br />
Ma da dove viene questo feroce rinascente nazionalismo,<br />
immemore dei lutti che ha seminato nel<br />
mondo intero? Qualcuno ha ricordato nell’anno<br />
centenario della guerra mondiale la volontà di potenza<br />
che portò la Germania del 1914 ad alzare così<br />
tanto la domanda di riparazioni dopo l’assassinio<br />
dell’arciduca Rodolfo da spingere la Serbia a dichiarare<br />
guerra. Oggi è impossibile elencare quali e<br />
quante conseguenze avrà la brutale esecuzione di<br />
un popolo e del suo governo messa in atto nottetempo<br />
a Bruxelles sotto gli occhi del mondo intero,<br />
tra le resistenze e gli avvertimenti di economisti e<br />
uomini politici del resto del mondo. C’è chi - come<br />
Obama - ha tentato di esorcizzarla e di ricondurre<br />
alla ragione la Troika, il ministro Schäuble e la<br />
sua alleata-rivale Merkel. Ma il duo tedesco, immemore<br />
della lezione di Helmut Kohl, è pronto a<br />
spezzare l’Europa per la terza volta in cento anni.<br />
Ora la nuova Europa dovrà rinascere dalle ceneri<br />
di quella uccisa dalla prepotenza di un odioso<br />
dottor Stranamore germanico e da una mediocre<br />
quanto vezzeggiata Merkel, l’Hausfrau dell’Est<br />
che, sempre a detta di Kohl, di Europa non sapeva<br />
nulla. Ma non possiamo tacere le responsabilità<br />
di quei cosiddetti statisti che si sono accodati tutti<br />
all’egemonia tedesca. E non prenderemo certo<br />
sul serio le blande dichiarazioni di facciata di un<br />
Hollande contento di vedersi fotografato a fianco<br />
della Merkel. Quanto a noi italiani, nessuna considerazione<br />
riscuote l’inesistente “terza via” esibita<br />
a cose fatte dal nostro Renzi.<br />
18 luglio 2015<br />
7
DIRETTORE EDITORIALE<br />
Matteo Fago<br />
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Luca Sappino<br />
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QUESTA TESTATA NON FRUISCE<br />
DI CONTRIBUTI STATALI<br />
Copertina: elaborazione grafica<br />
di Antonio Pronostico<br />
Lettere<br />
Laboratorio Bologna sugli appalti<br />
da estendere a tutto il Paese<br />
Cara redazione, probabilmente è dalle realtà<br />
locali che arrivano risposte concrete ai<br />
mali che affliggono il Paese. L’altro giorno<br />
è toccato al Comune di Bologna a farsi<br />
avanguardia di tutto un mondo che ormai<br />
riconosce negli appalti pubblici, nella loro<br />
formulazione, nella loro gestione, uno<br />
dei mali assoluti che bloccano il Paese. A<br />
tracciare una strada possibile è arrivato un<br />
documento, frutto faticoso dell’intesa tra<br />
sindacati, associazioni di categoria e Comune.<br />
A mettere tutti intorno ad un tavolo<br />
è stata una situazione non più sostenibile.<br />
La consapevolezza che ormai non era più<br />
sostenibile e tollerabile l’accettazione di<br />
un sistema di appalti che evidenziava una<br />
vera radicazione della criminalità organizzata<br />
in Emilia Romagna. Un malaffare che<br />
galleggia grazie al finanziamento dei lavori<br />
e delle opere pubbliche. Un vero e proprio<br />
cancro ad appannaggio delle tante mafie<br />
ma anche delle “miserie”, delle “furbizie”<br />
di imprenditori, di funzionari pubblici, di<br />
controllori “distratti”. Un cancro, quello<br />
delle gare di appalto al massimo ribasso<br />
che porta come conseguenza favoritismi<br />
illeciti, falsi risparmi, lavori fatti aggirando<br />
le più semplici norme di sicurezza.<br />
Bologna, dunque, nel tentativo di riscattarsi<br />
prova dire addio alle gare di appalto<br />
al massimo ribasso. Prova ad imporre<br />
maggiori verifiche sul curriculum delle<br />
aziende. Cerca garanzie sul riassorbimento<br />
di manodopera e per la tutela dei lavoratori.<br />
Una strada che potrebbe benissimo<br />
essere seguita da altre realtà locali ma che<br />
potrebbe essere un vero laboratorio sperimentale<br />
per tutto il Paese.<br />
Luca Soldi<br />
lettere@left.it<br />
La politica del Pd e l’attuale<br />
devastazione culturale<br />
Questo Pd è una ferita lacerante. Ingannevole<br />
agli occhi dei più distratti, dietro una<br />
definizione (centrosinistra) scolpita nella<br />
mente di molti sta attaccando tutte quelle<br />
cose che io difenderei a costo della mia<br />
stessa vita. Parlo di quello che so, tralasciando<br />
questioni fondamentali quali una<br />
politica economica che non tutela chi è<br />
realmente in difficoltà. Parlo quindi di un<br />
governo che ignora migliaia e migliaia di<br />
persone che giorno dopo giorno continuano<br />
a svegliarsi e riconoscersi allo specchio<br />
come cittadini di serie B, senza diritti,<br />
senza la possibilità di provare la gioia di<br />
crescere un figlio, di riconoscersi come<br />
pari davanti ai suoi concittadini. Parlo di<br />
un governo che lancia pietre in faccia agli<br />
adulti di domani distruggendo passo a<br />
passo quella scuola che dovrebbe spiegare<br />
loro tutto. Parlo anche di università che<br />
vogliono definitivamente distruggere incasellandole<br />
in una classifica discutibile e<br />
stabilendo che gli studenti più bravi sono<br />
quelli che escono dalla Bocconi. Contano<br />
i bilanci, non i libri. Queste per me sono<br />
ferite a morte. Non posso più sentire «è<br />
nel Pd ma è una brava persona». Se è una<br />
brava persona se ne va, adesso. Perché è<br />
sacrosanta l’idea di democrazia interna e<br />
di discussione, ma è necessaria una minima<br />
condivisione di un orizzonte di senso.<br />
Lottiamo quotidianamente per un mondo<br />
migliore, e non possiamo “indignarci ma<br />
non troppo” davanti a questa devastazione<br />
culturale. Perché la politica è amore per<br />
gli altri e non per se stessi. Voi restate ma lì<br />
dentro si muore, e mentre voi restate, noi<br />
moriamo dentro.<br />
Aurelio Labella<br />
CHIUSO IN TIPOGRAFIA IL 14 LUGLIO 2015<br />
8 18 luglio 2015
BREVI<br />
la data<br />
19<br />
LUGLIO<br />
1954<br />
Quando a Memphis Sam<br />
Phillips lo vide entrare con<br />
la chitarra al Sun Recording<br />
studio, non immaginava<br />
che, da quel momento, si<br />
sarebbe riscritta la storia<br />
della musica. Il dinoccolato<br />
19enne, camionista, originario<br />
di Tupelo (Mississipi),<br />
voleva registrare una canzone<br />
da regalare a sua madre.<br />
Appena iniziò a cantare<br />
That’s All Right, un’annebbiato<br />
blues di Arthur Big<br />
Boy Crudup, il produttore si<br />
rese conto che quel ragazzo<br />
«bianco che suonava come<br />
un nero» avrebbe fatto tantissima<br />
strada. L’uscita del<br />
primo singolo di Elvis Presley<br />
That’s All Right, Mama,<br />
con Blue Moon Kentucky sul<br />
lato B, fece sibilare un’intera<br />
generazione di ragazze e ragazzi.<br />
Vendette 20.000 copie,<br />
non tantissime, ma spianò la<br />
strada al Re verso il trono del<br />
rock ’n’ roll. Alla rivista Rolling<br />
Stone dichiarò: «Se potessi<br />
sentire tutto ciò che ha<br />
sentito il vecchio Arthur, diventerei<br />
un musicista come<br />
nessuno prima di me». Il singolo<br />
è anche la prima canzone<br />
mai suonata in pubblico<br />
da Elvis.<br />
UP<br />
Podemos incita Tsipras<br />
«Aspettaci, con la vittoria di<br />
Podemos saremo più forti».<br />
Parola di Pablo Iglesias.<br />
Sulla prima pagina del quotidiano<br />
greco Avgi è apparso<br />
l’appello del portavoce di<br />
Podemos ad Alexis Tsipras.<br />
Un incitamento a non mollare,<br />
a resistere, in attesa<br />
che arrivi l’ora - a novembre<br />
- che un altro governo in<br />
Europa assuma le posizioni<br />
anti-austerità, quello spagnolo.<br />
Nei giorni più difficili<br />
del premier greco, da Madrid<br />
si leva una voce forte e incoraggiante,<br />
mentre dall’Italia<br />
continua a udirsi un assordante<br />
silenzio.<br />
DOWN<br />
Il capolavoro di Gennaro<br />
«Ma che film hai visto?», recita<br />
uno dei commenti più soft<br />
al tweet con il quale il neorenziano<br />
Gennaro Migliore<br />
ha salutato l’esito dell’Eurogruppo.<br />
«L’accordo con la<br />
#Grecia è un capolavoro politico.<br />
Avanti tutta con l’Europa<br />
politica!» ha cinguettato il<br />
deputato ex Sel. Un “capolavoro”<br />
sì, ma di violenza politica,<br />
al punto che un funzionario<br />
presente al summit ha<br />
ammesso: «Hanno crocifisso<br />
Tsipras». Chiede una follower:<br />
«È sicuro di aver compreso<br />
l’accordo? Il socialismo europeo<br />
è davvero morto». E un<br />
altro: «Genna’, manco Capezzone<br />
avrebbe osato tanto!».<br />
IL NUMERO<br />
1,1<br />
Sono i milioni di link che<br />
281mila cittadini europei<br />
hanno chiesto di cancellare<br />
dalle pagine di ricerca di Google.<br />
Una possibilità prevista<br />
della Corte di giustizia europea,<br />
che da oltre un anno ha<br />
riconosciuto il Diritto all’oblio<br />
per i dati indicizzati nei<br />
motori di ricerca e quindi<br />
anche dalle serp (le pagine<br />
dei risultati) di bigG. Di questi<br />
link oltre 602mila sono<br />
stati effettivamente cancellati.<br />
Il report di Google parla<br />
anche dei singoli Paesi: dalla<br />
Francia sono giunte 197.000<br />
richieste, accolte nel 52% dei<br />
casi, dal Regno Unito, 35.390<br />
di cui il 63% andato a buon<br />
fine. Gli italiani sembrano<br />
meno interessati alla loro<br />
reputazione digitale: 19.126<br />
le richieste, rifiutate nel 70%<br />
dei casi. Gran parte dei moduli<br />
per il claim messi online<br />
da Google punta a post<br />
condivisi sui social network,<br />
Facebook e Youtube in testa.<br />
Tante le domande respinte<br />
per chi ha commesso crimini<br />
come omicidi, violenze sessuali,<br />
e atti terroristici e che<br />
ora è alla ricerca della redenzione<br />
online. Quindi, diritto<br />
all’oblio sì, ma non per tutti.<br />
LA<br />
PAROLA<br />
GIUSTA<br />
Utopia<br />
Thomas More, nel 1516, coniò<br />
questa parola giocando<br />
sull’ambivalenza della sua<br />
etimologia: ou-topo (luogo<br />
che non esiste) ed eu-topos<br />
(luogo felice). Due significati<br />
che nella creazione di<br />
una sinistra moderna devono<br />
riuscire necessariamente<br />
a convivere. Questa parola<br />
infatti ci pone davanti<br />
a una sfida bellissima: immaginare<br />
la costruzione di<br />
uno spazio nel quale la felicità<br />
dell’uomo sia realizzata.<br />
Per anni, l’erronea interpretazione<br />
di questa parola<br />
(illusione, irrealizzabilità)<br />
è stata la metafora migliore<br />
di una sinistra che ha<br />
rinunciato alla realizzazione<br />
della propria eu-topia.<br />
Se puntiamo l’attenzione<br />
sull’accezione positiva di<br />
questo termine, l’utopia si<br />
carica dell’idea di rendere<br />
materiale uno spazio in cui<br />
ogni mattone della realtà<br />
sia posto esclusivamente<br />
per garantire il benessere di<br />
tutti gli uomini e le donne.<br />
Come scriveva il saggista<br />
uruguaiano Eduardo Galeano,<br />
l’utopia serve a muovere<br />
l’uomo, a farlo camminare.<br />
Ed è proprio questa<br />
la sfida: non rinunciare, in<br />
nome dell’irraggiungibilità<br />
di un mondo perfetto, a<br />
crearne, passo dopo passo,<br />
uno migliore.<br />
Filippo Treiani<br />
18 luglio 2015<br />
9
IO SONO BASTARDO<br />
di BEBO STORTI<br />
LA BUONA SOLA<br />
Appendilo lì, a destra! Che prenda luce! Ecco,<br />
che i ragazzi lo vedano bene, che è un insegnamento<br />
importante, crea un precedente.<br />
Bello eh? Profilattici! Un messaggio ai giovani<br />
che entreranno in palestra. Profilattici Louis Vittuon!<br />
Ma siamo sicuri che lo capiscono, questi c’hanno<br />
certi voti in francese, l’inglese poi non ne parliamo.<br />
Vabbé a forza di vederlo capiranno. L’importante è<br />
il concetto! Proteggiti la minchia, va bene, ma con<br />
classe.<br />
Per i corridoi allora mettiamo i manifesti rolex?<br />
Quelli che c’ha mandato lo sponsor?<br />
Banali! Orologi e tu cosa mi metti sui muri? Orologi!<br />
Ma dai, questa è una scuola di classe, pagano certe<br />
rette! Poi il ministero manda qualcuno a controllare,<br />
coi soldi che ci sganciano, e vedono questa banalità.<br />
Mettiamo quelli di quell’artista, quello mandato dal<br />
ministro direttamente<br />
Ma sono tremendi! Diseducativi!<br />
Tu mettili su e non discutere, lo so, questo è un artista<br />
che manco li cani...ma viene direttamente da<br />
lassù<br />
Sì, capisco.<br />
E poi ricordati, io sono il preside! Te lo vuoi tenere<br />
il posto?<br />
Chiedo scusa.<br />
Attacca attacca. È educativo, due figli di operai che<br />
corrono disperati inseguiti da extracomunitari coi<br />
bastoni “LORO NON AVEVANO UN ROTTEX! HAN-<br />
NO PERSO IL BUS!”<br />
Quelli in mensa? Quelli dell’azienda di carne e pollame?<br />
Sì, carucci. Mucche paesaggi montani ruscelli bimbi<br />
biondi che si muovono nei prati portati sulle spalle<br />
da giovani contadine sorridenti ma è la scritta!<br />
“Non sprecare le tue energie, quando può farlo un<br />
servo!!”<br />
Non sarà troppo?<br />
Ai ragazzi piace, dicono che digeriscono meglio.<br />
Ah beh allora...<br />
IL BUON VIGNAIOLO<br />
di FULVIO FONTANA<br />
10 18 luglio 2015
#INUTILMENTESOCIAL<br />
#SATIRAINRETE<br />
@PrugnaLab - 5 riforme in 3<br />
giorni. Se si fa prestare le slide da<br />
Renzi, #Tsipras è già a buon punto<br />
@LaChiaraLongo - A questo<br />
punto è lapalissiano che la Merkel<br />
abbia frainteso il concetto di Magna<br />
Grecia<br />
#INUTILMENTEFIGA<br />
di ELDA e NAT<br />
Vediamo se sta su facebook… che poi c’ha<br />
un nickname assurdo “Torero Platonista”<br />
ma che vorrà dìre boh??... No! Non ci posso<br />
credere!! Ma questa è una maledizione! È<br />
più puntuale della Tasi, pure a lui ha chiesto<br />
l’amicizia??! Ma sei una poveraccia! Ma<br />
lo vuoi conoscere uno tuo solo tuo?! Sei una<br />
molestatrice virtuale, una stalker di sponda,<br />
sei... sei una cybermerda! Ma chi sei? Il<br />
nano delle cartoline del “Fantastico mondo<br />
di Amelie”? Stai dappertutto!! Voi non<br />
ce l’avete la persecutrice/stalker/ accollo<br />
su tutti i vostri social? Dai, quella che se tu<br />
vai a vedere le foto dei tuoi uomini-intendo<br />
ex, attuali e soprattutto futuri , LEI c’è? C’è<br />
sempre!!<br />
Almeno una foto della gita delle medie, della<br />
festa di Capodanno, quella stessa dove<br />
tu hai pomiciato con lui tutta la sera... ma<br />
quando se la sono fatta ‘sta foto insieme??<br />
Un’incubo! Peggio di Forrest Gump! C’ha<br />
pure una foto al G8, sta proprio dietro Obama!!<br />
Che pure a Michelle gli so girate un po’.<br />
Sta almeno in una foto di tutti gli uomini<br />
che piacciono alle mie amiche. Ma non ci<br />
dovevano essere sei gradi di separazione??<br />
Il Torero Platonista non va su Facebook da<br />
almeno una settimana... Vediamo se sta su<br />
skype... Ecccolo!! Allora sei ancora a casa!<br />
Nooo! Ma che fai ti scolleghi, No, no, non<br />
ci casco in questo trip dell’ora esco e tra un<br />
po’ mi riconnetto, così se ti scolleghi appena<br />
rientro, vuol dire che è proprio me che<br />
vuoi evitare, no, queste pippe no dai!! E se<br />
s’è messo invisibile la merda?<br />
ESTATE SPETTINATA<br />
TRA I PINI DELLA CAPITALE<br />
EPICA FILATELICA<br />
testi di SARO “POPPY” LANUCARA<br />
illustrazioni di PRONOSTICO<br />
Francobollo, speciale per un movimento artistico e<br />
culturale: la “Spettinatura” sviluppatasi nelle Capitale,<br />
con epicentro nel Parco dei Pini spettinati a<br />
Tor fiscale, periferia sud della città. Libera traduzione<br />
del termine inglese unkempt, che si riferisce alla vita<br />
disordinata e anticonformista degli artisti indipendenti<br />
che a essa partecipano, gli Spettinati sono animati da<br />
uno spirito di goliardia nei confronti della produzione<br />
culturale tradizionale e il buonsenso burocraticizzato.<br />
Si scagliano contro il Romanticismo ideologico, che giudicano<br />
languido ed esteriore, e pure contro il “movidaismo”<br />
della cultura romana. Guardano in modo diverso<br />
la realtà, cercando di individuare il nesso sottile che lega<br />
quella fisica a quella artistica. Di qui il fascino che il tema<br />
della goliardia esercita sulla loro produzione, spesso riflettendosi<br />
allegramente<br />
sulla loro vita che è per lo<br />
più spericolata. Così, tra<br />
gli Spettinati, si diffonde<br />
un sentimento nuovo di<br />
produzione e sarcasmo<br />
radicale nei confronti<br />
dell’impresa sociale utilitaristica<br />
e delle convinzioni<br />
correnti che hanno<br />
la conseguenza di creare<br />
il mito della professionalità<br />
impreditoriale assoluta<br />
ma irregolare (il cosiddetto<br />
Ciounamichettismo). Il<br />
loro impulso originario è<br />
di goliardia ed estemporaneità,<br />
come è proprio<br />
dell’artista, che si aggrappa<br />
a quei valori pre-democratici<br />
quali la Bellezza,<br />
l’Arte, la Natura, l’autenticità<br />
del sentimento, che<br />
la burocrazia e l’arrivismo vanno distruggendo. Tra gli<br />
Spettinati si forma una sorta di coscienza mutualistica<br />
che sottolinea lo stridente contrasto tra l’“ideale” che si<br />
vorrebbe raggiungere e il “vero”, la realtà vissuta in modo<br />
oggettivo e alla moda. Si sviluppa così questo movimento<br />
che richiama innanzitutto i modelli tipicamente lungimiranti<br />
e progressisti di Renato Nicolini. Gli Spettinati,<br />
con il loro culto del “sincero”, introducono nella Capitale<br />
il gusto del semplicemente bello che denomineremo<br />
Qualititavismo indipendente. A loro dedichiamo questa<br />
epica filatelica.<br />
18 luglio 2015<br />
11
© deepblue4you<br />
ARCISTORIE<br />
CHIARA, FRESCA, DOLCE<br />
ACQUA DI RUBINETTO<br />
Un’operazione semplice, limpida e “Chiara”. Questo<br />
è il nome della campagna che a Firenze è stata<br />
promossa da circa due anni per utilizzare l’acqua<br />
del rubinetto. «I risultati sono sotto gli occhi di tutti e<br />
le adesioni sono in continua crescita», spiega Jacopo<br />
Forconi, presidente del Comitato Arci di Firenze che<br />
insieme a Publiacqua e a Water Right Foundation ha<br />
promosso l’iniziativa che vede coinvolti 35 circoli Arci.<br />
Si tratta di strutture che somministrano cibi, pizzerie e<br />
ristoranti dentro le Case del popolo. In ogni circolo sono<br />
state fatte le analisi per verificare le eventuali impurità,<br />
perché, come dice Forconi, l’acquedotto garantisce la<br />
qualità idrica fino al contatore, dopo di che la responsabilità<br />
è del proprietario, in questo caso del circolo.<br />
Tutti hanno passato naturalmente<br />
l’esame ed è arrivato<br />
un premio molto gradito:<br />
bottiglie di vetro dal design<br />
originale che i circoli hanno<br />
utilizzato per distribuire<br />
l’acqua ai clienti. Sui tavoli<br />
l’acqua “Chiara”. «Abbiamo<br />
ottenuto un risparmio<br />
evitando i costi delle acque<br />
minerali, abbiamo salvaguardato<br />
l’ambiente con<br />
La campagna<br />
per l’uso dell’acqua<br />
di rubinetto nei<br />
ristoranti e pizzerie<br />
dei circoli Arci<br />
di Firenze ottiene<br />
sempre più adesioni.<br />
Più risparmi sui<br />
costi e più tutela<br />
dell’ambiente<br />
una minor produzione di rifiuti in plastica e allo stesso<br />
tempo abbiamo portato avanti un progetto importante<br />
dal punto di vista politico-culturale che stimola ad un<br />
uso più consapevole dell’acqua pubblica», conclude il<br />
presidente Arci di Firenze.<br />
PICCOLE RIVOLUZIONI<br />
di PAOLO CACCIARI<br />
IL TORNADO NELLA MIA TERRA<br />
E QUELLO CHE POSSIAMO FARE NOI<br />
Ripongo badile, carriola e motosega e torno alla scrivania<br />
dopo qualche giorno di duro lavoro. Abito tra<br />
Dolo e Mira e la mia casa è stata lambita dal tornado.<br />
Me la sono cavata con qualche tegola volata via, un<br />
albero del giardino sradicato, la piccola serra in frantumi<br />
e poco altro.<br />
Già le case dei miei vicini hanno i tetti e i muri perforati<br />
dai detriti che volavano come proiettili. Ancora qualche<br />
passo e dentro la striscia larga cinquanta metri e lunga<br />
7 chilometri lungo cui è passato il vortice del tornado ci<br />
sono solo cumuli di macerie.<br />
Case rase al suolo, automobili sbattute lontano, un<br />
traliccio dell’alta tensione accartocciato al suolo, tutto<br />
quello che avete visto in televisione. Ad aiutare e confortare<br />
i vicini (un morto, decine di feriti e 400 famiglie<br />
rimaste senza abitazione, più varie attività produttive<br />
bloccate) squadre di ammirevoli ragazzi di scuole, polisportive,<br />
centri sociali, scout.<br />
C’è chi ha passato le notti all’aperto per non staccarsi<br />
dalle sue cose. C’è chi già il giorno dopo aveva montato<br />
Giornali e televisioni<br />
non lo dicono,<br />
ma bombe d’acqua,<br />
uragani, erosione,<br />
innalzamento del<br />
livello dei mari e<br />
molto altro ancora<br />
sono gli effetti del<br />
surriscaldamento<br />
climatico globale<br />
le impalcature per iniziare i<br />
restauri. Ma c’è anche chi ha<br />
perso tutto e non sa da che<br />
parte ricominciare. Le pubbliche<br />
autorità distribuiscono<br />
moduli e raccolgono fotografie<br />
dello “stato di fatto”.<br />
Manderanno i periti e saranno<br />
calcolati i danni. A Vicenza,<br />
per l’alluvione di quattro<br />
anni fa, aspettano ancora i<br />
risarcimenti. Intanto va in<br />
scena l’ennesima replica dello squallido balletto tra il<br />
leghista Zaia e il governo di Roma su chi deve pagare.<br />
Giornali e televisioni non lo dicono, ma bombe d’acqua,<br />
uragani, tornadi, erosioni delle coste, innalzamento del<br />
livello medio dei mari, salinizzazione dei delta dei fiumi<br />
e molto altro ancora sono gli effetti del surriscaldamento<br />
climatico globale.<br />
Li si possono affrontare in due modi: cambiando in radice<br />
le politiche energetiche già a Parigi alla ventunesima<br />
Conferenza delle parti dell’Onu (Cop21)che dovrà<br />
riscrivere il protocollo di Kyoto (vedi l’appello: “Costruiamo<br />
assieme il cammino verso Parigi 2015. Cambiamo<br />
il sistema, non il clima!” versoparigi2015@gmail.com) o<br />
affidandosi alle regole del mercato.<br />
Sono certo che a qualche ministro per l’Economia verrà<br />
in mente di rispolverare la furbata di rendere obbligatoria<br />
l’assicurazione privata contro i danni agli immobili<br />
provocati dagli “eventi naturali”. Come per gli incidenti<br />
automobilistici. In fondo, si può far soldi anche con<br />
l’ambiente.<br />
12 18 luglio 2015
#ITALIAVIVA<br />
Segnalateci vertenze, iniziative<br />
e buone notizie a redazione@left.it<br />
Roma<br />
NO AL COMMISSARIO, SÌ AL FARE COMUNE<br />
Napoli<br />
VOLONTARI CERCASI PER L’ORTO URBANO<br />
All’associazione Maestri di Strada di Napoli è stato<br />
affidato un terreno agricolo di circa 5mila metri quadrati,<br />
con un edificio di circa 240. Il progetto prevede la creazione<br />
di un centro socio-educativo polivalente dove<br />
si pratichi l’agricoltura biologica, la permacultura e la<br />
trasformazione dei prodotti agricoli. È necessario, prima<br />
di attivare il progetto, procedere con un’operazione<br />
di bonifica e messa in sicurezza dell’intera area, e per<br />
questo c’è bisogno di un motivato gruppo di volontari.<br />
L’obiettivo, spiega il presidente dell’associazione Cesare<br />
Moreno, è permettere ai ragazzi di iniziare le attività<br />
dell’orto urbano con il nuovo anno scolastico. Per info e<br />
adesioni: www.maestridistrada.it<br />
Un gruppo di attivisti e lavoratori della cultura e<br />
dello spettacolo sono entrati a Palazzo delle Esposizioni,<br />
lo scorso 9 luglio, inscenando l’arrivo di un fantomatico<br />
Commissario. «Roma è in mano alle mafie e le decisioni<br />
sul futuro della città saranno prese sulla base di<br />
equilibrismi di partiti, poteri politici e polizia» denunciano<br />
i performer in una nota. Contro una gestione fatta<br />
di «bandi a pioggia, svendita del patrimonio, privatizzazione<br />
dei servizi», i manifestanti chiedono invece di valorizzare<br />
gli esperimenti capitolini «di gestione condivisa<br />
e democratica di spazi e risorse. Un fare comune che<br />
costituisce l’unico antidoto alla malavita organizzata».<br />
Lampedusa<br />
ASKAVUSA E LA BANDIERA UE “UNCINATA”<br />
Sansepolcro<br />
SI PARLA DI PUBBLICO E DEMOCRAZIA<br />
Il 21 e il 22 luglio a Sansepolcro (Arezzo) parte la prima<br />
conferenza internazionale del progetto di cooperazione<br />
Be SpectACTive!, a cura di Kilowatt Festival e Comune<br />
di Sansepolcro. Pubblico e democrazia, aspetti sociologici<br />
ed economici della partecipazione del pubblico, co-creazione,<br />
co-programmazione, alcuni dei temi caldi della<br />
conferenza, fatta da un’alternanza di momenti teorici e<br />
tavole rotonde. In contemporanea si svolge anche il Kilowatt<br />
festival, dedicato alle compagnie emergenti: teatro,<br />
danza, arti performative, musica, letteratura, arti visive.<br />
Gran parte della programmazione è affidata ai “visionari”,<br />
spettatori non addetti ai lavori che selezionano le compagnie<br />
partecipanti.<br />
Gli attivisti del collettivo Askavusa hanno piazzato<br />
una bandiera dell’Unione europea con al centro una<br />
svastica al Porto Vecchio di Lampedusa, dove erano in<br />
corso le riprese di una miniserie televisiva dedicata ai<br />
naufragi di migranti. Gli attivisti lampedusani chiedono<br />
la riapertura dell’inchiesta per il presunto mancato soccorso<br />
in occasione della strage del 3 ottobre 2013, a seguito<br />
della quale hanno perso la vita 366 persone. Dopo<br />
l’intervento delle forze dell’ordine, la polizia locale ha<br />
notificato una denuncia per vilipendio alla bandiera ad<br />
alcuni attivisti.<br />
18 luglio 2015<br />
13
FOTO NOTIZIA<br />
PAMPLONA<br />
IN “FIESTA”<br />
Da secoli, a Pamplona, durante<br />
la festa di San Firminio (tra<br />
il 7 e il 14 di luglio), migliaia<br />
di persone assistono col fiato<br />
sospeso a questo evento che<br />
ha dell’affascinante e spaventoso<br />
assieme. È l’Encierro: la<br />
famosa corsa dei tori che vengono<br />
lasciati liberi di correre<br />
tra la folla; o meglio, è la folla<br />
che corre assieme a loro per le<br />
strade della città, rischiando<br />
la vita stessa. Sono pochi minuti<br />
di suspense e adrenalina,<br />
il terrore che si intreccia con<br />
la passione per la tradizione.<br />
Ernest Hemingway (che nel<br />
1926 gli dedicò il suo primo<br />
romanzo Fiesta) l’adorava, gli<br />
animalisti dei giorni nostri<br />
meno. L’Encierro è carica di significati<br />
che per noi è difficile<br />
cogliere, così come le corride<br />
nella cui arena la corsa finisce.<br />
Ciò nonostante, ogni anno,<br />
persone in festa arrivano a<br />
Pamplona da tutto il mondo<br />
proprio per prendere parte a<br />
questa folle corsa.<br />
Foto di Andres Kudacki, AP Photo
FOTO NOTIZIA<br />
MITA<strong>MA</strong><br />
LA FESTA<br />
DELLE LANTERNE<br />
Luce fatta dalla luce. Oltre<br />
30mila lanterne, donate dai<br />
cittadini, prendono fuoco illuminando<br />
le strade e il santuario<br />
giapponese di Yasukuni-jinja.<br />
È questo l’evento che<br />
- è il caso di dirlo - “accende”<br />
il festival annuale di Mitama<br />
(più o meno tra il 13 e il 17 luglio),<br />
a Tokyo. I visitatori passeggiano<br />
nelle serate estive,<br />
con lo scopo di portare conforto<br />
alle anime dei familiari<br />
defunti.<br />
Foto di Shizuo Kambayashi, AP Photo
COMMENTI<br />
ECONOMIA E FINANZA<br />
di Ernesto Longobardi<br />
La Germania fa della moneta comune<br />
la propria moneta. E spacca l’Europa<br />
Su Repubblica, Paul Krugman, premio<br />
Nobel per l’Economia, ha parlato<br />
dell’annientamento assoluto<br />
della sovranità nazionale greca. Se<br />
guardiamo alla versione originale dell’articolo,<br />
sul New York Times, il termine usato è<br />
destruction. Altri hanno detto di sadismo,<br />
di tortura. Aspetti di ricerca sulla realtà<br />
mentale umana che altri potranno approfondire.<br />
Certo il risultato dell’Euro summit del 12<br />
luglio ha rappresentato per Tsipras, per<br />
Syriza, per quella parte della sinistra europea<br />
che si riconosceva nella loro battaglia,<br />
una sconfitta di proporzioni gigantesche.<br />
Le condizioni imposte sono di una violenza<br />
senza precedenti: la Grecia diventa un<br />
protettorato, dovrà chiedere il beneplacito<br />
preventivo delle istituzioni europee ad<br />
ogni legge di loro interesse; un bel pezzo<br />
del patrimonio del Paese dovrà andare, di<br />
fatto, ai creditori (porti, altre infrastrutture,<br />
società di servizi pubblici, ecc., qualcuno<br />
ha parlato anche del Partenone!); entro<br />
pochi giorni il Parlamento greco dovrà approvare<br />
la riforma dell’Iva, un nuovo codice<br />
civile (!), la riforma del sistema bancario,<br />
dell’Istituto di statistica, delle pensioni,<br />
delle procedure di bilancio e via dicendo.<br />
Tutto questo non come contropartita per<br />
i cosiddetti “aiuti”, ma come precondizione<br />
per sedersi a un tavolo e cominciare a<br />
parlarne! I termini sono talmente lesivi<br />
della dignità del Paese e del suo governo<br />
che sembrano pensati apposta per essere<br />
rifiutati e aprire così il processo di uscita<br />
della Grecia dall’euro. A questo punto, forse,<br />
è da sperarlo, quel che ne dica quanto<br />
resta della socialdemocrazia europea, che<br />
ha avuto il coraggio di presentare l’esito<br />
dell’Euro summit come un successo, perché<br />
consente comunque alla Grecia di rimanere<br />
dell’euro.<br />
Bisognerà cercare di capire come sono andate<br />
le cose. Perché Tsipras dopo la mossa<br />
del referendum, dopo averlo stravinto e<br />
avere ottenuto così l’investitura democratica<br />
per un rilancio delle trattative, si è invece<br />
subito precipitato a Bruxelles per dichiarare<br />
la disponibilità ad accettare quelle<br />
stesse condizioni (se non peggiori) e le ha<br />
portate poi all’approvazione del Parlamento<br />
da parte di una maggioranza allargata<br />
al centrodestra? Perché ha poi accettato il<br />
waterboarding cui è stato sottoposto e che<br />
ha portato alla piena capitolazione?<br />
Ancora una volta Yanis Varoufakis mostra<br />
coraggio e lucidità. Nell’intervista al New<br />
Statesman, ripresa dai giornali di tutto il<br />
mondo, ha detto che, dopo il referendum,<br />
le mosse del governo avrebbero dovuto essere<br />
di tutt’altra natura. Si trattava di alzare<br />
la posta e, nel caso di risposte negative,<br />
attuare il piano B: emissione degli Iou, un<br />
nuovo mezzo di pagamento a circolazione<br />
interna denominato in euro; taglio del debito<br />
greco verso la Bce; riacquisizione del<br />
controllo sulla Banca centrale greca. Si doveva,<br />
in altri termini, secondo Varoufakis,<br />
giocare fino in fondo la minaccia dell’uscita<br />
dall’euro e il governo, con il referendum,<br />
aveva ottenuto un pieno mandato per farlo.<br />
Il problema tedesco permea di sé l’intera<br />
storia della costruzione europea. Agli<br />
albori, il vero obiettivo del processo che si<br />
mise in moto nel 1951, con la costituzione<br />
della Ceca, era quello di tenere il più possibile<br />
la nuova Germania legata agli altri<br />
Paesi europei, per evitare cause di nuovi<br />
conflitti. Ancora, con lo stesso spirito, si<br />
chiese alla Germania, come contropartita<br />
alla riunificazione, di rinunciare al marco<br />
e condividere la moneta con gli altri Paesi.<br />
Ma ora la Germania sta facendo, della moneta<br />
comune, la propria moneta e questo<br />
non può che spaccare l’Europa.<br />
I termini<br />
dell’Euro<br />
summit sono<br />
talmente lesivi<br />
della dignità<br />
della Grecia<br />
e del suo<br />
governo<br />
che sembrano<br />
fatti apposta<br />
per essere<br />
rifiutati<br />
e produrre<br />
il Grexit<br />
18<br />
18 luglio 2015
IL COMMENTO<br />
di Maria Pia Pizzolante<br />
Oggi è il momento del coraggio.<br />
La sinistra riparta da ciò che non è scontato<br />
Italia e Grecia, Renzi e Tsipras, sinistra<br />
e Syriza, oligarchia e democrazia,<br />
controriforme e contrasto alla povertà<br />
dilagante: così vicini e così lontani,<br />
ecco come siamo. In un continente che<br />
sta svelando tutte le sue contraddizioni,<br />
in una politica che risulta sempre più una<br />
ragioneria di Stato, in cui i conti non tornano<br />
mai perché lasciano fuori la vita vera,<br />
le persone, i loro diritti umani inalienabili.<br />
Mentre scrivo, è già andato in scena abbastanza<br />
anche se non tutto. L’accordo fatto<br />
dall’Eurogruppo è una serie di «richieste<br />
folli, una follia vendicativa, tradito il progetto<br />
europeo. Un colpo terribile, forse fatale.<br />
Ma non è colpa dei Greci»: così Paul<br />
Krugman, premio Nobel dell’Economia. E<br />
l’europeismo convinto di molti di noi vacilla,<br />
trema, muore.<br />
Da domani forse dovremo scegliere anche<br />
noi. Non siamo Renzi, non governiamo il<br />
Paese eseguendo pedissequamente gli ordini<br />
di Bruxelles, ma abbiamo il compito<br />
inaggirabile di indicare una rotta per il<br />
futuro, presto o tardi che sia. La posta in<br />
gioco è talmente alta che non bastano più<br />
i tweet o i proclami di qualche leader della<br />
sinistra che fu. Serve provare a costruire<br />
una comunità di persone e un soggetto<br />
politico in grado di affrontare le sfide del<br />
presente e di candidarsi a fare quello che<br />
Tsipras sta provando a fare in Europa e che<br />
Renzi non farà mai. Per questo ben vengano<br />
le assemblee e la moltiplicazione degli<br />
appuntamenti di riflessione e di messa in<br />
comune di pensieri e azioni, ben venga<br />
questa stagione in cui servono parole nette<br />
e coraggio, ma anche riflessione e studio.<br />
Non ci si improvvisa attori di una alternativa<br />
che è tutta da disegnare e raccontare.<br />
Abbiamo vent’anni alle spalle in cui chi<br />
avrebbe dovuto rappresentarla ha abdicato<br />
all’opposizione fine a se stessa o al com-<br />
promesso al ribasso al punto di scomparire.<br />
Per questo sono soddisfatta dello sforzo<br />
che Sel, insieme ai fuoriusciti del Pd e alle<br />
tante esperienze più prettamente sociali o<br />
di movimento sta provando a mettere in<br />
campo. Uno sforzo che parla finalmente<br />
anche di rimessa in discussione di leader,<br />
ceti politici, parole d’ordine, alleanze senza<br />
frontiere, come recitava il titolo dell’assemblea<br />
nazionale che si è svolta sabato a<br />
Roma.<br />
Ma oggi le priorità sono altre. E sono, a<br />
partire dallo spazio europeo, priorità che<br />
attengono allo stare insieme, alla democrazia,<br />
al ruolo dei governi e degli Stati nazionali,<br />
all’immagine di una socialdemocrazia<br />
succube al punto di non manifestare<br />
alcuna differenza rispetto ai suoi avversari,<br />
di non rappresentare più quel popolo per<br />
cui era nata e che si ritrova senza ancore<br />
a navigare a vista nel mare magnum della<br />
cattiva informazione e del bombardamento<br />
di dichiarazioni a senso unico per cui o<br />
si accetta questa Europa succube della finanza<br />
e dei profitti o si subisce la damnatio<br />
memoriae.<br />
Oggi è il momento del coraggio, è il momento<br />
di cedere sovranità e certezze, è il<br />
momento di coinvolgere più persone possibile<br />
e di farlo a partire da nuove idee e<br />
nuove pratiche, senza dare nulla per scontato.<br />
Non è scontato considerare l’uguaglianza<br />
una chimera e abdicare all’idea che<br />
intanto difendiamo qualcuno, poi per gli<br />
altri, o meglio per le altre, si vedrà. Non è<br />
scontato che chi non riesce a liberarsi dai<br />
ricatti possa scegliere liberamente e non è<br />
scontato giudicare chi non lo fa. Una sinistra<br />
che riparte da ciò che non è scontato,<br />
questo vorrei. E questo proveremo a fare<br />
con impegno e determinazione, utilizzando<br />
diversi strumenti. Provando innanzitutto<br />
a stare insieme in tanti e diversi.<br />
L’europeismo<br />
convinto di molti<br />
di noi vacilla,<br />
trema, muore.<br />
E non bastano<br />
più i proclami<br />
di qualche<br />
leader che fu.<br />
Serve costruire<br />
una comunità<br />
di persone e un<br />
soggetto politico<br />
in grado di<br />
affrontare le sfide<br />
del presente<br />
18 luglio 2015<br />
19
COMMENTI<br />
Chi ha perso tra la Germania<br />
e la Grecia? L’Italia<br />
In realtà il rapporto bilaterale tra il riottoso<br />
debitore greco e il severo prestatore tedesco<br />
è una illusione ottica. Come questo giornale<br />
ha già scritto e come è sempre più noto alla<br />
opinione pubblica, è la Germania che chiede<br />
soldi al resto degli europei. Insieme alla Francia.<br />
Il salvataggio della Grecia è stata in realtà<br />
il salvataggio delle banche tedesche e francesi.<br />
Esse sono state salvate con soldi pubblici,<br />
tedeschi, francesi e di tutti gli altri europei.<br />
Infatti quando è esplosa la crisi le banche<br />
tedesche e francesi possedevano una quota<br />
consistente del debito pubblico greco. Quello<br />
che viene chiamato “salvataggio della Grecia”<br />
è in pratica un’operazione in cui le banche<br />
tedesche e francesi si sono liberate del debito<br />
pubblico greco vendendolo alla Troika. I soldi<br />
che sono realmente arrivati ai greci sono<br />
solo una frazione del costo del salvataggio.<br />
I tre Paesi che hanno dato il contributo più<br />
grosso in questa operazione sono: Germania<br />
(60 miliardi), Francia (46 miliardi) e Italia (40).<br />
La nostra è una cifra sproporzionata rispetto<br />
alla esposizione delle banche italiane verso<br />
il debito pubblico greco (10 miliardi a fronte<br />
dei 60 delle banche francesi e dei 30 delle<br />
banche tedesche). Perché abbiamo messo<br />
questi soldi? Per paura che una default greca<br />
riattizzasse la speculazione contro il debito<br />
pubblico italiano. Insomma la priorità italia-<br />
L’<br />
accordo raggiunto all’Eurosummit<br />
con il governo greco è stato largamente<br />
interpretato come una sconfitta<br />
di Tsipras, che avrebbe accettato<br />
condizioni persino più pesanti di quelle<br />
a cui i greci hanno detto no nel referendum.<br />
Nel momento in cui scrivo non sappiamo<br />
ancora se il parlamento greco approverà le<br />
riforme draconiane accettate dal governo<br />
Tsipras. Assumiamo che ciò avvenga: al di là<br />
della questione di chi ha vinto e chi ha perso<br />
verosimilmente questo accordo non avrà risolto<br />
niente. Le condizioni imposte alla Grecia<br />
non permetteranno al Paese di risollevarsi<br />
e un debitore agonizzante è un debitore che<br />
non paga e tende a ribellarsi. Entro un po’ di<br />
tempo, il problema si ripresenterà. Le condizioni<br />
imposte da Schäuble tendevano probabilmente<br />
a provocare la Grexit. Sorprendentemente<br />
non l’hanno per ora ottenuta ma è<br />
solo questione di tempo. Il fantasma della<br />
Grexit continua ad aggirarsi per l’Europa.<br />
L’unica cosa che avrebbe teso a stabilizzare la<br />
situazione nel lungo periodo era un taglio del<br />
debito greco che lo riportasse a livelli sostenibili.<br />
Ma i tedeschi si sono opposti strenuamente.<br />
Tra un po’ quindi ci ritroveremo alla<br />
casella di partenza: o sborsare altri soldi per<br />
la Grecia o affrontare la Grexit.<br />
Perché i tedeschi non hanno voluto un taglio<br />
del debito? Per ragioni comprensibili<br />
dal loro punto di vista. In parte per motivi di<br />
principio (i debiti si pagano) e in parte assai<br />
più consistente per motivi di incentivi: un<br />
haircut del debito greco avrebbe scatenato<br />
analoghe richieste di haircut da parte di altri<br />
Paesi “salvati” dalla Troika, come Portogallo<br />
e Irlanda.<br />
Questi comprensibili motivi valgono anche<br />
per l’Italia? No, il nostro Paese è in una posizione<br />
diversa e ha interessi diversi. Che non<br />
ha fatto valere. Vediamo perché.<br />
La vulgata data in pasto all’opinione pubblica<br />
europea ha trasformato questa crisi in un<br />
duello greco-tedesco. Conseguentemente il<br />
dibattito è stato monopolizzato dalla questione<br />
dei diritti e doveri di creditori e debitori.<br />
Fino a che punto la Grecia - che chiede soldi<br />
alla Germania - ha il diritto di anteporre le<br />
esigenze umanitarie al rispetto degli impegni<br />
presi? Fino a che punto le scelte democratiche<br />
hanno il diritto di ridiscuterli? Fino a che<br />
punto l’impegno finanziario tedesco dovrebbe<br />
tenere conto della solidarietà tra europei?<br />
20<br />
18 luglio 2015
ECONOMIA<br />
di Stefano Bartolini *<br />
na era salvare la Grecia e non le banche tedesche<br />
e francesi che sarebbero state travolte<br />
dalla default greca. Fin qui c’era una oggettiva<br />
convergenza di interessi tra italiani da un lato,<br />
tedeschi e francesi dall’altro, a gettare denaro<br />
in questa operazione. Ma l’accordo attuale<br />
segna la fine di questa convergenza di interessi.<br />
Perché tra un po’ ci troveremo di fronte<br />
al solito problema: o sborsare altri soldi o la<br />
Grexit. I tedeschi visibilmente prediligono la<br />
seconda opzione. Che per noi vorrebbe dire<br />
che avremmo perduto i nostri soldi, il debito<br />
pubblico italiano si espanderebbe significativamente<br />
e il rischio di contagio anche. Un disastro.<br />
L’alternativa è pagare ancora, sempre<br />
che tedeschi e francesi siano disposti a farlo.<br />
Per questo l’accordo attuale non è nei nostri<br />
interessi. L’unica cosa che ci conveniva<br />
era un taglio del debito greco che riportasse<br />
la situazione greca in una condizione sostenibile.<br />
Naturalmente avremmo poi dovuto<br />
affrontare le prevedibili richieste di taglio del<br />
debito da parte di Portogallo e Irlanda. E questo<br />
è certamente un problema. Ma in questo<br />
siamo in una situazione molto diversa da<br />
Francia e Germania. Noi non abbiamo solo<br />
il problema di non creare incentivi perversi<br />
ai Paesi debitori, abbiamo anche il problema<br />
di non creare incentivi perversi alle banche<br />
tedeschi e francesi. Mi spiego: è vero, i greci<br />
sono stati scorretti, hanno truccato i conti<br />
pubblici. Ma non avevano ingannato tutti. Le<br />
banche del resto dei Paesi europei non avevano<br />
accumulato un’esposizione così forte<br />
nei confronti del debito pubblico greco come<br />
quelle tedesche e francesi. Le banche italiane<br />
ad esempio erano state molto più prudenti.<br />
La verità è che noi italiani - come molti altri<br />
europei- stiamo pagando l’imprudenza del<br />
sistema bancario tedesco e francese.<br />
Come pensate che si senta un banchiere tedesco<br />
e francese dopo questa storia? Bene, molto<br />
bene. Si sente rassicurato di poter imbottire<br />
i suoi bilanci di titoli rischiosi sapendo che se<br />
tutto va bene i profitti saranno suoi e se le cose<br />
vanno storte a pagare saranno i contribuenti<br />
europei, esito assicurato dalla incredibile forza<br />
negoziale di Germania e Francia nell’Eurozona.<br />
Detto nel gergo degli economisti, noi<br />
non abbiamo solo un problema con l’azzardo<br />
morale dei Paesi più deboli, ce l’abbiamo anche<br />
con le banche dei Paesi più forti.<br />
Per questi motivi dovevamo alzare la voce,<br />
per questo dovevamo minacciare di rovesciare<br />
il tavolo. Stiamo mettendo una valanga di<br />
soldi per poi trovarci probabilmente ad avere<br />
ottenuto solo il salvataggio delle banche<br />
tedesche e francesi. Che non era di sicuro la<br />
nostra priorità.<br />
Da questa storia l’immagine volitiva di Renzi<br />
esce decisamente appannata. Il decisionismo<br />
del rottamatore sembra riservato ai sindacati<br />
e all’opposizione interna al suo partito ma in<br />
Europa egli appare obbediente e sussiegoso<br />
fino all’autolesionismo nazionale. Anche Padoan<br />
ci fa una pessima figura. Tutto questo<br />
almeno ci rende più affidabili agli occhi dei<br />
partners europei? No, ci rende più inaffidabili:<br />
perché questo è l’ennesimo episodio di un’irresponsabilità<br />
del nostro Paese nei confronti<br />
delle sue finanze pubbliche. L’Italia appare<br />
ancora una volta dilapidare senza costrutto i<br />
soldi dei suoi contribuenti e questo non giova<br />
affatto alla nostra reputazione in Europa.<br />
In questo complicato incastro di interessi<br />
convergenti e divergenti dei Paesi europei,<br />
l’unico Paese che è in una posizione analoga<br />
alla nostra è la Spagna, altro sostanzioso contributore<br />
al salvataggio delle banche tedesco<br />
e francesi. Quanto detto vale quindi anche<br />
per il governo spagnolo.<br />
*professore di Economia politica,<br />
Università degli Studi di Siena<br />
La verità è<br />
che noi italiani<br />
stiamo pagando<br />
l’imprudenza<br />
del sistema<br />
bancario<br />
tedesco<br />
e francese.<br />
Come pensate<br />
si senta<br />
un banchiere<br />
tedesco<br />
o francese dopo<br />
questa storia?<br />
Molto bene<br />
18 luglio 2015<br />
21
IL MONOLOGO<br />
di Mimmo Calopresti<br />
Devo continuare<br />
ad ascoltare mia figlia<br />
per capirci qualcosa<br />
N<br />
on bacerò mai un rospo papà, mi fa schifo. Va bene, ma<br />
così non saprai mai se diventerà un principe. Non mi interessa,<br />
l’importante è che io sia una principessa, se non<br />
incontro un principe va bene lo stesso. Un grosso rospo,<br />
nero e dall’aspetto piuttosto repellente è attorniato da<br />
un gruppo di bambini, mia figlia è a una rispettosa distanza dall’animale<br />
che si è installato in mezzo al cortile al centro di Pescia Fiorentina. Si<br />
è naturalmente posizionata al punto giusto, è la più vicina perché deve<br />
essere la più coraggiosa del piccolo gruppo, glielo impone il ruolo, lei ha<br />
finito la prima elementare gli altri sono ancora da materna. Ad ogni piccolo<br />
movimento di quello che anch’io ormai guardo senza motivo come<br />
un mostro, c’è un balzo indietro collettivo, qualche urlo che si disperde<br />
subito nell’ambiente. Sono completamente suggestionato dall’atteggiamento<br />
di quel piccolo gruppo di bambini. Un po’ alla volta, per piccoli<br />
passi, con argomentazioni minime sono arrivati ad un pensiero comune:<br />
il rospo è una bestia repellente e pericolosa.<br />
Mia figlia dopo un promettente inizio, forse è un principe che una magia<br />
ha trasformato in un rospo, si allinea al pensiero comune: è brutto e un<br />
po’ schifoso. In mezzo a quel pratone rialzato si respira un’aria di dignitosa<br />
antichità non c’è niente che abbia valore storico oppure moderno,<br />
non c’è nessun rifacimento stilistico che ha beneficiato di un benessere<br />
economico magari temporaneo. No, ci sono alcune case di fattura modesta<br />
così come sono le case rurali, essenziali e senza fronzoli, il massimo<br />
della stilizzazione sono le scale a vista che portano da terra al piano<br />
superiore. Ed e tutto. A rendere ancora più semplice la decorosa semplicita<br />
del luogo è il vecchio scivolo in mezzo alla piazza, e quattro tronchi<br />
22 18 luglio 2015
segati ad arte per la gioia dei bambini che ci possono zompettare sopra<br />
producendo salti che ai loro occhi sembrano miracolosi. Si sentono nelle<br />
loro giravolte dei grandi ginnasti, vicini a prestazioni olimpiche. È un<br />
bel gioco, qualche volta mi piacerebbe mettermi in coda ed aspettare il<br />
mio turno, ma mi vergogno. Aspetterò il momento che nessuno mi può<br />
vedere per farlo. Devo crescere, penso tra me e me, diventare grande e<br />
anche io, come mia figlia, essere il più coraggioso del gruppo. Alcuni saltelli<br />
più robusti del rospo tesi a rompere l’accerchiamento dei bambini,<br />
provocano fughe e altre stridule grida. Papà che dobbiamo fare, niente<br />
stare fermi, va bene ma lui scappa, e allora? Mica lo dovete fare prigioniero,<br />
no questo no, ma è pericoloso, non credo, ma io non volevo dirti<br />
che dovremmo ucciderlo, non lo voglio baciare ma neanche uccidere.<br />
Mentre partecipo a questo dibattito, seguo con crescente soddisfazione<br />
sul mio telefonino i risultati del referendum che si fa in Grecia. Il No<br />
all’accordo con l’Europa ormai vince senza problemi, ne ero sicuro ma<br />
nei giorni precedenti molti avevano insinuato che avrebbero vinto i sì,<br />
ma soprattutto che sarebbe stato meglio che vincessero i sì. Ero un po’<br />
ossessionato dalle manifestazioni in cui sui cartelli sfilavano i Nai (sì)<br />
Oxi (No), ogni tanto mi chiedevo se i greci non si sarebbero confusi. No<br />
non si sono confusi, e hanno vinto. Meno male le ragioni dei potenti<br />
non sempre vincono. Mentre mi chiedo che cosa succederà ora, come si<br />
può vincere questa guerra senza quartiere, mi ronza nella testa uno slogan<br />
del passato: “Colpirne uno per educarne cento”, questo mi sembra il<br />
sunto di tutte le dichiarazione dei leader europei. Terrorismo puro. Chi<br />
non terrorizza si ammala di terrore diceva De André. Papà, Alice mi ha<br />
dato un calcio e io l’ho detto alla maestra che l’ha messa in riflessione.<br />
Amore ma qualche volta bisogna rispondere, dalle un calcio anche tu.<br />
No papà se faccio così punisce anche me la maestra. Logica stringente,<br />
piuttosto esatta e realista. È difficile predire il futuro, fare la cosa giusta.<br />
Penso che devo continuare ad ascoltare mia figlia per capire qualcosa.<br />
Amore ma perché la maestra non la punisce Alice e la mette solo in riflessione,<br />
cosa vuol dire? Che deve pensare a quel che ha fatto e questo<br />
già importante. La democrazia difficile a farsi, mi viene da dire. Speriamo<br />
che la Grecia vinca questa battaglia contro i mostri della finanza, ne<br />
avremmo bisogno tutti noi. Papà, ma perché vogliono tutti quei soldi dai<br />
greci se non ce l’hanno? Non lo so amore, non riesco a capirlo neanche<br />
io. Gli basterebbe anche la metà. Non lo so amore se gli basterebbe la<br />
metà, ma sarebbe un bel passo avanti per i greci e tutti noi.<br />
18 luglio 2015<br />
23
STORIA DI COPERTINA<br />
<strong>KEYNES</strong>IANI DI TUTTO<br />
IL MONDO, UNITEVI<br />
Post-keynesiani, neo-keynesiani, Modern money theory. C’è chi da tempo<br />
indica un altro modello di economia. Che punta su piena occupazione<br />
e stabilità dei prezzi. Senza preoccuparsi del rapporto tra deficit e Pil<br />
di Giacomo Bracci<br />
«Com’è possibile che nessuno si sia accorto<br />
che stava arrivandoci addosso questa crisi spaventosa?»,<br />
dichiarava, già nel 2008, la Regina<br />
Elisabetta in occasione di un incontro con economisti<br />
della London School of Economics. È<br />
noto da tempo, infatti, che l’analisi dell’anatomia<br />
delle crisi finanziarie è stata assente nelle<br />
teorie economiche mainstream. Lo dice anche<br />
l’ex capo economista del Fondo monetario<br />
internazionale Olivier Blanchard: «La crisi ha<br />
chiarito che questa visione era sbagliata, e che<br />
c’è bisogno di riconsiderarla seriamente». Secondo<br />
Blanchard abbiamo utilizzato modelli<br />
economici che semplificano in maniera eccessiva<br />
il funzionamento del sistema finanziario.<br />
Il risultato? L’euro come si presenta oggi, tanto<br />
per cominciare, con una Banca centrale europea<br />
deputata al controllo dell’inflazione e dei<br />
tassi di interesse, resa “credibile” agli occhi dei<br />
mercati finanziari grazie al divieto di finanziare<br />
i disavanzi pubblici degli Stati membri dell’Eurozona:<br />
l’idea era che sarebbe stata sufficiente,<br />
mostrarsi rigidi, per difendersi dall’arrivo delle<br />
crisi finanziarie.<br />
L’edificio teorico delle teorie mainstream<br />
(quelle, sempre per capirci, che sostengono<br />
Alberto Alesina e Francesco Giavazzi quando<br />
discettano dell’austerità espansiva, convinti<br />
che il rispetto della disciplina di bilancio da<br />
parte degli Stati avrebbe incentivato il consumo<br />
degli agenti privati) poggia sull’idea che<br />
gli Stati debbano dimostrare ai mercati di essere<br />
dei “buoni padri di famiglia”. Solo così gli<br />
investitori saranno disponibili a sottoscrivere<br />
i titoli degli Stati virtuosi. Per tentare poi di<br />
stimolare consumi e investimenti (siccome il<br />
modello non funziona poi benissimo) alle misure<br />
di contenimento del bilancio pubblico, si<br />
affiancano le famose riforme strutturali e l’utilizzo<br />
di politiche monetarie espansive come<br />
il quantitative easing. Tuttavia, queste misure<br />
non sembrano dare i risultati sperati e il dibattito<br />
accademico e politico appare colmo<br />
di analogie con l’altra grande crisi finanziaria<br />
globale, quella del 1929.<br />
In quel caso, fu John Maynard Keynes a fornire<br />
un cambiamento di paradigma rispetto alle<br />
ricette fornite dai “classici” e fondate sull’idea<br />
che in caso di eventi traumatici la flessibilità<br />
dei prezzi e dei salari avrebbe consentito di<br />
tornare a uno stato di equilibrio, qualora non<br />
vi fossero impedimenti all’operare del libero<br />
mercato. Questo argomento era considerato<br />
da Keynes come una fallacia di composizione:<br />
la riduzione dei salari rappresenta un vantaggio<br />
per l’imprenditore che li deve erogare ma al<br />
contempo riduce il reddito del lavoratore che<br />
li deve ricevere. Di conseguenza, il tentativo<br />
simultaneo di imprese, lavoratori e Stato di ridurre<br />
la propria spesa porta l’intera economia<br />
a deprimere il proprio reddito. La soluzione,<br />
per Keynes, risiedeva nella possibilità che lo<br />
24 18 luglio 2015
POST <strong>KEYNES</strong>IANI<br />
NEO <strong>KEYNES</strong>IANI<br />
Interpreti radicali del pensiero di Keynes,<br />
sottolineano la necessità di un intervento<br />
pubblico nell’economia per stabilizzarla<br />
JOHN <strong>MA</strong>YNARD<br />
<strong>KEYNES</strong><br />
Ala sinistra dell’economia mainstream,<br />
ritengono l’intervento pubblico necessario<br />
nei periodi di recessione<br />
PIERO SRAFFA<br />
Nato a Torino, a Ordine Nuovo<br />
è con Gramsci, poi Keynes<br />
lo chiama a collaborare a<br />
Cambridge. Muore nel 1983<br />
HY<strong>MA</strong>N MINSKY<br />
Morto nel 1996, statunitense,<br />
ha studiato i<br />
mercati finanziari e le<br />
bolle speculative<br />
PAUL SAMUELSON<br />
Nobel nel 1970, muore nel 2009. Con Hicks porta keynes<br />
nella sintesi neoclassica. Disse: «La storia ha dimostrato che i<br />
capitalisti vanno carichi di ottimismo anche al loro funerale»<br />
PIERANGELO GAREGNANI<br />
MIlanese, allievo di Sraffa,<br />
muore nel 2011.<br />
Studia soprattutto la<br />
distribuzione del reddito<br />
LUIGI PASINETTI<br />
Come Caregnani e Sraffa,<br />
lavora tra l’Italia<br />
e Cambridge. Suo il libro<br />
Keynes e i keynesiani<br />
di Cambridge<br />
JOSEPH<br />
STIGLITZ<br />
Premio Nobel nel<br />
2001. Saggista ciritico<br />
sulla globalizzazione,<br />
ha sostenuto<br />
il movimento Occupy.<br />
PAUL<br />
KRUG<strong>MA</strong>N<br />
Nobel nel 2008, lo<br />
leggete su New York<br />
Times. Per scelta ha<br />
lasciato Princeton<br />
per l’Università di<br />
New York, pubblica<br />
LAWRENCE H.<br />
SUMMERS<br />
È stato Rettore a Harvard,<br />
e Segretario al<br />
Tesoro degli Usa.<br />
JAMES K.<br />
GALBRAITH<br />
Esponente della<br />
Mmt, consigliere di<br />
Obama. Per lui gli<br />
Usa sono dominati<br />
da una «classe<br />
predatoria»<br />
WARREN<br />
MOSLER<br />
Da imprenditore<br />
produce supercar,<br />
da economista è il<br />
massimo teorico<br />
della Mmt<br />
STEPHANIE<br />
KELTON<br />
Capo economista<br />
nella commissione<br />
Bilancio del Senato<br />
Usa, scrive spesso<br />
con Randall Wray<br />
EMILIANO BRANCACCIO<br />
Insegna all’Università<br />
del Sannio. Per il Sole24Ore<br />
è «di impostazione marxista,<br />
ma aperto a innovazioni<br />
ispirate dai contributi di<br />
Keynes e Sraffa»<br />
FRANCESCO<br />
SARACENO<br />
«Questa è una recessione<br />
da primo anno di<br />
economia: keynesiana.<br />
Manca lo stimolo alla domanda<br />
privata», spiega<br />
agli studenti di Luiss<br />
e SciecesPo<br />
GREG<br />
<strong>MA</strong>NKIW<br />
Economista<br />
di Harvard, è<br />
nell’orbita dei<br />
Repubblicani.<br />
Keynesiano si, ma<br />
preocuppato dal<br />
debito eccessivo<br />
18 luglio 2015<br />
25
STORIA DI COPERTINA<br />
Stato potesse fornire all’economia la domanda<br />
che manca quando l’incertezza sul futuro<br />
porta gli imprenditori a deprimere i propri<br />
animal spirits e le famiglie a risparmiare. Gli<br />
eredi odierni di Keynes hanno avuto maggiore<br />
fortuna dei colleghi mainstream nelle loro previsioni.<br />
E ci saremmo risparmiati lunghissimi<br />
vertici notturni, se li avessimo ascoltati di più.<br />
Ma non è mai troppo tardi.<br />
Molte sono le derivazioni del pensiero di<br />
Keynes, inizialmente portato avanti dal famoso<br />
gruppo dei keynesiani di Cambridge, che<br />
includeva nomi come Maurice Dobb, Nicholas<br />
Kaldor, l’italiano Piero Sraffa e l’eccentrica<br />
Joan Robinson, la quale dichiarava che lo scopo<br />
di studiare economia «non è acquisire un<br />
insieme di risposte preconfezionate alle questioni<br />
economiche, bensì imparare come evitare<br />
di farsi ingannare dagli economisti».<br />
È di particolare attualità lo studio dell’effetto<br />
che i mercati finanziari producono sull’economia<br />
reale, condotto dall’economista americano<br />
- sempre post-keynesiano - Hyman Minsky,<br />
divenuto celebre per la sua “ipotesi di instabilità<br />
finanziaria”. Lo è a tal punto che nel 1998<br />
Paul McCulley, del noto fondo di investimenti<br />
Pimco, ha coniato l’espressione Minsky moment<br />
per descrivere l’effetto di una crisi finanziaria.<br />
Secondo Minsky, l’instabilità genera cicli<br />
di espansione e recessione che non sono patologie<br />
inattese dell’economia, come vorrebbero<br />
alcune interpretazioni mainstream, bensì caratteristiche<br />
strutturali del funzionamento dei<br />
Emettere moneta, nella Mmt, è come assegnare punti<br />
ad ogni goal. L’arbitro non può rimanere “a corto di”<br />
punti; i governi non possono restare a corto di moneta<br />
mercati. L’unica possibilità per neutralizzarne<br />
gli effetti è, secondo Minsky, la presenza di una<br />
banca centrale e di un settore pubblico che agiscano<br />
da prestatore e datore di lavoro di ultima<br />
istanza. Alla faccia dell’ossessione per il debito<br />
pubblico, insomma, non è quello il problema,<br />
anzi: un altro post-keynesiano britannico,<br />
Wynne Godley, attraverso una semplice identità<br />
contabile, mostrava come il saldo del settore<br />
privato di un Paese, ovvero la differenza fra<br />
quanto lavoratori e imprese nazionali spendono<br />
e quanto investono, può essere positivo solo<br />
se al contempo esiste un disavanzo dello Stato,<br />
un surplus commerciale nei confronti dell’estero,<br />
o entrambi. Perciò, se esiste un vincolo alla<br />
crescita del disavanzo, l’unica possibilità per<br />
evitare che cittadini e imprese di un Paese si indebitino<br />
nel loro complesso è realizzare surplus<br />
commerciali (ovvero esportare più di quanto si<br />
importa).<br />
Si spinge oltre un altro gruppo di economisti,<br />
quello della Modern money theory (Mmt), che<br />
secondo Federico Rampini, corrispondente<br />
Usa di la Repubblica, «è ben più radicale del<br />
pensiero “keynesiano di sinistra” al quale siamo<br />
abituati». «Il “nuovo Keynes”», spiegava Rampini<br />
nel 2012, «oggi non è un profeta isolato.<br />
Galbraith Jr. è solo il più celebre dei cognomi,<br />
ma la Mmt è una vera scuola di pensiero, ricca<br />
di cervelli e di think tank. Così come la destra<br />
reaganiana ebbe il suo pensatoio nell’Università<br />
di Chicago (dove regnava negli anni Settanta<br />
il Nobel dell’Economia Milton Friedman), oggi<br />
l’equivalente “a sinistra” sono la University of<br />
Missouri a Kansas City, il Bard College nello<br />
Stato di New York, il Roosevelt Institute di Washington».<br />
La teoria afferma che la moneta è<br />
uno strumento utilizzato dai governi per attirare<br />
risorse reali come beni, servizi e forza<br />
lavoro da utilizzare poi nelle proprie politiche<br />
pubbliche. Secondo l’economista Warren<br />
Mosler (recentemente intervistato da Left), la<br />
moneta è un monopolio pubblico che viene<br />
utilizzato da lavoratori e imprese di un Paese<br />
poiché essa è l’unico mezzo accettato dai governi<br />
in pagamento delle tasse. Emettere moneta<br />
quindi, nella Modern money theory può<br />
essere paragonato ad assegnare punti ogni<br />
volta che una squadra di calcio segna un goal:<br />
così come l’arbitro non può restare “a corto di<br />
punti”, i governi non possono restare a corto<br />
di moneta. La differenza tra la moneta spesa<br />
e quella incassata tramite la tassazione, cioè il<br />
deficit, corrisponde ai risparmi accumulati da<br />
lavoratori ed imprese. Secondo Stephanie Kelton,<br />
attualmente all’interno della Commissione<br />
Bilanci del Senato Usa, ciò significa che non<br />
sono le tasse a fornire il finanziamento iniziale<br />
della spesa pubblica: esse anzi “distruggono”<br />
la ricchezza finanziaria precedentemente<br />
immessa dai governi sotto forma di spesa<br />
pubblica. Perciò, secondo uno dei maggiori<br />
26 18 luglio 2015
CINQUE LIBRI PER DIVENTARE<br />
<strong>KEYNES</strong>IANI. ALMENO UN PO’<br />
precursori della Mmt, l’economista Abba Lerner,<br />
i governi dovrebbero avere come obiettivi<br />
principali la piena occupazione e la stabilità<br />
dei prezzi, e non certo quello di preoccuparsi<br />
del rapporto tra deficit e Pil.<br />
Ecco però l’obiezione storicamente più diffusa<br />
all’utilizzo di politiche fiscali in disavanzo: l’inflazione,<br />
la stessa che è sottostante al divieto di<br />
finanziamento monetario dei deficit pubblici<br />
da parte della Bce. Anche qui gli eredi di Keynes,<br />
soprattutto gli italiani come Piero Sraffa, Paolo<br />
Sylos Labini, Luigi Pasinetti, e Pierangelo Garegnani,<br />
hanno mostrato che la realtà è più complessa<br />
di quanto appaia. Attraverso i loro studi è<br />
possibile comprendere come l’andamento dei<br />
prezzi non rifletta necessariamente la quantità<br />
di moneta presente nell’economia. Ne è prova il<br />
fatto che a fronte delle massicce immissioni di<br />
moneta, il tasso di inflazione nell’Eurozona sia<br />
pari allo 0,2 per cento e non abbia mai superato<br />
il 4 per cento negli Stati Uniti dal 2009 al 2015,<br />
quando essi - riuscendo loro sì a rianimare l’economia<br />
- hanno realizzato ampi deficit pubblici<br />
oltre che operazioni di politica monetaria<br />
come il quantitative easing.<br />
Ma se è così facile, tutto così semplice, perché<br />
queste teorie non vengono prese in considerazione?<br />
Ecco che entriamo nel campo della<br />
politica (ben consapevoli che la “tecnica”<br />
non esiste, come l’esperienza del governo di<br />
Mario Monti insegna). In un famoso articolo<br />
del 1943, l’economista Michal Kalecki (uno<br />
dei primi interpreti della sintesi fra il pensiero<br />
marxiano e quello keynesiano) spiegava<br />
come un’economia in stato di piena occupazione<br />
potrebbe ridurre il grado di controllo sul<br />
lavoratore e la distribuzione dei diritti sociali,<br />
sebbene determini una crescita generale dei<br />
consumi e degli investimenti. E persino gli<br />
economisti Carl Shapiro e Joseph Stiglitz - assai<br />
meno “eretici” di Kalecki - affermavano, nel<br />
1984, come l’esistenza della disoccupazione<br />
permettesse alle imprese di “disciplinare” i lavoratori,<br />
inducendo coloro che sono all’interno<br />
della forza lavoro ad accettare le condizioni<br />
vigenti al fine di non essere “puniti” attraverso<br />
il licenziamento.<br />
Sarà per questo che il “keynesismo” in tutte le<br />
sue sfaccettature è stato vituperato dalle classi<br />
dirigenti meno inclini al progressismo?<br />
<strong>MA</strong>RX & <strong>KEYNES</strong>. UN RO<strong>MA</strong>NZO<br />
ECONOMICO - PIERANGELO DACRE<strong>MA</strong><br />
Marx e Keynes vengono richiamati<br />
in vita e fatti incontrare. È un<br />
romanzo, ma anche un manifesto.<br />
Dal loro sodalizio si svilupperà un<br />
pensiero capace di cambiare il<br />
mondo.<br />
COMBATTERE LA POVERTÀ. LAVORO<br />
NON ASSISTENZA - HY<strong>MA</strong>N MINSKY<br />
Una raccolta di scritti che delineano<br />
e argomentano la tesi secondo<br />
cui la povertà vada combattuta<br />
creando direttamente lavoro e non<br />
con politiche di assistenza, meri<br />
sussidi o riduzione di imposte.<br />
LA MONETA - ANDREA TERZI<br />
L’economista spiega in maniera<br />
accessibile il funzionamento del<br />
sistema monetario, del processo<br />
di creazione della moneta e delle<br />
ipotesi più attendibili in merito<br />
alla sua origine.<br />
<strong>KEYNES</strong> E I <strong>KEYNES</strong>IANI DI<br />
CAMBRIDGE - LUIGI PASINETTI<br />
La tesi di questo saggio è che la<br />
“rivoluzione” alla quale Keynes, e<br />
i “keynesiani”, in senso lato, hanno<br />
nel loro insieme mirato è rimasta<br />
incompiuta, e che sia ancora possibile<br />
conseguirla.<br />
L’AUSTERITÀ È DI DESTRA - EMILIANO<br />
BRANCACCIO E <strong>MA</strong>RCO PASSARELLA<br />
Il mantra del taglio della spesa<br />
pubblica è sempre più difficile da<br />
sostenere, ma è sempre lì, in cima<br />
ai desideri della troika. Perché<br />
l’austerità non è una scelta obbligata,<br />
ma politica. Conservatrice.<br />
18 luglio 2015<br />
27
STORIA DI COPERTINA<br />
LA SINISTRA EUROPEA<br />
ABBANDONERÀ LA TERZA VIA?<br />
Lo Stato non è un «buon padre di famiglia» né un’azienda. Lo Stato deve spendere,<br />
perché aumentare le tutele fa girare l’economia. Parla James Galbraith,<br />
il più gufo degli economisti, consigliere di Obama e intimo di Varoufakis<br />
di Stefano Santachiara<br />
James Galbraith è il “gufo del deficit”<br />
per antonomasia. Come il padre John<br />
Kenneth, gran consigliere di Roosevelt<br />
e di J.F. Kennedy, è fonte inesauribile<br />
di proposte di stampo keynesiano. Da<br />
Yanis Varoufakis all’amministrazione<br />
Obama, le scelte cruciali passano per<br />
l’illustre docente di Public Policy dell’università<br />
del Texas. Ma è uomo da dietro<br />
le quinte, Galbraith, e bada alla sostanza,<br />
quella che spaventa il mainstream<br />
e affascina il mondo della sinistra.<br />
Nell’intervista concessa in esclusiva a<br />
Left non usa mezzi termini per descrivere<br />
i disastri della Troika<br />
che rifiuta di «riconoscere<br />
i fallimenti precedenti»<br />
e cerca di «distruggere<br />
il governo greco eletto».<br />
A suo avviso anche un<br />
accordo migliorativo sul<br />
debito non basta, per la crescita economica<br />
e sociale è necessario costruire<br />
un’Unione che non sia solo monetaria.<br />
C’è tutta la sua teoria economica, nel<br />
ragionamento. Per Galbraith, infatti,<br />
occorre rovesciare il dogma neoliberale<br />
che considera lo Stato come una<br />
famiglia o un’azienda, perché il deficit<br />
di bilancio consente di realizzare «investimenti<br />
pubblici di capitale sia a breve<br />
che a lungo termine». E ancora: «Incrementare<br />
le tutele è una maniera semplice,<br />
diretta, progressiva ed efficiente per<br />
prevenire la povertà e sostenere il potere<br />
d’acquisto di questa popolazione così<br />
vulnerabile». Manca solo, dunque, di<br />
convincere i socialdemocratici. Misura<br />
le parole ma considera possibile, per la<br />
sinistra, l’emancipazione dalla Terza via:<br />
«Sta già accadendo, in Spagna e in Irlanda».<br />
Ma non gioite troppo presto: «Non<br />
accadrà in Italia», aggiunge, «a meno<br />
che il Pd non trovi coraggio e si faccia<br />
portatore di una visione differente»<br />
Il governo Tsipras stretto all’angolo<br />
I mezzi di comunicazione riflettono gli<br />
interessi dei loro proprietari che hanno<br />
davvero poco in comune con quelli dei<br />
loro spettatori. Ecco perché le teorie<br />
post keynesiane non trovano spazio<br />
dalla Troika. Chi sono i maggiori responsabili<br />
di questa situazione?<br />
La responsabilità principale è di coloro<br />
che hanno progettato un sistema economico<br />
così disfunzionale, di quelli che<br />
hanno voluto il disastroso salvataggio<br />
bancario del 2010 e della leadership<br />
europea attuale - inclusa la presidente<br />
del Fondo Monetario, Christine Lagarde<br />
- che hanno rifiutato di riconoscere<br />
i fallimenti precedenti.<br />
Le vostre teorie post keynesiane<br />
spiegavano gli effetti recessivi<br />
dell’austerity. Perché sono state così<br />
combattute, mai prese in considerazione?<br />
Nella maggior parte dei casi, i mezzi<br />
di comunicazione mainstream riflettono<br />
gli interessi finanziari dei loro<br />
proprietari, che hanno davvero poco<br />
in comune con quelli dei loro spettatori<br />
o lettori, ecco perché.<br />
Quali? Perché il capitalismo finanziario<br />
teme tanto le vostre proposte?<br />
Pensavo, ad esempio, al signor Murdoch.<br />
Il fatto che abbia una preferenza<br />
per governi che facilitano il suo<br />
business e che si opponga a governi<br />
che invece sostengono gli interessi di<br />
una più ampia fascia della popolazione<br />
è una sorpresa? Spero di no.<br />
L’amministrazione Obama, dopo la<br />
crisi del 2008, ha aumentato il disavanzo<br />
pubblico fino al 10 per cento<br />
del Pil per rispondere ai bisogni sociali.<br />
Lei l’ha influenzata?<br />
Non ho avuto alcuna influenza<br />
sull’amministrazione Obama, al di là<br />
di alcune forme di supporto tecnico a<br />
una forte manovra per la ripresa nel<br />
2009 (il piano da 787 miliardi investiti<br />
in sanità, welfare, infrastrutture e riduzione<br />
delle tasse sul lavoro, nda).<br />
28 18 luglio 2015
© Claudio Peri/Ansa/Epa<br />
Le parole chiave<br />
Deficit<br />
L’incubo dell’Eurozona che nei<br />
patti di stabilità ha fissato vincoli<br />
inflessibili: il rapporto tra disavanzo<br />
di bilancio e Prodotto interno<br />
lordo non può superare il<br />
3%, quello tra debito pubblico e<br />
Pil il 60%.<br />
Investimenti<br />
Il piano dell’amministrazione<br />
Obama del 2009, a cui ha collaborato<br />
James Galbraith, ha sviluppato<br />
una spesa pubblica di<br />
787 miliardi di dollari innalzando<br />
il deficit oltre il 10% rispetto<br />
al Pil.<br />
Tutele<br />
I settori di intervento sono stati le<br />
infrastrutture, l’efficienza energica,<br />
la sanità, l’istruzione, i sussidi<br />
per la disoccupazione, la detassazione<br />
per imprese e lavoratori.<br />
Nell’ottica keynesiana, l’aumento<br />
di tutele sociali, oltre a constastare<br />
le disuguaglianze, innesca<br />
un aumento di consumi e di produzioni<br />
che innescano un circolo<br />
virtuoso sui livelli occupazionali<br />
e sulle entrate erariali.<br />
Quali sarebbero le conseguenze per<br />
Grecia ed Eurozona, in caso di Grexit?<br />
Il problema di fare default dentro<br />
l’Eurozona è che la Bce controlla le<br />
banche, e può chiuderle, come sta già<br />
facendo. Presumibilmente, lo scopo è<br />
quello di distruggere il governo eletto,<br />
sostituendolo con un nuovo governo<br />
che obbedirà agli ordini e non opporrà<br />
resistenza. È un approccio molto miope<br />
che finirà per distruggere la credibilità<br />
e la legittimità della Bce, se non<br />
lo ha già fatto.<br />
Una politica di tassazione progressiva<br />
e di investimenti pubblici,<br />
senza scomodare il socialismo,<br />
ha funzionato bene negli Usa, da<br />
Roosevelt alla fine degli anni Sessanta<br />
Nel 1993 quando lasciò lo Sme, l’Italia<br />
per ridare ossigeno all’export, privatizzò<br />
e svalutò il lavoro. È possibile<br />
un’uscita dall’euro attuando policy di<br />
sinistra contro le disuguaglianze?<br />
Come la non-dichiarazione di Zhou<br />
En-Lai (importante dirigente del Partito<br />
comunista cinese, fu capo di governo<br />
della Repubblica popolare cinese<br />
dal 1949 al 1976) sugli effetti della<br />
Rivoluzione francese: «È troppo presto<br />
per dirlo».<br />
Nella trattativa pesa anche l’ipotesi<br />
che la Grecia finisca nell’orbita della<br />
Russia. Quale ruolo giocano gli Usa?<br />
I russi sono troppo furbi per dare sponda<br />
a questa sorta di provocazioni infantili,<br />
e i greci sono troppo intelligenti per<br />
pensare altrimenti.<br />
Solo ora i media parlano di tradimento<br />
del progetto originario di Unione<br />
politica europea. Per una moneta<br />
come l’euro è necessario un sistema<br />
di trasferimenti fiscali tra Stati per riequilibrare<br />
le bilance dei pagamenti?<br />
I trasferimenti fiscali sarebbero più utili<br />
se destinati agli individui piuttosto che<br />
agli Stati. Ad esempio: un fondo comune<br />
per i sussidi di disoccupazione,<br />
un’unione dei fondi di previdenza, ed<br />
altre forme di sostegno al reddito e di<br />
protezione sociale.<br />
Complementarietà fra socialismo e<br />
keynesismo. Quali risultati potrebbe<br />
dare l’abbinamento di politiche redistributive,<br />
facendo leva su una forte<br />
tassazione progressiva, e piani strategici<br />
di investimenti pubblici?<br />
Il keynesismo non ha bisogno del socialismo,<br />
e il socialismo non ha bisogno<br />
del keynesismo. Detto ciò, una politica<br />
di tassazione progressiva e di investimenti<br />
pubblici, che non<br />
è stata né socialista né<br />
keynesiana, ma ha combinato<br />
alcuni elementi di<br />
entrambe le politiche con<br />
un sistema di imprese<br />
capitalistiche e garanzia<br />
dei diritti dei lavoratori, ha funzionato<br />
molto bene negli Stati Uniti a partire dal<br />
New Deal di Franklin Delano Roosevelt<br />
fino alla fine degli anni Sessanta. E in<br />
Europa durante i “gloriosi Trenta”.<br />
La sinistra europea abbandonerà la<br />
terza via neoliberale?<br />
Sta già accadendo, in Spagna e in Irlanda.<br />
Non accadrà in Italia a meno che il<br />
partito dominante, il Pd, non trovi coraggio<br />
e si faccia portatore di una visione<br />
differente.<br />
18 luglio 2015<br />
29
STORIA DI COPERTINA<br />
USA 1933,<br />
RITORNO A ROOSEVELT<br />
Costruire strade, dighe, bonificare i boschi. Dare<br />
potere ai sindacati e alzare i salari. Ecco come è<br />
andata quando gli Usa hanno dato retta a Keynes<br />
di Guido Iodice<br />
La prima applicazione delle teorie<br />
keynesiane fu senz’altro il New Deal,<br />
nel 1933, del presidente degli Stati<br />
Uniti Franklin Delano Roosevelt,<br />
in risposta alla crisi economico-finanziaria<br />
iniziata nel 1929. Si discute<br />
molto sull’influenza reale (pare<br />
modesta) che Keynes ebbe direttamente<br />
su Roosevelt. Ma quelle idee,<br />
che poi Keynes mise in ordine nella<br />
sua Teoria generale del<br />
1936, circolavano già da<br />
tempo, e senza dubbio<br />
influenzarono gli economisti<br />
del circolo rooseveltiano.<br />
Per capire la<br />
disperazione di quegli<br />
anni occorre richiamare qualche numero.<br />
Tra il 1929 e il 1933 il Prodotto<br />
interno lordo americano era crollato<br />
da 104 miliardi di dollari a 74 miliardi.<br />
Oltre 13 milioni di persone erano<br />
rimaste senza lavoro. La disoccupazione<br />
aveva raggiunto mediamente<br />
il 25 per cento della forza lavoro, ma<br />
in alcune città i dati erano ancor più<br />
drammatici: Chicago segnava il 40<br />
per cento, Detroit il 50. Centri più piccoli<br />
come Toledo nell’Ohio e Lowell<br />
nel Massachussets avevano toccato<br />
rispettivamente le incredibili percentuali<br />
dell’80 e del 90 per cento. Le<br />
file alle mense per i poveri divennero<br />
l’emblema di quell’epoca.<br />
Poi arrivò Roosevelt. Il New Deal fu<br />
orchestrato da un gruppo di economisti<br />
presi sia dall’accademia che<br />
dall’industria, soprannominati brain<br />
trust. Il programma fu messo in atto<br />
immediatamente, con tappe scadenzate<br />
nei primi cento giorni. Il primo<br />
passo fu mettere ordine nelle banche<br />
Roosevelt, appoggiato dai sindacati<br />
e odiato dalla borghesia conservatrice<br />
che lo definiva “comunista”, istituì il<br />
salario minimo e le pensioni pubbliche.<br />
Superò persino le aspettative di Keynes<br />
e stabilire una garanzia governativa<br />
per i depositi. Sempre sul fronte<br />
bancario, l’approvazione del noto<br />
Glass-Steagal act permise di separare<br />
le attività speculative dalla raccolta<br />
di risparmio. Sul fronte del lavoro<br />
si può parlare davvero di una guerra<br />
alla disoccupazione. Il governo istituì<br />
vari enti per creare lavori pubblici,<br />
uno dei quali, il Civilian conservation<br />
corps, era inteso come un grande<br />
esercito - che arrivò a più di mezzo<br />
milione di lavoratori - per la conservazione<br />
della natura e la valorizzazione<br />
delle terre di proprietà del gover-<br />
no. L’America in pochi anni cambiò<br />
volto. Furono costruite strade, punti,<br />
dighe, linee elettriche ancora oggi in<br />
uso e furono messe in sicurezza le<br />
foreste per prevenire inondazioni. La<br />
disoccupazione si abbassò di dieci<br />
punti fino al 1937 e non solo grazie<br />
all’aumento dei posti di lavoro creati<br />
dal governo, ma anche all’effetto<br />
moltiplicativo che riportò al lavoro<br />
milioni di americani nelle industrie<br />
private. Ma il riformismo rooseveltiano<br />
superò quello immaginato dallo<br />
stesso Keynes. Roosevelt, appoggiato<br />
dai sindacati ed odiato dalla borghesia<br />
conservatrice che lo definiva senza<br />
mezzi termini «comunista», istituì<br />
il salario minimo e le pensioni pubbliche,<br />
e inoltre stabilì che i datori<br />
di lavoro non potessero finanziare i<br />
sindacati, così da eliminare dalle fab-<br />
30 18 luglio 2015
detti “30 gloriosi”: quasi trenta anni<br />
di boom economico che accrebbero<br />
a ritmi vertiginosi la ricchezza in Occidente.<br />
Molti furono gli ingredienti<br />
di questo miracolo. Già dagli anni<br />
Trenta la legge bancaria americana fu<br />
imitata da altri Paesi. Sul lato monetario<br />
e finanziario, gli accordi di Bretton<br />
Woods misero ordine nel mercato<br />
delle valute e dei capitali, riuscendo a<br />
combinare il cambio fisso con la stabilità<br />
finanziaria (una lezione che gli<br />
architetti dell’eurozona non hanno<br />
voluto applicare). In effetti il trentennio<br />
keynesiano è stato il più lungo<br />
periodo privo di crisi finanziarie<br />
nella storia del capitalismo. Un largo<br />
welfare state e la forte progressività<br />
dell’imposizione fiscale offrivano<br />
potenti “riequilibratori automatici”<br />
per ammorbidire il ciclo economico.<br />
I salari reali (cioè il potere d’acquisto<br />
dei lavoratori) crescevano allo stesso<br />
ritmo della produttività, regalando<br />
al sistema economico l’equilibrio tra<br />
domanda e potenziale produttivo basato<br />
sui redditi e non sul debito privato,<br />
come è invece accaduto negli anni<br />
Novanta e 2000.<br />
briche i cosiddetti “sindacati gialli”.<br />
In questo modo i salari cominciarono<br />
ad aumentare, combattendo la deflazione<br />
che aveva caratterizzato i primi<br />
anni della crisi.<br />
Nel suo secondo mandato, Roosevelt<br />
tirò il freno e l’economia tornò<br />
in crisi. Siamo nel 1938. Ma ormai la<br />
guerra era lì ad un passo. Nel 1939 i<br />
preparativi per armare il Paese contro<br />
Hitler portarono nuovamente il Pil<br />
a crescere. Keynes, dalla Gran Bretagna,<br />
in un messaggio diffuso dalla<br />
Bbc sosteneva che «il bene può venire<br />
dal male. Se riusciremo a sconfiggere<br />
la disoccupazione per lo spreco degli<br />
armamenti, riusciremo a farlo anche<br />
per gli scopi produttivi della pace».<br />
E davvero così fu. Dopo la seconda<br />
guerra mondiale iniziarono i cosid-<br />
Il trentennio keynesiano è stato il più<br />
lungo periodo privo di crisi finanziarie<br />
nella storia del capitalismo. Un largo<br />
welfare e la forte progressività fiscale<br />
ammorbidiscono il ciclo economico<br />
Il sogno si infranse negli anni Settanta,<br />
dopo che il presidente americano Nixon<br />
lasciò che Bretton Woods saltasse<br />
in aria. Poco dopo la crisi petrolifera<br />
innescò la spirale prezzi-salari che<br />
portò all’inflazione a due cifre, difficile<br />
da controllare con sindacati forti.<br />
Furono le politiche monetarie restrittive,<br />
ispirate dal neo-monetarismo di<br />
Milto Friedman, a fermare l’inflazione,<br />
al prezzo di nuove crisi e instabilità<br />
nei decenni successivi. Negli anni<br />
Novanta si incominciano<br />
a smantellare anche<br />
gli istituti rooseveltiani:<br />
il settore bancario viene<br />
liberalizzato e così i<br />
movimenti di capitali. E<br />
a farlo è la sinistra dell’«Ulivo<br />
mondiale» (ricordate? Prodi,<br />
Clinton, Blair...), che negli Usa è rappresentata<br />
da Clinton e in Europa da<br />
molti degli architetti dell’euro. Le bolle<br />
finanziarie e il debito privato diventano<br />
il traino della instabile crescita<br />
che condurrà, nel 2008, alla più acuta<br />
crisi dopo quella del 1929. A portarci<br />
qui è stato proprio l’aver dimenticato<br />
la doppia lezione di Keynes, cioè che il<br />
capitalismo è un sistema potente ma<br />
instabile, e che esso non è in grado,<br />
da solo, di assicurare la piena occupazione<br />
e l’equa distribuzione della ricchezza<br />
e dei redditi.<br />
18 luglio 2015<br />
31
Vi spiego a cosa<br />
servono i 5 stelle<br />
Dall’antimafia che «è solo apparenza», a Roma che deve tornare alle elezioni<br />
«per liberarsi di Carminati», fino a Tsipras «che non va lasciato solo».<br />
Parla la deputata Giulia Sarti, voce critica del Movimento<br />
di Ilaria Giupponi<br />
«S<br />
ono 15 kg di dinamite», così la<br />
presentava Grillo dal palco, e<br />
mai descrizione del comico fu<br />
più azzeccata. Piccola, solare,<br />
spiccatamente riminese nei<br />
modi e nell’accento, ma con una grinta esplosiva.<br />
Non le parlate di ingiustizia, a Giulia Sarti,<br />
combattiva deputata del Movimento 5 stelle: 29<br />
anni, una laurea in Legge, è membro delle commissioni<br />
Giustizia e Antimafia, e naturalmente<br />
del movimento Agende Rosse. Left l’ha intervistata<br />
alla vigilia di un appuntamento importante.<br />
Il 19 luglio saranno 23 anni dall’uccisione del<br />
magistrato Paolo Borsellino. Qual è l’antimafia<br />
delle istituzioni vista dai 5 Stelle?<br />
Intende quella attuale o quella che dovrebbe<br />
essere e che non esiste? In questi due anni ho<br />
visto solo le eterne contraddizioni. Sono in una<br />
Commissione in cui alcuni membri potrebbero<br />
evitare di esserci, proprio per ciò che rappresentano.<br />
Prenda la collega del Pd, onorevole<br />
Enza Bruno Bossio (vedi box, nda): proprio<br />
lei si è permessa di depositare una proposta di<br />
legge per ribaltare tutto l’impianto che era stato<br />
messo in piedi dopo le stragi del 1992. Oggi i<br />
detenuti all’ergastolo e al 41bis se vogliono ottenere<br />
benefici penitenziari devono collaborare<br />
con la giustizia. La proposta del Pd prevede<br />
di darne anche a chi non lo fa. In questo modo<br />
il boss mafioso di turno può beneficiare di<br />
trattamenti di favore anche senza collaborare.<br />
È l’annullamento di quello che erano riusciti<br />
ad attuare, pur dopo la loro morte, Falcone e<br />
Borsellino, ovvero dare la possibilità allo Stato<br />
di conoscere tutti i gangli della criminalità<br />
grazie ai pentiti: con questa legge verrebbe<br />
a distruggersi. Questo è il Pd oggi. Un partito<br />
dell’antimafia dell’apparenza, piuttosto che<br />
dell’antimafia vera. È un’antimafia delle contraddizioni,<br />
quella che vedo oggi.<br />
Dall’avvio del processo sulla presunta trattativa<br />
Stato-mafia (2013) ci siamo dotati degli<br />
strumenti adatti? Di Matteo è più sicuro di<br />
quanto non lo fossero Falcone e Borsellino?<br />
Di Matteo è al sicuro dal punto di vista della<br />
protezione fisica, forse. Non da quello istituzionale.<br />
La nuova tecnica mafiosa non è più distruggere<br />
una persona mettendola in pericolo<br />
di vita: oggi, il modo per far fuori un magistrato<br />
passa dall’isolamento, dalla non considerazione.<br />
Ed è molto più pesante se un magistrato<br />
che per vent’anni ha combattuto contro la<br />
criminalità organizzata e contro i nodi perico-<br />
32 18 luglio 2015
losissimi tra mafia, politica e istituzioni, non<br />
può continuare a svolgere il suo ruolo perché<br />
viene rifiutata dal Csm la sua candidatura alla<br />
Procura nazionale antimafia. Se viene nominato<br />
quando si tratta di dargli la cittadinanza<br />
onoraria ma poi, quando si tratta di ascoltarlo<br />
per dotare la magistratura di strumenti efficaci<br />
per combattere la collusione Stato-mafia,<br />
i suoi consigli non sono bene accetti. Si è visto<br />
con l’approvazione della legge sul voto di<br />
scambio, non sta servendo a niente visto come<br />
è concepita e scritta male. E lo vediamo anche<br />
noi con i “pannicelli” caldi come la legge Anticorruzione<br />
approvata da poco. Tutte le volte<br />
in cui i magistrati come Di Matteo provano ad<br />
avanzare proposte, restano inascoltati. Come<br />
se non bastasse, il suo incarico alla Dda è terminato.<br />
Questa è una stortura immensa del nostro<br />
ordinamento: lo spreco di un patrimonio<br />
immenso come Di Matteo. Ora c’è un ricorso,<br />
vedremo come andrà a finire, ma secondo me<br />
c’è da riflettere sull’isolamento che si è creato<br />
intorno alla sua figura.<br />
A proposito di mafia, dopo quella Capitale,<br />
cosa dovrebbe fare Marino?<br />
Il M5s l’ha detto molte volte: Marino si sarebbe<br />
dovuto dimettere il giorno successivo alle ordinanze<br />
di custodia cautelare. Anzi, in realtà ben<br />
prima. Marino - non certo per contiguità con il<br />
sistema Buzzi-Carminati, ma per incapacità -<br />
non riesce ad assicurare una pulizia di tutta la<br />
corruzione che ha dilagato. Non è sostituendo<br />
qualche dirigente o commissariando qualche<br />
municipio che si può risolvere la situazione<br />
romana. Buzzi e Carminati continuavano ad<br />
avere rapporti indisturbati anche in quest’anno<br />
Di Matteo è sicuro dal punto di vista fisico<br />
forse, non da quello istituzionale. Il modo per<br />
far fuori un magistrato oggi è l’isolamento<br />
e mezzo. Chissà, magari stanno continuando a<br />
esistere tutt’ora contratti, appalti, rapporti in<br />
essere che noi ancora non conosciamo. Di fronte<br />
a una situazione come questa come minimo<br />
si dovrebbe andare a elezioni. Si mette un punto,<br />
si azzera tutto quello che c’è, e si riparte con<br />
elezioni finalmente dalla parte dei cittadini.<br />
Chi vedrebbe al governo di Roma?<br />
Noi vorremmo un’amministrazione che fosse<br />
un punto di svolta rispetto a quello che è stato<br />
fatto fino a oggi. Roma ha bisogno di essere<br />
18 luglio 2015<br />
33
ipensata con altri criteri rispetto a quelli con<br />
cui è stata amministrata finora, né quelli di<br />
Alemanno, né quelli della giunta Marino. Con<br />
la parola d’ordine trasparenza. Con i criteri<br />
del Movimento 5 stelle. Poi la scelta di chi dovrà<br />
essere il nostro candidato ci riserviamo di<br />
attendere il momento in cui queste elezioni ci<br />
saranno. Però noi siamo pronti.<br />
Qualcuno aveva lanciato l’ipotesi Di Battista…<br />
Sì, ed è già tornata al mittente. Noi abbiamo<br />
questa regola di coerenza: chi ha un incarico lo<br />
porta a termine. Non ci si dimette da un incarico<br />
da parlamentare per fare il candidato sindaco,<br />
pur in una città come Roma. Di Battista<br />
continuerà a fare il parlamentare.<br />
Anche se lo chiede la rete?<br />
Anche se lo chiede la rete, perché questa è una<br />
regola che ci siamo dati e la portiamo avanti.<br />
Cosa ne pensa della proposta di Emiliano di<br />
concedere l’assessorato all’Ambiente al M5s?<br />
Non è un assessorato nella Regione Puglia che<br />
ci cambia: la stessa cosa l’avremmo potuta fare<br />
quando Marino ci offriva qualche assessorato<br />
a Roma. Dove saremmo oggi? Noi vogliamo<br />
entrare all’interno di un’amministrazione - regionale,<br />
comunale o nazionale - con il mandato<br />
dei cittadini e non con proposte lanciate<br />
da una giunta diversa. Se la giunta di Emiliano<br />
sarà in grado di portare in consiglio proposte<br />
del M5s, il nostro appoggio l’avrà. Ma prestarci<br />
noi come Movimento, a dare forza a una giunta<br />
Pd, questo assolutamente non è nelle nostre<br />
corde. Oltretutto, avere degli assessori porta<br />
anche a dover stare in qualche modo ai patti di<br />
una giunta. Nel momento in cui bisogna approvare<br />
qualcosa che al Movimento non sta bene,<br />
cosa si fa? Si fa cadere il Consiglio regionale?<br />
Noi non ci alleiamo e ne abbiamo ben donde<br />
IL CASO<br />
L’esponente calabrese nonché membro influente del Pd,<br />
Enza Bruno Bossio, si è trovata al centro di uno scandalo per<br />
il presunto finanziamento ricevuto da due società nel mirino<br />
della Dia di Catanzaro. Mentre il marito, Nicola Adamo, ex<br />
vicepresidente della Regione, ha ricevuto il divieto di dimora<br />
in Calabria, dopo l’inchiesta sulle spese pazze. Il caso è<br />
stato denunciato dal Corriere di Calabria e il M5s ha richiesto<br />
al Presidente Rosy Bindi, l’espulsione della Bossio dalla<br />
commissione Antimafia.<br />
mi sembra. Se poi è talmente tanto vicino alle<br />
nostre proposte, poteva evitare di candidarsi e<br />
noi avremo preso volentieri i voti al suo posto.<br />
Ogni tanto ci riprovano, insomma?<br />
Sì, e la risposta è sempre la stessa. Almeno in<br />
questo, vedo tanta coerenza…(ride)<br />
Sempre più membri del Pd ne stanno uscendo<br />
a causa di politiche e atteggiamenti che<br />
con la sinistra hanno poco a che fare…<br />
C’entrano molto poco, basti pensare alla scuola.<br />
Lamentano la mancanza di democrazia interna<br />
e non hanno votato la fiducia a provvedimenti<br />
fondamentali del governo perché<br />
lontanissimi da ciò di cui hanno bisogno le<br />
persone. Sembrerebbero quasi “grillini”. Ritiene<br />
credibile un’interlocuzione a sinistra<br />
con i “depiddizzati”?<br />
No. Non la ritengo utile, perché li vedo ancora<br />
“diversi” da ciò che siamo noi. Apprezzo il fatto<br />
che abbiano tenuto fede a quello che hanno<br />
detto per moltissimo tempo, cioè di non riconoscersi<br />
più in un partito che non ha più nulla<br />
di sinistra, e che forse non l’ha mai avuto. Al di<br />
là di questo, non vedo possibile una convergenza.<br />
Ma ben venga che sempre più persone<br />
si rendano conto, all’interno del Pd, che è un<br />
partito che non rappresenta più quello in cui<br />
credevano. Vedo tanta ipocrisia nel Pd: deputati<br />
e senatori che difendono l’indifendibile<br />
ormai. Chi vuole riconoscersi in un partito di<br />
sinistra, in Italia… non ne trovo più nessuno in<br />
grado di soddisfare questa esigenza. Dunque<br />
se vogliono percorrere una strada diversa, in<br />
bocca al lupo. Noi siamo un’altra cosa.<br />
Lei si ritiene di sinistra?<br />
Non so: me l’hanno fatta molte volte questa<br />
domanda. Politicamente sono nata dentro il<br />
Movimento, parlare di sinistra e destra oggi<br />
sarebbe bello, ma è una cosa che vedo molto<br />
inattuale. Siamo in un momento di crisi in<br />
cui basterebbe ristabilire i valori base di una<br />
comunità per riuscire ad avere un Paese civile<br />
normale. È proprio questo che manca: siamo<br />
in carenza di valori base. Dal non rubare al rispetto<br />
del prossimo, al non dire bugie. Siamo in<br />
una situazione in cui la nostra presenza serve<br />
più che altro a ristabilire i valori base. Poi ovvio<br />
che sui temi, il mio essere più legata a valori<br />
di sinistra anche a causa del territorio da cui<br />
provengo si fa sentire. Ma di questi fa parte la<br />
34 18 luglio 2015
Emiliano ci vuole in giunta? Non è nelle<br />
nostre corde dare forza al Pd. Noi vogliamo<br />
amministrare ma con una giunta tutta nostra<br />
voglia di confrontarmi con chi la pensa in maniera<br />
diversa da me proprio per poi trovare un<br />
punto di sintesi. Non mi piacciono gli estremismi,<br />
né da una parte né dall’altra. Mi piace<br />
capire che errori sono stati fatti e trovare soluzioni<br />
nella via di mezzo.<br />
Però ci sono “valori di base” abbastanza indiscutibili,<br />
come l’accoglienza. Una delle anime<br />
del M5s spinge dall’altra parte. Lei si oppose<br />
all’alleanza con Farage...<br />
Certo. Però devo riconoscere che quell’accordo<br />
ha dato ai nostri 17 parlamentari europei la<br />
possibilità di avere voce all’interno del Parlamento.<br />
Mi sarebbe piaciuto che si fossero fatte<br />
delle scelte diverse, ed era per me essenziale<br />
criticare e aprire un dibattito. È vero però anche<br />
che non ho visto quella scelta condizionare<br />
i nostri parlamentari europei. Che hanno tenuto<br />
ben distinti i nostri valori da quelli dell’Ukip.<br />
La mia paura era proprio quella di veder snaturare<br />
i valori base, e questo non è successo.<br />
Sempre sulla scia delle contraddizioni, l’ambiente<br />
è una delle vostre 5 stelle. Sabato scorso<br />
una bella e partecipata manifestazione ha<br />
riempito le strade della Parma di Pizzarotti.<br />
Eravate tutti in piazza tranne Grillo e direttorio.<br />
Come mai?<br />
Mah… non c’è bisogno che un Grillo o un cosiddetto<br />
“direttorio” partecipino alle manifestazioni<br />
che vengono fatte continuamente sui<br />
territori. A Parma però, certo, bisognava dare<br />
un segnale di vicinanza. Io mi sono sentita di<br />
darlo molto volentieri perché è la prima città<br />
con così tanti abitanti che riceve un premio e<br />
che arriva al 70 per cento della raccolta differenziata.<br />
È un esempio virtuoso in Italia e dovrebbe<br />
essere tenuta con un occhio di riguardo.<br />
A maggior ragione per le difficoltà con cui<br />
è partita, con 850mila euro di debiti lasciati in<br />
eredità dalla giunta di centrodestra. Oggi Parma<br />
non è tenuta in considerazione come si<br />
dovrebbe. E allora sta nei singoli valorizzare<br />
questo esempio. Spero che i miei colleghi capiscano<br />
che nei momenti di bisogno si devono<br />
mettere da parte certi contrasti. Io sono di questo<br />
avviso, poi insomma: quello che fanno gli<br />
altri non sono io a doverlo commentare.<br />
L’impressione, però, è che in questi due anni<br />
si siano formati due tipi di parlamentare 5s:<br />
quello “da scena” e quello “da piazza”, intesa<br />
come territorio. È d’accordo?<br />
Ognuno di noi può avere impegni e quant’altro,<br />
però mi piacerebbe un po’ più di partecipazione<br />
in situazioni come queste. Da parte di Grillo<br />
o del direttorio ma non solo: anche da Bologna,<br />
tranne le parlamentari, non è venuto nessuno.<br />
Sulla Grecia: si stanno riappropriando della<br />
democrazia? Possiamo dire che rappresenti<br />
un po’ la “Città ideale” del M5s?<br />
La Grecia si sta facendo valere. È l’esempio che<br />
noi come Paese dovremmo seguire per il tipo di<br />
atteggiamento e di comportamenti che Tsipras<br />
sta dimostrando di avere con questa Europa.<br />
Tutta la nostra lotta nei confronti dell’Ue e<br />
della moneta unica non è perché non sarebbe<br />
bello avere un’Europa che sia davvero una comunità,<br />
ma perché purtroppo questa Unione<br />
europea ci sta portando alla rovina con aiuti<br />
che sono andati più alle banche che non ai<br />
cittadini, e che sta cercando di imporre misure<br />
scellerate. Io mi complimento con quello che<br />
sta facendo la Grecia oggi perché tenere testa,<br />
da soli, alle imposizioni di grandi Stati come<br />
la Germania, non è facile. Ed è per questo che<br />
siamo andati ad Atene: perché la Grecia ha bisogno<br />
di vicinanza.<br />
Il M5s ha consegnato al presidente Grasso,<br />
200mila firme per chiedere un referendum<br />
per l’uscita dall’euro. Tsipras sta facendo di<br />
tutto per evitarla, perché noi dovremmo farlo?<br />
Tsipras sta facendo di tutto per dare la possibilità<br />
ai greci di contare. Di non piegarsi. Noi non<br />
siamo in una situazione in cui ci vengono imposte<br />
manovre pesanti come alla Grecia. Quello<br />
che vogliamo è un referendum consultivo, per<br />
capire come la pensano gli italiani oggi sull’euro<br />
e su questa Europa. Sarebbe fondamentale e<br />
bellissimo poterlo fare. Ci sono presupposti e<br />
idee diverse fra noi e quelle di Tsipras, ma il metodo<br />
è quello in cui ci riconosciamo: portare in<br />
Europa la voce dei cittadini. Non piegare la testa<br />
alla supremazia dei forti. Doveva essere un’Europa<br />
diversa, quella pensata tanti anni fa.<br />
18 luglio 2015<br />
35
Lotta di classe<br />
alla Buona scuola<br />
Una domenica coi comitati di tutta Italia che discutono<br />
la strategia per settembre. E sul referendum dicono<br />
a Civati: «Non si raccolgono le firme a scuole chiuse»<br />
di Donatella Coccoli<br />
Roma. Il capannello di persone,<br />
in una via Flaminia<br />
semideserta sotto il sole<br />
cocente di luglio, non passa<br />
inosservato. Fumano,<br />
discutono animatamente, si salutano<br />
come vecchi amici che si rivedono<br />
dopo un po’ di tempo. C’è il professore<br />
che viene da Pontassieve, Toscana,<br />
«ormai feudo renziano dove nelle<br />
scuole non si può parlare di stereotipi<br />
di genere», quello di Palermo «abilitato<br />
Gae e pronto alla deportazione coatta<br />
al Nord» anche se, aggiunge un vicino,<br />
«chissà se i presidi del Nord chiameranno<br />
insegnanti del Sud». «Con i<br />
bastoni combattiamo contro gli F35»,<br />
afferma serio un terzo professore, «ma<br />
il miglior bastone è il referendum».<br />
Eccola qui, la resistenza dal basso alla<br />
legge Buona scuola appena approvata.<br />
Docenti di tutta Italia, equamente<br />
divisi tra donne e uomini, stazionano<br />
davanti alla Sala bianca, minuscola<br />
sede di Rifondazione comunista dove<br />
si svolge l’assemblea nazionale dei comitati.<br />
Fuori, un po’ di relax, dentro, si<br />
affinano le armi per la mobilitazione<br />
di settembre. Perché è certo, non sono<br />
per niente rassegnati gli insegnanti<br />
accorsi dal Veneto alla Sicilia, dopo la<br />
chiamata del Comitato della Lip, la legge<br />
di iniziativa popolare. Ci sono rappresentanti<br />
di Flc, Gilda, Unicobas, ma<br />
soprattutto di movimenti spontanei:<br />
Gessetti Rotti, Illumin’Italia, No Invalsi,<br />
Comitato Proscuola pubblica Bari, Autoconvocati<br />
Campania e Roma.<br />
La piccola stanza non riesce a contenere<br />
gli oltre novanta partecipanti, e,<br />
nonostante i ventilatori, quasi non si<br />
respira. Ma quello che va in scena è<br />
un esempio di democrazia partecipativa.<br />
Il contrario di ciò che è avvenuto<br />
in Parlamento dove il ddl governativo<br />
è passato a colpi di fiducia. In questo<br />
caso, invece, un documento frutto della<br />
discussione della mattina - quando<br />
si sono visti anche i parlamentari Stefano<br />
Fassina, Alessia Petraglia, Maria<br />
Mussini, Loredana De Petris, Fabrizio<br />
Bocchino, Arturo Scotto - viene letto<br />
Notte bianca il 23 settembre,<br />
sciopero generale a ottobre<br />
e la battaglia sul Comitato<br />
di valutazione. Il referendum<br />
abrogativo? «Lo facciamo noi»<br />
e sottoposto al giudizio dell’assemblea.<br />
Ogni frase analizzata con rigore,<br />
mentre con la mano alzata si propone<br />
l’emendamento che poi viene votato.<br />
Al tavolo, Marina Boscaino, Carlo Salmaso<br />
e Bruno Moretto, gli alfieri della<br />
Lip, prendono nota. I prof correggono<br />
le parole, si contendono i minuti. Scoppiano<br />
gli applausi quando via Skype<br />
una collega propone «la disubbidienza<br />
civile dentro le scuole, il rifiuto di tutto<br />
ciò che contrasta la Costituzione».<br />
Alla fine la strategia decisa contro una<br />
legge definita «totalmente inaccettabile»<br />
è questa: «guardare con favore»<br />
all’assemblea nazionale delle Rsu in<br />
programma l’11 settembre, organizza-<br />
36 18 luglio 2015
© Ciro Fusco/Ansa<br />
re la notte bianca della scuola pubblica<br />
il 23 settembre per coinvolgere genitori<br />
e studenti, promuovere uno sciopero<br />
generale a ottobre.<br />
Ma dentro le scuole in questo anno di<br />
passaggio (la chiamata diretta dei presidi<br />
avverrà nel 2016) cosa accadrà? Si<br />
apre il dibattito: c’è chi propone di rifiutare<br />
tout court di eleggere il famigerato<br />
Comitato di valutazione per il merito,<br />
chi invece, come Riccardo Laterza<br />
della Rete della Conoscenza e Anna Fedeli,<br />
Flc Cgil, sono per “occupare” il Comitato<br />
stesso. Si concorda poi di «aprire<br />
una discussione nelle scuole sulla<br />
possibilità di rifiutarsi nei Collegi e nei<br />
Consigli di istituto di eleggere il comitato<br />
di valutazione». Così come sulla<br />
possibilità di «produrre un documento<br />
di rifiuto preventivo del Bonus-premio<br />
di merito». Sul referendum c’è omogeneità<br />
di pensiero. L’assemblea boccia<br />
la proposta di Giuseppe Civati di raccogliere<br />
le firme entro il 30 settembre,<br />
presentata da Christian Raimo, per<br />
E il presidente Mattarella<br />
firma la legge<br />
Il presidente della Repubblica Sergio<br />
Mattarella martedì 14 luglio ha<br />
firmato la riforma della scuola. In<br />
precedenza in molti si erano rivolti<br />
al capo dello Stato. Nella foto docenti<br />
e studenti di Napoli mostrano<br />
una parte delle 20mila lettere di<br />
richiesta di referendum abrogativo<br />
indirizzata il 2 luglio a Mattarella.<br />
La stessa richiesta di referendum<br />
popolare aveva una petizione di<br />
Change.org che ha raggiunto<br />
66mila firme. Una testimonianza<br />
che comunque potrà servire nel<br />
caso di effettivo referendum.<br />
Possibile. Bruno Moretto - che ha alle<br />
spalle l’esperienza del referendum di<br />
Bologna sui finanziamenti alle private<br />
- è chiaro: «I quesiti devono avere coerenza,<br />
e poi è impraticabile raccogliere<br />
le firme entro il 30 settembre, le scuole<br />
sono chiuse, va costituito un comitato<br />
nazionale e occorre avere la sicurezza<br />
che ai banchetti ci siano gli autentificatori,<br />
perché verranno a controllare, non<br />
ci daranno pace». Ma l’idea del referendum<br />
non viene scartata affatto. Anzi,<br />
«l’abrogazione referendaria è una delle<br />
strade da praticare», si legge nel documento<br />
che rimanda la decisione finale<br />
al secondo incontro nazionale, a Bologna<br />
il 6 settembre. Il referendum deve<br />
nascere dal mondo della scuola e deve<br />
essere trasversale, magari abbracciando<br />
anche altre campagne come quelle<br />
contro il Jobs act, dicono in molti.<br />
«Noi ci saremo e sosterremo nel merito<br />
tutta la mobilitazione, ma la proposta<br />
referendaria deve nascere dal mondo<br />
della scuola», afferma Alessia Petraglia<br />
senatrice Sel. «Informazione, controproposte<br />
e trasversalità con le altre<br />
battaglie: questi devono essere i nostri<br />
obiettivi», sottolinea Maria Mussini, ex<br />
M5s e adesso nel gruppo misto al Senato,<br />
prima firmataria della Lip e insegnante.<br />
«Da qui al 2016 cercherannno<br />
di smorzare tutto, invece noi dobbiamo<br />
documentare puntualmente quello<br />
che accadrà nelle scuole», afferma<br />
la senatrice che si serve dell’immagine<br />
dei «partigiani che si ritirano in montagna<br />
per liberare borgo per borgo e poi<br />
quando sono forti, scendono in pianura».<br />
Aprirsi all’esterno, coinvolgere<br />
intellettuali, artisti e naturalmente genitori<br />
e studenti: quando Giulio, genitore<br />
della Lip, propone la nascita di un<br />
gruppo comunicazione, è un coro di sì.<br />
«Ora c’è il rischio che tanti professori si<br />
rinchiudano nella propria classe come<br />
fosse un’isola, ma invece non bisogna<br />
perdere il significato di scuola come<br />
bene comune», afferma Giuseppe Bagni,<br />
presidente del Cidi. «Bisogna informare<br />
le persone sulle disuguaglianze<br />
che si creeranno. I genitori, come cittadini,<br />
devono pretendere che tutte le<br />
scuole siano buone, non solo quella del<br />
proprio figlio», conclude Bagni. Perché<br />
il virus che la Buona scuola diffonde attraverso<br />
la competizione per il merito e<br />
la chiamata diretta è l’introduzione di<br />
una logica “individuale”, la distruzione<br />
della scuola pubblica.<br />
18 luglio 2015<br />
37
© Divyakant Solanki/Ansa/Epa<br />
38 18 luglio 2015
Quanto costa<br />
un bambino?<br />
Bassissimi i prezzi, così come la possibilità di difendersi<br />
dei bambini. Il turismo sessuale che mira all’infanzia<br />
è ormai un fenomeno di massa. E gli italiani scalano<br />
la vetta della vergogna<br />
di Giulio Cavalli<br />
18 luglio 2015<br />
39
Quanto costa un bambino? Ci sono<br />
domande che viaggiano in giro per<br />
il mondo, soprattutto in estate,<br />
che non diresti mai che possano<br />
esistere, che sono roba da scrittori<br />
o da veloci servizi giornalistici incendiari,<br />
che scivolano nei tanti faldoni archiviati di<br />
qualche cancelleria. Eppure la domanda si<br />
ripete, soprattutto d’estate, sulle spiagge che<br />
si giocano il campionato del mondo della<br />
povertà: “quanto costi bel bambino?”. In italiano,<br />
meglio: perché se avessimo l’orecchio<br />
appoggiato di nascosto su quella spiaggia<br />
forse l’ascolteremo così. In italiano.<br />
C’è un articolo del Telegraph, l’autorevole<br />
quotidiano inglese, che qualche tempo fa<br />
titolava così: «Italy tops international sex<br />
tourism list», gli «italiani» scriveva la corrispondente<br />
da Roma Josephine McKenna,<br />
«hanno il più alto numero di turisti sessuali<br />
Cinque dollari è il cachet per la prestazione<br />
sessuale vacanziera con un bimbo in Brasile,<br />
Filippine, Russia e Vietnam. Qualcun altro<br />
viene pagato con giocattoli o cibo<br />
del mondo». Ma non solo: gli italiani primeggiano<br />
nel torbido mercato del turismo<br />
sessuale minorile, lì dove un bambino ha un<br />
costo, appunto. E spesso il prezzo è basso,<br />
bassissimo: cinque dollari è il cachet per<br />
la prestazione sessuale vacanziera con un<br />
bambino in Brasile, Filippine, Russia e Vietnam.<br />
A qualcuno va peggio: viene pagato<br />
con cibo e giocattoli. Centocinquanta dollari<br />
invece per comprarsela tutta, all inclusive,<br />
una bambina cambogiana; si riesce a rivendere<br />
fino a ottantamila dollari. Cinquantamila<br />
euro per comprarsi uno snuff-movie:<br />
video amatoriale di un minore abusato che<br />
si conclude con soffocamento. Il 20 per cento<br />
dei viaggi internazionali, uno su cinque,<br />
hanno fini sessuali. Il 3 per cento, chiari<br />
obbiettivi pedofili. Ottantamila i turisti sessuali<br />
italiani che cercano minori in giro per<br />
il mondo.<br />
L’Ecpat (End child prostitution pornography<br />
and trafficking), la onlus che ha come scopo<br />
la protezione dei minori vittime di abusi<br />
sessuali, dichiara che «se prima gli italiani<br />
erano in quarta o quinta posizione» di questa<br />
orrenda classifica «oggi di certo è la nazionalità<br />
più diffusa in alcuni luoghi come il Kenya».<br />
Secondo le statistiche (che sono sempre<br />
dette a bassa voce per non disturbare troppo<br />
il clima vacanziero) il turista sessuale su<br />
minori è spesso sposato (ma non mancano i<br />
single), preferibilmente maschio, non necessariamente<br />
ricco e con un’età compresa tra<br />
i venti e i quarant’anni. «Il crescere del turismo<br />
di massa e dei voli a basso costo ha reso<br />
tutto più facile: le mete esotiche sono più<br />
vicine e su internet diventa facile cercare e<br />
trovare informazioni». Il presidente di Ecpat,<br />
Mario Scarpati, ne traccia un profilo chiaro:<br />
«Sono giovani che a casa loro non farebbero<br />
mai queste cose e a cui tutti affiderebbero i<br />
propri bambini, ecco perché sono pericolosi»,<br />
spiega Scarpati. «Noi li chiamiamo travelling<br />
sex offender cioè persone che hanno<br />
atteggiamenti di abuso nella sessualità solo<br />
quando viaggiano. Per esempio chi lavora nel<br />
business e che quindi è abituato a spostarsi<br />
per lavoro».<br />
Il turista sessuale che si compra bambini in<br />
giro per il mondo non è un pedofilo con la valigia<br />
ma spesso un rispettato lavoratore che<br />
qui, in Italia, non si sente abbastanza “libero”<br />
per sfamare questa sua insana “voglia” e<br />
quindi preferisce andare lontano, dove lontano<br />
è spesso sinonimo di distante dalle proprie<br />
responsabilità. Spesso capita che l’esperienza<br />
sessuale con un minore sia “imparata”<br />
durante un viaggio di lavoro o una vacanza<br />
da persone che non hanno mai avuto prima<br />
questa “tendenza”: insomma un tour di italianissimi<br />
distinti signori che “prova” un bambino<br />
come si prova un drink e poi torna a casa<br />
con un appetito tutto nuovo. «Il turismo sessuale<br />
su minori», dice a Left Maria Rosa Dominici,<br />
psicologa e giudice onorario presso il<br />
Tribunale dei minori di Bologna «è il cercare<br />
di allontanare dalla coscienza presente, civile<br />
e critica una mostruosità. Ma turismo ses-<br />
40 18 luglio 2015
suale spesso significa anche semplicemente<br />
attraversare la strada della propria città, dove<br />
c’è un appartamento compiacente in cui<br />
si prostituiscono minori». Sembra davvero<br />
che non si sia abituata al dolore, Maria Rosa,<br />
mentre mi parla. «Nel 2000, a Ginevra, tutte<br />
le ong hanno deciso di inserire nei cataloghi<br />
dei tour operator la precisazione che il turismo<br />
sessuale sia punito come reato anche<br />
se compiuto all’estero ma poiché non siamo<br />
più in una società dell’uomo sociale ma piuttosto<br />
dell’uomo economico nel momento in<br />
cui un mercato rende si sviluppa, prolifera».<br />
In Italia la legge 66/1996 e la 269/1998 definiscono<br />
il reato di “abuso di minore”, modificando<br />
il codice Rocco, che relegava il reato<br />
contro i minori tra i reati contro la moralità<br />
pubblica e il buon costume, trasformandolo<br />
in reato contro la persona. Nel 2000 c’è stata<br />
una decisa accelerazione nel perseguimento<br />
dei crimini sui bambini: oggi almeno<br />
38 nazioni hanno leggi extraterritoriali che<br />
permettono ai loro cittadini di essere perseguiti<br />
appositamente per reati connessi ad<br />
abusi sessuali su minori e compiuti mentre<br />
si trovavano all’estero, mentre altri 31 Paesi<br />
hanno leggi più generali che potrebbero essere<br />
utilizzate per perseguire i propri cittadini<br />
per reati commessi contro minorenni<br />
durante viaggi di turismo sessuale. Nel 2003<br />
negli Usa viene istituito il Protect act che<br />
stabilisce crimine federale adottare, da parte<br />
di un cittadino statunitense o straniero<br />
residente permanente, un comportamento<br />
sessuale illecito all’estero con una persona<br />
di età inferiore ai 18 anni: la condotta illecita<br />
comprende qualsiasi atto sessuale commerciale<br />
compiuto con un minore di 18 anni.<br />
Ma l’eterogeneità legislativa internazionale<br />
non facilita il coordinamento delle inchieste:<br />
mentre nella zona dei Caraibi il fenomeno<br />
viene profondamente sottovalutato (a Cuba,<br />
nella Repubblica Dominicana, in Giamaica,<br />
in Trinidad e Tobago e alle Barbados), in Indonesia,<br />
Filippine e Thailandia leggi recenti<br />
cercano di arginare il fenomeno con un reale<br />
impegno governativo. Le organizzazione non<br />
governative, da parte loro, insieme all’industria<br />
turistica hanno preso la questione di<br />
petto: l’Organizzazione mondiale del turismo<br />
ha istituito un gruppo di lavoro apposito<br />
e le associazioni degli operatori turistici hanno<br />
scritto un codice globale di condotta che<br />
conta quasi 1500 sottoscrizioni dalle agenzie<br />
di 40 diverse nazioni nel mondo. «Noi in Italia<br />
dal punto di vista legislativo e del diritto<br />
siamo una della nazioni meglio strutturate»,<br />
dice Maria Rosa Dominici, «però le leggi bisogna<br />
usarle e osarle».<br />
Gianluca Prisco è stato il Pubblico ministero<br />
che nel 2005 è riuscito a fare condannare il<br />
primo italiano per il reato di turismo sessuale<br />
all’estero: il carnefice (che all’epoca aveva<br />
55 anni) è uno stimato veronese che organizzava<br />
i propri viaggi in Thailandia per avere<br />
rapporti con minori dai 7 e i 14 anni facendo<br />
anche da “guida” per altri turisti. All’ispettore,<br />
che ha lavorato a lungo sotto copertura<br />
Scarpati, presidente Ecpat: «Sono i<br />
“travelling sex offender”: persone che<br />
hanno atteggiamenti di abuso solo quando<br />
viaggiano. Ecco perché sono pericolosi»<br />
per riuscire a vincerne la diffidenza, l’uomo<br />
avrebbe confidato il proprio debole per le<br />
bambine dai 5 ai 7 anni, spiegando come fosse<br />
conveniente fare questi incontri in Cambogia.<br />
«Certo in Italia esistono le leggi», mi<br />
spiega Prisco «ma quando un italiano commette<br />
questi reati all’estero la raccolta delle<br />
prove deve avvenire in quei Paesi e non è così<br />
facile. Dobbiamo raccogliere quanto più materiale<br />
probatorio in Italia poiché all’estero<br />
non sempre troviamo collaborazione. E poi ci<br />
vuole il coraggio di parlarne, bisogna affrontare<br />
la sofferenza del bambino».<br />
Ma non è solo questione di leggi: il turismo<br />
sessuale su minori è l’ennesimo turpe figlio<br />
della situazione di povertà. Prostituirsi in<br />
Sud America e nel Sudest asiatico spesso è<br />
l’unica forma di sopravvivenza per i bambini<br />
di strada e inevitabilmente la miseria (e<br />
18 luglio 2015<br />
41
l’incultura che ne determina) rende i minori<br />
vulnerabili al mercato gestito dai trafficanti.<br />
L’Undoc (l’Ufficio delle Nazioni Unite contro<br />
la droga e il crimine) dichiara che il 79 per<br />
cento del traffico di umani ha come fine la<br />
prostituzione e ha come vittime più di un milione<br />
di bambini. Cifre impressionanti di un<br />
fenomeno in rapida ascesa (con conseguente<br />
crescita del giro d’affari) che pure non riesce<br />
a diventare un allarme condiviso.<br />
La settimana di “libertà sessuale” per l’italiano<br />
che cerca minori all’estero è l’attestazione<br />
della proprio superiorità, della propria<br />
potenza. «L’impotente», spiega sempre la<br />
Dominici, «proprio perché vive tutto l’anno<br />
Il 79% del traffico di umani ha come fine<br />
la prostituzione e ha come vittime più di un<br />
milione di bambini. Cifre impressionanti<br />
di un fenomeno in rapida ascesa<br />
in una realtà socioculturale, psicologica e antropologica<br />
della frustrazione deve distrarre<br />
il cannibale appena può. E per me questa<br />
non è altro che una diversa forma di cannibalismo».<br />
Insomma questa settimana diventa<br />
spesso il “viagra cerebrale”, le chiedo: «Certo.<br />
Poi diventa un pensiero monomaniacale».<br />
Nella testa provo a immaginarmi questo esercito<br />
di bambini “timbrati” dalla compulsione<br />
famelica occidentale. Ma è difficile, quasi impossibile<br />
trovare testimonianze. «Non ci arrivano<br />
a venti o trent’anni per testimoniare»,<br />
mi dice Maria Rosa scuotendo la testa, «non ci<br />
arrivano. Io per anni ho fatto il supervisore di<br />
ragazzi che avevano deciso di collaborare con<br />
la giustizia per uscire dalla tratta: non possono<br />
uscire da questo giro, vengono ammazzati prima.<br />
Io sono convinta che esistano anche bambini<br />
italiani rapiti per entrare in questo giro<br />
d’affari. Ma solo se li ritrovassimo potremmo<br />
saperlo. Solo così. Il bambino è merce».<br />
In Italia sulla difesa dei bambini si distingue<br />
da anni anche l’associazione Mater, guidata<br />
da Fortunato di Noto che si occupa anche<br />
di pedopornografia su internet. «I reati sui<br />
bambini sono tutti collegati: ci sono i bambini<br />
trafficati, i bambini venduti, i bambini<br />
fantasma che non risultano in nessun registro,<br />
i bambini del lavoro minorile, i bambini<br />
soldato o quelle vittime di traffico di<br />
organi. La strage degli innocenti continua,<br />
un olocausto silenzioso che sembra turbare<br />
pochissimo. Oltre 50 milioni di bambini<br />
non vengono nemmeno registrati alla nascita<br />
e questo rende tutto molto più facile<br />
per le organizzazioni criminali. Undici milioni<br />
di bambini muoiono di fame prima<br />
di raggiungere i cinque anni e 4 milioni di<br />
bambine vengono vendute per matrimoni<br />
e prostituzione. E anche per il mercato del<br />
turismo sessuale su minori», dice Di Noto.<br />
«Ormai bisogna capire che si tratta di un<br />
mercato globalizzato. Un mercato in continua<br />
trasformazione perché gli interessi economici<br />
sono altissimi. Lo sfruttamento dei<br />
minori nasce dalla miseria e dall’ingiustizia<br />
sociale: famiglie frantumate per la fame e<br />
per la povertà considerano i bambini come<br />
possibilità di reddito. Come associazione ci<br />
siamo occupati di un sito che si chiamava<br />
Pedoland, la terra dei pedofili e in home<br />
page diceva «vendiamo soltanto materiale<br />
esclusivo». C’erano 100 immagini pornografiche<br />
e circa 250 ore di video pornografici<br />
con minori. Dobbiamo investire risorse<br />
e uomini a livello transnazionale per avere<br />
uno sguardo generale sulle strade percorse<br />
dai soldi per arrivare alle cupole. E attenzione:<br />
non esiste nazione che non abbia sostenitori<br />
della liceità della pedofilia. Una vera e<br />
propria rete di lobby».<br />
Eppure basta fare una prova semplice semplice:<br />
entrate in un’agenzia turistica (o fate<br />
un giro su internet) e scoprirete che i “consigli”<br />
per un efficace tour sessuale vengono<br />
dispensati senza troppi giri di parole. Anche i<br />
luoghi ormai sono risaputi: si passa dal Kenya<br />
dei centri commerciali di Diani Beach o<br />
nei dintorni dei resort di Kalifi e all’estuario<br />
del Fiume Goshi dove 10-15mila bambine<br />
vendono occasionalmente il proprio corpo<br />
42 18 luglio 2015
© Jean-Michel Clajot/Zumapress<br />
e dove (questo forse i clienti non lo sanno)<br />
una persona su sei è malata di Aids; oppure<br />
il Brasile, soprattutto a nord est, tra Recife e<br />
Natal fino a Fortaleza in cui si contano mezzo<br />
milione di minori dediti alla prostituzione<br />
e una clientela principalmente italiana,<br />
portoghese e tedesca; c’è la Thailandia dove<br />
a Bangkok il quartiere a luci rosse di notte<br />
diventa centro d’attrazione e dove le ragazzine<br />
di 13 anni vengono offerte nei ristoranti<br />
e negli hotel come “servizio aggiuntivo”; c’è il<br />
Vietnam, nella regione di Saigon (ora Ho Chi<br />
Min City) dove il 10 per cento di prostituzione<br />
è minorile e dove la vendita del proprio<br />
corpo è culturalmente accettata come mezzo<br />
di sostentamento; c’è la baia di Cartagena in<br />
Colombia dove il 16 luglio del 2010 viene arrestato<br />
un trevigiano di 72 anni, Paolo Pravisani,<br />
preso dalla polizia colombiana ubriaco<br />
nella propria stanza con a fianco un bambino<br />
agonizzante; c’è Santo Domingo dove i<br />
clienti italiani si piazzano al terzo posto dopo<br />
americani e canadesi, poi c’è Cuba dove è facile<br />
trovare signori di mezza età in spiaggia<br />
accompagnati da qualche ragazzina e dove le<br />
donne si comprano volentieri qualche jinetero,<br />
i “cavalcatori”.<br />
Il menu mondiale della prostituzione minorile<br />
è un menu a forma di mappamondo. Un<br />
conato occidentale che imbratta in giro alcuni<br />
pezzi di mondo. Quella che ancora oggi<br />
consideriamo “una deviazione” è già diventata<br />
da tempo un fenomeno di massa, qualcosa<br />
da raccontare poi al ritorno ai propri amici al<br />
bar, un safari tollerato con carne umana, uno<br />
sfizio che è legittimo concedersi. Mi viene da<br />
pensare che un mondo che stupra sistematicamente<br />
il proprio futuro forse è un mondo<br />
che è già morto, dovrebbe essere la conseguenza<br />
naturale. Di questi tempi siamo maestri<br />
nell’inventarci occasioni di sospensione<br />
dell’etica e le vacanze ne sono l’esempio più<br />
illuminante.<br />
18 luglio 2015<br />
43
© Andrea Merola/Ansa<br />
Indipendentismo<br />
nostalgico presente<br />
Mentre Salvini concede la cittadinanza padana a tutta l’Italia, nel Lombardo-Veneto<br />
soffiano di nuovo venti indipendentisti. Dai “tanko” blindati alle rievocazioni<br />
della Serenissima Repubblica di Venezia ecco cosa si muove a Nord<br />
di Stefano Catone<br />
44 18 luglio 2015
Diciotto anni fa, la notte tra l’8 e il 9<br />
maggio del 1997, i Serenissimi, un<br />
gruppo di indipendentisti veneti<br />
partiti dal padovano a bordo di un<br />
autocarro camuffato da mezzo blindato,<br />
davano l’assalto al campanile di San Marco e<br />
vi issavano la famigerata bandiera con il leone alato,<br />
simbolo della Repubblica di Venezia. Un’azione<br />
quasi militare, quasi rivoluzionaria, sicuramente<br />
indipendentista. Era l’esplosione di un sentimento<br />
sotterraneo, presente da tempo in diversi ambienti<br />
del Nord Italia, e che dai primi anni 80 aveva trovato<br />
rappresentanza istituzionale grazie alla Liga<br />
Veneta. Nel 1989 - il muro di Berlino era caduto da<br />
circa un mese - la strada della Liga<br />
si incrociava con quella della Lega<br />
Lombarda: il 4 dicembre nasceva la<br />
Lega Nord. «Mentre noi dicevamo<br />
che le ideologie erano finite, se ne<br />
sono costruita una!», commentò,<br />
molti anni dopo, Pierluigi Bersani.<br />
Durante la seconda Repubblica, grazie<br />
all’alleanza con il centrodestra, la<br />
Lega ha svolto il ruolo di sindacato<br />
territoriale, di lotta e di governo, fino<br />
ad arrivare alla conquista delle regioni<br />
settentrionali. Sullo sfondo, il<br />
vessillo dell’autonomismo continuava a sventolare.<br />
Nel 2013 Maroni conquistava la Lombardia al grido<br />
di «Prima il Nord», con una proposta programmatica<br />
che prevedeva la costituzione di una Macroregione<br />
settentrionale (una versione sbiadita della<br />
mitologica Padania) e il blocco del 75% del gettito fiscale<br />
alla fonte, al Nord appunto. E a fine 2014 Luca<br />
Zaia si esprimeva a favore di una consultazione popolare<br />
sull’indipendenza del Veneto. Sull’altro fronte<br />
invece, Matteo Salvini reinventava la retorica e il<br />
messaggio leghista: via indipendentismo e autonomismo,<br />
il target elettorale si amplia a tutta la penisola<br />
(napoletani inclusi). Ora il pericolo sono i rom.<br />
Eppure, nonostante questa evoluzione il fiume<br />
carsico dell’autonomismo non si è fermato. Non<br />
ribolle più nei garage in campagna, «dove Brenta,<br />
Adige e Po creano un immenso spazio franco che<br />
non è acqua né terra né Veneto né Emilia. E forse<br />
nemmeno Italia» (Rumiz 2012), o dove nacque e<br />
ora riposa il tanko, ma su web e social network,<br />
luoghi virtuali in cui si manifesta un sentimento<br />
ancora vivo.<br />
Morosin:<br />
«La nostra azione è<br />
chiara. L’obiettivo<br />
è l’indipendenza,<br />
per via<br />
democratica,<br />
attraverso<br />
consultazione<br />
referendaria»<br />
«In Lombardia l’indipendentismo è in termini elettorali<br />
all’anno zero», attacca Alessandro Storti, che<br />
nel 1998, come deputato dell’allora Parlamento<br />
del Nord, fu relatore di un progetto di Costituzione<br />
confederale. Alle ultime amministrative, le formazioni<br />
indipendentiste hanno raccolto poco meno<br />
di 1000 voti, presentandosi solamente in tre comuni<br />
lombardi. «Sono gruppi “vecchio stile”» prosegue<br />
Storti, «che insistono con una propaganda tradizionale,<br />
minoritaria e abbarbicata alla questione<br />
dell’identità, mentre è ora di affrontare temi di<br />
interesse quotidiano declinandoli in termini di autogoverno,<br />
con una visione laica e progressiva. Ad<br />
esempio, “Avanti”, il movimento di cui faccio parte,<br />
era presente al gay pride di Milano».<br />
Milano 2016, Monza 2017 e Lombardia<br />
2018 sono le tappe del cammino<br />
immaginato da Storti, all’interno<br />
di cartelli elettorali in corsa per la<br />
vittoria. Nel frattempo sentenzia:<br />
«l’indipendentismo fine a se stesso<br />
è finito». Spostandoci a Est troviamo<br />
Indipendenza Noi Veneto e Indipendenza<br />
Veneta, formazioni protagoniste<br />
delle ultime elezioni regionali.<br />
Denominazioni simili, scopi identici,<br />
strategie completamente diverse.<br />
La prima, infatti, ha scelto l’alleanza con Luca Zaia,<br />
contribuendo con 50.000 voti (2,7%) alla vittoria<br />
dell’uomo forte della Lega. La seconda, invece,<br />
ha preferito la corsa solitaria, raccogliendo 46.000<br />
voti (2,5%) come lista, mentre il proprio candidato<br />
governatore, Alessandro Morosin, ha ampliato il risultato<br />
fino a toccare quota 55.760 voti. Un fronte<br />
spaccato a metà ma che può contare su un bacino<br />
potenziale di oltre 100.000 voti su 2,3 milioni<br />
totali espressi, e su un trend positivo (nel 2013, in<br />
Veneto, i voti indipendentisti furono 60.000, su 3<br />
milioni di voti espressi). Ilaria Brunelli di Indipendenza<br />
Noi Veneto e lo stesso Morosin non hanno<br />
dubbi: l’indipendentismo è ancora vivo. Le ragioni<br />
sono storiche e muovono dalle esperienze di autogoverno<br />
delle Venezie. Anche il giudizio che danno<br />
delle categorie “destra e sinistra” è identico («sono<br />
superate, prive di contenuto»), come quello sulla<br />
pressione fiscale «giugulatoria». La differenza sta<br />
nella strategia: «è ora», spiega Brunelli, «di deporre<br />
ogni personalismo e di guardare unicamente<br />
all’obiettivo: attualmente non siamo in grado di<br />
18 luglio 2015<br />
45
In apertura: una manifestazione di oltre 2.000<br />
indipendentisti veneti in Piazza San Marco per festeggiare<br />
il patrono della città e la liberazione dei Serenissimi.<br />
A fianco: Joerg Haider a Venezia. L’ex-Governatore della<br />
Carinza è morto nel 2008 in un incidente stradale.<br />
presentare un nostro candidato governatore, ma<br />
se fossimo stati uniti a sostegno di Zaia avremmo<br />
ottenuto una presenza in maggioranza più determinante<br />
di Forza Italia». Un’ipotesi seccamente rifiutata<br />
da Morosin, che definisce quella di Zaia una<br />
«coalizione paraitaliana». «Indipendenza Veneta è<br />
l’unica lista indipendentista coerente e credibile:<br />
pochi giorni prima della scadenza del termine per<br />
la presentazione delle liste per le regionali, nella<br />
coalizione di Zaia è comparsa Indipendenza Noi<br />
Veneto, sul cui logo elettorale appariva prevalentemente<br />
Indipendenza Veneto il che ha di fatto<br />
indotto gli elettori in errore portandoli a votare<br />
qualcosa che con l’indipendenza non aveva nulla<br />
a che fare se è vero, come è vero, che Zaia nel<br />
suo programma elettorale aveva scritto “io scelgo<br />
l’autonomia”. La nostra azione» conclude Morosin<br />
«è un’azione molto chiara: ha come obiettivo<br />
solo l’indipendenza, per via democratica, pacifica,<br />
istituzionale, attraverso una consultazione referendaria<br />
prevista da una legge veneta». Brunelli<br />
pone invece nuovamente l’accento sulla necessità<br />
di «organizzare le forze di tutte le correnti indipendentiste<br />
in maniera unitaria. Serve grande<br />
umiltà nell’analisi e serve avere una visione». L’autonomia<br />
citata nel programma di Zaia rimanda<br />
anche a un’altra lista con il leone alato schierata<br />
alle regionali con Alessandra Moretti del Pd: Progetto<br />
Veneto Autonomo. L’arcipelago indipendentista<br />
veneto, infatti, si allarga anche a sinistra. C’è<br />
Sanca Veneta per esempio. «L’indipendentismo in<br />
Europa nasce a sinistra con la carta di Brest (sottoscritta<br />
nel 1974 da diversi movimenti indipendentisi<br />
europei)», spiega Giovanni Masarà, 23 anni,<br />
studente. «Gli stati europei sono un ostacolo al<br />
processo di integrazione. Solamente smembrandoli<br />
si potrà costruire un’Europa democratica, e<br />
non solo diplomatica. Vogliamo essere cittadini<br />
europei, non vogliamo essere tagliati fuori a causa<br />
dei confini che ci impone il sistema italiano». Una<br />
prospettiva lontana dalle piccole patrie, che accarezza<br />
l’internazionalismo. Ai tempi di Salvini dunque,<br />
tutt’altro che quieta, la voglia di indipendenza<br />
si agita ancora nel Lombardo-Veneto, in maniera<br />
scomposta e senza strategie unitarie. Se tornerà a<br />
occupare il dibattito politico nazionale - il federalismo<br />
non è altro che un ricordo di tempi passati<br />
- dipenderà dalla capacità delle nuove formazioni<br />
di interpretare, in un’epoca diversa, un sentimento<br />
che qui sembra rimanere una costante.<br />
Veneto Austria:<br />
una faccia, una razza<br />
di Giorgia Furlan<br />
L’Austria indice una consultazione popolare per<br />
uscire dall’euro. Ma manca l’approvazione<br />
del Parlamento. Tanto fumo e poca sostanza<br />
L’<br />
indipendentismo è storia di terre di confine,<br />
identità nazionali mal assimilate e grandi potenze<br />
ridotte a piccoli staterelli dopo la Grande<br />
Guerra. Quando l’economia era in ripresa e la crisi<br />
ancora un’ombra lontana, l’Europa unita sembrava<br />
in grado di garantire una pax populi e commerciale<br />
che, alla fine, conveniva a tutti. Oggi, le imprese chiudono,<br />
Bruxelles ingabbia, e per chi, fino a poco fa,<br />
poteva contare su un tasso di disoccupazione al 4%<br />
la nostalgia di un passato dorato in cui ognuno faceva<br />
per sé diventa un’opzione concreta. L’exit strategy<br />
più semplice e di pancia, per preservare il proprio angolino<br />
di ricchezza, e svincolarsi dalla morsa dell’Ue<br />
sembra essere quella del referendum, l’appello alla<br />
volontà popolare. È accaduto così che la piccola Austria,<br />
poco meno di 8 milioni e mezzo di abitanti,<br />
cavalcando l’onda dell’oxi greco, che di ragioni dalla<br />
sua ne ha ben altre, decida di indire una consultazione<br />
popolare, Eu-Austritts-Volksbegehrens, per<br />
uscire dalla moneta unica. Le firme raccolte sono<br />
state più di 260mila, con grande successo soprattutto<br />
nella Bassa Austria (5,18% dei voti), nel Land<br />
di Carinzia e a Klagenfurt suo capoluogo (4,85% a<br />
favore). Nonostante l’entusiasmo degli organizzatori<br />
l’iniziativa non ha al momento un valore effettivo,<br />
visto che le firme raccolte devono essere sottoposte<br />
al vaglio del Parlamento. Quello che è interessante<br />
è ciò che si muove dietro all’ennesimo “plebiscito”<br />
fine a se stesso. La petizione è stata proposta dalla<br />
Initiative Heimat&Umwelt, associazione occupata<br />
sin dal lontano 1994 con l’Indipendenza del popolo<br />
austriaco, e ha già un precedente che risale al 2000<br />
quando Inge Rauscher, pasionaria destrorsa della<br />
46 18 luglio 2015
© Andrea Merola/Ansa<br />
Ihu, ne aveva presentata una molto simile, celebrata<br />
anche allora da comunicati stampa che esaltavano il<br />
successo dell’iniziativa, ma che, come si può ben capire,<br />
non ha avuto effetto sulla permanenza dell’Austria<br />
nell’Unione. Molto rumore per nulla insomma.<br />
Proprio come in Italia quando, qualche settimana<br />
fa, la consultazione anti-euro proposta Oltralpe ha<br />
suscitato l’attenzione di Grillo che dal blog scriveva:<br />
«La concentrazione è tutta per la Grecia di Tsipras.<br />
Proprio per questo quasi nessuno è a conoscenza<br />
della decisione da parte della popolazione austriaca<br />
di abbandonare l’euro e l’Europa». Solito oscurantismo<br />
mediatico insomma, o forse é un dato di fatto<br />
che a intestarsi la battaglia contro le lobby Ue sono<br />
sempre di più le forze populiste che, complice una<br />
crisi che chiede sempre più di rimettere in discussioni<br />
posizioni di rendita e privilegi, trova un bacino<br />
di risonanza nelle borderland dove il sentimento autonomista<br />
e indipendista era solo sopito. Proprio la<br />
storia della Carinzia, patria del recente Eu-Austritts-<br />
Volksbegehrens, si lega infatti a doppio filo con quella<br />
di movimenti veneti carichi allo stesso tempo di sentimenti<br />
austronostalgici e volontà secessioniste. Tra il<br />
1999 e il 2008 infatti il Nord-Est italiano vedeva una<br />
via di fuga al “giogo di Roma Ladrona” proprio in Joerg<br />
Haider, all’epoca Governatore del Land austriaco,<br />
morto in un incidente d’auto nel 2008. Haider, guarda<br />
caso tra i promotori del referendum anti-Europa del<br />
2000, aveva intensificato i rapporti con i movimenti<br />
venetisti. A Jesolo l’allora leader dell’Fpoe, liberali<br />
populisti di destra, venne insignito della cittadinanza<br />
onoraria e nella vicina Conegliano incontrò i Liberi<br />
imprenditori federalisti europei, dove, accolto come<br />
se fosse l’imperatore asburgico Franz Joseph, promise<br />
sostanziosi incentivi per dislocare le aziende venete<br />
nella vicina Austria. Una promessa che, come lo è<br />
oggi il dietrofront sulla moneta unica, riuscì a colpire<br />
a fondo l’immaginario di benessere del Nord Est. Al<br />
centro di tutto: soldi e lavoro che, qui più che mai,<br />
sono anche questione di identità. Un’identità che si<br />
alimentava dell’opposizione a una Roma Capitale<br />
“corrotta e fannullona” e oggi trova ossigeno, al di qua<br />
e al di là delle Alpi, nell’idea che la caduta del mito<br />
dell’opulenza derivi dalla voracità delle lobby europee,<br />
dal mostro sovranazionale che schiaccia la testa<br />
della gente. Il dramma è che quest’Europa che sempre<br />
più a destra, alimenta al suo interno quei nazionalismi<br />
che tramano perché il sogno dell’Unione si<br />
infranga. Che pensano che preservare il proprio piccolo<br />
angolo di paradiso sia preferibile alla solidarietà.<br />
Che siano meglio i muri delle porte aperte. Che è questo<br />
che vuole il popolo buono e legato alla sua terra.<br />
Ma come scriveva Karl Kraus, austriaco più saggio di<br />
altri: «L’unione di sangue e terra provoca il tetano».<br />
18 luglio 2015<br />
47
LA SCUOLA<br />
di GIUSEPPE BENEDETTI<br />
Il tradimento del Pd nei confronti<br />
di una parte consistente<br />
del suo elettorato, quello<br />
calpestato dal ddl scuola, si<br />
è consumato proprio in coincidenza<br />
con il ritorno dell’Unità<br />
in edicola. Lo storytelling della<br />
soluzione finale dell’istruzione<br />
pubblica è cominciato il primo<br />
luglio. Con un intervento dell’ex<br />
ministro Luigi Berlinguer (“Una<br />
scuola da cambiare”) il giornale<br />
si è assunto il compito di ristabilire<br />
la verità sui contenuti della<br />
“buona scuola”, facendosi portavoce<br />
della necessità del cambiamento,<br />
nonostante il rischio di<br />
«degenerazione autoritaria nella<br />
gestione scolastica». In un altro<br />
pezzo, sotto il titolo “Quattro<br />
miliardi per mettere al sicuro i<br />
nostri figli”, veniva scaricata una<br />
mitragliata di numeri sui cantieri<br />
aperti e sui milioni impegnati da<br />
Regioni e Comuni per l’edilizia<br />
scolastica, con le rassicurazioni<br />
sui controlli delle cabine di regia.<br />
A completare il quadro due<br />
storie edificanti: la precaria che,<br />
dopo nove anni, può finalmente<br />
dire di aver avuto ragione a<br />
scegliere di metter su famiglia<br />
anziché migrare al nord e la rapida<br />
ricostruzione di una scuola<br />
di Fano grazie al «“Fondo restauro”<br />
voluto da Matteo Renzi».<br />
La narrazione sulla “scuola da<br />
cambiare” è impostata proprio<br />
sul valore della velocità. All’avvicinarsi<br />
del voto finale, il 6 luglio,<br />
una nota redazionale celebra<br />
la velocità della compagine governativa<br />
e della maggioranza<br />
(“rush finale” e “esame sprint”).<br />
Finalmente, dopo una settimana<br />
dalla sua apparizione in edicola,<br />
si accenna, nella stessa nota,<br />
al dissenso degli insegnanti, ma<br />
solo come un effimero tentativo<br />
di frenare la corsa dell’esecutivo<br />
e prima di ricordare, con il sottosegretario<br />
Faraone, che la priorità<br />
del governo è l’attenzione ai<br />
giovani. Neanche un accenno al<br />
dissenso interno al Pd. C’è spazio<br />
solo per le approvazioni, non<br />
LA BUONA SCUOLA<br />
DEL GIORNALE DI PARTITO<br />
L’Unità appena tornata in edicola sponsorizza<br />
l’operato del Pd. Senza raccontare il dissenso<br />
interno né tantomeno le proteste dei docenti<br />
importa se prive di solide argomentazioni.<br />
Ad esempio, per il<br />
deputato Franco Monaco il ddl<br />
non è buono in sé ma è sempre<br />
meglio delle critiche demodé dei<br />
detrattori. La manifestazione di<br />
protesta del 7 luglio, con migliaia<br />
di partecipanti e un corteo verso<br />
il Quirinale, è svilita nell’immagine<br />
di «un centinaio di manifestanti».<br />
Nello stesso articolo (che<br />
inizia con l’ottimistica proposizione<br />
«Avanti tutta con le riforme»)<br />
al presidente del Consiglio<br />
è affidato l’elogio della velocità<br />
sulle riforme, «il business del<br />
Paese». Ma quel giorno la preoccupazione<br />
maggiore dell’Unità è<br />
rassicurare l’elettorato cattolico<br />
contro il rischio di scivoloni sulla<br />
buccia di banana della lotta all’omofobia.<br />
Dopo l’approvazione<br />
definitiva del ddl, un intervento<br />
del ministro Giannini (10/7) illustra<br />
i vantaggi universali della<br />
Storie edificanti di precari, elogio<br />
della velocità del governo e interventi<br />
celebrativi. E si arriva addirittura<br />
ad attenuare i poteri del preside<br />
legge e denuncia il “centralismo<br />
burocratico” dei docenti. Nel<br />
pezzo di cronaca l’unica opposizione<br />
al ddl assume la maschera<br />
di La Russa, che, da intenditore,<br />
come si definisce, si rifiuta di assegnare<br />
la patente di fascista al<br />
Pd. Infine, nell’articolo che elenca<br />
le novità della legge, sono attenuati<br />
i poteri del preside («ma<br />
la sua scelta sarà verificata dai<br />
docenti»), che dovrebbe pertanto<br />
essere controllato dagli insegnanti<br />
a lui subordinati, mentre<br />
l’accenno ai docenti che per protesta<br />
lanciano libri contro l’obelisco<br />
di Montecitorio sembra<br />
una brutta parodia di un’azione<br />
dell’Isis.<br />
La prima pagina<br />
de L’Unità<br />
del 10 luglio 2015<br />
48 18 luglio 2015
di E<strong>MA</strong>NUELE SANTI<br />
CALCIO <strong>MA</strong>NCINO<br />
LA CECOSLOVACCHIA<br />
E IL SUO CAMPIONE<br />
Storia di Josef Màsopust, l’emblema stesso<br />
del calcio ceco. Nel 1962 fu il primo atleta<br />
dell’Est a vincere il Pallone d’oro<br />
Nel ’38, benché arricchita<br />
di elementi austriaci,<br />
la Nazionale del Reich<br />
saluta al primo turno<br />
i mondiali francesi eliminata<br />
dalla modesta Svizzera, territorialmente<br />
immune rispetto alla<br />
meno modesta Cecoslovacchia<br />
che nella precedente edizione<br />
del ’34 aveva sgambettato la<br />
squadra del Fuhrer ormai ad un<br />
passo dalla finale contro l’Italia<br />
del Duce. E così, sempre nel ’38,<br />
Hitler impone all’Europa l’annessione<br />
della zona dei Sudeti<br />
e tra le prime città ceche a passare<br />
in mano tedesca c’è Most<br />
dove a febbraio del ’31 era nato<br />
Josef Màsopust. Il Paese viene<br />
diviso tra la Slovacchia retta da<br />
Monsignor Josef Tìso, cattolico<br />
fedele al nazismo e il Protettorato<br />
di Boemia e Moravia, ma la<br />
guerra non ferma il campionato<br />
che anzi rimane l’unica cosa in<br />
comune tra Bratislava e Praga,<br />
Ai Mondiali in Cile portò la sua<br />
squadra in finale contro il Brasile.<br />
A fine carriera torna dall’estero nella<br />
sua terra come allenatore dilettante<br />
con Josef Bìcan, leggenda dello<br />
Slavia e di tutta la mitteleuropa,<br />
capocannoniere per 6 stagioni<br />
di fila. Eppure il piccolo Màsopust,<br />
quarto di sei figli, non sogna<br />
di fare l’attaccante. Dotato<br />
di una precoce intelligenza tattica,<br />
gioca a pallone soprattutto<br />
per evitare di guardarsi intorno.<br />
È ancora un ragazzino quando i<br />
nazisti per rappresaglia fucilano<br />
Josef Màsopust<br />
nato nel 1931<br />
a Most e<br />
scomparso pochi<br />
giorni fa<br />
tutti gli uomini di Lidice, villaggio<br />
a 70km da casa sua, e deportano<br />
nei campi di sterminio le<br />
donne e i minori di 16 anni. La<br />
gente della sua terra è costretta a<br />
testa bassa nelle miniere di carbone<br />
per nutrire l’industria bellica<br />
tedesca e la Resistenza agisce<br />
nell’ombra. Màsopust ha 14 anni<br />
quando gli alleati bombardano<br />
Praga e Pilsen e quando le truppe<br />
sovietiche, insieme ai soldati<br />
cecoslovacchi, liberano il Paese<br />
forzando il passo del Dukla sui<br />
Carpazi. E proprio Dukla sarà<br />
il nome della neonata squadra<br />
dell’esercito, destinata nel dopoguerra<br />
a dominare il campionato.<br />
Lo Stato Maggiore decide che<br />
il Dukla può assoldare chiunque<br />
abbia prestato servizio militare<br />
senza nulla osta della società di<br />
appartenenza. Nel ’52, Màsopust<br />
ha 21 anni e due piedi da<br />
fare invidia all’ungherese Bòzsik.<br />
L’esercito lo arruola. Cresciuto<br />
nel Banik Most, si era svezzato<br />
nella vicina Teplice ed aveva debuttato<br />
in serie A incontrando<br />
Josef Bìcan in persona, ormai<br />
trentasettenne centravanti del<br />
Viktovice. Con la maglia giallorossa<br />
del Dukla, Màsopust gioca<br />
17 stagioni, vince 8 campionati<br />
e 3 coppe di Cecoslovacchia. Indossa<br />
il numero 6 della Nazionale<br />
fino al ’62 quando ottiene<br />
il secondo posto al mondiale cileno<br />
dietro l’imbattibile Brasile.<br />
Per questo a dicembre, mentre<br />
addobba l’albero di natale, sente<br />
squillare il telefono, un lusso<br />
per le case di Praga. La redazione<br />
di France Football gli comunica<br />
la vittoria del Pallone d’Oro, il<br />
primo per un atleta dell’Est. Nel<br />
’67, conduce il Dukla fino alla<br />
semifinale di coppa Campioni<br />
persa contro il Celtic Glasgow. A<br />
Praga intanto le cose cambiano.<br />
Nel gennaio ’68, Dùbcek è eletto<br />
segretario del Partito comunista<br />
e Màsopust ne approfitta. Ha 37<br />
anni, termina la stagione con l’esercito<br />
e poi è finalmente libero<br />
di trasferirsi a Molenbeek, periferia<br />
di Bruxelles, serie cadetta<br />
del professionismo belga. È la<br />
stessa estate in cui per le strade<br />
di Praga sfilano i carri armati sovietici.<br />
Màsopust riporta la sua<br />
nuova squadra in serie A e poi,<br />
nel ’70, torna in Cecoslovacchia<br />
a fare l’allenatore dilettante. Perché<br />
il ragazzo d’oro di Most ama<br />
il suo Paese.<br />
18 luglio 2015<br />
49
DENTRO IL GHETTO<br />
DI ATENE<br />
Lungo strada Euripide c’è chi ha perso tutto, davanti<br />
al bancomat su strada Sofocle c’è chi teme di perdere<br />
tutto. L’Europa? «Un’unione basata sul capitalismo»<br />
testo e foto di Michela AG Iaccarino - da Atene<br />
«L’<br />
abbiamo fondata noi».<br />
In onore della fanciulla<br />
che salpò verso Creta<br />
in groppa a Zeus - trasformatosi<br />
in toro per<br />
amore - le terre a nord del Mediterraneo<br />
furono battezzate Europa. Millenni fa,<br />
altra civiltà. Ma per oggi niente mitologia:<br />
sono tempi brutali, giorni crudeli,<br />
beffardi. «Abbiamo dato il nome a un<br />
mostro che oggi sta per distruggerci o<br />
cacciarci. O ingoiarci». Un mostro che<br />
si chiama come quella fanciulla, Europa.<br />
Lungo la strade Euripide quelli che<br />
chiamano gli zombie cercano un tozzo<br />
di pane, una moneta, una bottiglia d’acqua,<br />
una siringa per iniettarsi la droga<br />
degli ultimi, acido di batterie usate - la<br />
chiamano sisa. Non periferia, Atene<br />
centro, ghetto piazza Omonia. Lungo<br />
la strada di Sofocle uomini si sciolgono<br />
in fila davanti alla sede dell’Alfabank<br />
pattugliata dalla polizia. Gli uomini<br />
puntano il bancomat, dicono: «Ci serve<br />
ossigeno». C’è chi aveva pochi soldi in<br />
casa e li ha finiti. Gli uomini di strada<br />
Sofocle hanno paura di diventare come<br />
quelli di strada Euripide. Anime perdute<br />
che ora balbettano, vacillano, ma che<br />
50 18 luglio 2015
Un murales dedicato<br />
ai senza fissa dimora<br />
in una strada di Atene<br />
una volta avevano una casa, un lavoro e<br />
qualcosa di degno da chiamare vita. Si<br />
addormentano sotto i fasci di luce delle<br />
insegne delle boutique di lusso, senza<br />
neppure un giornale per lenzuolo, perché<br />
non se ne trovano in giro, i greci non<br />
ne comprano più. Quando chiudono gli<br />
occhi rimangono con la mano tesa rivolta<br />
ai passanti, stringendo un bicchiere<br />
di plastica per le monetine buttato<br />
dai turisti che bevono continuamente<br />
cappuccino freddo. Alzi la testa al cielo<br />
all’acropoli - la città in alto - il tempio<br />
di Atena, trafitto da schegge di ferro nel<br />
Paese dove tutto sta diventando la sua<br />
metafora: vedi le gru tra le rovine del<br />
Partenone. Georgiu faceva il dottore.<br />
Era a Bologna quando è esplosa la bomba:<br />
«Un’altra epoca». Se gli dici Italia,<br />
risponde Berlinguer: «La povertà renderà<br />
tutti i greci comunisti. Il proverbio<br />
dice: il fiume sa dove andare: lui lo sa,<br />
io no. Ho votato no al referendum, ma<br />
tanto era uguale. Come va? Male. Come<br />
andrà? Malissimo». Al bar dice: «Questa<br />
strada ora la vedi vuota, ma tre anni fa<br />
non c’era posto per sedersi». Al tavolo<br />
un vecchio radiofonista delle navi militari<br />
non andrà in pensione perché non<br />
può permetterselo e te lo dice in tutte<br />
le lingue dei porti in cui si è fermato.<br />
Ha 64 anni: «All’Europa non piace la sinistra<br />
né la Grecia». Ma la sinistra non<br />
farà come Amleto, non dirà “sii fedele a<br />
te stesso”.<br />
Nonostante il terrore mediatico dei<br />
canali privati greci per votare sì, i greci<br />
hanno scelto Oxi. «Sì, no: abbiamo capito<br />
dopo che era uguale. Era un test<br />
in vitro per distruggere i popoli, uno<br />
dopo l’altro». Raccontano dei loro amici,<br />
atei reticenti che vanno a mangiare<br />
alla mensa sociale della chiesa. «Noi ci<br />
siamo, noi siamo qui, questa non è carità,<br />
è organizzazione sociale». A Lisandro<br />
rimangono pochi denti e tutti neri,<br />
ma una volta questo ex cameriere alto e<br />
magro qualcuno per strada si voltava a<br />
guardarlo. «Non esistono domande difficili,<br />
solo risposte difficili». È quello che<br />
dice quando gli chiedi cosa<br />
ha votato al referendum<br />
e quanto durerà questa<br />
situazione. Nel deposito<br />
della solidarietà dei vestiti<br />
donati, lavati e divisi per<br />
essere mandati a famiglie,<br />
carceri e verso le isole affollate<br />
dai migranti le scatole<br />
raggiungono numero<br />
600. «Noi lavoriamo 24 ore<br />
al giorno per 7 giorni alla<br />
settimana, siamo noi stessi<br />
dei poveri, noi stessi dei<br />
disoccupati, senza solidarietà<br />
organizzata non c’è Grecia». La salvezza<br />
arriva ogni giorno per molti nelle<br />
buste di plastica, in quote di pasta, riso,<br />
fagioli, farina. Nella sede c’è una minuscola<br />
biblioteca, un ufficio di assistenza<br />
legale e medica. Solidarietà del Pireo:<br />
un’associazione di poveri che aiutano<br />
altri poveri, disoccupati organizzati che<br />
da due anni sollevano tutti i giorni casse<br />
di frutta e verdura invenduta al mercato<br />
al tramonto, con una lista di supermercati<br />
da visitare per ritirare la giacenza e<br />
distribuirla a cento famiglie, mille persone<br />
del quartiere sprofondate in povertà.<br />
«Io ho ammazzato molti fascisti».<br />
Georgiu faceva<br />
il dottore:<br />
«La povertà<br />
renderà tutti i<br />
greci comunisti.<br />
Ho votato no<br />
al referendum,<br />
ma tanto<br />
era uguale.<br />
Va male. E andrà<br />
malissimo»<br />
In fila per il pane e una zuppa di fagioli<br />
c’è Kostas, 90 anni e 4 dita, partigiano<br />
della guerra civile greca finita nel ’49, il<br />
resto della vita operaio. Quando abbassò<br />
il fucile, le falangi dal palmo destro<br />
gliele tagliò un macchinario in fabbrica.<br />
Panaiodis ha cominciato a lavorare a 12<br />
anni nella fabbrica della birra Alfa, ha<br />
smesso 50 anni dopo, ha votato Papandreu<br />
tutta la vita finché non è arrivato<br />
Tsipras. È un membro della comune<br />
che si riunisce alla fila del pane. Quando<br />
è riuscito a ritirare qualche goccia della<br />
sua pensione dal bancomat, ha comprato<br />
le sigarette a tutti i senza dimora<br />
del quartiere.<br />
In fila con la Grecia, non per il pane,<br />
ma per l’uscita dall’euro o il martirio<br />
dell’austerity, dicono, «ci sono Italia,<br />
Spagna, Portogallo». «Millenni fa la<br />
Grecia indicò la strada della civiltà al<br />
mondo, forse le tocca farlo<br />
ancora». Anna cita di continuo<br />
Gramsci. Ha perso<br />
tutto: il negozio, la casa, il<br />
marito. In una vita che le<br />
sembra un’altra ha studiato<br />
sociologia in Inghilterra.<br />
«Dovevo rimanere lì», racconta,<br />
ma quell’isola era<br />
sotto la Thatcher. «Incredible<br />
times: ma adesso anche<br />
questa penisola affonda.<br />
Non permetteranno una<br />
sinistra, alcuna sinistra in<br />
Europa, è un’unione basata<br />
sul capitalismo». Sta passeggiando<br />
per le fabbriche deserte, abbandonate<br />
a cani randagi e vagabondi, la scritta del<br />
partito comunista Kke di vernice rossa<br />
qualcuno è venuto a ricalcarla sulla ruggine.<br />
Di notte la città da bianca diventa<br />
grigia, il Partenone dall’alto guarda giù,<br />
la città di sotto, casermoni, poveri, afa<br />
e cemento. Dalla radio di Anna in macchina<br />
canta Bob Dylan: «There’s nothing<br />
left, all gone». Non ci è rimasto niente,<br />
tutto è andato. Il disco è Standing on the<br />
doorway, rimanendo sulla soglia: lì c’è<br />
Anna, Lisandro, Kosta, c’è la Grecia. Insieme<br />
a quella fanciulla. Europa.<br />
18 luglio 2015<br />
51
IL NUOVO MEMORANDUM SPACCA<br />
SYRIZA. E IL GOVERNO DI TSIPRAS<br />
La Troika torna a “occupare” la Grecia. L’accordo di Bruxelles mina la tenuta<br />
del partito del premier e del suo governo. Intanto, denuncia un medico della ong<br />
Praksis, in fila davanti agli ambulatori «ai senza tetto si somma la gente comune»<br />
di Francesco De Palo - da Atene<br />
È<br />
durata appena centosessanta<br />
giorni l’illusione che fosse<br />
andata via, per sempre, dalle<br />
vite dei greci e degli europei.<br />
E invece la troika torna con<br />
strabordante prepotenza ad occupare<br />
militarmente la Grecia, come un<br />
macabro risiko in cui il capo supremo<br />
sposta carri armati e truppe, invadendo<br />
uno Stato non più sovrano.<br />
Umiliarne pesantemente uno per<br />
intimidire terroristicamente tutti gli<br />
altri: ieri la bomba atomica sganciata<br />
su Hiroshima e Nagasaki, oggi la Troika<br />
sparata dal cannone teutonico in<br />
direzione dell’Egeo, mentre il debito<br />
greco veleggia verso il 200% del Pil<br />
(nel 2012 era al 125%) e mentre l’ex<br />
ministro Varoufakis apre ufficialmente<br />
la stagione delle critiche al suo ex<br />
premier.<br />
Al di là di come finirà la trattativa<br />
per le nuove misure, se ci sarà improvvisamente<br />
un Grexit o un nuovo<br />
premier, è il campo democratico<br />
che viene arato da un trattore nerorosso-giallo.<br />
Una marcia inflessibile<br />
e demolitrice, quella teutonica, che<br />
spazza via ciò che resta di un voto<br />
popolare, di un’idea comune legata<br />
all’Unione stessa, di una legittimazione<br />
stabilita dalla Costituzione e non<br />
da memorandum o da mille summit,<br />
dove tra l’altro sono volati gli stracci<br />
e, oggi, piovono solo euromacerie.<br />
Vassilis Kiriakakis, neurologo e deputato<br />
di Syriza dal 2012, ha firmato<br />
assieme a tre suoi colleghi (Kodela,<br />
Sotiriou e Chatzilamprou) una mozione<br />
prima del voto parlamentare<br />
post referendum in cui scrive che il<br />
governo ha chiesto il loro appoggio<br />
per «un terzo memorandum preparato<br />
su richiesta della Troika».<br />
È quella la ferita su cui l’accordo di<br />
Bruxelles ha gettato un pugno di sale<br />
e che fa male, malissimo a chi dalla<br />
piattaforma di Salonicco in poi aveva<br />
immaginato una svolta. «L’errore<br />
di Tsipras è stato quello di non prevedere<br />
un piano B alternativo alle<br />
trattative lacrime e sangue con i creditori<br />
- dice a Left, poco dopo aver<br />
partecipato al vertice della Piattaforma<br />
di Sinistra, quella che fa capo a<br />
Panagiotis Lafazanis - Siamo passati<br />
dal no al referendum a un altro memorandum,<br />
durissimo e che affonderà<br />
la nostra economia. Varoufakis ha<br />
ragione su tutto». Il partito è dilaniato<br />
dallo scontro tutto europeo che non<br />
è stato condotto, così come pattuito,<br />
partendo dal famoso programma di<br />
Salonicco. «Avevamo promesso solidarietà<br />
e oggi chiediamo ai greci altri<br />
sacrifici, parlavamo di haircut del<br />
debito e invece qui ritorna la Troika.<br />
Questo governo è giunto purtroppo<br />
al capolinea, e non solo per i nostri<br />
no». Per poi sganciare un siluro: «Nel<br />
partito erano in molti ad aspettarsi la<br />
vittoria del sì al referendum, anche lo<br />
stesso premier penso. Ecco perché il<br />
giorno dopo è crollato tutto».<br />
Neanche i creditori, in verità, si aspettavano<br />
il no al 60%. Ma il passo falso<br />
di Tsipras è stato quello di «riconsegnarsi<br />
mani e piedi ai suoi aguzzini<br />
immaginando che lo avrebbero riaccolto<br />
a braccia aperte e invece lo<br />
hanno punito». È in quell’istante che<br />
nasce già il governo di larghe intese<br />
conservatori-socialisti-centristi e<br />
che muore l’esperimento di Syriza,<br />
52 18 luglio 2015
© Michela A.G. Iaccarino<br />
Kiriakakis (Syriza): «Un percorso vede<br />
la fine. Non so se Varoufakis farà<br />
un partito, ma è probabile che dopo<br />
il governo tecnico si voterà a novembre»<br />
dal momento che Tsipras, ricevendo<br />
tutte le opposizioni, getta le basi per<br />
il voto parlamentare di pochi giorni<br />
dopo.<br />
Lecito chiedersi: dopo questo tsunami<br />
politico-finanziario Syriza avrà<br />
ancora un futuro? «Non pensiamo a<br />
una scissione già domani né a ritornare<br />
con i comunisti del Kke, peraltro<br />
troppo anacronistici - continua Kiriakakis<br />
- ma è chiaro che un percorso<br />
sta vedendo la fine. Non so se Varoufakis<br />
riuscirà a fare un partito, ma<br />
probabilmente dopo il governo tecnico<br />
andremo ad elezioni a novembre e<br />
lì sarà un’altra battaglia”.<br />
Ma mentre a Bruxelles e a Berlino si<br />
preparano alla grande abbuffata greca,<br />
anche grazie al fondo di garanzia<br />
da 50 milioni per le utility elleniche<br />
controllato dai creditori internazionali,<br />
nell’Egeo c’è chi proprio non ha<br />
tempo di guardare i tiggì. Sono i medici<br />
delle ong, quei professionisti che<br />
curano non solo migranti o tossicodipendenti<br />
ma, dall’inizio della crisi,<br />
anche i poveri greci.<br />
Electra Koutsoumani risponde al telefono<br />
molto trafelata dalla sede ateniese<br />
di Praksis. Non ha tanto tempo<br />
perché i pazienti aumentano esponenzialmente,<br />
ma ci consegna un<br />
messaggio: in Grecia un<br />
terzo della popolazione<br />
è a rischio povertà, un<br />
altro terzo è già povero<br />
e si rivolge ai loro ambulatori<br />
per medicine,<br />
visite specialistiche,<br />
fare una semplice doccia,<br />
ottenere cibo e anche per un alloggio.<br />
Sempre più numerose sono<br />
infatti nel Paese le famiglie che non<br />
hanno elettricità: le tasse della troika<br />
sono state inserite nella bolletta<br />
elettrica e ai morosi è stata tagliata la<br />
luce tout court. Quindi niente lavatrice<br />
o lavastoviglie.<br />
«Ai senza tetto si somma la gente comune,<br />
quella che dalla crisi in poi ha<br />
visto assottigliarsi il proprio potere<br />
di acquisto e, dopo un licenziamento,<br />
si ritrova a zero». In Grecia oggi<br />
gli uomini disoccupati sono il 22,5%,<br />
le donne il 29,6% e i giovani ben il<br />
50,1%. Mentre i suicidi da crisi hanno<br />
sfondato ufficialmente quota 10mila<br />
dal 2012 ad oggi, l’ultimo il giorno<br />
successivo all’accordo con Bruxelles.<br />
Ha scritto Alberto Savinio in Sorte<br />
dell’Europa (Adelphi, 2014) che i popoli<br />
del Vecchio continente «non guariranno<br />
dalle loro gravissime ferite se<br />
non formeranno una sola nuova nazione<br />
unita da comuni pensieri. Solo<br />
un’idea potrà unire gli europei: l’idea<br />
della comunità sociale». La realtà, invece,<br />
si ritrova nella sindrome “compro<br />
oro”, dove i gioielli di famiglia - le<br />
utility greche - verranno svendute per<br />
un tozzo di pane in un paio di giorni al<br />
pari di quella dignità civile e di quella<br />
legittimazione democratica che sono<br />
stati i fiori all’occhiello del Novecento<br />
dei diritti. E che oggi, semplicemente,<br />
non ci sono più.<br />
18 luglio 2015<br />
53
VIAGGIO NELLA SANITÀ<br />
UMILIATA DALL’AUSTERITY<br />
Dall’ospedale Nikea il racconto dei tagli economici e di personale<br />
e delle liste di attesa che si allungano. Mentre aumentano<br />
le “cliniche liberate” e le iniziative di solidarietà dal basso<br />
testo di Nicola Zolin e Jacopo Ottaviani - foto di Nicola Zolin - da Atene<br />
Seduto nel suo ufficio al reparto di neurologia<br />
dell’ospedale Nikea del Pireo,<br />
Panogiotis Papanikolau accende una<br />
sigaretta dopo l’altra. «Questo accordo<br />
è una presa in giro. Sono preoccupato<br />
di ciò che accadrà». Cinque anni di austerità<br />
hanno messo in ginocchio il servizio sanitario<br />
greco e gli accordi post-referendum tra governo<br />
ellenico ed Eurogruppo non fanno che alimentare<br />
il timore che la situazione possa peggiorare<br />
ulteriormente.<br />
«Nel 2000 la Grecia si trovava al 14° posto nella<br />
classifica dell’Organizzazione mondiale della<br />
sanità», racconta Papanikolau. «Poi i tagli imposti<br />
dalla troika ci hanno fatto sprofondare». I<br />
soldi destinati ai servizi sanitari e agli ospedali<br />
sono diminuiti di anno in anno. Ad esempio,<br />
dal 2009 al 2011 i fondi per gli ospedali sono diminuiti<br />
del 25 per cento. Il personale che va in<br />
pensione non viene sostituito da nuovi assunti<br />
e gli ospedali sono sotto organico. «Solo in<br />
questo ospedale siamo sotto di 300 infermieri<br />
e 50 medici, ma se estendiamo il conteggio a<br />
tutta la Grecia servirebbero 20.000 infermieri<br />
e 5.000 medici» aggiunge. «Abbiamo una lista<br />
infinita di pazienti che aspettano cure oncologiche<br />
che non riusciamo a fornire. Noi medici<br />
viviamo questa tragedia ogni giorno che passa.<br />
Per questo la maggioranza dei lavoratori<br />
della sanità ha votato no al referendum del 5<br />
giugno». Ma il volere del popolo, per Papanikolau,<br />
non è stato rispettato: «L’unica soluzione<br />
rimasta sembra quella del Grexit. Dobbiamo<br />
uscire da una Unione Europea, che sembra<br />
sempre più una prigione medievale». Al piano<br />
terra dell’ospedale, intanto, una folla si raduna<br />
agli sportelli: sono persone che non hanno<br />
abbastanza denaro per acquistare in farmacia<br />
le medicine, in questo caso psicofarmaci, di<br />
cui hanno bisogno. Da circa un anno una legge<br />
permette agli ospedali di fornire medicinali<br />
gratuiti a chi, privo di assicurazione sanitaria,<br />
non se li può permettere.<br />
Secondo The Lancet - la prestigiosa rivista di<br />
medicina, che ha analizzato gli effetti devastanti<br />
dei tagli alla sanità nel Paese - i casi di<br />
depressione in Grecia dal 2008 al 2011 sono<br />
più che raddoppiati, dal 2011 al 2012 il fondo<br />
di assistenza per i pazienti con malattie mentali<br />
è stato tagliato del 55 per cento e dal 2007 al<br />
2011 i suicidi sono aumentati del 45 per cento.<br />
«Sono qui dalle otto di questa mattina» racconta<br />
Antonis, seduto sugli scalini dell’ospedale.<br />
«Talvolta rimaniamo ad attendere le medicine<br />
per sette ore e quando arriviamo allo sportello<br />
scopriamo che sono finite». Sempre più persone<br />
hanno difficoltà ad ottenere cure e farmaci.<br />
Secondo le ultime stime di The Lancet, sono<br />
almeno 800.000 i greci che non hanno accesso<br />
al sistema sanitario. «Non abbiamo né cibo né<br />
54 18 luglio 2015
George Vihas: «Abbiamo<br />
convertito una vecchia<br />
base Usa in disuso<br />
in una clinica aperta<br />
a tutti». In pochi mesi<br />
il sogno è diventato realtà<br />
e molti altri dottori sono<br />
arrivati a dar manforte<br />
lavoro. Abbiamo votato Oxi al referendum. Ma<br />
il nostro è un “no” a tutto quello che non funziona<br />
in questo Paese».<br />
Se da un lato la Grecia non riesce a gestire una<br />
crisi sempre più profonda del settore sanitario,<br />
le iniziative di solidarietà dal basso si moltiplicano.<br />
Più di cinquanta “cliniche libere” sono<br />
sorte da nord a sud, gestite da dottori, infermieri<br />
e farmacisti volontari, al fine di assistere<br />
chiunque non possa accedere a visite, analisi,<br />
cure e medicinali. «Dopo il primo memorandum<br />
ho visto i miei<br />
pazienti perdere il lavoro<br />
e l’assicurazione<br />
sanitaria» racconta<br />
il cardiologo George<br />
Vihas. «Volevo fare<br />
qualcosa per loro<br />
e con l’aiuto di un<br />
gruppo di colleghi ho<br />
fondato una clinica<br />
nel quartiere di Helliniko.<br />
Abbiamo convertito<br />
una vecchia base militare americana in<br />
disuso in una clinica aperta a tutti». In pochi<br />
mesi il sogno è diventato realtà e molti altri<br />
dottori sono arrivati a dar manforte. «Ho visto<br />
l’annuncio sul profilo Facebook di un amico»,<br />
racconta Katerina Mourtzopoulou, pediatra<br />
ateniese di 55 anni. «In questi anni noi medici<br />
abbiamo visto il nostro salario diminuire consistemente,<br />
ma non ci ho pensato due volte a<br />
mettermi a servizio della clinica». Katerina definisce<br />
il suo lavoro «un atto di fede» e sostiene<br />
che «se ognuno facesse la sua parte, anche piccola,<br />
la situazione migliorerebbe rapidamente<br />
per tutti». Tutte le medicine che arrivano<br />
alla clinica derivano da donazioni. Istituzioni<br />
private, persone che cambiano cura, famiglie<br />
di pazienti defunti che regalano i medicinali<br />
avanzati. «Alcuni farmaci, specialmente quelli<br />
contro il cancro, costano anche più di 2.000<br />
euro a confezione», spiega Maria Sideris, farmacista<br />
in pensione, ora al lavoro nella clinica<br />
libera di Helliniko, dove talvolta arrivano anche<br />
le richieste di medicinali di ospedali pubblici<br />
che momentaneamente non ne hanno.<br />
«Una delle scene che più mi ha colpito è quella<br />
di una signora di 54 anni che è venuta alla clinica<br />
con il seno tutto bendato. Non aveva soldi<br />
per pagarsi le cure e il cancro le stava uscendo<br />
dal petto. Grazie all’aiuto della clinica e<br />
alle medicine che ci vengono donate è ancora<br />
viva» racconta il fondatore della clinica George<br />
Vihas. «Dei trecento pazienti con il cancro che<br />
finora abbiamo assistito, il 70 per cento è arrivato<br />
in ritardo. Molti di loro potevano essere<br />
salvati se solo curati in tempo. Alcuni siamo riusciti<br />
a salvarli, ma per una ventina di loro non<br />
c’è stato nulla da fare».<br />
18 luglio 2015<br />
55
L’EUROPA DEI TEDESCHI<br />
SEMBRA UN CLUB PRIVÉ<br />
Il modo in cui i tedeschi hanno trattato la crisi greca rivela<br />
il loro progetto di Europa, e il fastidio per ciò che è non-germanico.<br />
Con tanti cari saluti al progetto federativo<br />
di Nadia Urbinati<br />
“A<br />
ccordo fatto”, titolano i giornali.<br />
La Grecia resta nell’euro. Ma<br />
l’Europa che la crisi Greca ha<br />
fatto emergere non assomiglia<br />
al progetto di Unione al quale<br />
avevano pensato Altiero Spinelli e Jean Monnet.<br />
E nemmeno al progetto di integrazione<br />
che con cinquant’anni di trattati, a partire da<br />
quello di Roma del 1957 fino a quello di Lisbona<br />
del 2007, si è imposto all’attenzione<br />
del mondo come un ambizioso tentativo di<br />
creare uno spazio geopolitico fra Stati, guerrafondai<br />
per secoli, e che ora, a memoria<br />
delle tragedie delle due guerre mondiali, promettevano<br />
di usare il diritto per interagire tra<br />
loro e l’accordo per risolvere i loro dissensi.<br />
L’arma del diritto e della trattativa invece di<br />
quella dell’aggressione e dell’umiliazione è<br />
stata la strategia che, nel solco dell’Illuminismo,<br />
l’Unione ha adottato e messo in pratica<br />
in questi decenni post-bellici. Una strategia<br />
che, vale la pena ricordarlo, si basa categoricamente<br />
sull’eguaglianza di considerazione<br />
dei partner - siano essi individui o popoli - e<br />
sul principio della reciprocità, di autonomia<br />
e rispetto. Su queste basi di cooperazione deliberativa<br />
e pubblica, senza sotterfugi o manovre<br />
segrete e senza secondi fini, si regge<br />
la pace nella libertà (e in prospettiva il patto<br />
federativo), secondo la visione illuminante di<br />
Immanuel Kant.<br />
Dobbiamo ricordare questi principi e queste<br />
promesse se vogliamo capire appieno la crisi<br />
europea che stiamo vivendo e il modo oltraggioso<br />
con il quale le istituzioni europee<br />
e la Germania stanno risolvendo il caso greco:<br />
una soluzione che ha il sapore antico del<br />
pregiudizio contro il mondo non-germanico,<br />
della rivincita dei virtuosi protestanti nordici<br />
contro i greco-latini, popoli dell’antico e del<br />
pre-moderno, da ammirare come un museo<br />
del passato, ma completamente inaffidabili e<br />
anacronistici perché inadatti a praticare l’etica<br />
protestante della responsabilità su cui si basa<br />
la fiducia e il diritto moderno. Il modo con il<br />
quale i tedeschi hanno trattato e trattano la<br />
crisi greca rivela il loro progetto di Europa, che<br />
assomiglia tanto a una riedizione moderna degli<br />
imperi centrali austro-tedeschi, un progetto<br />
che la grande Germania ha cercato di rimettere<br />
in moto dal momento della sua unificazione,<br />
dopo il 1990. Questa Unione Europea e quella<br />
nata con il Trattato di Roma hanno di diverso<br />
proprio questo: la prima contava su una Germania<br />
limitata, la seconda sente il peso di una<br />
Germania grande e che ha ricostruito il suo<br />
alone di potere a Nord e a Est, con stati alleati<br />
e satelliti, in funzione ora anti-Russa ora anti-<br />
Mediterranea. Si tratta di una riedizione di una<br />
storia vecchia e sempre attuale nel Vecchio<br />
continente, diviso, come già aveva scritto Montesquieu<br />
nel 1748, tra una libertà moderna nata<br />
56 18 luglio 2015
La Ue è destinata<br />
a diventare<br />
una camicia<br />
di forza per<br />
coloro che sono<br />
fuori dall’orbita<br />
tedesca.<br />
Spetterebbe<br />
a Italia e Francia<br />
cambiare<br />
le cose<br />
nelle foreste nordiche e una libertà antica nata<br />
e morta con le repubbliche antiche.<br />
E veniamo al presente, per comprendere in<br />
che senso esso sia una reinvenzione del passato.<br />
La figura più rappresentativa di questa<br />
germanizzazione dell’Europa è il ministro tedesco<br />
delle finanze, Wolfgang Schäuble, presentato<br />
come un figlio politico di Helmut Kohl<br />
e sincero europeista, e che ha tuttavia una visione<br />
decisamente centro-europea dell’Europa.<br />
Nel suo lobbismo per la Grexit ha messo<br />
in chiaro che egli non crede a una integrazione<br />
europea, ma a un’Europa a diverse velocità<br />
e in sostanza gerachicamente strutturata in<br />
relazione alla vicinanza di interesse e di cultura<br />
con la Germania. È per questa ragione<br />
che egli ha sponsorizzato una visione<br />
che sembrava fino a ieri un<br />
tabù: che l’appartenenza all’Europa<br />
è reversibile. Il che significa<br />
che l’Europa è a tutti gli effetti un<br />
club, anziché un’unione; un club<br />
per entrate nel quale, e per starci,<br />
è necessario accettare alcune regole<br />
stabilite dalla Kerneuropa e<br />
non egualmente costruite da tutti<br />
i partner europei.<br />
L’Europa come club, ecco la visione<br />
tedesca di Kerneuropa: il nucleo<br />
europeo rispetto al quale gli<br />
altri popoli sono periferici. Parte<br />
del “cuore” europeo non sono necessariamente<br />
i Paesi fondatori (vi<br />
è di che dubitare che vi figuri l’Italia) ma i Paesi<br />
vicini per cultura e interesse al centro propulsore,<br />
la Germania. Non è un caso se in questa<br />
drammatica vicenda greca la Germania abbia<br />
goduto del sostengo dei suoi tradizionali Paesi<br />
satelliti o alleati: dalla Filandia, le Repubbliche<br />
baltiche e la Slovenia, all’Olanda e l’Austria.<br />
Qui il Kerneuropa prende la configurazione<br />
geo-politica degli imperi centrali (non casualmente<br />
il settimanale Bild ha recentemente<br />
definito Angela Merkel la “cancelliera di ferro”,<br />
il nuovo Bismarck). Un esempio concreto<br />
vale a provare la veridicità di questo progetto<br />
pangermanico, quello del salvataggio della<br />
Carinzia. Il Land austriaco della Carinzia con<br />
un indebitamento da “caso Greco” ha chiesto<br />
e ottenuto dal governo federale austriaco lo<br />
stato di emergenza, condizione per l’accesso<br />
al finanziamento federale per ottenere prestiti<br />
a tasso agevolato, di fatto una ristrutturazione<br />
del debito. La Baviera ha accettato questa<br />
condizione di salvataggio per la Carinzia. E ora<br />
l’Austria è l’alleato di ferro della soluzione Grexit.<br />
Ma lo stesso trattamento di favore non riesce<br />
ad applicarsi alla Grecia. Perché? La ragione<br />
l’ha suggerita lo stesso Schäuble, quando<br />
ha avanzato l’ipotesi di un Grexit per cinque<br />
anni: non c’è “fiducia” nella Grecia. La fiducia<br />
non è la stessa cosa delle garanzie. La garanzia<br />
prefigura una condizione accertabile e quantificabile<br />
e riposa su una serie di fatti esistenti.<br />
La fiducia è invece un’attitudine psicologica,<br />
sorretta da un sostrato di valori morali ed etici<br />
condivisi, che mette in moto progetti e piani<br />
per il futuro. Per funzionare presume la messa<br />
in conto che gli stessi valori guidino i comportamenti<br />
dei partner. In sostanza, anche la fiducia<br />
riposa su garanzie: la certezza che qualche<br />
cosa in comune esiste nel modo di agire e<br />
comportarsi. E dire che manca la fiducia verso<br />
la Grecia equivale a riconoscere che il partner<br />
ellenico non è un partner perché non condivide<br />
la stessa Kultur, i principi etici che fungono<br />
da garanzia morale. Ecco perché, quali che siano<br />
le garanzie offerte dal governo di Atene, i<br />
tedeschi non si fidano nello stesso modo in cui<br />
si sono fidati della Carinzia. Qui siamo già fuori<br />
dell’Unione Europea perché siamo in un’Europa<br />
pantedesca.<br />
Per questo, fingere di stare lottando per difendere<br />
l’Unione Europea comincia ad avere poco<br />
senso, poiché l’Europa ha un diverso significato<br />
per i suoi stati membri. A meno che i Paesi<br />
fuori dall’alone tedesco (la Francia e l’Italia in<br />
primis) non si decidano a vedere questa nuova<br />
Europa che si sta profilando dietro l’ordoliberalismo<br />
germanico - ovvero un neo-liberalismo<br />
per il bene di una nazione o di un’area<br />
nazionale - l’Unione Europea è destinata a diventare<br />
come una camicia di forza per coloro<br />
che sono fuori dell’orbita tedesca. Spetta quindi<br />
agli altri Paesi fondatori dell’Unione, alla<br />
Francia e all’Italia, costringere la Germania e i<br />
suoi alleati a rivedere le loro mire egemoniche.<br />
Ci sarebbe bisogno di leader visionari per sfoderare<br />
tanto coraggio.<br />
18 luglio 2015<br />
57
<strong>MA</strong>RTIN SCHULZ, L’UOMO<br />
CHE IMBARAZZA I SOCIALISTI<br />
Il padre poliziotto, la madre militante della Cdu. Ultimo di cinque<br />
figli, aderisce alla Spd appena maggiorenne. Ecco come<br />
Martin Schulz è diventato l’uomo che difende i tecnocrati<br />
di Stefano Santachiara<br />
Da quel Kapò che lo trasformò, nel 2003,<br />
in martire iconoclasta di Silvio Berlusconi,<br />
per Martin Schulz è stata un’ascesa<br />
continua sino alla presidenza<br />
dell’Europarlamento. Oggi però tocca<br />
a lui difendersi dall’accusa di conflitto d’interessi,<br />
quelli della Germania anteposti ai Paesi<br />
che rappresenta con suo incarico. In occasione<br />
del referendum greco infatti Schulz ha<br />
perduto l’immagine super partes: prima del<br />
voto, schierandosi nel tentativo di far cadere il<br />
governo Tsipras, e poi annunciando un drammatico<br />
e allarmistico «piano di aiuti umanitari<br />
per pensionati, bambini, gente comune».<br />
Le note dichiarazioni di Schultz dipendono<br />
da interessi economici ed elettorali ma sono<br />
innanzitutto volte ad impedire ogni progetto<br />
alternativo di Europa. E se l’Spd, il più antico<br />
partito socialdemocratico, perlomeno dalla<br />
caduta del Muro adempie alla funzione storica<br />
di legittimare l’involuzione antropologica<br />
della sinistra, Schulz, pur privo di esperienza<br />
di governo, incarna il Cerbero dell’austerity e<br />
il Caronte della terza via neoliberale che si è<br />
consolidata nelle larghe intese in Germania,<br />
Italia e soprattutto in Eurozona. Secondo la logica<br />
della governamentalità liberale, il capitalismo<br />
finanziario, apolide, adopera trattati, patti<br />
di stabilità e prestiti per imporre tagli sociali,<br />
tasse e privatizzazioni. Il fronte che vi si oppone<br />
da sinistra ora si sta allargando dopo l’affermazione<br />
di Syriza e la crescita di Podemos<br />
in Spagna. Ben si comprende dunque come<br />
la richiesta di dimissioni di Schulz avanzata<br />
da nove europarlamentari di Gue/Ngl assuma<br />
un valore intrinseco al di là della parzialità del<br />
presidente. Discorso analogo per le posizioni<br />
di chi, nel milieu socialdemocratico, sta rimettendo<br />
al centro la politica. Massimo D’Alema,<br />
ad esempio, ha definito il piano di prestiti ad<br />
Atene un favore alle banche creditrici, denunciando<br />
il rischio di una «compressione di salari,<br />
consumi e diritti dei lavoratori» (ulteriore,<br />
aggiungiamo noi) qualora l’Unione non si dotasse<br />
di nuovi meccanismi. È presto per parlare<br />
di rinascita della weltanschauung di sinistra<br />
ma queste analisi colgono il mainstream in<br />
contropiede, per usare il gergo calcistico caro<br />
a Schulz e al fedele Renzi.<br />
Nato nel 1955 a Hehlrath, paesino della Vestfalia<br />
al confine con Olanda e Belgio, Martin non<br />
è un semplice tifoso del Colonia ma un calciatore<br />
che ha appeso le scarpette al chiodo dopo<br />
un infortunio al ginocchio. Studente modello e<br />
poliglotta, dopo il ginnasio Schulz gestisce una<br />
libreria. I testi che predilige, vale a dire i saggi<br />
dello storico Eric Hobsbawm e Il Gattopardo,<br />
danno il senso di una realpolitik che forse interiorizza<br />
già in famiglia. Il retroterra di sinistra<br />
è quello del padre Paul, poliziotto e figlio di un<br />
minatore, mentre la madre Clara fonda la sezione<br />
locale della Cdu. Martin Schulz, ultimo di<br />
58 18 luglio 2015
Il guardiano<br />
dei tecnocrati<br />
nel suo libro<br />
Il gigante<br />
incatenato<br />
celebra<br />
l’inefficacia<br />
della spending<br />
review. Poi però<br />
plaude Monti,<br />
Letta e Renzi<br />
cinque figli, aderisce alla Spd appena maggiorenne<br />
e a 31 anni viene eletto sindaco di Würselen,<br />
40mila abitanti nella Renania settentrionale.<br />
A Strasburgo entra nel 1994, lavora dietro le<br />
quinte nelle commissioni su diritti dell’uomo,<br />
libertà civili e affari interni fintanto che, nove<br />
anni dopo, assurge a vittima della nota gaffe di<br />
Silvio Berlusconi.<br />
Il Cavaliere, colto nel vivo dell’oligopolio televisivo<br />
e delle amicizie mafiose, suggerisce il collega<br />
tedesco «per il ruolo di Kapò in un film sui<br />
campi di concentramento nazisti». La zuffa fa<br />
sparire dall’aula il dibattito su globalizzazione<br />
e ingiustizie sociali; in Italia, nello stesso periodo,<br />
la lotta della Cgil di Sergio Cofferati contro<br />
l’abolizione dell’articolo 18 viene occultata dalla<br />
questione morale.<br />
Mentre Schulz sale dalla presidenza del gruppo<br />
Spd a quella dei socialisti europei, in Germania<br />
l’esecutivo di Gerhard Schröder si scontra<br />
coi sindacati per l’introduzione dei mini-job,<br />
lavori precari e pagati al massimo 450 euro al<br />
mese. Le produzioni qualitative e le esportazioni,<br />
già favorite dal cambio del marco, crescono<br />
sull’onda di investimenti anche in settori come<br />
la green economy. La chiave di volta che manca<br />
al resto dell’Eurozona risponde al nome di Kfw,<br />
banca pubblica tenuta fuori dal perimetro del<br />
bilancio federale. Schulz bolla di estremismo<br />
chiunque osi mettere in discussione il sistema<br />
e si muove come un Giano bifronte. In patria<br />
la postura è quella del rigore intransigente,<br />
come se gli eurocrati non avessero chiuso un<br />
occhio sui trucchi contabili della Grecia all’epoca<br />
dell’ingresso nella moneta unica. Schulz<br />
mostra il volto dialogante nel Belpaese, dove è<br />
insignito del titolo di Cavaliere di Gran Croce,<br />
difendendo l’operato del dimissionario governo<br />
Monti «che non ha colpa nella crisi odierna»<br />
e del successore Enrico Letta.<br />
Le affinità elettive sono però quelle con Matteo<br />
Renzi. Nel marzo 2007 il presidente della<br />
Provincia di Firenze respinse l’invito di Schulz<br />
nella famiglia socialista europea: «La costruzione<br />
del percorso internazionale del Pd richiede<br />
pazienza e collaborazione, non certo<br />
annessioni e abiure». Pare una vita precedente.<br />
Sette anni dopo Renzi cambia verso completando<br />
la trasmigrazione dei centristi seduti<br />
sui banchi di Ppe e liberali. Nel febbraio 2014,<br />
mentre la Direzione Pd sta per dare il benservito<br />
al premier Letta, il rottamatore annuncia<br />
il matrimonio con il Pse. Al Congresso di Roma<br />
il partito dei socialisti aggiunge la denominazione<br />
democratici su proposta della renziana<br />
Federica Mogherini e candida Schulz alla<br />
presidenza della Commissione. La vittoria dei<br />
popolari alle Europee però premia Jean Claude<br />
Juncker, che da neocommissario lancia un<br />
piano di investimenti ancora da decifrare. In<br />
nome del contrasto ai “populismi” Ppe e Pse<br />
cementano l’alleanza rinnovando Schulz alla<br />
presidenza. Il guardiano della tecnocrazia, nel<br />
libro Il Gigante incatenato, si dice solidale verso<br />
i Pigs, ammettendo l’aumento della disoccupazione<br />
e l’inefficacia della spending review.<br />
Intanto celebra le riforme di Renzi «dall’amministrazione<br />
alle riforme costituzionali, dal<br />
sistema giudiziario alle istituzioni», e continua<br />
a vagheggiare investimenti extra-bilancio per<br />
l’Italia. L’interpretazione del good cop con la<br />
bad cop Merkel prosegue fino a quando il referendum<br />
greco rimette in discussione tutto,<br />
compresa l’idea di Europa.<br />
18 luglio 2015<br />
59
© Thibault Camus/Ap Photo<br />
60 18 luglio 2015
L’ITALIA DI RENZI?<br />
GRANDE ASSENTE<br />
Roma non decide sui dossier più scottanti, dalla Grecia<br />
all’Ucraina. Il nostro presidente del Consiglio sembra<br />
il protagonista di una puntata di Chi l’ha visto, in eurovisione<br />
di Umberto De Giovannangeli<br />
L’<br />
impegno certo non manca, neanche<br />
i buoni propositi. Ma, per il resto,<br />
potrebbe essere il soggetto di una<br />
puntata straordinaria di Chi l’ha<br />
visto di Federica Sciarelli. Una puntata<br />
in eurovisione. Protagonista è l’uomo<br />
di Palazzo Chigi, il giovane leader talmente<br />
sicuro di sé da proclamare che avrebbe fatto<br />
“cambiare verso” all’Europa iper-rigorista<br />
targata Angela Merkel, trascinando con sé<br />
l’inquilino dell’Eliseo, François Hollande,<br />
con la benedizione dell’amico della Casa<br />
Bianca, Barack Obama, che poi tanto amico<br />
non lo è visto che sul disastroso programma<br />
d’acquisto degli F-35 non ha fatto sconti<br />
(con gli altri quattro aerei ordinati, salgono<br />
a 14 i velivoli acquistati dall’Italia) e sull’Afghanistan<br />
ha preteso la permanenza dei<br />
militari italiani ben oltre il 2015. Si arrabbia,<br />
Matteo Renzi, prova a giocare all’attacco, a<br />
evocare un’Europa solidale e non egoista,<br />
pronuncia discorsi nel miglior stile “obamiano”,<br />
nel suo tour africano, ma purtroppo<br />
i fatti non sono all’altezza dei propositi,<br />
perché i fatti stanno a testimoniare che l’Italia<br />
non decide e sui dossier più scottanti<br />
(l’Ucraina, la Grecia, il nucleare iraniano...)<br />
non è richiesta la nostra opinione. Il semestre<br />
di presidente italiana dell’Unione europea<br />
non ha lasciato traccia, quanto poi alla<br />
sbandierata conquista della poltrona di Alto<br />
rappresentante per la politica estera dell’Ue,<br />
andata alla diligente quanto politicamente<br />
impalpabile Federica Mogherini, beh, su<br />
questo, per carità di patria, è meglio stendere<br />
un velo pietoso. Chiede, e a ragione, maggiore<br />
collegialità, il premier italiano, a cominciare<br />
dalla “Questione greca” ma anche<br />
stavolta niente da fare, al vertice Hollande-<br />
Merkel non c’è posto per lui, neanche uno<br />
strapuntino. E così, all’inquilino di Palazzo<br />
Chigi non resta che avvertire “frau Merkel”<br />
e il socialista in assenza di prove, François<br />
Hollande che: «L’Europa senza la Grecia è<br />
impensabile». Peccato che a pensarci sono<br />
in tanti a Berlino e nei Paesi satelliti della<br />
Grande Germania. Resta la rivendicazione<br />
di un ruolo da protagonisti nel Mediterraneo.<br />
Richiesta legittima, da parte italiana,<br />
ma che se dovesse concretizzarsi soltanto<br />
nella nomina di un ammiraglio italiano a<br />
capo di una flotta che dovrebbe combattere<br />
gli scafisti, il massimo (!) che potrebbe ottenere<br />
è rispedire indietro, e cioè nei gironi<br />
infernali di Libia, Somalia, Eritrea, Iraq, Nigeria,<br />
Siria, Afghanistan», migliaia di disperati.<br />
Un risultato che farebbe felice l’altro<br />
Matteo: Salvini. Lasciamo da parte le pole-<br />
18 luglio 2015<br />
61
In apertura, Parigi, 6 luglio. Il<br />
presidente francese François Hollande<br />
con la Cancelliera tedesca Angela<br />
Merkel alla conferenza stampa sulla<br />
crisi greca. A destra, Sharm el Sheikh<br />
(Egitto), 13 marzo. Il premier Matteo<br />
Renzi con il presidente egiziano al-Sisi<br />
Nel mondo arabo<br />
il nostro alleato<br />
è il presidente<br />
egiziano al-Sisi<br />
che ha riempito<br />
le carceri<br />
di oppositori<br />
e tratta centinaia<br />
di blogger<br />
come pericolosi<br />
eversori<br />
miche interne, quelle di un Paese in campagna<br />
elettorale permanente: la politica estera<br />
è, o meglio dovrebbe essere cosa troppo<br />
seria per essere immiserita dallo stanco<br />
gioco delle battute e dei colpi bassi da talk<br />
show di quart’ordine. E allora sarebbe bene,<br />
anche per Renzi, prestare ascolto a queste<br />
considerazioni: «Il quadro che si compone<br />
è dunque quello di una politica difforme e<br />
frammentata, nella quale buoni risultati si<br />
accompagnano ad alcuni limiti, a una confusa<br />
azione internazionale e a un’inadeguata<br />
o appena sufficiente performance in altri<br />
ambiti». Come per esempio il “ruolo dell’Italia<br />
in Europa”. A sostenerlo non è qualche<br />
bastian contrario, magari pentastellato o<br />
coalizzatore sociale, ma il ben più moderato,<br />
anche nell’uso delle parole, Ispi, Istituto<br />
per gli studi di politica Internazionale.<br />
Le conclusioni del<br />
report sono più che deludenti:<br />
«Nonostante il timore per le minacce<br />
internazionali l’Italia non<br />
sembra in grado di dettare una<br />
propria linea nel quadro della<br />
governance europea». Sia chiaro:<br />
non è la buona volontà che<br />
manca. Né, a volte, propositi<br />
positivamente bellicosi. Ormai<br />
si è perso il conto delle volte in<br />
cui Matteo Renzi ha twittato,<br />
dichiarato, centrato interviste e<br />
conferenze stampa, sostenendo<br />
che la sua “mission possible” era lanciare la<br />
sfida all’Europa sull’austerità. Peccato che<br />
nessuno, nelle cancellerie che contano, lo<br />
abbia assecondato. La risposta, in tedesco,<br />
è sempre stata la stessa: «Dovete rispettare<br />
il Patto di stabilità». Punto e a capo.<br />
Quanto al fronte interno, non sono da meno<br />
quanti avevano pure plaudito il premier per<br />
misure adottate in economia (leggi Jobs act).<br />
«È demoralizzante vedere che quando fanno<br />
i vertici che contano non ci invitano più»,<br />
annota Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria.<br />
E ancora. L’ex capo della “Ditta”,<br />
Pier Luigi Bersani, non ha nulla, ma proprio<br />
nulla, dell’estremista di sinistra, né, va a suo<br />
merito, è animato da spirito di vendetta. Per<br />
questo, valgono ancora di più le sue considerazioni<br />
rilasciate a Repubblica, quando<br />
l’ex segretario Pd annota che in Grecia «hanno<br />
vinto i poveracci, i giovani senza lavoro,<br />
i disoccupati, gli studenti che stavano con<br />
il No. Questo alla sinistra dovrebbe bastare,<br />
perché è il nostro popolo». E nella gestione<br />
della crisi greca sarebbe «meglio un’uscita a<br />
sinistra», visto che «Tsipras chiede più Europa,<br />
più solidarietà, a differenza della Le Pen<br />
che in Francia chiederebbe meno Europa e<br />
meno solidarietà». E con chi chiede questo,<br />
è il corollario politico, ci si prova ad alleare<br />
e non gli si fa la guerra, finendo così, volenti<br />
o nolenti, a schierarsi con la Germania, che<br />
annovera tra i ministri che più contano, il titolare<br />
delle Finanze, Wolfgang Schäuble, capofila<br />
della linea durissima, sostenitore del<br />
default della Grecia, che più che a un governo<br />
intende impartire una lezione<br />
a un popolo intero. E magari<br />
dopo quello greco, il prossimo<br />
popolo da “educare” potrebbe<br />
essere quello italiano. Renzi ne<br />
prende coscienza ed ecco che<br />
vira a “sinistra” con «un’Europa<br />
senza la Grecia è impensabile».<br />
Quanto poi al sostegno europeo<br />
all’Italia nell’affrontare l’emergenza<br />
migranti e sostenere la<br />
“guerra” agli scafisti, non si può<br />
certo definire un successo la decisione,<br />
assunta dal vertice Ue<br />
del 23 aprile scorso, di triplicare<br />
i fondi per l’operazione Triton, visto che si<br />
è partiti da una base ridicola, rispetto alla<br />
cifra spesa con l’operazione Mare Nostrum,<br />
ovvero 2.9 milioni di euro al mese contro i<br />
10 milioni della missione voluta dal governo<br />
di Enrico Letta. In pratica, un milione di<br />
euro in meno. E questo apre il capitolo più<br />
dolente, quello che investe l’area su cui il<br />
nostro Paese, per collocazione geopolitica<br />
e per interessi nazionali, avrebbe dovuto<br />
esercitare una funzione di leadership: il Mediterraneo<br />
e il Vicino Oriente. Il semestre di<br />
presidenza italiana dell’Ue, anche alla luce<br />
dei drammatici avvenimenti che continuano<br />
a sconvolgere quella Regione, avrebbe<br />
potuto determinare uno spostamento a Sud<br />
delle politiche dell’Unione - vista anche la<br />
62 18 luglio 2015
© Ansa<br />
perdurante emergenza immigrazione - rimarcando<br />
così quella “vocazione mediterranea”<br />
che ha rappresentato il meglio della<br />
nostra politica estera. Questo salto di qualità<br />
semplicemente non è esistito. «Il mondo<br />
ha fame d’Italia», è solito ripetere Matteo<br />
Renzi. Se è così, nella tragedia dei migranti<br />
non lo ha dato a vedere. A meno che di quel<br />
“mondo che ha fame”, non facciano parte, o<br />
non abbiano diritto a essere iscritti, i milioni<br />
di esseri umani che hanno fame di vita e che<br />
dall’Europa, ma anche dall’Italia, vengono<br />
rifiutati. I fatti non sono stati all’altezza delle<br />
parole. E ciò che conta, in politica estera,<br />
sono i primi non le seconde. Ma anche le parole<br />
pesano, eccome se pesano. Soprattutto<br />
quando evocano scenari di guerra, di operazioni<br />
di “polizia internazionale”, che lasciano<br />
intendere tutto e niente. Come la “guerra<br />
agli scafisti”, a cui ha fatto accenno più volte<br />
il premier italiano. Chi e come dovrebbe fare<br />
questa guerra? Con quali mezzi: i droni, le<br />
portaerei? E sotto quale egida? E chi dovrebbero<br />
essere i nostri interlocutori in un Paese,<br />
la Libia, dove esistono due governi, due parlamenti,<br />
oltre 200 milizie in armi, 150 tribù<br />
in lotta tra loro, oltre che bande di trafficanti<br />
di esseri umani dotati di armi sofisticate,<br />
tirate via dagli arsenali del fu Colonnello<br />
Gheddafi? Un alleato nell’area l’abbiamo<br />
individuato: il generale-presidente dell’Egitto,<br />
Abdel Fattah al-Sisi che ha riempito<br />
le carceri di oppositori, messo al bando la<br />
Fratellanza musulmana e trattato centinaia<br />
di giovani blogger come pericolosi eversori<br />
(sostenere Il Gendarme delle Piramidi, peraltro,<br />
ci è già costato un attentato al tritolo<br />
contro il Consolato italiano al Cairo).<br />
Renzi ha dimostrato di essere abile, spregiudicato,<br />
determinato quando vuole, capace<br />
di prendere anche decisioni opportune<br />
(l’ingresso del Pd nel Pse, ad esempio) e allora<br />
accetti un consiglio spassionato: in Europa<br />
non s’improvvisa, e un sano esercizio<br />
di umiltà è sintomo d’intelligenza. E come<br />
tale va coltivato, con grande cura. Puntando<br />
sulle “colombe” e non cercando spazio tra i<br />
“falchi”, che poi misurando gli italici artigli<br />
(spuntati) sempre una misera terza fila gli<br />
assegnerebbero.<br />
18 luglio 2015<br />
63
<strong>TROIKA</strong>, LISBONA HA<br />
GIÀ VISTO QUESTO FILM<br />
Dopo tre anni di “cura” a base di austerità, debiti<br />
e disoccupazione restano. E anche in Portogallo<br />
c’è chi chiede un referendum per uscire dall’Eurozona<br />
di Tiziana Barillà<br />
La chiamano «liberazione<br />
dalla sottomissione all’euro».<br />
Dopo tre anni di “cura”<br />
della Troika e quando<br />
mancano meno di tre mesi<br />
alle prossime elezioni, il Portogallo<br />
torna all’attacco per voce dei comunisti.<br />
Il loro segretario Jerónimo de Sousa<br />
annuncia che il Pcp (60mila iscritti<br />
e il 12,69% alle ultime Europee) ha inserito<br />
l’uscita dall’Eurozona nel programma<br />
elettorale del suo partito: «La<br />
soluzione migliore sarebbe la dissoluzione<br />
dell’Unione economica e monetaria.<br />
Ma l’uscita non può essere un<br />
atto improvviso o un’avventura», ammette,<br />
e le «contraddizioni, esitazioni<br />
e cambiamenti delle istituzioni europee<br />
nei confronti del governo Tsipras<br />
dimostrano che non sono preparati<br />
all’uscita di un Paese». Se uscire o no,<br />
insomma, lo decidano i portoghesi,<br />
avverte il segretario: attraverso un referendum,<br />
oppure ci penserà il futuro<br />
governo. Alla cui guida la sinistra radicale<br />
si candida contro l’attuale centrodestra<br />
dei popolari e socialdemocratici<br />
di Pedro Passos Coelho, longa<br />
manus della Troika e delle politiche di<br />
austerità a Lisbona; e anche contro i<br />
socialisti del sindaco lisboeta António<br />
Costa, trionfatori delle ultime Europee<br />
(primi con il 31,4%) e moderatamente<br />
critici verso l’austerità.<br />
I muri di Lisbona, Porto e delle altre<br />
città sono tappezzati di manifesti che<br />
chiedono un referendum popolare<br />
per reclamare la fuoriuscita dall’Eurozona<br />
e il ritorno alla moneta nazionale,<br />
lo scudo. Insomma, l’Oxi infiamma<br />
sì l’orgoglio dei creditori sempre più<br />
duri al tavolo con la Grecia di Tsipras,<br />
ma radicalizza anche le posizioni in<br />
quei Paesi che alla Grecia si sentono<br />
legati da un destino comune. Come<br />
il Portogallo. È evidente, secondo de<br />
Sousa: «Quanto accade in Grecia dà<br />
ragione alla nostra proposta». Cosa<br />
vogliono? I comunisti chiedono di<br />
rinegoziare il valore nominale del debito<br />
con la sua riduzione di almeno il<br />
50%, e di estendere i termini di pagamento<br />
degli interessi. Poi, sollecitano<br />
il ritorno immediato al controllo<br />
pubblico delle banche e, a partire dal<br />
2016, l’aumento del salario minimo<br />
da 505 ad almeno 600 euro.<br />
Il Portogallo ha già conosciuto la<br />
“cura” di austerità, con un piano di<br />
salvataggio da 78 miliardi ripagato in<br />
tre anni, con tanto di lodi di Angela<br />
Merkel: «Ha imparato a camminare<br />
con le proprie gambe, adottando misure<br />
per ristrutturare le proprie finanze».<br />
Ripagato in moneta, ma anche in<br />
riforme: del mercato del lavoro, del<br />
sistema fiscale, delle liberalizzazioni<br />
in molti settori.<br />
«Un buon allievo», lo ha definito il Wall<br />
Street Journal, che sotto la guida del<br />
centrodestra ha tagliato, tassato e riorganizzato.<br />
Dritto come un treno, attraversando<br />
indenne anche una dura<br />
crisi politica del suo governo, a luglio<br />
di due anni fa, nel pieno della “cura”,<br />
quando anche i socialisti chiedevano<br />
elezioni anticipate. Crisi risolta con la<br />
svolta a destra del governo lusitano e<br />
la nomina del leader popolare Paulo<br />
Portas a vicepremier, il più a destra<br />
nella coalizione del governo conservatore<br />
di Lisbona. Due anni dopo, il<br />
primo ministro Passos Coelho insiste<br />
nel sostenere che il Portogallo sia ormai<br />
fuori pericolo. Non è affatto d’accordo<br />
de Sousa: «Si è cercato di con-<br />
64 18 luglio 2015
© Francisco Seco/AP Photo<br />
vincere la gente che abbiamo pagato<br />
tutti i debiti, ma non è vero. Il nostro<br />
debito è ancora insostenibile come<br />
quello greco. La disoccupazione continua<br />
a crescere, cosi come la povertà<br />
e le differenze sociali. Condividiamo<br />
gli stessi problemi strutturali della<br />
Grecia. Oggi il Paese non sta meglio e<br />
i sacrifici non sono valsi la pena», avvisa<br />
de Sousa: «Il Portogallo è molto<br />
più vulnerabile di prima, più fragile<br />
economicamente, con meno risorse<br />
e strumenti». Anche per le agenzie di<br />
Il leader comunista de Sousa:<br />
«La soluzione migliore<br />
sarebbe la dissoluzione<br />
dell’Unione economica<br />
e monetaria. Ma l’uscita non<br />
può essere un’avventura»<br />
rating, il Portogallo rimane un Paese<br />
vulnerabile, nonostante i miglioramenti<br />
è ancora valutato come «junk<br />
rating» (ad alto rischio). Non solo,<br />
l’indebitamento del settore privato e<br />
societario è molto alto e questo vuol<br />
dire che le aziende stanno ancora<br />
lottando per ristrutturare i bilanci e<br />
trovare nuovi capitali per gli investimenti.<br />
Infine, il credito continua a<br />
contrarsi: le famiglie e le imprese che<br />
lavorano sul mercato interno faticano<br />
ancora a ottenere prestiti e mutui,<br />
mentre chi esporta, spiega la Banca<br />
nazionale lusitana, riesce a ottenere<br />
finanziamenti bancari. Insomma, il<br />
Portogallo resta un Paese impoverito.<br />
Il suo debito supera ancora il valore<br />
prodotto dalla sua economia: l’indebitamento<br />
delle famiglie è al 130%, il<br />
rosso nelle casse dello Stato è passato<br />
dal 94% del Pil del 2010 al 126,7%<br />
del 2014. Infine, rileva l’Eurostat, la<br />
disoccupazione è calata ma non riesce<br />
a scendere al di sotto della soglia<br />
del 15%.<br />
Prestito internazionale e riforme<br />
dettate dalla Troika hanno contribuito<br />
a una certa ripresa economica, ma<br />
per molti portoghesi lo hanno fatto<br />
a costo di un’ingerenza eccessiva, se<br />
non di un asservimento. Cosa che mal<br />
si addice allo Stato sovrano più antico<br />
d’Europa.<br />
L’EUROZONA SPACCA<br />
LA SINISTRA<br />
La sinistra portoghese non è<br />
cosa semplice da raccontare.<br />
Tanto più se vista da Bruxelles.<br />
Ci sono i comunisti portoghesi<br />
- quelli del Pcp, fondato nel 1921,<br />
che conta circa 60mila iscritti ed è<br />
radicato nel sud agricolo del Paese -<br />
critici da sempre: prima verso l’eurocomunismo<br />
di Berlinguer e Carillo<br />
e poi verso la formazione del<br />
Partito della Sinistra europea. Alleati<br />
dei Verdi dal 1987, con la Coalizione<br />
democratica unitaria (Cdu)<br />
alle scorse Europee raggiungono<br />
il 12,64% eleggendo tre europarlamentari,<br />
tutti comunisti e iscritti al<br />
Gue/Ngl. Poi, c’è il Bloco de esquerda<br />
(Be), nato nel 1999 dalla fusione<br />
di partiti minori di estrazione comunista<br />
e socialista trotzkista. Con<br />
circa 7mila iscritti, nel 2014 raggiunge<br />
il 4,56% ed elegge un’eurodeputata:<br />
Marisa Matias, che siede<br />
nelle fila del Gue/Ngl e aderisce al<br />
Partito della Sinistra europea.<br />
Anche il Be, vicino tanto a Syriza<br />
quanto ai cugini spagnoli di Podemos,<br />
ha posizioni dure contro l’Europa<br />
della troika, ma non al punto<br />
da invocarne l’uscita. «Quando il<br />
governo portoghese resta al fianco<br />
di chi ricatta la Grecia, quando il<br />
governo portoghese rimane al fianco<br />
di chi sta lavorando affinché la<br />
Grecia esca dall’euro, sta lavorando<br />
contro il nostro stesso Paese», dice<br />
Catarina Martins, la portavoce del<br />
Be. «È l’Europa della punizione per<br />
chi osa non seguire le indicazioni<br />
della Germania. E Passos Coelho ha<br />
deciso di stare dalla parte della Germania».<br />
Europeisti, seppur critici i<br />
bloquisti sembrano più preoccupati<br />
da un’eventuale uscita che dalla<br />
permanenza: «Il Portogallo - avverte<br />
Martins - sarà il Paese che più velocemente<br />
e con più forza subirà le<br />
conseguenze della crisi economica<br />
che ciò potrebbe causare». t.b.<br />
18 luglio 2015<br />
65
Un concerto<br />
per salvare il Pianeta<br />
© Britta Pedersen/Ansa/Epa<br />
Dal 30 novembre all’11 dicembre a<br />
Parigi le Nazioni Unite si riuniranno<br />
per la Climate Change Conference. Lo<br />
stesso farà l’associazione 350.org con<br />
la nuova edizione di Pathway to Paris<br />
che ospiterà a Le Trianon una conferenza<br />
sullo stesso tema. Ospiti, oltre a<br />
relatori di spicco come Bill McKibben,<br />
Naomi Klein e Vandana Shiva, anche<br />
Thom Yorke, cantante dei Radiohead,<br />
Flea, Patti Smith e Dhani Harrison. Il<br />
fine ovviamente è sensibilizzare anche<br />
con la musica l’opinione pubblica<br />
sull’emergenza climatica. I biglietti<br />
saranno in vendita da settembre sul<br />
sito 350.org. Nel frattempo per i fan<br />
dei Radiohead ottime notizie, dopo<br />
che Yorke si è divertito ha comporre<br />
“Subterranea”, una canzone lunga 18<br />
giorni, la band è di nuovo in studio di<br />
registrazione. Giorgia Furlan<br />
18 luglio 2015<br />
67
La donna e l’identità<br />
della sinistra<br />
Il No del popolo greco mette in gioco l’identità dell’Europa<br />
e della sinistra. Ma è necessario superare la razionalità<br />
del logos occidentale e del comunismo<br />
di Gianfranco De Simone *<br />
na figura di donna di un antico<br />
mito di Europa emerge dal blu<br />
di una copertina che senza figura,<br />
con i colori parla di un’altra<br />
immagine femminile. Era su Left<br />
dell’altra settimana con la scritta<br />
“La rivolta. Il No della Grecia costringe<br />
a ripensare l’Europa e la Sinistra”. Penso<br />
alle parole di Albert Camus e all’azzardo del suo<br />
nuovo cogito: «Io mi rivolto, dunque noi siamo».<br />
Il no del popolo greco mette in gioco l’identità<br />
dell’Europa, l’identità della sinistra? Di<br />
sicuro il debito che noi abbiamo con la cultura<br />
greca è l’idea della democrazia. In quel gesto<br />
di Tsipras di dare la parola al popolo e nella risposta<br />
collettiva rivive lo spirito della polis. C’è<br />
da chiedersi se quel gesto parli anche di qualcos’altro,<br />
qualcosa che il logos greco escludeva<br />
dalla polis: un movimento irrazionale che ha<br />
portato al No poetico di un popolo che ha trovato<br />
ed espresso in quel no vittorioso il germe<br />
di un’identità non razionale. «Mi hanno preso<br />
le tasche - urla composta una donna di Atene -<br />
ma non la mente e il cuore».<br />
Al di là di come andranno le vicende della Grecia<br />
nell’Eurozona, ci troviamo davanti a un fatto<br />
nuovo nella sinistra: il marxista Tsipras è apparso<br />
l’eroe per un giorno di una rivolta irrazionale<br />
che ha reso più feroce la reazione calcolata con<br />
freddezza di coloro che lo vogliono eliminare<br />
insieme al suo popolo disordinato, incapace di<br />
far quadrare i conti.<br />
La storia ci ha insegnato che il logos non crea<br />
alcun movimento nella realtà umana, che basa<br />
la sua identità sul tenere fuori dalla coscienza<br />
ciò che sotto e senza la coscienza tende a muoversi,<br />
a venir fuori e lo blocca come dinamismo<br />
caotico distruttivo per l’ordine razionale.<br />
Oggi, ma ormai da sessanta anni, un pensiero<br />
nuovo ci invita alla rivolta mostrando che nel<br />
prerazionale c’è un movimento che è quello<br />
della vita umana, che inizia alla nascita e che,<br />
anche quando viene bloccato o distrutto dalla<br />
morsa di ragione e anaffettività, quel movimento<br />
può essere ricreato in un rapporto irrazionale.<br />
Il no di un singolo al logos occidentale ha aperto<br />
una ricerca sull’evoluzione e sui movimenti<br />
della mente umana e si è aperto al confrontoscontro<br />
con una collettività che quaranta anni<br />
fa aveva fallito la lotta al superamento del comunismo<br />
cercando una libertà senza identità.<br />
La “troika” di comunismo, esistenzialismo,<br />
68<br />
18 luglio 2015
18 luglio 2015<br />
69
freudismo aveva trascinato molti in una rivolta<br />
sciancata che ha finito per lasciare la sola libertà<br />
di scegliere la stampella del sostegno religioso o<br />
quella dell’identificazione col padre; di seguire<br />
la credenza di uno spirituale salvifico o muoversi<br />
soltanto nel rapporto con la realtà materiale.<br />
Religione e Ragione uniti nel salmodiare: ormai<br />
solo un Padre ci può salvare. Il logos occidentale<br />
impose la sua identità razionale allontanando le<br />
figure della mitologia che avevano raccontato il<br />
mondo con immagini senza rapporto con la realtà.<br />
I concetti sulla natura, fatti allontanando le<br />
immagini, erano costruiti da un pensiero razionale<br />
che lontano dagli affetti del corpo, avrebbe<br />
dovuto portare alla scienza invece portò solo<br />
alla filosofia. All’amore per il pensiero razionale<br />
e tutto ciò che era simile a se stesso (philia). Un<br />
pensiero che ha condannato l’irrazionale, ciò<br />
che non è ragione, a non essere pensiero, perché<br />
considerato diverso da se<br />
stesso, incapace di conoscenza<br />
La “troika”<br />
di comunismo,<br />
esistenzialismo,<br />
freudismo aveva<br />
trascinato molti<br />
in una rivolta<br />
sciancata che<br />
ha finito per<br />
lasciare la sola<br />
libertà di scegliere<br />
la stampella<br />
del sostegno<br />
religioso o quella<br />
dell’identificazione<br />
col padre<br />
e di contribuire alla ricerca della<br />
verità. Anzi l’irrazionale essendo<br />
animalità, cioè non umano,<br />
metteva a rischio l’identità<br />
umana e la ragione doveva combatterlo<br />
e tenerlo sotto controllo<br />
(come il debito!).<br />
L’uomo greco, padre del logos<br />
occidentale, pensò se stesso<br />
come identità razionale e pensò<br />
la donna come essere irrazionale,<br />
incompleta nella mente,<br />
da tenere nel chiuso dell’òikos<br />
per generare e occuparsi dei<br />
figli, anch’essi irrazionali e incompleti.<br />
Questi poi andavano<br />
affidati alle migliori identità razionali,<br />
rigorosamente maschili,<br />
per “completare” il loro sviluppo<br />
mentale, nella paideia, nel rapporto pedofilo<br />
maestro-allievo, l’unico che può inculcare il<br />
pensiero nel corpo dell’adolescente per renderlo<br />
umano. Un privilegio, un potere che nella religione<br />
cristiana è elevato a esclusiva prerogativa<br />
dello Spirito che insuffla l’anima nel prodotto<br />
del concepimento; e che sarà profanato, con insistenza<br />
nei nostri giorni, da tanti ministri di Dio<br />
addetti alla cura cattolica delle giovani anime.<br />
Solo sulle pagine di Left ho visto il coraggio di<br />
accusare il logos occidentale di non aver detto<br />
la verità sulla realtà della mente umana, di avere<br />
inculcato nelle menti la radice di un non è,<br />
anche senza parola, che è diventata negazione<br />
(Fagioli). Il sogno non è pensiero, l’irrazionale<br />
non è umano, non è conoscibile, la donna non<br />
è essere umano, il bambino non è. La sola identità<br />
è quella razionale del pater familias.<br />
Tsipras è il figlio che si ribella ai padri padroni<br />
del logos contabile o è quello che vuole a tutti<br />
i costi restare nella casa del padre? Questa storia<br />
può finire come una bella favola pre-logos o<br />
come una tragedia greca. La tragedia di Edipo<br />
ammonisce con le sue fantasticherie sul destino<br />
di sventura che insegue i figli che uccidono<br />
i padri. Nella favola di Amore e Psiche che precede<br />
il logos occidentale, c’è un’idea che poi è<br />
un’immagine che è stata eliminata dal logos. L’idea<br />
che Psiche, la donna, è in primo piano sulla<br />
scena, dove appare il suo cammino di adolescente<br />
che si allontana dalla casa del padre e,<br />
superando le difficili prove della vita viene a<br />
realizzare se stessa e la sua identità di donna,<br />
proponendo un nuovo e superiore ideale di<br />
bellezza femminile.<br />
È l’opposto del logos, in cui l’identità umana<br />
come ragione è realizzabile solo dal maschio,<br />
dal pater familias. Idea che ha attraversato immutata<br />
tutte le epoche del pensiero occidentale<br />
in cui con l’illuminismo si ratifica la scissione<br />
ed il principio che il pensiero razionale può<br />
avere rapporto soltanto con la realtà materiale;<br />
che il massimo che esso può raggiungere è l’essere<br />
per “identificazione con” il padre.<br />
L’identità del logos vede le cose materiali e gli<br />
dà un nome, ma non “vede” la realtà non materiale.<br />
Le parole che ha dato e dà a questa realtà<br />
invisibile non sono parole: perché sono figlie<br />
della scissione mente-corpo. Le stesse parole<br />
- creazione, trasformazione, memoria, desiderio,<br />
annullamento, pulsione - diventano parole<br />
figlie del superamento della scissione, figlie<br />
del corpo umano. Parole che fanno il linguaggio<br />
di Fagioli e dei suoi articoli che qualcuno in<br />
buona fede considera non comprensibili dalla<br />
ragione, mentre altri - che forse comprendono<br />
- si affannano a lanciare allarmismi sul rischio<br />
di rinunciare al pensiero del logos, perché senza<br />
di esso ci sarebbe il proprio disfacimento.<br />
Così come senza padri resterebbe senza freni<br />
la cultura del branco, pericolosamente alimentata<br />
dalla naturale cattiveria dell’infanzia<br />
70<br />
18 luglio 2015
In apertura F. Gérard, Amore e Psiche,<br />
1798, Louvre, Parigi.<br />
A fianco J. A. D. Ingres, Edipo e la Sfinge;<br />
1864, Baltimora, Usa<br />
(Scalfari). Questi appelli al mantenimento del<br />
logos, della figura del padre ecc., potrebbero<br />
essere lo smarrimento davanti a un pensiero<br />
che ha pensato qualcosa di nuovo e di opposto<br />
al logos occidentale.<br />
Finché c’è solo il No del rifiuto e della rivolta ci<br />
può essere il timore di non riuscire ad andare<br />
oltre. Così è stato per il rifiuto di Camus della<br />
Rivoluzione comunista, un no poetico, irrazionale,<br />
onesto, di grande coraggio e dignità che<br />
ha pagato con un’emarginazione feroce di Sartre<br />
e degli intellettuali engagé.<br />
Fagioli al rifiuto del pensiero vecchio, alla rivolta<br />
al non è della negazione, ha unito il “non<br />
è” che è affermazione, pensiero nuovo. Nel<br />
“non è” c’è l’energia del nucleo della nascita<br />
umana che nel movimento contro il mondo,<br />
nel No, simultaneamente realizza “l’è” dell’esistenza<br />
del corpo umano e di un altro essere<br />
umano con cui rapportarsi. Il prerazionale<br />
non è inconoscibile. La malattia mentale non<br />
è incurabile. L’identità non è la ragione, ecc..<br />
Questo linguaggio che parla di realtà non materiale<br />
con olimpica certezza, si scontra con la<br />
certezza millenaria che non si possa andare<br />
oltre il logos occidentale. Anche se c’è la negazione<br />
della donna, il problema della schiavitù,<br />
la violenza sui minori, ecc., esso resta un male<br />
minore, quasi un male necessario. Andare oltre<br />
non è pensabile! Tuttavia è un fatto storico che<br />
un pensiero nuovo ha creato un’identità che<br />
si è formata proprio eliminando dalla mente<br />
l’idea della naturale scissione tra coscienza e<br />
non coscienza, eliminando l’idea (delirante)<br />
che nel sonno l’uomo è senza pensiero e accogliendo<br />
nella mente l’idea della trasformazione<br />
del pensiero, dalla veglia al sonno, che<br />
si sogna perché si pensa, ricreando il primo<br />
anno di vita senza parola, con la capacità di<br />
immaginare. È altrettanto storico che andare<br />
oltre il logos occidentale nell’irrazionale ha<br />
significato la pazzia per Nietzsche. Ha significato<br />
per Heidegger trovarci qualcosa che non<br />
era uguale per tutti, che faceva la differenza tra<br />
esseri umani e subumani; trovarci una dimensione<br />
capace di realizzare la non esistenza.<br />
Il logos è il passato che non passa, che resta e si<br />
vuole fissato per sempre come unico migliore<br />
ed eterno destino della realtà umana. La parola<br />
logos nella sua radice ha il significato primario<br />
di scegliere, raccogliere, seguito da contare e,<br />
solo alla fine, parlare. Oggi sembra aver assunto<br />
il carattere metallico di una gelida razionalità<br />
contabile. Una mano di ferro che ha instaurato<br />
in modo strisciante una vera e propria dittatura<br />
economica che sta sopra il potere politico e si<br />
arroga il potere di punire e schiacciare coloro<br />
che, considerati debitori inaffidabili e in rivolta,<br />
sarebbero dovuti restare fuori per 5 anni,<br />
secondo la proposta illegale di Schaeuble. Per<br />
destinarli all’“autoannientamento”? È difficile<br />
capire se nella rivolta di Tsipras, di Syriza, ci sia<br />
una rivolta al logos occidentale dei tecnocrati<br />
che imponendo un homo oeconomicus rivela<br />
tratti in comune con le esperienze del comunismo<br />
al potere, che considerava dell’essere<br />
umano solo i collegamenti con la merce e la<br />
capacità di produrre beni materiali. Il plusvalore<br />
del capitalismo di Stato veniva gestito dai<br />
funzionari del partito, reintroducendo le diseguaglianze<br />
dopo aver eliminato la libertà con il<br />
controllo estenuante delle vite umane.<br />
Superamento del logos e superamento del<br />
comunismo camminano abbracciati per realizzare<br />
un’identità della sinistra. Recuperare<br />
la propria identità irrazionale è recuperare<br />
la capacità originaria di realizzare un No che<br />
è rifiuto della diseguaglianza, è lotta contro i<br />
logos che disumanizzano la vita. È realizzare<br />
quell’uguaglianza originaria che consente il<br />
rapporto tra esseri umani diversi. Quell’immagine<br />
femminile che permette all’uomo, orfano<br />
del logos, di realizzare se stesso.<br />
*psichiatra e psicoterapeuta<br />
18 luglio 2015<br />
71
72<br />
18 luglio 2015
Majakovskij, il poeta<br />
“suicidato” dal regime<br />
Per Stalin era una presenza scomoda. Non solo perché criticava i burocrati<br />
e denunciava il ritorno all’ordine. Ma perché «era la poesia allo stato puro,<br />
incandescente» dice Serena Vitale, autrice de Il defunto odiava i pettegolezzi<br />
di Simona Maggiorelli<br />
non mostrava alcun segno di disagio psichico, e<br />
nulla faceva presagire la tragedia» ricostruisce<br />
Serena Vitale nel libro Il defunto odiava i pettegolezzi<br />
(Adelphi). E molto altro ancora si scopre<br />
leggendo questo volume, pieno di indizi che<br />
invitano a interrogarsi su quel suicidio. La slavista<br />
si è finta “detective” facendo una ricerca<br />
a tappeto negli archivi e tuffandosi nei giornali<br />
dell’epoca. Ma non si è limitata a scrivere un<br />
avvincente libro-inchiesta. La sua prosa incalzante<br />
e febbrile invita a riscoprire questo «immenso<br />
poeta» che era diventato assai scomodo<br />
per il regime stalinista. In testi come La cimice<br />
(1928) e Il bagno (1929) Majakovskij stigmatizzava<br />
il filisteismo di ex rivoluzionari diventati<br />
burocrati, e denunciava il ritorno all’ordine che<br />
aveva ucciso la bella utopia del socialismo e la<br />
ricerca. Lui si era gettato con entusiasmo nella<br />
lotta di liberazione dallo zarismo, aveva lasciato<br />
la Georgia perché non sopportava l’immobilismo<br />
della provincia, si era trasferito a Mosca<br />
cogliendone i più vivi fermenti politici (finì in<br />
carcere a soli 14 anni per attività clandestina)<br />
ma anche e soprattutto artistici. A Mosca le novità<br />
dell’avanguardia parigina erano più conosciute<br />
che nel resto d’Europa, come notava Antutti.<br />
Se muoio, non incolpate nessuno. E, per<br />
favore, niente pettegolezzi. Il defunto non li poteva<br />
sopportare... Non è una soluzione (non la<br />
consiglio a nessuno), ma io non ho altra scelta.<br />
Lilja, amami...Come si dice, l’incidente<br />
è chiuso. La barca dell’amore si è spezzata<br />
contro il quotidiano. La vita e io siamo<br />
pari. Inutile elencare offese, dolori,<br />
torti reciproci. Voi che restate siate felici».<br />
Così Vladimir Majakovskij lasciava scritto<br />
prima di suicidarsi il 14 aprile 1930. Ma molti<br />
aspetti di quel gesto restano ancora oscuri.<br />
Perché quel biglietto d’addio potrebbe essere<br />
un collage di versi precedenti. Perché la pistola<br />
non era la sua Mauser. Perché c’è chi dice di<br />
aver visto una scala esterna, poi sparita, che arrivava<br />
allo «studio-barchetta» dove fu trovato il<br />
cadavere. Perché agli incontri della Lef fondata<br />
nel ‘23 dal poeta e alle sue serate prendevano<br />
parte anche sinistri uomini dei servizi di Stalin.<br />
Come Agranov che frequentava - e sorvegliava<br />
segretamente - l’intelligencija moscovita. E ancora,<br />
perché la versione di Veronika che era con<br />
lui quella mattina mostra molte incongruenze.<br />
Perché gli amici Šklovskij, Rodcenko, Pasternak,<br />
Tatlin, non se l’aspettavano. «Negli ultimi giorni<br />
18 luglio 2015<br />
73
Aleksandra Kollontaj lottò per liberare<br />
il rapporto fra uomo e donna dalla<br />
famiglia e dal bigottismo. E il primo<br />
provvedimento dopo l’ottobre del ’17<br />
fu il divorzio facile. Ma negli anni 30 la<br />
Russia divenne un Paese ultra puritano<br />
IN BREVE<br />
Nato a Bagdadi, in<br />
Georgia nel 1893,<br />
Majakovskij si trasferì<br />
a Mosca frequentando<br />
gruppi socialisti<br />
clandestini e studiando<br />
arte. Divenne<br />
futurista pensando<br />
che la rivoluzione<br />
esigeva forme e un<br />
linguaggio nuovo.<br />
gelo M. Ripellino in Majakovskij e il teatro russo<br />
d’avanguardia (Einaudi, 1959), e più di recente<br />
Remo Faccani nella prefazione a La nuvola in<br />
calzoni di Majakovskij (Einaudi, 2012).<br />
La ricerca pittorica iniziata con Van Gogh e<br />
Cézanne che con Picasso e Matisse si apriva a<br />
un nuovo modo di fare immagini, abbandonando<br />
la fredda visione razionale della realtà,<br />
era giunta come una onda travolgente anche a<br />
Mosca arrivando a lambire l’Istituto d’arte dove<br />
studiava Majakovkij (dal quale poi fu espulso).<br />
Lui, con un’ardita blusa gialla, nel 1912, si era<br />
dato al teatro futurista e cercava forme nuove,<br />
fuori dalla rigida accademia. Poi la passione<br />
per il cinema, per il<br />
fotomontaggio, per<br />
la grafica e, insieme,<br />
l’incontro con l’attrice<br />
Lilja Brik che divenne<br />
la sua musa e amante,<br />
mentre suo marito, il<br />
commerciante Osjp<br />
Brik, divenne editore<br />
pubblicando La nuvola<br />
in calzoni. Tre<br />
anni dopo, nel 1919,<br />
cominciò la loro convivenza, in una kommunalka.<br />
«Io ero la moglie di Volodja, lo tradivo<br />
come lui tradiva me. E tutte le chiacchiere sul<br />
triangolo e sull’amour à trois non hanno niente<br />
a che vedere con quello che in realtà c’era fra<br />
noi», disse poi Lilja. Majakovskij aveva letto Che<br />
fare? di Cernyševskij che metteva in discussione<br />
il modello della famiglia borghese e sapeva<br />
di Ol’ga Pavlova Lopuchova, antesignana della<br />
«donna nuova» che in pieno ‘800 cercava di liberarsi<br />
«da secolari catene». «La stessa Aleksandra<br />
Kollontaj che lottò per liberare il rapporto<br />
uomo donna dal bigottismo si ispirò alla loro<br />
vicenda nel presentare un decreto sui danni<br />
della gelosia», ricorda Vitale. Ma la sua iniziativa<br />
fu ben presto bloccata da Lenin. Nonostante<br />
lui stesso, benché sposato, quando era all’estero<br />
avesse avuto un’amante. «Il primo provvedimento<br />
legislativo che fu preso dopo l’ottobre<br />
1917 riguardava il matrimonio che veniva<br />
spogliato di ogni significato religioso ma anche<br />
statale, tanto che era facilissimo divorziare. Ben<br />
presto però si tornò a celebrare la famiglia tradizionale<br />
e negli anni 30 la Russia diventerà un<br />
Paese ultra puritano», nota la scrittrice. Intanto<br />
«nel 1919 si era insediata la Ceka, la commissione<br />
creata da Lenin e Dzeržinskij “per combattere<br />
la controrivoluzione e il sabotaggio”, che<br />
operava come una sorta di gladio, di scudo della<br />
dittatura proletaria». Con l’arrivo di Stalin al<br />
potere, la stretta autoritaria diventò una morsa<br />
mortale. Non solo per Majakovskij ma anche<br />
per molti altri artisti. Al suicidio di Sergej Esenin<br />
seguiranno altre sparizioni e casi di morte<br />
violenta fra gli scrittori, repressioni, “purghe”.<br />
Intanto sul piano dell’arte l’imposizione di<br />
un piatto naturalismo come stile di Stato farà<br />
sì che gli spazi per Majakovskij si restringano<br />
molto. Cominciano gli attacchi, il poeta viene<br />
isolato e calunniato. Il perfido Gor’kij (che nel<br />
‘34 figurerà fra i fondatori del realismo socialista)<br />
mise in giro la voce che il poeta fosse affetto<br />
dalla sifilide, «malattia del capitalismo». È in<br />
questo clima che avviene il suicidio. Ma anche<br />
dopo la sua scomparsa il regime non smetterà<br />
di accanirsi sulla sua memoria. In risposta ad<br />
una lettera a Stalin di Lilja Brik nel 1935, Majakovskij<br />
fu imposto nelle scuole come poeta di<br />
regime, in versione censurata, adattata, stravolta.<br />
Ma già all’indomani della sua morte si erano<br />
messi a dissezionarne il cervello. Per studiarlo<br />
era stato creato il Gim, diretto dal tedesco Oskar<br />
Vogt. Con una cieca ideologia materialista e riduzionista<br />
che annullava la realtà psichica e l’identità<br />
umana, «la scienza sovietica tentò lungamente<br />
di carpire il segreto della grandezza<br />
e della genialità. Invano. Né le esangui fettine<br />
del parencefalo di Majakovskij fecero la benché<br />
minima luce sul mistero della poesia» scrive<br />
l’autrice di questo bel libro (e dell’affascinante<br />
Il bottone di Puškin, Adelphi). «Il cervello di<br />
Lenin veniva usato come unità di misura. Era<br />
l’epoca in cui il positivismo pensava che le sue<br />
dimensioni contassero. Oggi sappiamo che non<br />
dimostrano nulla. Ma allora in Russia c’era una<br />
scuola tedesca che pensava di fabbricare l’uomo<br />
nuovo in un modo che ricorda l’eugenetica<br />
nazista. Ciò che mi ha sempre colpito», rimarca<br />
Serena Vitale, «è che dopo quell’intervento<br />
gli studi su Majakovskij hanno taciuto. Dopo<br />
la riabilitazione postuma, che è stata una sorta<br />
di consacrazione, sono rimasti questi cervelli<br />
che sono a Mosca, in un museo... degli orrori».<br />
Una mummificazione per tentare di ingabbiare<br />
Majakovskij, la poesia, l’irrazionale? «Potevano<br />
affettare tutto quello che volevano, ma uno la<br />
74<br />
18 luglio 2015
poesia c’è l’ha o non ce l’ha. E Majakovskij era la<br />
poesia allo stato puro, incandescente, magma,<br />
lava». Perciò prima di scrivere questa inchiesta<br />
l’ha tradotto? «Il Majakovskij che perlopiù<br />
si conosce in traduzione è molto sbiadito. Ne<br />
trasmettono una versione grigia, ideologizzata.<br />
Inaccettabile per me. Poi per cucire questo libro<br />
ho usato come filo rosso una passione per<br />
Majakovskij che spero di trasmettere. È stato<br />
davvero uno dei grandi del ‘900. Era un uomopoeta,<br />
il monumento è ciò che gli si addice di<br />
meno». Capì che una vera rivoluzione ha bisogno<br />
di un linguaggio nuovo? «Ebbe questa idea<br />
prima della rivoluzione di ottobre, da futurista.<br />
Poi cercò di indirizzare questa carica iconoclasta<br />
verso qualcosa di costruttivo, mettendola al<br />
servizio della rivoluzione. E fu leale. Chi vuole<br />
farne una specie di vittima, di dissidente, non<br />
dice il vero. Non sopportava che la rivoluzione<br />
si stesse impietrendo, in una dimensione di<br />
routine, fissa. La “vita dei giorni” per lui doveva<br />
essere sempre sulle barricate. La vita tristanzuola,<br />
ormai piccolo borghese, non faceva per<br />
lui. Ma va anche detto», sottolinea Vitale, «che<br />
non era facile capire cosa stava accadendo. A<br />
parte Pasternak e Mandel’štam, che avevano<br />
fiuto politico, in molti non compresero. E Majakovskij<br />
non ne aveva. Lui era poesia e rivoluzione,<br />
l’ideologia gli era totalmente estranea».<br />
Ma non voleva rinunciare all’idea di un’umanità<br />
nuova, basata sull’uguaglianza, al sogno di<br />
una società più giusta. «Non voleva rinunciare<br />
ai suoi ideali. Era come se dicesse superiamo<br />
questo momento terribile. Ricorda un po’ Le tre<br />
sorelle di Cechov: “Fra cento o duecento anni<br />
la vita diventerà più bella”. E lui scriveva: “Fra<br />
cent’anni io alzerò i miei libretti come il libretto<br />
del partito”. Il suo requiem è stato il poema<br />
A piena voce: era un messaggio al futuro. Se si<br />
svegliasse oggi Majakovskij, poveretto! Lui credeva<br />
davvero che ci sarebbe stata una società<br />
migliore, senza storpi, monchi e mendicanti.<br />
Il mio libro nasce per rendergli omaggio, per<br />
farlo parlare con i posteri». Oggi si troverebbe<br />
davanti Putin che, fra molto altro, ha chiuso il<br />
museo Majakovskij. «In questo molta responsabilità<br />
ha l’oligarchia di Mosca, perché quel<br />
palazzo al centro di Mosca ora vale miliardi.<br />
Non oso immaginare cosa potrà accadere a<br />
tutte le cose meravigliose che conteneva, libri,<br />
documenti, quadri dell’epoca».<br />
Alcune immagini di Vladimir<br />
Majakovskij, con Lilja Brik. A sinistra il<br />
manifesto di un film di Vertov del 1929,<br />
L’uomo con la macchina da presa<br />
18 luglio 2015<br />
75
La Città della Scienza,<br />
un nuovo Rinascimento<br />
Dopo il rogo del 2013, parte la ricostruzione dello science centre<br />
di Bagnoli. Con un modello di sviluppo che fa capo all’economia della<br />
conoscenza. Grazie a un progetto di due giovani architetti italiani<br />
di Pietro Greco<br />
76<br />
18 luglio 2015
cco, qui ci sarà una grande spiaggia, come<br />
quella che aveva fatto di Bagnoli il centro della<br />
Belle Époque napoletana tra la fine dell’Ottocento<br />
e l’inizio del Novecento. Poi, a 30 metri<br />
dalla battigia, il nostro science centre rigorosamente<br />
hands-on, dove per i 500.000 visitatori<br />
previsti in un anno sarà “vietato<br />
non toccare”: una successione di sale<br />
che ospiteranno il museo interattivo<br />
permanente, tre zone per altrettante<br />
aree tematiche, l’officina dei piccoli,<br />
il planetario, il teatro, il ristorante e,<br />
ovviamente, una splendida terrazza sul mare.<br />
All’esterno l’edificio, realizzato con materiali<br />
riusati e autosufficiente dal punto di vista<br />
energetico, apparirà compatto, chiuso in una<br />
membrana di cemento poroso che richiamerà<br />
l’opus reticulatum romano, ma assolutamente<br />
luminoso, con grande spiegamento di vetrate.<br />
Cosicché di sera si accenderà come un lume.<br />
Una grande lanterna che illuminerà il golfo e,<br />
si spera, il rinascimento della città.<br />
Non è senza orgoglio e una certa commozione<br />
che la settimana scorsa Vittorio Silvestrini,<br />
fisico visionario, 80 anni da poco compiuti,<br />
emiliano di nascita e napoletano di adozione,<br />
ha reso noto il progetto che ha vinto la gara<br />
internazionale per la ricostruzione appena<br />
a monte della spiaggia di Coroglio a Bagnoli<br />
dello science centre della Città della scienza<br />
di Napoli, messo a fuoco da una mano ancora<br />
anonima il 4 marzo 2013.<br />
La notizia è degna di grande attenzione da<br />
parte di tutti, anche fuori da Napoli, per almeno<br />
cinque motivi che superano l’ambito, pur<br />
molto importante, della comunicazione della<br />
scienza.<br />
1<br />
La Città della scienza è come un fiore<br />
in un deserto. In un deserto industriale.<br />
Con i suoi 80 collaboratori,<br />
quasi tutti laureati e altamente qualificati,<br />
impegnati nella “economia della conoscenza”<br />
e nella sua promozione, è tutto ciò<br />
che di vivo resta in un’area, quella di Bagnoli,<br />
appunto, dove 20 anni fa trovavano lavoro<br />
oltre 15.000 persone, tra operai dell’impianto<br />
siderurgico Ilva (ex Italsider), indotto e altre<br />
manifatture. Una mano criminale, quel 4 mar-<br />
18 luglio 2015<br />
77
In apertura e di lato<br />
rendering del progetto<br />
di ricostruzione dello science<br />
centre di Bagnoli<br />
zo 2013, aveva cercato di reciderlo quell’unico,<br />
testardo fiore. La mano è ancora sconosciuta.<br />
E i motivi che l’hanno portata ad agire non<br />
sono chiari. Sta di fatto che non c’è riuscita.<br />
La Città della scienza non è morta. E, anzi, si<br />
ripropone con rinnovato vigore come piccolo<br />
esempio concreto e forse anche come uno dei<br />
nuclei di condensazione di una nuova economia,<br />
quella fondata sulla conoscenza, che unica<br />
può dare una speranza a Napoli e all’intero<br />
Mezzogiorno, a loro volta diventati deserti industriali.<br />
2<br />
Nelle intenzioni di Vittorio Silvestrini<br />
e dei suoi collaboratori, la ricostruzione<br />
della Città della scienza vuole<br />
essere una cosa seria e trasparente.<br />
Come sanno esserlo le grandi imprese scientifiche.<br />
Per questo motivo il progetto non è<br />
stato affidato per chiamata diretta, ma è stato<br />
bandito un concorso internazionale cui hanno<br />
partecipato in maniera anonima (i progetti<br />
disgiunti dalla firma) 98 gruppi italiani e stranieri,<br />
tra cui architetti inglesi, francesi, persino<br />
giapponesi. La selezione è stata affidata<br />
a una commissione di esperti - con membri<br />
nominati dal Consiglio nazionale degli architetti,<br />
dal Consiglio nazionale degli ingegneri e<br />
dall’Inarcassa, oltre che dalla stessa Fondazione<br />
Idis - che, sempre in maniera anonima, giudicando<br />
il merito dei progetti senza conoscerne<br />
gli autori, lo scorso 18 febbraio ha scelto le<br />
15 migliori proposte. I progettisti scelti hanno<br />
avuto poi tre mesi per dettagliare i loro piani,<br />
in modo che alla fine di maggio si è iniziato a<br />
procedere alla scelta il vincitore.<br />
3<br />
Premiati sono risultati due giovani e<br />
(finora) sconosciuti architetti: il napoletano<br />
Valerio Ciotola, 31 anni, e il<br />
veneziano Andrea Guazzieri, 29 anni.<br />
Dovranno coordinare il lavoro di otto imprese<br />
napoletane (la capogruppo è la Stige & Partner)<br />
e avranno a disposizione un budget di<br />
33,3 milioni di euro. Tempi di consegna, entro<br />
il 2018. Loro stessi, Guazzieri e Ciotola, si sono<br />
detti meravigliati per l’esito del concorso: non<br />
credevano che in Italia, che a Napoli, potesse<br />
essere riconosciuto il merito e non l’apparte-<br />
78<br />
18 luglio 2015
nenza o il blasone. Certo, è un altro messaggio<br />
non banale il fatto che l’anziano fisico visionario,<br />
Vittorio Silvestrini, abbia annunciato la<br />
vittoria di questi due giovani, affidando ufficialmente<br />
loro la ricostruzione della Città della<br />
scienza. È un messaggio non banale perché<br />
mezzo secolo fa Vittorio Silvestrini è stato uno<br />
di quei “giovani leoni” che, sotto la guida di<br />
Giorgio Salvini e Bruno Touschek, hanno ideato<br />
e realizzato la “via italiana alle alte energie”,<br />
facendo della fisica italiana delle particelle<br />
una delle prime al mondo.<br />
4<br />
Valerio Ciotola e Andrea Guazzieri sono<br />
l’esempio - uno, purtroppo dei pochissimi<br />
- di cervelli italiani che si sono<br />
formati all’estero e che hanno scelto<br />
di ritornare per provare a lavorare in Italia. I<br />
due hanno frequentato le aule di architettura<br />
dell’università di Venezia, ma poi si sono laureati<br />
presso la Technische Universiteit Delft,<br />
l’università tecnica dell’Aja, in Olanda. Avevano<br />
tutte le possibilità di spendere all’estero i<br />
loro talenti. Hanno scelto però di spenderli in<br />
Italia, in controtendenza, non senza coraggio<br />
e anche con una certa dose di scetticismo. Invece<br />
sono stati premiati. E il premio è venuto<br />
dal Mezzogiorno d’Italia, dove la disoccupazione<br />
giovanile supera il 50 per cento e non<br />
è certo il merito, in genere, il fattore primario<br />
su cui contare per trovare lavoro. Il messaggio<br />
che viene da Città della scienza ha, ancora una<br />
volta, un alto valore simbolico. Anche in Italia,<br />
anche a Napoli si può.<br />
5<br />
Quella che è andato bruciato, il 4 marzo<br />
2103, è solo una parte di Città della<br />
scienza: lo science centre, il museo<br />
interattivo dove si impara a “mettere<br />
le mani” (ma anche la mente e il cuore) per<br />
sperimentare direttamente, acquisire i primi<br />
rudimenti del modo di lavorare degli scienziati<br />
(no “il metodo”, che non esiste) e, anche, provare<br />
emozioni mentre “si interroga la natura”.<br />
E la ricostruzione a opera dei giovani architetti<br />
Valerio Ciotola e Andrea Guazzieri riguarderà<br />
quella parte della Città della scienza che ritornerà<br />
a essere uno dei più grandi science centre<br />
di tutta Europa. Ma il museo interattivo è,<br />
anche per area fisica occupata, solo una parte<br />
di Città della scienza. Che è anche un centro<br />
congressi, un centro di studi e un incubatore<br />
d’imprese. Perché, la sua idea fondante è che<br />
la scienza debba essere cultura diffusa per creare<br />
un nuovo modello, sostenibile, di sviluppo<br />
e una “società democratica della conoscenza”.<br />
Insomma, la Città della scienza non si propone<br />
solo come luogo per valorizzare la dimensione<br />
culturale della ricerca scientifica, ma anche<br />
per valorizzare la sua dimensione pratica, che<br />
non è meno importante, nella convinzione che<br />
la conoscenza sia appunto l’unica leva disponibile<br />
per il rilancio sociale ed economico del<br />
Mezzogiorno e dell’Italia intera.<br />
Per questo, fin dalla sua origine, primo museo<br />
hands-on al mondo, la Città della scienza<br />
di Napoli ha ospitato al suo interno un incubatore<br />
di imprese. Di imprese fondate sulla<br />
conoscenza e attente alla sostenibilità sociale<br />
ed ecologica. Ebbene, in questi due<br />
anni e mezzo dopo l’incendio, Vittorio<br />
Silvestrini e il gruppo dirigente del<br />
museo hands-on non si sono lasciati<br />
vincere dalla sindrome della vittima<br />
e neppure impegolare nelle mille polemiche<br />
che una città come Napoli<br />
genera a profusione. Hanno lavorato<br />
con uno sguardo rivolto al futuro. Due<br />
i progetti principali. Da un lato la realizzazione<br />
di nuovo museo interattivo,<br />
accanto a quello in ricostruzione:<br />
si chiama Corporea e sarà il primo in<br />
Italia interamente dedicato al corpo umano e<br />
alla biomedicina. È frutto di un investimento<br />
di 6 milioni di euro e sarà inaugurato all’inizio<br />
del 2016. Il secondo progetto è la costruzione<br />
dell’Area industria della conoscenza che<br />
è stato realizzato ed è in fase di sviluppo fisicamente<br />
lontano dal museo, in uno spazio di<br />
circa tremila metri quadri, a impatto ecologico<br />
zero, a ridosso del quartiere di Bagnoli. Già<br />
oggi ospita oltre venti imprese fondate sulla<br />
conoscenza, che vantano 20 brevetti depositati,<br />
oltre 20 milioni di euro di fatturato, sono<br />
presenti sui mercati internazionali e danno lavoro<br />
a circa 250 dipendenti. Per lo più giovani,<br />
come Valerio Ciotola e Andrea Guazzieri, altamente<br />
qualificati.<br />
Un museo interattivo,<br />
l’officina dei piccoli,<br />
il planetario, un teatro,<br />
una terrazza sul mare.<br />
È il progetto di Ciotola<br />
e Guazzieri, “cervelli<br />
in fuga” tornati in Italia<br />
18 luglio 2015<br />
79
Il favoloso mondo<br />
di Misilmeri<br />
L’ultimo disco di Dimartino esplora la geografia umana.<br />
Omaggia la lentezza, nell’ascolto e nella narrazione.<br />
E viaggia per paesi reali e immaginari, partendo dalla sua Palermo<br />
di Tiziana Barillà<br />
n paese ci vuole, non fosse<br />
che per il gusto di andarsene<br />
via». Parte da qui<br />
l’ultimo viaggio di Dimartino,<br />
Un paese ci vuole (2015). Il cantautore<br />
palermitano prende in prestito le<br />
parole di La luna e i falò di Cesare Pavese<br />
per costruirci intorno suggestioni<br />
e immaginari, fatti di viaggi lenti e lente<br />
percezioni, di ascolto attento e attenta<br />
narrazione. Terra dove affondano le radici<br />
e chimera visionaria di questo viaggio<br />
è Misilmeri, in provincia di Palermo.<br />
In questo tour estivo, il trio Dimartino -<br />
che oltre ad Antonio include anche Angelo<br />
Trabace e Giusto Correnti - porta<br />
a spasso l’album uscito il 21 aprile per<br />
Picicca dischi. Ma Antonio Dimartino,<br />
classe 1982, torna dopo Cara maestra<br />
abbiamo perso (2010), Sarebbe bello<br />
non lasciarsi mai ma abbandonarsi<br />
ogni tanto è utile (2012) e Non vengo<br />
più mamma (2013), che gli sono valsi<br />
l’indiscusso ingresso nell’universo cantautorale<br />
italiano.<br />
Paesi reali e immaginari. Evochi una<br />
dimensione geografica o interiore?<br />
In un primo momento è geografico, ma<br />
la geografia condiziona molti lati dell’animo<br />
umano. Nascere in un paese o<br />
in una città, davanti a un fiume o sulla<br />
punta di una montagna, condiziona la<br />
tua vita, il tuo modo di sentire la natura<br />
e le altre persone. La geografia condiziona<br />
il destino delle persone, soprattutto<br />
in questo periodo storico in cui i<br />
confini sono diventati troppo importanti.<br />
Ma la geografia è una condizione<br />
dell’anima.<br />
Il tuo paese, Misilmeri, corrisponde<br />
alla tua anima?<br />
Non può non essere lo specchio della mia<br />
anima. È un posto dove ho lasciato delle<br />
cose e dove ogni tanto le vado a riprendere,<br />
quando parto porto via delle cose e<br />
poi le torno a rileggere e riguardare.<br />
Ce lo descrivi? Per chi non è mai stato<br />
a Misilmeri, s’intende…<br />
(ride) In realtà, credo di avere una visione<br />
molto idealizzata... Cerco di vedere<br />
la bellezza anche dove non c’è. Il mio<br />
paese negli anni 80 ha vissuto una pesantissima<br />
guerra di mafia ed è stato<br />
condizionato anche politicamente da<br />
scelte devastanti, anche da un punto di<br />
vista paesaggistico. Il piano regolatore,<br />
per esempio, lo hanno fatto solo negli<br />
ultimi anni.<br />
Ma?<br />
Ma mi piace pensarlo come un paese<br />
ideale. Credo che coi luoghi dovremmo<br />
avere questo tipo di rapporto, anche<br />
vedendo i luoghi brutti possiamo immaginare<br />
come siano stati e possiamo<br />
progettare un modo per renderli migliori<br />
in futuro. Le persone, le usanze,<br />
resistono e trovi ancora qualcuno che<br />
te le racconta.<br />
Il tuo lavoro, del resto, è raccontare.<br />
Quali sono le tue “fonti narranti”?<br />
Il modo in cui i paesi si stanno spopolando,<br />
i miei coetanei che vivono tutti<br />
fuori dall’Italia e quei pochi che sono<br />
rimasti e arrancano. Le impressioni che<br />
ho avuto viaggiando, soprattutto nel<br />
Sud. E le storie che apprendo parlando<br />
con le persone a me vicine.<br />
Come tuo nonno, giusto?<br />
Sì, mio nonno è un grande narratore, ha<br />
90 anni per cui è uno che non si fa pregare<br />
per raccontarti le storie…<br />
80<br />
18 luglio 2015
Cosa serve per tornare ad ascoltare?<br />
La lentezza. È una cosa a cui non siamo<br />
più abituati, recuperarla ci può fare recuperare<br />
un modo antico di ascoltare<br />
e di raccontare. Oggi molte discussioni<br />
avvengono con dei post su facebook,<br />
in cui non è possibile nemmeno<br />
esprimersi con la mimica facciale, si è<br />
annullata l’umanità nella discussione.<br />
Recuperare la lentezza significa anche<br />
discutere guardandosi negli occhi,<br />
prendersi il tempo di osservare le reazioni<br />
fisiche altrui.<br />
Siamo finiti nella “filosofia”... parliamo<br />
un po’ di musica?<br />
Ecco, infatti. Mi piace pensare a questo<br />
come un disco folk, nel senso che<br />
racconta una coralità, un momento<br />
storico, un sentire comune. Poi magari<br />
musicalmente ci sono molte influenze<br />
della canzone d’autore e del pop, però<br />
ho scritto ogni singola parola pensando<br />
di scrivere un disco folk.<br />
Concettualmente folk, ma contiene<br />
il più classico e rassicurante cantautorato.<br />
A cosa dobbiamo tanta calma<br />
serafica?<br />
Non mi piaceva l’idea di<br />
discriminare il pubblico<br />
per una questione musicale,<br />
di fare delle sperimentazioni<br />
che potessero<br />
allontanare una parte<br />
di pubblico. Finalmente<br />
questo disco lo ascolta anche<br />
mia madre.<br />
Non è che per raggiungere<br />
questo obiettivo - far<br />
ascoltare il disco a tua madre - hai sacrificato<br />
la composizione?<br />
No, è stata una cosa che mi è venuta naturale.<br />
Negli altri miei dischi c’era molta<br />
voglia di stupire con le parole, questa<br />
volta ho preferito una narrazione quasi<br />
letteraria più che un insieme di frasi a<br />
effetto. Ho evitato il cinismo dei miei<br />
vecchi dischi e l’ho fatto perché bisogna<br />
cambiare a un certo punto... Basta fare i<br />
pessimisti della vita e della società, non<br />
fa bene all’artista e non fa bene al pubblico<br />
che lo segue.<br />
Mettere su uno studio di registrazione<br />
in casa per incidere fa parte della tua<br />
ricerca del senso della realtà?<br />
«Ho scritto ogni<br />
singola parola<br />
di questo album<br />
pensando di<br />
scrivere un disco<br />
folk. Nel senso<br />
che racconta un<br />
sentire comune»<br />
Sì, durante le registrazioni arrivavano<br />
amici e cucinavano… è stata più una<br />
scampagnata che una registrazione<br />
vera e propria. L’ho fatto per dare quel<br />
senso di purezza e immediatezza che se<br />
avessi filtrato da uno studio di registrazione<br />
avrei perso. Adesso riascoltandolo<br />
ricordo che quella voce l’ho fatta di<br />
notte, mentre avevo voglia di cantare<br />
proprio “quella” canzone perché ero in<br />
“quello” stato d’animo. Gli altri dischi<br />
li ho sempre fatti in studio e subivano<br />
quella burocrazia dello studio fatta di<br />
orari, costi. Questo ha creato un immaginario<br />
nel disco, anche da un punto di<br />
vista sonoro.<br />
Cori, pianoforte, timpani, tanti strumenti,<br />
archi percussioni. E poi?<br />
La marimba! È uno strumento africano,<br />
una specie di xilofono con i tasti di legno<br />
e ha questo suono un<br />
po’ acquatico. Ho scoperto<br />
che a Palermo c’è un ragazzo<br />
che suona la marimba,<br />
sono andato a casa sua e<br />
lui viveva in una stanza in<br />
cui aveva solo il letto e questo<br />
strumento alto due metri.<br />
Conviveva con questo<br />
strumento, allora abbiamo<br />
piazzato sei microfoni in<br />
camera sua e abbiamo preso<br />
anche la marimba.<br />
Di quale strumento non potresti mai<br />
fare a meno?<br />
Del mio basso. Per me è fondamentale,<br />
quando vedo i gruppi senza basso<br />
sto male (scherza)... Io capisco la sperimentazione.<br />
Ma non senza basso!<br />
Un’ultima domanda. Nel gospel “La<br />
vita nuova” canti di «figli della nuova<br />
Europa»: ci ho visto la Grecia, Ventimiglia,<br />
Lampedusa, il Sud Italia, chi parte<br />
e chi arriva…<br />
Era esattamente quello che volevo che<br />
succedesse. Quando l’ho scritta avevo<br />
pensato di cambiarla, mi sembrava banale,<br />
poi mi sono detto: le canzoni vanno<br />
anche rispettate per come nascono.<br />
18 luglio 2015<br />
81
LIBRI<br />
TEATRO<br />
Spy story<br />
nel palazzo<br />
della politica<br />
Roberto Moliterni<br />
e Bruno Morchio,<br />
due autori di neo noir<br />
non convenzionali<br />
di Filippo La Porta<br />
Non amo il neo noir<br />
italiano - genere tutto<br />
d’importazione e che<br />
abitua a una indifferenza<br />
per le vittime - ma farei una<br />
eccezione per le spy story,<br />
capaci spesso di illuminare<br />
zone torbide della politica.<br />
Lo sapevate che i servizi<br />
segreti, nati nel primo conflitto<br />
mondiale, furono decisivi<br />
- attraverso omicidi e<br />
sequestri - nel farci entrare<br />
presto in guerra? Dunque<br />
due romanzi italiani, di<br />
estrema leggibilità e anche<br />
con una intelligenza “morale”<br />
che esula dal genere,<br />
e che hanno che fare con lo<br />
spionaggio e la caduta del<br />
muro. Arrivederci a Berlino<br />
Est (Rai Eri - vincitore premio<br />
La Giara) di Roberto<br />
Moliterni attraversa mezzo<br />
secolo di guerre e intrighi<br />
internazionali, fino a dare<br />
al lettore un senso di spaesamento.<br />
Ma soprattutto<br />
scolpisce un personaggio<br />
memorabile, il siciliano Titta,<br />
che acquista innumerevoli<br />
identità e passaporti,<br />
alla ricerca di un amore<br />
perduto. Il testamento del<br />
greco (Rizzoli) di Bruno<br />
Morchio si allontana dal<br />
suo detective Bacci Pagano<br />
e ha un ritmo cinematografico<br />
mozzafiato. Anche qui<br />
ci troviamo davanti a un<br />
personaggio bello, corposo,<br />
vitalissimo: Alessandro<br />
Kostas, gigante di 36 anni,<br />
che divora jazz e romanzi,<br />
che ha perso la madre troppo<br />
presto, e che eredita dal<br />
padre, il Greco (una ex spia,<br />
curiosamente anche nel romanzo<br />
di Moliterni c’è un<br />
personaggio che si chiama<br />
il Greco), un passato torbido<br />
e violento. Viene citato il<br />
Primogenito di Ferchaux di<br />
Simenon, dove il giovane<br />
Maudet diventa segretario<br />
del ricchissimo Fercheaux<br />
e poi lo uccide: un delitto<br />
senza pentimento, ben prima<br />
dei film di Woody Allen.<br />
Il padre diceva a Kostas che<br />
i vinti sono i quattro quinti<br />
dell’umanità, e anche<br />
nella citazione di Garcia<br />
Marquez leggiamo di tutte<br />
le 32 guerre civili perse<br />
da Aureliano Buendia. Il<br />
punto è come si perde. Nei<br />
due diversi romanzi ci si<br />
sente impotenti, superflui<br />
di fronte alla Storia, però i<br />
loro protagonisti cercano<br />
un senso nell’onore, nella<br />
giustizia, nell’amore per le<br />
persone vicine.<br />
L’Iran che<br />
sogna la<br />
rivoluzione<br />
A Santarcangelo<br />
la nuova pièce<br />
di Koohestani, autore<br />
di Dance on glasses<br />
di Massimo Marino<br />
Erano seduti agli<br />
estremi di un tavolo<br />
lunghissimo, a tenzonare<br />
su un amore simile<br />
a una danza tra bicchieri<br />
di vetro, tra l’estasi e il pericolo<br />
di rompere equilibri<br />
troppo fragili. Li ritroviamo<br />
più di 10 anni dopo sistemati<br />
a due tavolini rivolti<br />
verso il pubblico, separati.<br />
Alle loro spalle scorrono<br />
spezzoni del precedente<br />
spettacolo, Dance on Glasses,<br />
e loro sembrano là per<br />
doppiarne il dvd. Ma il pre-<br />
sente si sovrappone a una<br />
storia finita - lo spettacolo,<br />
l’amore - con la solitudine<br />
del frattempo trascorso, i<br />
rimpianti, gli slanci inutili.<br />
L’oggi e un passato irrimediabile<br />
si intrecciano in Timeloss<br />
dell’iraniano Amir<br />
Reza Koohestani, si sovrappongono<br />
con insidiosa<br />
malinconia, a rimarcare<br />
l’impossibilità di rammendare<br />
la storia se non nella<br />
rievocazione impotente dei<br />
suoi atti, del dolore, in un<br />
impietoso tentativo di capire<br />
di fronte ai tratti ormai<br />
induriti del volto di lei, alla<br />
pancia di lui. Spettacolo labirinto<br />
che parla per silenzi,<br />
frasi spezzettate, asincroni<br />
tra parole attuali e vecchio<br />
audio del dvd, ricordi della<br />
voce esterna dell’autore,<br />
Timeloss inscena anche l’Iran<br />
del sogno di liberazione<br />
prudente di Khatami e<br />
il Paese di oggi, che vive timidamente<br />
nuove speranze.<br />
Con la consapevolezza<br />
82 18 luglio 2015
ARTE<br />
che quando Orfeo si volta<br />
a guardarsi dietro le spalle<br />
può solo perdere la sua Euridice,<br />
e poi piangerla con<br />
il canto. È questo lo spettacolo<br />
più intenso del primo<br />
fine settimana del festival<br />
di Santarcangelo 2015 (fino<br />
al 19 luglio), dedicato alla<br />
domanda su come l’arte<br />
può prendere la parola nello<br />
spazio pubblico, civile.<br />
Con lavori come l’autodifesa<br />
dell’assassino della<br />
strage di Utoya in Norvegia<br />
del 2011, fatta leggere<br />
integralmente dal regista<br />
svizzero Milo Rau (in altri<br />
tempi per uno spettacolo<br />
firmato dall’ex terrorista<br />
nero Mario Tuti insorse<br />
l’Anpi), un documento su<br />
un neo-conservatorismo<br />
che arriva al crimine, in un<br />
festival invaghito del fatto,<br />
dell’atto, secondo una<br />
cultura di consumo da talk<br />
show: poco incline a fornire<br />
fili per storie tutte da<br />
rabberciare.<br />
IPAZIA, DONNA<br />
E SCIENZIATA<br />
A Rimini una mostra<br />
dedicata alla libera<br />
pensatrice, uccisa<br />
dai cristiani<br />
di Simona Maggiorelli<br />
Afar conoscere Ipazia<br />
al grande pubblico<br />
è stato soprattutto<br />
il film Agorà di Amenábar,<br />
che in Italia - come i lettori<br />
ricorderanno, - nel 2009 ha<br />
incontrato non poche difficoltà<br />
di distribuzione. Ma a<br />
regalarci ritratti affascinanti<br />
e approfonditi dell’astronoma,<br />
filosofa neoplatonica<br />
e matematica alessandrina<br />
che fu fatta a pezzi dai fondamentalisti<br />
cristiani nel<br />
415 d.C. sono stati, in tempi<br />
recenti, soprattutto studiosi<br />
del mondo antico come<br />
Silvia Ronchey (Ipazia, la<br />
vera storia, Rizzoli) e alcuni<br />
scrittori come Adriano Petta<br />
e l’egiziano Youssef Ziedan<br />
che, per il suo romanzo<br />
Azazel (Neri Pozza), è stato<br />
attaccato da cristiani copti<br />
che si dicono eredi di quel<br />
vescovo Cirillo che condannò<br />
a morte la scienziata pagana<br />
(e poi fu fatto santo!).<br />
Di questa straordinaria donna,<br />
pensatrice e studiosa, di<br />
cui tutte le fonti ricordano<br />
l’autorevolezza e il modo<br />
di parlare franco, si torna<br />
ora a parlare grazie a una<br />
mostra, Ipazia, matematica<br />
alessandrina, aperta fino al<br />
30 agosto al Museo del cal-<br />
Hypatia (1885) di Charles W. Mitchell<br />
colo di Rimini (Mateureka).<br />
Si tratta di una esposizione<br />
che mira a ricostruire in<br />
modo rigoroso (per quanto<br />
è possibile vista la scarsità<br />
di documenti) il contributo<br />
che la scienziata dette alla<br />
ricerca del suo tempo. Per<br />
questo il percorso espositivo<br />
invita a diffidare di ipotesi<br />
che non trovano riscontro<br />
testuale, come l’idea che<br />
Ipazia avesse intuito molto<br />
prima di Keplero il moto<br />
ellittico dei corpi celesti.<br />
Mentre, sulla base di testimonianze<br />
antiche come<br />
quella del bizantino Suida,<br />
la mostra racconta che Ipazia,<br />
oltre a tenere lezioni<br />
aperte al pubblico, scrisse<br />
molti importanti commenti<br />
ad opere greche classiche.<br />
Non tanto di filosofi, quanto<br />
di “scienziati”. Per esempio<br />
alle Coniche di Apollonio di<br />
Pergamo e all’ Aritmetica di<br />
Diofanto di Alessandria. In<br />
primis, Ipazia, era una studiosa<br />
di matematica. Ma si<br />
occupò anche di astronomia.<br />
«Il nome di Ipazia è associato<br />
a un’opera chiamata<br />
dalle fonti Canone astronomico,<br />
probabilmente un<br />
commentario alle Tavole<br />
facili di Tolomeo» scrivono<br />
i curatori. E a lei si deve la<br />
“revisione” del terzo libro<br />
dell’Almagesto di Tolomeo<br />
«all’interno del commento<br />
di Teone, che scrive: “edizione<br />
riveduta da mia figlia, la<br />
filosofa Ipazia”». Riguardo<br />
invece agli strumenti che<br />
progettò, facendoli costruire<br />
ai suoi allievi, stando a<br />
quanto scrisse il suo allievo<br />
Sinesio, la mostra riminese<br />
propone un astrolabio piatto,<br />
un idroscopio e un aerometro.<br />
Ma certamente Ipazia<br />
usò per le sue ricerche<br />
anche l’astrolabio messo<br />
a punto e perfezionato dal<br />
padre Tenone, astronomo e<br />
direttore del museo di Alessandria.<br />
© Ilaria Scarpa<br />
18 luglio 2015<br />
83
BUON VIVERE<br />
TENDENZE<br />
A tavola<br />
“Italians<br />
do it better”<br />
La dieta Mediterranea<br />
ha indubbie proprietà<br />
salutari. Una ricetta<br />
per gustarla al meglio<br />
Francesco Maria Borrelli<br />
Ancel Keys, il ricercatore<br />
statunitense<br />
padre della dieta Mediterranea<br />
che attraverso il<br />
suo lavoro evidenziò le proprietà<br />
salutari di questo stile<br />
di vita che rende longevi ed<br />
aiuta a combattere le malattie<br />
cardio-cerebro-vascolari.<br />
Si dice che non vinse il Nobel<br />
perché tra le molte ricerche<br />
in campo alimentare svolte<br />
nel ’900, «preferì sposare la<br />
causa dell’Italia Meridionale<br />
e quindi della dieta “povera”<br />
caratterizzata dall’olio d’oliva.<br />
Keys era altresì contrario<br />
al burro perché contiene<br />
grassi saturi e proprio per<br />
questa sua avversità, si trovò<br />
contro i colossi industriali<br />
alimentari del Nord Europa<br />
e dell’America», spiega<br />
Alessandro Notaro, presidente<br />
dell’Associazione<br />
dieta Mediterranea (Pioppi,<br />
Salerno). E proprio partendo<br />
da Pioppi negli anni 50<br />
Ancel Keys iniziò il percorso<br />
scientifico che lo portò a<br />
coniare e definire il termine<br />
dieta Mediterranea. Morì a<br />
Minneapolis nel 2004 a 101<br />
anni, ulteriore prova della<br />
validità della dieta. «Keys<br />
- ricorda Notaro - amava<br />
mangiare la pasta e fagioli,<br />
i maccheroni con la salsa di<br />
pomodoro fresco e il pesce<br />
azzurro come le alici; tutto<br />
condito con l’olio extraver-<br />
gine d’oliva». Ecco la ricetta<br />
delle alici in tortiera.<br />
Ingredienti per 4: alici 800g;<br />
mollica di pane raffermo;<br />
prezzemolo; aglio; olio Evo;<br />
sale e pepe.<br />
Iniziate con lo spinare le<br />
alici per poi sciacquarle in<br />
acqua fredda, appena salata,<br />
ed asciugarle piano con<br />
un canovaccio. Quindi in<br />
una tortiera mettete dell’olio<br />
extravergine d’oliva ed<br />
adagiate le alici formando<br />
uno strato. A parte tritate<br />
due spicchi d’aglio e salateli.<br />
A questo punto mettete del<br />
prezzemolo tritato sulle alici<br />
e poi di seguito l’aglio tritato,<br />
un spolverata di pepe<br />
macinato, la mollica sbriciolata<br />
di pane raffermo ed<br />
un filo d’olio. Proseguite con<br />
un secondo strato di alici<br />
spinate e aggiungete di nuovo<br />
gli ingredienti di prima.<br />
Infornate a 180 gradi per 15-<br />
20 minuti finché la superfice<br />
non sarà dorata.<br />
Vino consigliato: Bricco del<br />
Bosco, Grignolino del Monferrato<br />
Casalese, azienda Accornero.<br />
«È un rosso leggero<br />
che si abbina benissimo al<br />
pesce» racconta Ermanno<br />
Accornero. «Facciamo una<br />
vinificazione breve che restituisce<br />
al palato una tannicità<br />
leggera. Viticoltori dal<br />
1897, produciamo il Bricco<br />
dal 1982».<br />
ESPADRILLAS,<br />
DALLA SPAGNA<br />
CON FURORE<br />
Adorate da Dalì, perfette<br />
per lui e per lei,<br />
ci piacciono denim, a<br />
righe o multicolor<br />
Sara Fanelli<br />
Il nome non lascia spazio<br />
ad equivoci o travisamenti<br />
sul paese di<br />
origine. Le espadrillas nascono<br />
in Spagna, tra i Pirenei<br />
dell’Occitania e della<br />
Catalogna nel XIV secolo, e<br />
prendono il nome dall’erba<br />
resistente con cui veniva<br />
intrecciata in principio<br />
la suola. Nei Paesi Baschi<br />
pare ci siano ancora negozi<br />
che le realizzano a mano da<br />
più di un secolo. Se prima<br />
gli artigiani le cucivano per<br />
i contadini e pescatori locali,<br />
oggi quegli stessi negozi<br />
sono presi d’assalto dai turisti<br />
della costa, fashioniste e<br />
surfisti. La bellezza di queste<br />
scarpe è che possono essere<br />
indossate da tutti, uomini e<br />
donne indifferentemente.<br />
Precursore fu Salvador Dalì,<br />
che ci ha insegnato che ap-<br />
pena torna l’estate, tornano<br />
anche le espadrillas. Colorate<br />
cariche di luce, millerighe,<br />
a pois, per percorrere<br />
paesaggi incontaminati e<br />
calde atmosfere mediterrranee.<br />
Effetto denim, in cuoio,<br />
o classico cotone per gli uomini.<br />
Mentre le donne possono<br />
sbizzarrirsi tra flat e<br />
zeppa, allacciate o incorporate<br />
alla caviglia da eleganti<br />
cinturini. Missoni mare<br />
porta la sua classica fantasia<br />
anche sulla tela di queste<br />
scarpe, Valentino preferisce<br />
pelle di vitello con cinghietta<br />
alla caviglia. Open toe in<br />
tessuto animalier per Stella<br />
Mccartney. Con la zeppa e<br />
in cotone Ralph Lauren. Bicolore<br />
in canvas e pelle per<br />
Fendi.<br />
Per chi invece ama i lustrini<br />
ci sono quelle glitterate di<br />
Chiara Ferragni. Ugg australia<br />
porta l’unisex in suede e<br />
corda. Castañer da una svolta<br />
alle espadrillas da uomo<br />
elimina la zeppa e crea un<br />
nuovo concetto, permettendo<br />
che la linea prettamente<br />
femminile possa diventare<br />
un accessorio base per tutti<br />
gli armadi maschili. Comode,<br />
leggere, anticaldo. Le<br />
espadrillas restano la scelta<br />
obbligata di ogni estate.<br />
84 18 luglio 2015
OPERA<br />
MY LEFT<br />
La Butterfly<br />
Limpida e crudele<br />
l’opera di Puccini in<br />
scena a Caracalla nella<br />
versione di Alex Ollé<br />
Elisabetta Tomassini<br />
Èuna Butterfly moderna<br />
e cinematografica<br />
quella che Àlex Ollé<br />
de La Fura dels Bauls porta<br />
in scena alle Terme di Caracalla.<br />
Ollé crea uno stacco<br />
nettissimo, quasi brutale, tra<br />
primo e secondo atto. Salvo<br />
che per l’incursione un po’<br />
forzata, da gangster yakuza,<br />
dello zio Bonzo, l’atmosfera<br />
del primo atto è tradizionale<br />
e romantica. Gli abiti,<br />
i colori, le movenze, tutto<br />
trasmette l’emozione di Cio<br />
Cio San che si avvicina all’altare<br />
e, insieme, al riscatto<br />
dalla miseria e al sogno di un<br />
amore per il quale è arrivata<br />
a rinnegare la propria fede.<br />
Purtroppo il sogno di Butterfly<br />
si chiama Pinkerton,<br />
marinaio yankee a caccia di<br />
affari - siano questi immobiliari<br />
o sentimentali - che<br />
Ollé presenta come l’emblema<br />
del colonizzatore senza<br />
scrupoli, tsunami umano<br />
che distrugge tutto ciò che<br />
di più puro incontra. Angelo<br />
Villari, in sostituzione di Sergio<br />
Escobar, ha retto il ruolo<br />
dello spavaldo Pinkerton,<br />
ma con qualche incertezza<br />
vocale. Se nel I atto è chiaro<br />
che stiamo assistendo alla<br />
costruzione di un sogno, nel<br />
secondo è subito evidente<br />
che quel sogno è infranto.<br />
Una baracca occupa la scena<br />
- è la casa di Butterfly -<br />
sullo sfondo i grattacieli di<br />
Tokyo, sulla destra un cartellone<br />
pubblicizza le ultime<br />
unità disponibili della Pinkerton<br />
Construction Corporation.<br />
Cio Cio San è più<br />
povera che mai, ma non si<br />
rassegna, e, colpo di scena,<br />
sulle ultime note di “Un bel<br />
dì’ vedremo” si libera della<br />
veste bianca con gesto da<br />
supereroe della Marvel e<br />
sbalordisce tutti mostrando<br />
il costume: canottiera<br />
bianca con il disegno della<br />
bandiera americana, shorts<br />
jeans e scarpe da ginnastica.<br />
Non solo, tatuaggi ovunque,<br />
scritte inglesi su una gamba,<br />
sull’altra un dragone. Smantellata<br />
ogni tradizione, tutto<br />
crolla nello squallore. Il console<br />
Sharpless arriva in taxi<br />
con la lettera di Pinkerton<br />
e Butterfly lo accoglie esibendo<br />
una disinvoltura che<br />
vuole essere americana; per<br />
darsi un tono e mascherare<br />
il nervosismo, si accende<br />
una sigaretta. La Butterfly è<br />
interpretata da Asmik Grigorian,<br />
vocalmente all’altezza<br />
e brava a rendere la ragazzina<br />
un po’ esaltata, le cui ali<br />
spezzate sono quelle di un<br />
sogno americano che le è<br />
precluso e che, dopo averla<br />
illusa con visioni di benessere<br />
e un assaggio di felicità,<br />
finisce col portarle via tutto.<br />
Poche opere hanno una trama<br />
limpida e crudele come<br />
Madama Butterfly. Quest’opera<br />
è trafitta da un’unica linea<br />
retta che dalla speranza<br />
va dritta al suicidio. Appare<br />
dunque nello spirito dell’opera<br />
la lettura di Ollé. Le scenografie<br />
di Alfons Flores, gli<br />
abiti di Lluc Castells e le luci<br />
di Marco Filibeck trasmettono<br />
tutta la forza dei colori<br />
mantenendo la leggerezza<br />
dei tradizionali ideali estetici<br />
giapponesi. La direzione<br />
di Yves Abel è apparsa misurata<br />
e attenta alla vocalità.<br />
ADESSO NESSUNO<br />
PUÒ PIÙ VENIRE A<br />
DIRMI COSA FARE<br />
Sergio Caputo racconta<br />
la sua arte oltre<br />
alla musica e la voglia<br />
di vivere a lungo<br />
Alessandra Grimaldi<br />
Negli anni 80 il “suo<br />
sabato” divenne<br />
quello di tutti gli<br />
italiani, poi altri lavori e successi<br />
fino a “Pop Jazz and<br />
Love”, album che con 10 brani<br />
inediti celebra i trent’anni<br />
del cantautore Sergio Caputo.<br />
Armonie jazz, ma confezionato<br />
in stile pop, per testi<br />
rigorosamente in inglese,<br />
a eccezione del singolo “A<br />
bazzicare il lungomare”.<br />
Storie d’amore, raccontate<br />
in modo anche surreale, da<br />
proporre quest’estate al suo<br />
pubblico.<br />
Lei è in giro per il tour: che<br />
tipo di spettacolo è?<br />
Ogni show è diverso perché<br />
ogni volta è diverso il pubblico<br />
che mi trovo davanti,<br />
cambia il modo in cui mi<br />
pongo per comunicare e arrivare<br />
al cuore. Mi presento<br />
con i miei classici, poi viro<br />
su cose più nuove e trasgressive.<br />
Nel 1999 si è trasferito in<br />
California, solo di recente è<br />
tornato in Italia, come mai?<br />
Sono andato per noia e per<br />
curiosità, sono tornato per<br />
amore.<br />
I testi delle sue canzoni<br />
vengono proposti agli universitari,<br />
come esempio<br />
di poesia contemporanea,<br />
come interagisce con gli<br />
studenti?<br />
Sui social ce ne sono tantis-<br />
simi che mi seguono e interagisco<br />
volentieri. Se posso,<br />
metto a loro disposizione le<br />
mie esperienze.<br />
Qual è stata la sua formazione?<br />
Ho fatto il liceo classico, per<br />
me un’immensa perdita di<br />
tempo. Potessi tornare indietro,<br />
avrei studiato solo<br />
arte e musica.<br />
Tra i suoi progetti futuri?<br />
Continuare a poter vivere<br />
della mia arte, che non si<br />
limita alla musica dato che<br />
sono anche un pittore, e vivere<br />
più a lungo possibile<br />
per stare accanto alla mia<br />
giovane famiglia.<br />
Se le dico Liberté?<br />
Nelle società organizzate<br />
non esiste, ma è condizionata<br />
alla convivenza civile.<br />
Égalité?<br />
Oggi si persegue la diversità<br />
più che l’uguaglianza.<br />
Fraternité?<br />
Si pone come un limite ai<br />
rapporti con coloro che non<br />
ne accettano le regole.<br />
Trasformazione?<br />
Penso al bruco e alla farfalla.<br />
Dopo 30 anni, cosa è rimasto<br />
di quel “sabato italiano”?<br />
Il sabato è il giorno in cui<br />
cercare l’evasione. La mia<br />
vita professionale oggi è più<br />
libera, dopo anni di esperienza,<br />
nessuno può più dirti<br />
cosa devi fare.<br />
18 luglio 2015<br />
85
ALLA<br />
SORGENTE<br />
DEL SOUL<br />
OLTRE<br />
LA LUCE,<br />
IL SUONO<br />
Formello (Roma) - Dal 23<br />
al 31 luglio la sala Orsini di<br />
Palazzo Chigi ospita la personale<br />
dell’artista Marina<br />
Baciocchi. Con il suggestivo<br />
titolo Oltre la luce il suono è<br />
uno degli eventi della rassegna<br />
Formello Palcoscenico<br />
Città 2015. In foto un’opera<br />
della pittrice.<br />
L’ARTE<br />
IN BREVE<br />
Tuscania (Vt) - L’attrice<br />
Lella Costa, il cantante Daniele<br />
Silvestri (in foto) e poi<br />
Celestini, Sinibaldi e Bergonzoni.<br />
Vola verso il gran<br />
finale il FLeb Festival della<br />
Letteratura breve, il 18 e il<br />
19 luglio. www.fleb2015.it.<br />
CARPE DIEM.<br />
COGLI<br />
L’ATTIMO<br />
AL CINE<strong>MA</strong><br />
Giffoni - 600 giurati provenienti<br />
da circa 50 saranno<br />
loro il cuore e l’anima della<br />
45° edizione del Giffoni<br />
Experience, in programma<br />
dal 17 al 26 luglio. Arriveranno<br />
per la prima volta<br />
in cittadella delegazioni<br />
dall’Iraq, dal Marocco, dal<br />
Pakistan e dal Tajikistan<br />
mentre ritornano, dopo<br />
qualche anno di assenza,<br />
giurati provenienti da Albania,<br />
Bosnia Erzegovina<br />
e Brasile. Il tema scelto è<br />
«Carpe Diem come invito<br />
a rendere straordinaria la<br />
propria vita, a non accontentarsi,<br />
senza rimandare,<br />
con coraggio e con passione».<br />
Anche questa volta,<br />
Giffoni saprà stupire con il<br />
suo programma: 156 film di<br />
cui 98 in concorso, selezionati<br />
su oltre 4.200 produzioni<br />
in preselezione.<br />
www.giffonifilmfestival.it<br />
Kilowatt<br />
di creatività<br />
Sansepolcro (Ar) - La 13°<br />
edizione di Kilowatt Festival<br />
presenta quest’anno, dal 18<br />
al 25 luglio, un ricco programma<br />
di teatro, danza,<br />
musica, fotografia, incontri,<br />
convegni che faranno di<br />
Sansepolcro, ente capofila<br />
del progetto europeo Be<br />
SpectACTive. Tra le punte<br />
di diamante della nuova<br />
danza europea, due giovani<br />
coreografi under 35 presenteranno,<br />
in prima assoluta, i<br />
loro nuovi spettacoli: il coreografo<br />
e danzatore croato<br />
Bruno Isakovic, dopo una<br />
residenza artistica di due<br />
settimane a Sansepolcro,<br />
debutterà con Denuded, lavoro<br />
che sarà, a fine anno,<br />
al Moma di New York e il coreografo<br />
e danzatore ceco<br />
Michal Zahora, danzatore<br />
dello Scottish Dance Theatre,<br />
della compagnia norvegese<br />
Carte Blanche e del<br />
Teatro della Danza (Tanec)<br />
di Praga, che sarà presente<br />
con “Devoid”.<br />
Porretta Terme (Bo) - Dal 23<br />
al 26 luglio il Rufus Thomas<br />
Park ospita il ventottesimo<br />
Porretta Soul Festival. Con<br />
un tributo al grandissimo<br />
Otis Redding. Così il più<br />
prestigioso appuntamento<br />
europeo dedicato interamente<br />
alla musica soul<br />
e rhythm & blues, che ha<br />
sempre fatto riferimento<br />
in particolar modo alla scena<br />
musicale di Memphis,<br />
scalda i motori, aspettando<br />
un ospite speciale come<br />
Bernard “Pretty” Purdie,<br />
imperdibile decano della<br />
batteria e delle percussioni<br />
(in foto). Molto attesi sono<br />
anche il chitarrista Anthony<br />
Paule con la sua band e<br />
il vocalista Frank Bey; l’incandescente<br />
veterana Sugar<br />
Pie De Santo e molti altri.<br />
Il programma completo<br />
è sul sito www.porrettasoul.it<br />
86 18 luglio 2015
L’ANGOLO<br />
DELLA POESIA<br />
Pesaro - Mentre le collane di<br />
poesia si fanno sempre più<br />
rare nel panorama dell’editoria<br />
italiana, una bella<br />
iniziativa del Comune di Pesaro,<br />
in collaborazione con<br />
l’Università di Urbino offre<br />
una importante occasione<br />
per riscoprire il fascino<br />
di questo genere letterario.<br />
Con il titolo L’angolo della<br />
poesia. Diversi in versi, dal<br />
20 luglio nella Rocca Costanza<br />
si alterneranno poeti<br />
e letterati, in una non stop<br />
dal vivo. Ad aprire la rassegna<br />
sarà una serata dedicata<br />
a Wystan H. Auden raccontato<br />
da Franco Buffoni, con<br />
Jimmy Villotti e Marco Ercolani.<br />
Il 21 luglio invece sarà<br />
la volta della serata dedicata<br />
ad Antonia Pozzi presentata<br />
da Alessandra Paganardi<br />
con Pupi e Antonio Avati. E<br />
ancora. Da non perdere il 22<br />
luglio la serata dedicata ad<br />
Antonio Machado raccontato<br />
da un giovane autore di<br />
talento come Valerio Nardoni.<br />
Info: www.giuseppepeppinosaponara.com<br />
AL MITTELFEST<br />
VOCI DALLA EX<br />
JUGOSLAVIA<br />
Cividale del Friuli - La grande<br />
coreografa Carolyn Carlson,<br />
la nuova composizione<br />
di Michael Nyman, la musica<br />
d’avanguardia di Markus<br />
Stockhausen e molte altre<br />
anteprime. Si alza il sipario<br />
sul Mittelfest, che va in scena<br />
dal 18 al 26 luglio. Con oltre<br />
60 spettacoli riuniti sotto<br />
il titolo Il colore dell’acqua.<br />
Evento speciale: Aghe.Voda.<br />
Ujë, (sabato 18 luglio) che<br />
unisce compositori, interpreti,<br />
cantautori e poeti da<br />
Italia, Croazia, Bosnia e Erzegovina,<br />
Serbia, Slovenia,<br />
Montenegro, Macedonia,<br />
Albania. L’Italia avrà la voce<br />
di Tosca, del friulano Loris<br />
Vescovo (Targa Tenco), di<br />
Luigi Maieron, Edoardo De<br />
Angelis, mentre testi poetici<br />
e in prosa saranno firmati<br />
dallo scrittore Paolo Maurensig<br />
e dal poeta Miroslav<br />
Košuta. www.mittelfest.it<br />
© Lucas Chilczuk<br />
L’eresia<br />
della<br />
felicità<br />
Milano - Adolescenti in<br />
maglietta gialla imbracceranno<br />
i versi del poeta<br />
russo Majakovskij, scritti<br />
quando era un giovane ribelle.<br />
Eresia della felicità<br />
è il nuovo spettacolo del<br />
Teatro della Albe diretto<br />
da Marco Martinelli ed Ermanna<br />
Montanari, che va<br />
in scena dal 18 al 25 luglio<br />
nell’ambito di Da vicino<br />
nessuno è normale.<br />
Make<br />
your<br />
festival<br />
Roma - «Volevamo creare<br />
qualcosa di nuovo, coinvolgendo<br />
il pubblico». Dall’idea<br />
di 2 ventenni romane nasce<br />
Make your festival, una<br />
piattaforma web e un primo<br />
appuntamento, il 4 e 5 settembre.<br />
Sul sito sito www.<br />
makeyour.it. Sono gli utenti<br />
a fare il cartellone, scegliendo<br />
tra più di 50 artisti.<br />
NEL<br />
SEGNO<br />
DI HENZE<br />
Montepulciano (Si) - Teatri<br />
di guerra e di pace. È questo<br />
il titolo della 40° edizione del<br />
Cantiere di Montepulciano,<br />
storica rassegna, fondata da<br />
Hans W. Henze, che continua<br />
ad accendere le piazze<br />
della cittadina toscana fino<br />
al 1 agosto con 52 appuntamenti<br />
coinvolgendo oltre<br />
400 artisti. In cartellone<br />
quest’anno Idroscalo Pasolini,<br />
prima opera di Taglietti<br />
e Pasquini, diretta da Marco<br />
Angius. E poi La finta semplice<br />
di Mozart con la regia<br />
di Caterina Panti Liberovici,<br />
e ancora danza contemporanea,<br />
spettacoli che uniscono<br />
differenti linguaggi e<br />
un omaggio alla cultura del<br />
popolo curdo, con la soprano<br />
Pervin Chakar. www.fondazionecantiere.it<br />
© Adriano Farina<br />
18 luglio 2015<br />
87
TRASFOR<strong>MA</strong>ZIONE<br />
L’identità<br />
razionale e la negazione della donna<br />
Donna<br />
uomo<br />
Non fu il braccio con la sua intenzionalità a<br />
muoversi per scrivere parole. Ero rilassato<br />
sullo schienale della poltroncina davanti alla<br />
scrivania, vedevo le voci che portavano le memorie<br />
dei suoni uditi nello stanzone che si realizza in<br />
due grandi ali unite da una lunga linea che disegna due<br />
rettangoli che si sovrappongono al vertice. Lo sguardo<br />
che andava veloce davanti a sé lesse, scritte a grossi caratteri<br />
bianchi su una nuvola grigia, una parola grande<br />
ed una piccola.<br />
Vennero avanti attraverso le pareti di vetro dello studio<br />
e, ondeggiando come foglie che per il vento si erano staccate<br />
da un albero,si posarono nel rettangolo non disegnato<br />
che sta in cima al foglio bianco. Senza ricordo so che<br />
vengono definite: lingua italiana. Nella mente compare la<br />
figura nota detta “lo stivale”. Nel nord le cime delle montagne<br />
innevate fanno pensare ai capelli bianchi. So che da<br />
esse emerge l’acqua che va a formare i fiumi.<br />
Vengono anche ricordi di parole che davano nomi a<br />
gruppi di persone ed invitavano alla conoscenza del comportamento<br />
e del pensiero di essi. E la memoria disegna<br />
sfumata, senza linee che la definiscono, la figura di una<br />
coscienza che parlava normalmente il linguaggio articolato<br />
ed ascoltava con tutta la pelle le voci dei propri simili<br />
senza amare i nomi che venivano dati agli oggetti materiali.<br />
Cercava negli esseri umani una realtà non direttamente<br />
percepibile dai cinque sensi della coscienza.<br />
Guardo in alto a sinistra e vedo i tre piccoli cipressi che<br />
misi due anni fa nella terrazza di sopra. Odo scendere<br />
le parole del ricordo della poesia che avevo imparato: ...<br />
“Ma, cipressetti miei, lasciatem’ ire: Or non è più quel<br />
tempo e quell’età. Se voi sapeste!... E so leggere di greco e<br />
di latino...”. La memoria disegna l’immagine del ragazzo<br />
che, uscendo di casa, va al liceo classico. Camminando,<br />
pensa.<br />
Vedo il corpo dell’uomo che, per quattro giorni alla settimana,<br />
esce di casa per andare a Trastevere. Apre le porte<br />
dell’originale studio per la psicoterapia di gruppo. In tanti<br />
entrano liberamente. Seduto nella poltroncina attende.<br />
Si chiudono le porte. Lo psichiatra non è più lo stesso<br />
ragazzo che andava al liceo. Non è un ricordo cosciente.<br />
Nacque quando interpretò un sogno, pubblicamente.<br />
Separate dalla realtà materiale del mondo le parole sono<br />
memoria. Sono immagini e non ricordi.<br />
La favola dice che Tifone feconda Echidna che partorisce<br />
la Sfinge. Il corpo di un animale ha il volto di donna.<br />
Sofocle raccontò la storia di Edipo Re ed Edipo a Colono<br />
in cui si afferma che il mistero dell’uomo è incomprensibile<br />
e chiunque voglia conoscere uccide il padre, violenta<br />
la madre e finisce cieco nel bosco sacro alle Eumenidi.<br />
Non è la cecità di Tiresia che vedeva la realtà umana non<br />
percepibile dalla coscienza, nella veglia. Conosceva la realtà<br />
dell’uno e l’altro sesso della specie umana.<br />
La linea mai esistita che la terra fa girando intorno al<br />
sole fa migliaia di capelli rosso scuro della chioma della<br />
donna alta e snella che sta, ogni settimana, nell’ultima<br />
pagina di Left. È il tempo del sangue della resistenza<br />
e rifiuto dell’identità razionale dell’uomo che, dopo<br />
il risveglio che gli fece pensare e dire: terra, aria, acqua<br />
e fuoco, inventò lo Spirito assoluto che cancellava tutte<br />
le immagini. La donna che, nella grotta, faceva le pitture<br />
rupestri sparì... come se non fosse mai esistita.<br />
Tornano migliaia di anni in cui la mente umana tenta<br />
di elevarsi dall’idea che la realtà biologica percepibile<br />
della nascita è fango. Compito della vita è negare il<br />
corpo, umiliarlo fino ai limiti della distruzione che non<br />
deve avvenire perché finirebbe la sofferenza. La realtà<br />
umana è soltanto ciò che è realtà non materiale che<br />
non è realtà biologica. È detta anima, parola derivata<br />
dal termine greco: ανεμος.<br />
Non è Psychè perché vuole affermare che la nascita è<br />
nel respiro, ovvero nel funzionamento della realtà biologica.<br />
A Psychè, che era il nome di una fanciulla più<br />
bella di Venere madre di Eros, era stata tolta la realtà<br />
umana. Non era “la donna”, era spirito...mente senza<br />
cervello. Con l’illuminismo, l’idea che la verità umana<br />
era essere senza corpo fu allontanata e tornò l’identità<br />
della coscienza, del pensiero verbale, e del linguaggio<br />
articolato.<br />
Ormai la razionalità con il mito della libertà aveva lasciato<br />
che si parlasse dell’esistenza di una mente senza<br />
coscienza. E, subito, la lingua tedesca partorì il mostro<br />
cui tutti dovevano sottomettersi: Das Unbewusste. La<br />
religione che fa credere invece che pensare era ancora<br />
presente nella mente “liberata”. Diceva di non credere<br />
alle favole fatte da pensieri che erano immagini e restò<br />
la credenza di un “non umano” presente nel sonno di<br />
essi.<br />
88<br />
18 luglio 2015
Ora è come se l’immagine del ragazzo che, pensando, andava<br />
al liceo fosse svanita nel tempo e compare il giovane<br />
medico che voleva fare psichiatria per comprendere la malattia<br />
mentale. Aveva visto che il linguaggio delle immagini<br />
oniriche era comprensibile e portò l’identità psichiatrica ad<br />
una realtà nuova. La parola cura era giunta ai termini malattia<br />
mentale che avevano sempre definito: lesione della<br />
realtà biologica.<br />
Poi, un giorno di febbraio di nove anni fa comparve il settimanale<br />
Left che aveva, in sé, le due pagine firmate da colui<br />
che, da trentanni, era lo psichiatra dell’Analisi collettiva.<br />
Tre anni e mezzo fa la distribuzione del fascicolo fu legata<br />
al quotidiano l’Unità, giornale fondato da Gramsci nel<br />
1924 e legato ad una storia comunista. Un anno fa cessò<br />
le pubblicazioni. Left cominciò a rinnovarsi fino a giungere,<br />
tra gennaio ed aprile, ad essere completamente nuovo.<br />
Un’altra realtà perché la precedente non esisteva più.<br />
Come se fossero tre pali secchi coperti da un cappellaccio<br />
ed un sacco stracciato che vogliono spaventare,<br />
le tre parole: Organicismo, Daseinsanalyse, Psicoanalisi,<br />
ormai sclerotiche non riescono a muoversi. Sono venute,<br />
da lontano, idee della cultura greca che si presentavano<br />
come immagini. Cloto, Lachesi, Atropo, le tre Parche<br />
nere avevano in mano il destino dell’essere umano.<br />
Era un altro pensiero rispetto al linguaggio articolato<br />
della coscienza che, dando un nome alle percezioni coscienti<br />
riusciva a fare il buio dell’impossibilità di sapere,<br />
oltre. Il linguaggio delle immagini, la fantasia che parlava<br />
senza linguaggio articolato era stata condannata<br />
come “non pensiero”. Guardo tristemente le parole che<br />
l’aria invisibile disegna. “L’uomo razionale annullò l’esistenza<br />
della mente della donna che non aveva linguaggio<br />
articolato e dipingeva le pareti della grotta”.<br />
Massimo Fagioli psichiatra<br />
Ho visto ed udito Tsipras. Rivendica il diritto a sopravvivere<br />
di fronte alla dittatura della Troika che schiaccerebbe i greci riducendoli a<br />
schiavi che devono lavorare per pagare il debito. Irrazionale contro razionale? Ricorda<br />
che in Grecia è nata la democrazia e che la storia e l’identità del mondo occidentale<br />
sono derivate da quella cultura. La memoria tenta di disegnare il corpo<br />
del liceale che cammina per andare al liceo classico dove studiava lingua e<br />
letteratura greca.<br />
Non riesce, le forme sono indefinite, sembra che siano soltanto colori.<br />
Lontano, come se fosse una voce che scende dal cielo, viene scritta<br />
la frase decisa: è l’uomo che ha realizzato l’identità razionale della<br />
coscienza, non la donna. Lo sguardo va sulle due pagine di Left<br />
ed, in alto a destra, vede il grande disegno. Ebbi un impulso<br />
irrazionale alla festa del bambino di due anni.<br />
Senza pensare vennero parole che non erano più nomi che<br />
indicavano la realtà materiale percepita. Dissi: la pioggia<br />
del mare. Ed il pensiero cosciente dice che il mare non<br />
può scendere dall’alto dei cieli. Vedo che le parole<br />
uguali a quelle ascoltate sono, in verità altre, diverse.<br />
Parlano, come il disegno, di un rapporto senza<br />
ragione tra uno psichiatra che ha realizzato,<br />
come propria identità, la mente non cosciente<br />
ed un movimento invisibile di corpi immobili.<br />
E la descrizione delle immagini<br />
oniriche resa nell’aria in silenzio, non<br />
diventa pensiero verbale. E la prassi<br />
del linguaggio articolato risponde e<br />
rivela il non conoscibile.<br />
Diverso.<br />
La memoria<br />
illumina la parola<br />
che non è più ricordo<br />
cosciente. Raccoglie<br />
dal buio delle realtà<br />
mentali sparite un movimento<br />
mai portato al pensiero<br />
verbale. E’ la visione di un<br />
corpo diverso dal proprio che può<br />
togliere alla mente cosciente l’intelligenza<br />
e la bellezza del “non è”, che è<br />
conoscenza e rifiuto. E la mente cosciente<br />
ha sempre pensato: “non è un essere umano<br />
come me”. L’identità della nascita che dice<br />
“esiste un seno” viene lesa nella parola uguaglianza,<br />
data dalla realizzazione della propria nascita e<br />
della propria memoria-fantasia dell’esperienza vissuta.<br />
Il linguaggio profondo dice: essere umano uguale a me<br />
stesso.<br />
18 luglio 2015<br />
89
UN’ALTRA STORIA<br />
di MONICA CATALANO<br />
90<br />
18 luglio 2015
PER LA LIBERTÀ<br />
DI RICERCA<br />
NON ARRESTIAMO LA SCIENZA.<br />
LIBERIAMO LA RICERCA SUGLI EMBRIONI.<br />
FIR<strong>MA</strong> L’APPELLO:<br />
LA CORTE COSTITUZIONALE SI APPRESTA A DECIDERE SU TEMI, DA NOI SOLLEVATI AL SUO<br />
GIUDIZIO, QUALI LA RICERCA SUGLI EMBRIONI E L'ACCESSO ALLA FECONDAZIONE ASSISTITA<br />
DI PAZIENTI NON STERILI. QUALUNQUE SIA LA DECISIONE DELLA CORTE, IL PARLAMENTO<br />
POTREBBE IN OGNI CASO INTERVENIRE PER RIMUOVERE DIVIETI CHE DANNEGGIANO LA<br />
RICERCA E LA SALUTE. PER QUESTI MOTIVI, ABBIAMO PROMOSSO DUE PETIZIONI<br />
CHE TI CHIEDIAMO DI SOTTOSCRIVERE SUL SITO DELL’ASSOCIAZIONE LUCA COSCIONI.<br />
COSA PUOI FARE:<br />
PRENDI LA TESSERA, INFOR<strong>MA</strong>TI, FIR<strong>MA</strong> L’APPELLO SU<br />
www.associazionelucacoscioni.it