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ANNO X - n. 2 - Giugno 2006 - Società Friulana di Archeologia

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L’opportunità e la necessità <strong>di</strong>eseguire interventi <strong>di</strong> restauroconservativo e funzionalesu e<strong>di</strong>fici monumentali, più omeno antichi, è un’occasioneeccezionale per lo stu<strong>di</strong>o dellesue metamorfosi nel <strong>di</strong>veniredei tempi, sia dal punto <strong>di</strong> vistadella concezione architettonicache dell’uso dei materialie<strong>di</strong>lizi.Una <strong>di</strong> queste opportunità ciè stata data (purtroppo) daglieventi sismici del 1976, chehanno devastato il nostro Friuliin lungo e in largo e che, purdepauperandoci <strong>di</strong> una partedel nostro patrimonio culturale,ci ha messo in grado <strong>di</strong> recuperarnela gran parte. Bisognapur <strong>di</strong>re che la stragrandemaggioranza degli e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> cuici occupiamo aveva già, primadel sisma, urgente bisogno <strong>di</strong>interventi, sia per la vetustàdelle strutture, sia per l’incuriadegli uomini. Ciò stante hapermesso una vasta analisi suidue tempi <strong>di</strong> cui sopra.La necessità <strong>di</strong> intervenire sullestrutture portanti dell’e<strong>di</strong>ficioha reso quasi sempre d’obbligol’analisi e l’eventuale rinforzodella parte basamentalee fondazionale dello stesso,con la conseguente rimozionedella pavimentazione esistente,quasi sempre <strong>di</strong> recente fattura.La situazione contingentepertanto ha reso necessarioanche lo scavo archeologico,per non danneggiare, stravolgendole,strutture e reperti piùantichi precedentemente nonrilevabili.Gli e<strong>di</strong>fici monumentali ingenerale e quelli religiosi inparticolare, da sempre sonostati localizzati in siti particolarmentevocati a tale funzione.Consequenziale è il fattoche in essi si siano sovrapposte,via via, varie strutture,che se testimoniano la naturae l’evoluzione temporale, formandoun unicum <strong>di</strong> eccezionalevalore archeologico.Lo stu<strong>di</strong>o quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> questestrutture rimesse in luce e dellemurature in elevazione, anch’essebisognose d’interventorestaurativo, hanno permessoDalla Sezione Me<strong>di</strong>o FriuliCodroipoRestauro architettonicoOccasione per lo stu<strong>di</strong>o delle metamorfosi<strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio storicoe l’uso e il riuso <strong>di</strong> materiali e<strong>di</strong>liziArzenutto (S. Martino al Tagliamento), Chiesa dei Santi Filippoe Giacomo, esempio <strong>di</strong> evoluzione architettonica.lo stu<strong>di</strong>o dell’evoluzione siadelle strutture architettoniche,sia dell’uso dei materiali nellevarie epoche.Esempi <strong>di</strong> strutture, in particolarmodo a<strong>di</strong>bite al culto,rilevate nella nostra zona, sononumerosissime; parte lasciatein vista, parte dopo esserestate rilevate, stu<strong>di</strong>ate, protettee reinterrate. Nella secondasituazione, normalmente siè provveduto a lasciare unatraccia visibile sulla superficie<strong>di</strong> calpestìo. Nella situazionemigliore invece, si è potutolasciare in vista tali reperti, operché in zone transennabili ome<strong>di</strong>ante una struttura portantetrasparente (vetro e/o griglia).Da un’analisi comparata trai vari siti territoriali, si puòdesumere una certa uniformitàformale planimetrica dellosviluppo degli e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> culto.Usualmente il primo impiantoè a pianta quadrata o rettangolare(VII-VIII secolo), il secondorisulta il prolungamentodel primo e dotato <strong>di</strong> piccolaabsi<strong>di</strong>ola (VIII-IX secolo), ilterzo si realizza con l’allargamentosu un lato dell’aularettangolare e la costruzione<strong>di</strong> un presbiterio trilobato, cioècon abside centrale e due laterali,pressoché delle stesse<strong>di</strong>mensioni (X-XIII secolo),il quarto quasi sempre coincideormai all’e<strong>di</strong>ficio <strong>di</strong> superficie,se trattasi <strong>di</strong> chiesequattro-cinquecentesche. Nel‘600-‘700 poi, con la controriforma,si è avuta una ristrutturazionedrastica <strong>di</strong> questie<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> culto, per lo menonella me<strong>di</strong>a e bassa friulana,per le aumentate necessità <strong>di</strong>capienza e per l’imporsi <strong>di</strong>un nuovo gusto architettonicoclassicheggiante. Ciò ha portatoa cambiare l’orientamentotra<strong>di</strong>zionale (abside a oriente),spostando l’asse longitu<strong>di</strong>nalein <strong>di</strong>rezione sud-nord, potendocosì riutilizzare il vecchio presbiteriocon cappella laterale einglobando la vecchia facciatanella parete laterale della nuovanavata.Per quanto riguarda l’uso e ilriuso dei materiali e<strong>di</strong>lizi <strong>di</strong>recupero, si può affermareche esso era prassi normalissima,che partendo dal periodoromano si è protratta finoall’imperversare del cementoarmato, nei primi decenni del‘900. Trattasi soprattutto dellaspogliazione <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici già crollatio parzialmente <strong>di</strong>roccatiche, a seconda delle localitàorografiche, sono <strong>di</strong>ventatecave <strong>di</strong> pietrame sbozzato,pietrame lavorato, materialein cotto quali mattoni, tegole,tavelline e, in casi particolari,anche <strong>di</strong> legname da lavoro,come travi <strong>di</strong> solaio o capriatedei tetti. Gli esempi più eclatantisono costituiti dal riuso<strong>di</strong> pietrame lavorato e/o decoratocostituente riquadrature <strong>di</strong>porte, finestre, gra<strong>di</strong>ni, chiavi<strong>di</strong> volta, lastre tombali.Una casistica numerata, nellanostra zona, riguarda il recuperocon ricollocazione inopera <strong>di</strong> vecchi portali istoriati<strong>di</strong> chiese quattro-cinquecentesche,ristrutturate nel ’600-’700, come pure delle chiavi<strong>di</strong> volta delle absi<strong>di</strong> demolite,immurate nelle pareti dei rinnovatie<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> culto. Altroesempio significativo può esserela costruzione della torrecampanaria <strong>di</strong> Aquileia, e<strong>di</strong>ficatacon materiali <strong>di</strong> spogliodei gradoni dell’anfiteatro romano.Normalissimo è stato poi l’usodel materiale laterizio, comei grossi mattoni romani “sesquipedale”,nelle fondazionie nelle murature in elevazione,oltre che per le riquadrature <strong>di</strong>tombe a inumazione. Anche gliembrici romani (tegole) furonousate, se intere per la copertura<strong>di</strong> tombe, se a pezzi per la costruzione<strong>di</strong> murature, posti <strong>di</strong>taglio, leggermente inclinati,in corsi alternati, con inclinazioniopposte (detta “muraturaa spina <strong>di</strong> pesce”).Il recupero e il riuso del materialeligneo a scopo e<strong>di</strong>ficatorio,può riguardare solamentee<strong>di</strong>fici più recenti e ancora in<strong>di</strong>screto stato <strong>di</strong> conservazione,anche se oramai abbandonati,a causa della deteriorabilitàdel materiale specifico,se non protetto dagli agentimeteorici.Questo breve scritto ci puòdare un’idea della complessitàe varietà delle problematicheda affrontare nel restauro architettonico,che però ci apreuna pagina significativa sul<strong>di</strong>venire delle cose e, in definitiva,sulla storia del costruirecon il reimpiego anche <strong>di</strong> repertiarcheologici.Gilberto Iacuzzi

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