21.07.2015 Views

NEWS N. 10 - The Venice International Foundation

NEWS N. 10 - The Venice International Foundation

NEWS N. 10 - The Venice International Foundation

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

<strong>The</strong> <strong>Venice</strong> <strong>International</strong> <strong>Foundation</strong>L’America di PollockMuseo Correr e Centro Culturale Candiani, fino al 30 giugnodi Pollock è un progetto espositivo che coinvolgeVenezia e Mestre in un itinerario attraverso la culturaL’Americaamericana dalla fine degli anni trenta alla metà degli annicinquanta. Protagonista assoluto è Jackson Pollock, cui il MuseoCorrer dedica la più importante rassegna mai realizzata in Italiamentre il Centro Candiani di Mestre presenta le opere degli artistiche con lui contribuirono a rivoluzionare l’espressione artistica intutte le sue forme.MUSEO CORRERA cinquant’anni dalla mostraorganizzata nell’Ala Napoleonicada Peggy Guggenheim, JacksonPollock torna con una grandeesposizione. Un articolatopercorso presenta oltre cinquantaopere, oltre a riproporre partedella storica esposizione del1950. Fu allora, il 22 luglio, chePeggy Guggenheim organizzòal Museo Correr una personaledell’artista, contemporaneamenteall’esposizione di tre sue opereal Padiglione Americano dellaXXV Biennale Arti Visive.L’omaggio che oggi Veneziadedica a questo grande protagonista del secondo Novecento consentedi ripercorrere tutto il suo itinerario artistico, dagli esordid’impianto figurativo fino alla grande stagione dell’action painting.CENTRO CULTURALE CANDIANILa mostra presenta una selezione di opere degli artisti che vissero elavorarono con Pollock negli anni del secondo dopoguerra: MarkRothko, Pousette Dart, Lee Krasner, Arshile Gorky, Barnett Newman,William Baziotes, Ad Reinhardt, Adolph Gottlieb, WillemDe Kooning, Hedda Sterne, James Brooks, Jimmy Ernst e altri.Noti anche come “Gli Irascibili”, furono i protagonisti della cosiddetta“Scuola di New York”. Il loro percorso artistico è delineatonelle oltre quaranta opere esposte, provenienti da musei e collezioniprivate di rilievo internazionale– molte delle quali maiesposte prima in Italia – a testimonianzadella vivacità culturaledella New York di quegli anni.Straordinario, in particolare,il rilievo dato per la prima voltaall’opera e al ruolo della mogliedi Pollock, Lee Krasner.A completamento della mostra,fotografie, lettere e documenti,provenienti dall’archivio della[9] Willem De Kooning, EastHampton Series, 1968. Collezione<strong>The</strong>odore e Ruth Baum.[8] Foto di Wilfred Zogbaum che ritraePollock nello studio di Fireplace Road;sul pavimento Alchimia, 1947.Courtesy Jackson Pollock papers, ArchiveSmithsonian Institution, Washington.Fondazione Krasner-Pollock illustranoil panorama artistico eintellettuale dell’epoca.E V E N T I V E N E Z I A N INavigare e DescrivereIsolari e Portolani del Museo CorrerMuseo Correr, fino al 15 settembreLa mostra presenta un’affascinante e in parte inedita selezionedi isolari e portolani, compresi tra il XV e il XVIII secolo,appartenenti alle collezioni del Museo Correr. Tra i numerosidocumenti che testimoniano la ricca tradizione di libri ecarte utili alla navigazione, queste opere sono un genere poco noto,che ben si inserisce nell’approfondimento del rapporto di Veneziacon il mare, con la sua vocazione a far entrare in contatto le diverseculture europee, del Mediterraneo e del Levante.Sono esposti, tra i manoscritti,l’Insulae Archipelagi cumpictura di Cristoforo Buondelmonti,Il Regno di Candia diAngelo degli Oddi e quello diFrancesco Basilicata, Il Nauticoricercato dal mare di GaspareTentivo.Tra le opere a stampa, si iniziadalle cronache dei viaggi permare verso la Terrasanta quali laPeregrinatio in Terram Sanctam diBernard von Breydenbach e ilViaggio da Venetia al Santo Sepolcro,dove realtà e immaginario si[<strong>10</strong>] Cristoforo Buondelmonti,Costantinopoli, XV secolo.fondono assieme, nei consigli ai pellegrini sui luoghi da visitaredurante il percorso e nelle notizie e curiosità sugli abitanti.Nella sezione degli Isolari sono esposti quelli di Bartolomeodalli Sonetti e di Benedetto Bordone e le opere di Giovanni FrancescoCamocio (Isole famose, porti, fortezze e terre marittime), Marco Boschini(L’Arcipelago e Il Regno tutto di Candia) e Vincenzo Coronelli(Isolario). Chiudono la rassegna gli atlanti nautici di produzionenord-europea quali quelli di Jacob Aertsz Colom (Colom de la merMediterrannée), Claes Janszoon Vooght (Della grande e illuminanteface del mare) e PietroSilvestro Valck(Vera dichiaratione delmare). Una sezionemultimediale permettela comparazionevirtuale di diversi,successivi prodotticartografici,che insistono suimedesimi luoghi,sovrapponendoliuno all’altro.[11-12] FrancescoBasilicata, Passo diCaccon, 1618. Afianco, Gaspare Tentivo,Canale di CalamotaIsola di Mezzo eZupana, 1732.3


<strong>The</strong> <strong>Venice</strong> <strong>International</strong> <strong>Foundation</strong>Ashes and SnowArsenale, fino al 6 luglioPer la prima volta dedicati a un solo artista, i tredicimila metriquadri espositivi delle Corderie, Artiglierie e Gaggiandredell’Arsenale di Venezia si sono aperti lo scorso 7 aprileper accogliere Ashes and Snow, il sogno lungo dieci anni dell’artistacanadese Gregory Colbert. Ora, all’interno dell’immenso spaziocinquecentesco, da cui uscivano le navi della potente Serenissima,vivono circa duecento opere di grandi dimensioni: 150 x 260 cm.Le opere, stampate su carta di pigmenti vegetali fatta a manoin Giappone, sono frutto di ventisette spedizioni attorno al mondoalla ricerca delle emozioni dimenticate.Nello spazio incantatodelle Corderiele immagini, comesospese fuori dallospazio e dal tempo,guidano verso unasorta di rappacificazionecon il Sé. Inun silenzio animato[13-15] Tre suggestive immagini della mostra. dal rumore dei passie dal suono del vento,si scopre la magnificenza e l’eleganza di un mondo perduto eritrovato: un giovane monaco è assorto nella lettura davanti a unelefante in ascolto; in un tempio egizio, un’aquila e una danzatriceinvitano insieme a unirsi alla danza; il battito della coda di un immensocapodoglio accompagna il canto di un uomo solitario... Allafine dei 284 metri delle Corderie i frammenti di un lungometraggiogirato da Colbert restituiscono movimento alle immagini.Si passa poi negli spazi delleArtiglierie, dove un tempo siaccumulavano cannoni e bombe.La crudeltà degli echi diguerra è sostituita da sentimentidi armonia, di ricerca e diunione, raccontati da immaginiin sequenza: una storia nuova ediversa per ogni ambiente. Nelprimo spazio, lasciato inalterato a testimonianza delle condizionidi abbandono precedenti il restauro, una sequenza di immagini èproiettata su uno schermo di grandi dimensioni. Sulla nuda pavimentazionedi un altro ambiente, scatole di luce, immaginate comepozze d’acqua, ci guidano nelle profondità marine, dove baleneed elefanti danzano con l’artista. Si entra poi nell’ultima sala: imponentilibri aperti su leggii sospesi nel vuoto riassumono e concludonola storia di Ashes and Snow, una visione durata dieci anni.L’Arsenale si è trasformato in untempio arcaico, le opere sembranoquasi essere lì da sempre,grandi tendaggi e un’illuminazionedai contrasti molto marcatiaccentuano la sacralità dellospazio dove solo sassi di fiumedelineano lo svolgersi del percorsoiniziatico.E V E N T I V E N E Z I A N IMagia, alchimia, scienza dal 400 al 700L’influsso di Ermete TrismegistoBiblioteca Nazionale Marciana, fino al 27 luglio[16] Il labirinto di Salomone, XIsecolo. Biblioteca Nazionale Marciana.La mostra, organizzata dalla Bibliotheca Philosophica Hermeticadi Amsterdam insieme alla Biblioteca Marciana eideale completamento dell’esposizione di Firenze del 1999su “Marsilio Ficino e il ritorno di Ermete Trismegisto”, vuole documentarel’influenza di quest’ultimo – mitico autore di antichissimiscritti teosofici, mistici e magici – sullo sviluppo della culturadal Quattrocento al Settecento a Venezia e in Europa e sulla nascitadella scienza moderna.Le opere esposte, manoscritte ea stampa, provengono dalle duebiblioteche, salvo alcuni importantidocumenti dell’Archiviodi Stato di Venezia, un codiceprestato dalla Biblioteca Nazionaledi Napoli e un incunabolodalla Biblioteca Universitariadi Padova.Il percorso espositivo prende avviodalla biblioteca del cardinaleBessarione – il grande studiosogreco a cui la BibliotecaMarciana deve la sua fondazione– che fu il maggiore arteficedella determinante presenza nelRinascimento della cultura greca antica, della quale il pensiero diErmete era parte integrante. Dai codici neoplatonici ed ermeticidel cardinale si passa a quelli che documentano la diffusione dell’ermetismoa Venezia, di cui sono figure rappresentative il cardinaleDomenico Grimani, Francesco Zorzi e Agostino Steuco.Sono esposte poi le edizioni più antiche della traduzione diFicino del Corpus Hermeticum, uscite soprattutto in territorio veneto,e si evidenziano i motivi ermetici presenti nell’arte veneziana.Si viene quindi a trattare del difficile rapporto tra Inquisizione emagia, con particolare riguardo a Venezia; di Paracelso e dei paracelsisti,con la cui entrata in scena l’ermetismo ricevette, in particolareoltralpe, un nuovo impulso, assumendo una nuova fisionomiae persino una nuova terminologia; nonché della sopravvivenzadell’ermetismo, malgrado ilcrollo del mito della grande antichità,negli scritti attribuiti aErmete, ritenuto fino ad allora“contemporaneo” di Mosè.Vengono infine messe in lucele radici venete e italiane deimisteriosi Rosacroce e del lororisorgere verso la fine del Seicentocome Fratelli della Aureae Rosea Croce.[17] Geheime Figuren derRosenkreuzer, manoscritto, 1785 ca.Bibliotheca Philosophica Hermetica.4


<strong>The</strong> <strong>Venice</strong> <strong>International</strong> <strong>Foundation</strong>Temi e Variazioni. Arte del dopoguerraCollezione Peggy Guggenheim, fino al 4 agostoe Variazioni” è un progetto espositivo in cuiogni due mesi “varia” l’allestimento e si presentano“Temiopere sempre diverse. La terza e conclusiva occasioneè un percorso originale dagli anni cinquanta sino ai settanta con alcuneopere raramente esposte nella collezione Peggy Guggenheim,nuove e importanti donazioni, oltre a opere che giungono dai depositidel Solomon R. Guggenheim Museum di New York.La mostra apre con due suggestive sale dedicate ad AlbertoBurri, protagonista indiscusso dell’arte informale internazionale euna in cui si propongono, in un inedito confronto, alcuni maestridell’arte gestuale e informale: dall’espressionista astratto americanoConrad Marca-Relli (Figure Form) a Emilio Vedova con Immaginedel tempo, un’opera acquistata da Peggy; infine due interessantidipinti di Afro dialogano con un dipinto di Riopelle.Come in sequenza, dal gesto-materia si passa alla stanza dedicataal “segno”, all’astrazione intesa come scrittura dello spazio contre grandi dipinti verticali di Gastone Novelli e Concentrico blu diCarla Accardi, opera chiave del suo percorso astratto e che la rappresentanonel museo insieme a Senza titolo. La mostra prosegue conuna sala dedicata a Lucio Fontanae al “monocromo”, soluzionee problematica chiave degli annisessanta. Sono presenti tre dipintidel maestro spazialista tracui il grande Concetto Spaziale eAttese del 1959; sono inoltreesposte opere di Piero Manzoni(Achrome) e Agostino Bonalumi[18] Carla Accardi, Concentrico (Nero) a cui è dedicata anche unablu, 1960. New York, Salomon R. sala-ambiente creata appositamentee visitabile da luglio.Guggenheim <strong>Foundation</strong>.Una sezione che sorprende per la sua carica visiva e il caratteredi riscoperta è quella dedicata alla Op-Art e all’arte cinetica dove,introdotte da opere di Vasarely e Albers sono esposti “oggetti” diBoto, Massironi, Sobrino, Costalonga, Costa, Apollonio, parte dellacollezione “sconosciuta” di Peggy Guggenheim. Il percorso sichiude con una curiosa sala dedicata alla “seconda vita dei materiali”.Del riutilizzo artistico di materiali non convenzionali e quotidianiè sicuramente simbolo l’imponente Ferro di Alberto Burridove le lamiere distese e saldate danno vita a un meraviglioso “dipinto”.Due opere di Mimmo Rotella composte magistralmentecon manifesti strappati si confrontanocon Serendipity 2 dell’ingleseIrwin, composto anch’essoda strappi e collage dimateria cartacea. Completano lasala due artisti del NouveauRealisme: Arman (Variabile e Invariabile)e César (Compressione)presenti dagli anni sessanta nelpalazzo veneziano di Peggy.[19] Mimmo Rotella, Casablanca,1965-80. New York, Salomon R.Guggenheim <strong>Foundation</strong>.E V E N T I V E N E Z I A N ISonia DelaunayRitmo e colore, 1923-1934Galleria della Fondazione Bevilacqua La Masa, fino al 14 ottobreÈil 1923 quando Sonia Delaunay, interpellata da una casa dimoda di Lione, comincia a interessarsi di disegni e tessuti,scoprendo le infinite possibilità che questo nuovo campodi applicazione avrebbe portato alla propria arte e descrivendolenei suoi diari a colori: i Libri neri. L’esposizione, che presenta oltrecento opere dell’artista, vuole ripercorrere proprio questo periododi intensa creatività e invenzione, proponendo la produzione artisticadi Sonia Delaunay tra il 1923 e il 1934.Il riesame dell’attività pittoricadi Sonia Delaunay attraversol’analisi delle gouaches contenutenei Libri neri o ad essi legatepermette di identificareuna tipologia di forme e sistemicromatici ricorrenti poi in tuttoil resto della sua produzione artistica.I Libri neri sono la testimonianzaautografa a colori dellaprogettazione di Sonia Delaunaye accompagnano il visitatore,come un filo di Arianna, inquei dieci anni di vita dell’artistache furono forse i più travagliatie nei quali la sua attivitàfu aperta a diverse esperienze,tra le quali la realizzazione dibozzetti e costumi per il teatro [20-21] Due opere esposte.e la moda. E proprio in quest’ultimadisciplina Sonia ha analizzato con visione anticipatrice losviluppo del prêt-à-porter: anche se in realtà la sola cosa che la entusiasmavaera inventare e realizzare abiti non adatti alla moltiplicazionese non addirittura impossibili da indossare.È comunque certo che nelle opere di quegli anni emerge la suaricerca bidimensionale con soluzioni formali e cromatiche che anticipanoi tempi. Attraverso i suggestivi colori delle gouaches e l’invenzionedegli abiti simultanei si scopre un’artista che lavora con ladinamica della luce eaccosta nelle operedi pittura il colore eil segno con una padronanzatecnica diraffinata eleganzastilistica. In mostrainoltre una piccolagalleria di foto dell’epocacon ambientazionidi arredamentie foto di modelleche indossanoabiti e accessori creatidalla Delaunay nelsuo Atelier Simultané.5


<strong>The</strong> <strong>Venice</strong> <strong>International</strong> <strong>Foundation</strong>8. Mostra Internazionaledi Architettura – NEXTGiardini di Castello e Arsenale, dall’8 settembre al 3 novembreDall’8 settembre la Biennale di Venezia ospita NEXT: il futurodell’architettura mondiale. Diretta da DeyanSudjic, NEXT racconterà infatti quali saranno gli sviluppidell’architettura nei prossimi anni, mostrando cosa sarà costruito ecome sarà costruito.Lontano da rappresentazioni fantastiche e virtuali che hannoavvicinato sempre più l’architettura al mondo delle installazionid’arte, quest’anno la Biennale di Architettura guarderà soprattuttoalla qualità delle forme e dei materiali dell’architettura costruita.Gli architetti di tutto il mondo esplorano nuove strade, cercanodi fondere la scoperta di nuovi materiali con quella di nuove tecnichecostruttive per consegnare ai loro edifici nuove qualità tattili evisive. Saranno presenti in mostra molte di queste sperimentazioni:dal lavoro con l’alluminio e ilvetrocemento dell’architettogiapponese Toyo Ito, agli elegantimateriali di rivestimentousati da Herzog e de Meuron attraversoil disegno digitale.NEXT si snoderà lungo i grandi[22] Toyo Ito, progetto per RelaxionPark a Torrevieja in Spagna.spazi dell’Arsenale (Corderie eArtiglierie) in una affascinantepasseggiata dove si potranno intrecciareil passato dei luoghi eil futuro delle nuove costruzioni, rappresentate da grandi e piccolimodelli e dalle immagini fotografiche. Si incontreranno così inquesto itinerario oltre centodieci progetti, mai presentati primad’ora, divisi in dieci sezioni, ognuna delle quali dedicata a una particolaretipologia di costruzione o tema architettonico: musei,grattacieli, spazi per il lavoro, quartieri e case da abitazione, edificipubblici e religiosi, trasporti, tempo libero, luoghi del commercio,spazi dell’istruzione, piani urbanistici. Una mostra di architetturadedicata ai progetti, realizzati sia da architetti già affermati sia dagiovani emergenti, comunque scelti per le qualità dei loro lavori.Nella sezione dedicata ai grattacieli, per esempio, saranno espostiil progetto di Renzo Piano per la sede del New York Times; lastraordinaria forma conica della torre di Norman Foster a Londra; latorre Agbar progettata da Jean Nouvel a Barcellona. Di grande importanza,nella sezione dedicata ai musei, il progetto di Herzog e deMeuron per il De Yang Museum a San Francisco; il progetto per la[23-24] Renzo Piano, progetto per ilNew York Times building e, a fianco,fotomontaggio con la torre di Forster.A N T I C I P A Z I O N Iricostruzione del Los Angeles County Museum of Art da parte diRem Koolhaas; il museo trasparente di Kazuo Sejima & Ryue Nishizawaa Toledo.Nella sezione dedicata agli spazi del lavoro sarà esposto il progettodi Zaha Hadid per la nuova BMW Factory a Lipsia. Progettiper il Magazzino Prada a Tokio di Herzog e de Meuron, e per unnuovo centro commerciale di Future System interamente rivestitodi alluminio saranno presenti nella sezione dedicata ai luoghi delcommercio. Nella sezione degli spazi dell’istruzione saranno espostii progetti per nuove biblioteche in Cina, negli Stati Uniti e inOlanda, e poi ancora residenze per studenti progettate da StevenHoll al MIT (Massachussetts Institute of Technology) e da Dixon &Jones a Belfast.Nella sezione dedicata alle case da abitazione sarà esposta unagrande ricostruzione in scala della Great Wall Commune: si trattadi un complesso di edifici a basso costo realizzato da 12 architettidella Cina continentale con il contributo degli architetti ShigeruBan e Gary Chang, che da anni si occupano dei problemi degli alloggiin aree urbane depresse. Il percorso espositivo, attraverso isingoli spazi che vivranno di una propria e singolare identità, èstato progettato dall’architetto John Pawson, responsabile dell’allestimento.Dalla storica e affascinante architettura dell’antico Arsenale diVenezia la mostra prosegue nelle diverse e non meno suggestivearchitetture dei Padiglioni ai Giardini di Castello dove il temaNEXT sarà presentato attraverso i singoli punti di vista nazionali:una cinquantina di paesi dall’Australia al Venezuela.Al Padiglione Italia sarà allestita la sezione Next Italy, con unaserie di importanti nuovi progetti che saranno realizzati in Italiasia da architetti internazionali come David Chipperfield, OdileDecq, Arata Isozaki, sia da architetti italiani come MassimilianoFuksas, Francesco Garofalo, Benedetta Tagliabue.[25-26] Due progetti. BenedettaTagliabue: l’Istituto Universitario diArchitettura e, a fianco, FrancescoGarofalo: la chiesa di Santa Mariadelle Grazie a Roma.Al fine di rendere unitaria per il pubblico la visita nelle duedifferenti sedi espositive in una parte del Padiglione Italia, aiGiardini di Castello, sarà presentata una sintesi delle più importantinovità esposte nella mostra all’Arsenale. Un’altra parte dellostesso Padiglione Italia sarà allestita da paesi non titolari di padiglione.Tra i progetti speciali vi sarà una sezione organizzata in collaborazionecon Alessi dove si confronteranno l’architettura e il design:sarà la City of Towers in cui saranno messi in mostra modellidi grattacieli in scala 1:<strong>10</strong>0, commissionati a un gruppo di architettitra cui David Chipperfield, Future Systems e Zaha Hadid.Gli stessi architetti affronteranno alla scala domestica una serie diprogetti simili realizzati da Alessi che, con questa iniziativa, vuoleindagare futuri scenari proponendo contaminazioni fra architetturae disegno industriale.6


OMAGGIO A COLE PORTER“WE OPEN IN VENICE”


<strong>The</strong> <strong>Venice</strong> <strong>International</strong> <strong>Foundation</strong>Bentornato Cole!SERGIO CAMERINO[27-29] p. 9: Cole Porter a Venezia.A sinistra, il nonno di Porter e, in alto,una foto di fine Ottocento di Perù(Indiana), la sua città natale.S P E C I A L E C O L E P O R T E Rtearing off / a game of Golf / I may make aplay for the caddy / but when I do / I don’t followthrough / cause my heart belongs to “Whiledaddy”. Questa canzoncina non è la versione swing del cosiddettocomplesso di Elettra, ovvero del complesso edipico rovesciato, eneppure l’equivalente di Torna piccina mia, torna dal tuo papà, cavallodi battaglia di Luciano Tajoli e di altre ugole d’oro mediterranee.Chi l’ascolta difficilmente la disgiunge dalla vocina di MarilynMonroe che, in maglione e calzamaglia nera, la cantò nel suopenultimo film Let’s Make Love di Cukor. In realtà essa venne lanciatanel 1938 da Mary Martin, grande star del musical dell’epoca.No, la canzone non è un perfido invito all’incesto – semmai è unaspecie di autodifesa dell’eterna adolescenza, di cui parlano anche lecronache odierne – ma non è neppure del tutto innocente. Perchénessuna delle ottocento canzoni scritte da Cole Porter, dai primianni trenta fino alla morte, avvenuta a Santa Monica in Californiail 15 ottobre 1964, è del tutto innocente.Essa è comunque un buon esempio di ciò che rende inconfondibilelo stile di Porter. Che viene a torto associato a quello deigrandi autori di musical dell’epoca: Kern, Berlin, Gershwin, Rodgers,Arlen e altri. Non è ovviamente una questione di gerarchia; ilposto che Gershwin occupa nella storia della musica americana delNovecento è, nella vulgata, più significativo di quello degli altriautori citati. Per ragioni arcinote. Ma Gershwin è pur sempre soloun geniale musicista americano di facile lettura. Le sue canzonihanno il ritmo e il colore della Manhattan degli anni in cui furonoscritte. Come alcuni dipinti di Mondrian del periodo americanoevocano il suono percussivo del boogie-woogie, così, all’inverso, nellamusica di Gershwin il rimando, oltre che sonoro, è visivo.“I miei insegnanti di musica – dichiarò Gershwin in un intervistadel 1925 – sono state le strade di New York: le cantilene deicantanti di strada, accompagnati da un violino scassato o da un organettocigolante, la vecchia e la nuova musica, melodie dimenticatee melodie in voga, canzoni popolari russe, ballate spagnole,chansons parigine, canzonette in ragtime. E al di sopra di tutto ilsolenne respiro della Nazione”.L’aria che respirò Cole Porter fu meno urbana e più rarefatta.Unico musicista non ebreo tra quelli sopra citati, non ebbe bisognodi battere i marciapiedi di Tin Pan Alley, la strada deipluggers, ovvero dei giovanissimi musicisti che, all’interno delle variecase editrici, proponevano al pubblico se stessi, le proprie canzonie quelle altrui. Non fece mai anticamera davanti alla porta diun produttore. Porter nacque ricco nel 1891 a Perù, piccola cittadinadello stato dell’Indiana, da una opulenta famiglia di fede episcopale,una madre colta da lui adorata, un padre pressocché inesistentee un nonno, J.O. Cole, che fu l’artefice della fortuna familiare,molto estesa nel settore dei terreni, del legname, del carbonee del petrolio. Il nonno detestava la musica, le arti e soprattuttogli artisti. Avrebbe voluto fare del nipote, che portava il suo stessonome, un avvocato e, quando ebbe l’età, lo spedì ai corsi universitaridi Yale e poi a quelli di legge ad Harvard. Ma il rettore diquell’università, quando comprese con chi aveva a che fare, gliconsigliò di trasferirsi alla Harvard School of Music. Il nonnobrontolò, ma poi abbozzò; e fu così che Cole cominciò seriamentea studiare musica.In uno dei più inattendibili film biografici che Hollywood abbiasfornato, Night and Day di Michael Curtiz (1946) [la versioneitaliana è uno spasso nello spasso perché oltre a Sordi che doppiaCary Grant, il quale impersona Porter, molte canzoni sono doppiatein italiano, in puro stile littorio;merita di essere visto, se nonaltro perché vi compare MountyWoolley, maestro e amico intimodi Cole, che impersona sestesso] si possono ascoltare gliinni che lui compose a vent’anniper la squadra universitaria difootball Yale Bull Dog Song, Hailto Yale, Bingo Eli Yale (“Bingo!Bingo! Princeton’s team cannotprevail”).L’apprendistato di Porter si[30] Lo spartito di Yale Bull DogSong, scritta nel 1912.protrasse a lungo e fu scandito da una serie di insuccessi. Rilettaoggi, la sua opera giovanile rivela una straordinaria precocità piùletteraria che musicale – Porter come Berlin fu sempre l’autoredelle proprie liriche – e un senso del teatro totalmente disomogeneocogli standard allora in vigore, Porter tentò di fondere lo stiledel musical di Broadway colla spregiudicatezza verbale, il nonsense,le rime demenziali, l’intellettualismo di Gilbert (autore in coppiacon Sullivan di molte operette londinesi, tra cui una parodia suOscar Wilde) una combinazione improponibile al pubblico localeavezzo all’elementarietà del vaudeville. Alla fine degli anni ventiPorter, come Francis Scott Fitzgerald, poteva contemplare il mondodall’alto del proprio fallimento. Il suo primo musical See AmericaFirst era caduto dopo poche repliche e nessuna delle sue canzoniaveva avuto il minimo successo.Il 6 aprile 1917 gli Stati Uniti dichiararono guerra alla Germania.Tre mesi dopo Cole, piùper desiderio di cambiamentoche per spirito patriottico, siimbarcò sul piroscafo España direttoin Francia, portando conse, oltre alla delusione del primofiasco, una specie di cetra opianoforte portatile su cui continuòa improvvisare durante ilviaggio e a terra. In Francia prestòservizio in un’ambulanzache trasportava i feriti dal frontee, secondo una leggenda [31] Ritratto di Porter in uniforme.da8


<strong>The</strong> <strong>Venice</strong> <strong>International</strong> <strong>Foundation</strong>lui stesso creata e alimentata, nella Legione Straniera. “Porter – ricordòanni dopo Mounty Woolley – vestì più uniformi del MarescialloFoch, e le indossò con totale disprezzo del regolamento. Ungiorno poteva presentarsi nella divisa del capitano degli zuavi, ilgiorno dopo in quella dell’aiutante di campo di un colonnello deigenieri”.A Parigi, oltre a frequentare i corsi di armonia e contrappuntodella Schola Cantorum diretta da Vincent d’Indy, Porter fece duecose che gli permisero di farne una terza, cioè di coltivare l’arte divivere secondo il principio della ricerca del piacere. Che è solo unfacsimile della felicità, ma le somiglia molto. Le due cose furononell’ordine: una collezione di amicizie high society, tra cui ElsaMaxwell, che gli fece da apripista, assumendo nel tempo il ruolodella Suprema Corte di Cassazione in materia di bel mondo, NoëlCoward, che lo avrebbe spesso accompagnato nei suoi lunghi viaggiin paesi esotici, il poeta Archibald Macleish, ex Yale classe1914, che avrebbe dovuto fungere da tramite cogli ambienti dellalost generation, che peraltro Porter sfiorò appena; la mitica direttricedi Vogue, Diana Vreeland, i coniugi Sara e Gerald Murphy, sucui Fitzgerald avrebbe modellato i personaggi di Nicole e DickDiver in Tender is the Night. La seconda fu il matrimonio con l’americanaLinda Lee Thomas,una signora quarantenne discendenteda uno dei firmataridella Dichiarazione d’indipendenza:bella, ricca e asessuata.Se prima di sposarsi l’usciodella café-society gli si era appenadischiuso, Linda glielo spalancòa doppio battente. Moltoprima di Hemingway e in terminimolto più letterali, Parigi,Venezia, la Costa Azzurradivennero per i Porter una festamobile che si protrasse perun decennio.[32] Linda Lee Thomas, la moglie.[33-34] Cole e Linda in gondola conBernard Berenson e Howard Sturges; inbasso, Ca’ Rezzonico: una delle lororesidenze veneziane.Quando giunsero a Venezia, nel1923, i Porter si comportaronoesattamente come una coppia dimagnati americani delle operettedi Gilbert e Sullivan. Affittaronoprima Palazzo Barbaro, poil’intera Ca’ Rezzonico; ingaggiaronoin permanenza unostuolo di camerieri e un orchestrajazz di musicisti negri fattivenire apposta da Parigi. Infinenoleggiarono una galleggiante eS P E C I A L E C O L E P O R T E Rincaricarono Elsa Maxwell diinvitare la café-society locale. Chiincontrò Cole in quel periodo lodescrisse come un signore malinconicoe depresso, impeccabilenell’inchino e nel baciamanoalle varie contesse Morosini, Foscarie Marcello, tanto silenziosoe felpato quanto la Maxwell era ciarliera. Ma c’era un altro Coleaffacciato ai balconi di Ca’ Rezzonico e intento a sogguardare oltrela laguna e l’Atlantico i palcoscenici di Broadway.Quando, invitati da Noël Coward che li aveva incontrati casualmenteal Lido, giunsero a Ca’ Rezzonico Richard Rodgers eLorenz Hart, due autori emergenti nella commedia musicale, e avviaronocon Cole una conversazione sull’argomento, rimasero sbalorditidalla competenza del loro interlocutore. Che ci faceva in unsontuoso palazzo sul Canalgrande quel damerino in frac che conoscevai dettagli del backstage meglio di Ziegfeld? Nessuno avrebbesaputo allora rispondere a questa domanda, probabilmente neppureCole. La sua risposta sarebbe però giunta di lì a poco.Nei fitti carteggi che si scambiarono durante tutta la loro vitaChristopher Isherwood, W.H. Auden e Stephen Spender, uno deitre, nel fare il punto della loro vicenda comune, sentenziò: “Noifummo gli anni trenta”. Questa battuta ha l’aria di un’appropriazioneindebita perché nessuno rappresentò gli anni trenta comeCole Porter.La svaporata incoscienza diquel decennio teso all’evasione,come per divincolarsi dallamorsa della depressione(Anything Goes), gli albori dell’esotismo(Begin the Beguine),l’erotismo tanto più ossessivoquanto più represso (Night andDay con quel martellante inizio:“Like the beat beat beat ofthe tom tom / When the jungle [35] La copertina di Anything Goes.shadows fall” e quel carnale“hungry yearning burning inside of me” dove la melodia fluttuadal modo minore a quello maggiore). E ancora il gusto dolceamarodel ricordo di un amour fou, franato come in un racconto di DorothyParker (Just One of Those Things una canzone – è stato detto –che ha il sapore di un Martini dry dopo una visita dal cardiologo).I Get a Kick Out of You (con le strofe cangianti per sfuggire ai fulminidella censura: talvolta: “some get a kick from cocaine”, talaltra:“some like the perfume of Spain…”). You’re the Top (You’re thetop! / You’re the Colosseum / You’re the top / You’re the LouvreMuseum / You’re a melody of a Symphony by Strauss / You’re aBendel bonnet / A Shakespeare sonnet / You’re Mickey Mouse).Cosa c’è di più americano anni trenta di questo catalogo da grandemagazzino Fifth Avenue, di questo messaggio d’amore in cui l’amataviene, di strofa in strofa, paragonata allo chic dell’epoca: alcellophane, al camembert e, su tutto, al re dei re di Hollywood:Mickey Mouse.Il successo era giunto a Porter nel 1928 con una canzone che siintitola Let’s Do It, Let’s Fall in Love inserita nella produzione inglesedella rivista Wake Up and Dream, forse perché si pensò che icensori londinesi fossero più tolleranti di quelli americani. Facciamol’amore. Però non si capisce di quale amore si tratta, dato chequell’it può riferirsi tanto al romance quanto al sesso, un dilemmache complicò anche la vita di Cole. Facciamolo, perché lo fannotutti: i colibrì, le spugne, le ostriche, le vongole, i canguri, le giraffe,gli scimpanzè… “Penguins in flocks, on the rocks, do it /even little cuckoos, in their clocks do it / let’s do it. Let’s fall in lo-9


<strong>The</strong> <strong>Venice</strong> <strong>International</strong> <strong>Foundation</strong>[36-37] Cole Porter a una prima dopol’incidente a cavallo del 1937 e, a lato,nell’isola di Mykonos.ve”. Porter era imbattibile in questo genere di vertiginose filastrocche,che venivano imitate e parodiate nei giochi di società deisalotti tra i suoi amici buontemponi (You’re the Top prevedeva anche“You’re the King Kong penis”). Tutto ciò oggi può apparirenaïf. Ma non bisogna dimenticare che quegli anni furono anche ipudibondi anni della nascente pulizia etnica, dell’austero salutoromano, della donna intesa come angelo del focolare, del rifiutodei tipografi inglesi di pubblicare L’amante di Lady Chatterley, delloscandalo del Pozzo della solitudine e dell’Ulisse.Nell’estate del 1937, duranteuna passeggiata a cavallo nellatenuta di un amico di LongIsland, Porter ebbe un incidenteche ha le sembianze di una nemesi:il cavallo scivolò e rovinòsu di lui fracassandogli entrambele gambe e provocandogliuna lesione alla colonna vertebrale.Porter subì trentun interventichirurgici culminativent’anni dopo nell’amputazionedella gamba destra. Reagìcon lo stoicismo che spesso costituiscel’interfaccia del dandismo.Tra un’operazione e l’altra,lo si rivide sorretto dallo chauffeurdella sua Bentley alle primeteatrali, gli occhi di velluto neroimperturbabilmente sovrastantiun altrettanto imperturbabilefrac. Oppure in groppa aun asinello sui sentieri diMykonos, protetto come sempredal suo mesto sorriso e da uncappello di panama.S P E C I A L E C O L E P O R T E R<strong>The</strong> girls today in societygo for classical poetry... Brush up your Shakespearestart quoting him now.Kiss Me, Kate fu scritta da Porter nel 1948, quando lo si ritenevaun autore esaurito, dal gusto ormai superato, divenuto inaffidabileagli occhi dei produttori di Broadway. L’opera è una liberaversione della Bisbetica domata, o meglio è un girotondo intorno allacommedia. La storia ruota attorno a una coppia divorziata di attoriche si riunisce solo in palcoscenico, per litigare e recitare unacommedia musicale tratta dalla commedia scespiriana. Tra baruffee scenate, la vita della coppia corre in parallelo con quella dei personaggidell’opera verso la conciliazione finale. Con un profluviodi teatro nel teatro, scatole cinesi e rimpalli a specchio, Porter giocaa rimpiattino con Shakespeare facendone sprizzare scintille verbalie musicali. Auden preferiva l’opera di Porter all’originale, delresto ritenuto spurio. Kiss Me, Kate segna la terza e ultima fase dellacarriera di Porter, in linea con l’evoluzione del genere, che richiedevaopere più compatte, meno farsesche (West Side Story è alleporte), dotate di intreccio più consistente, personaggi a tutto tondo,musica meno frammentaria, compenetrazione con l’ambiente eil carattere dei personaggi. La commedia è entrata nel repertoriodi tutti i teatri lirici americani ed europei. L’ultima edizione diBroadway era fresca e profumata come una rosa in boccio.Nel saggio Truman Capote e il suo mondo (Meridiani, 1999), chefa da prefazione ai romanzi e racconti dello scrittore americanoamico di Porter (amico a modo suo se in Answered Prayers primapiagnucola sulla sua scomparsa poi lo cucina sulla graticola), AlbertoArbasino cita appunto Cole come una parte di quel mondo eaggiunge: “Non durò poi molto anche l’esuberante e vistosa fiorituradi una cultura di eccellente qualità (non ancora solo Camp)prodotta e lanciata da un gran numero simultaneo di geniali gay(non ancora chiamati così, benché più allegri ed estroversi dei seriosie impegnati epigoni) applauditi e trionfanti in qualunquepaese avanzato e progressivo. Un fenomeno semplicemente difficileda spiegare alla luce del dopo, forse perché Jean Cocteau e NoëlCoward e Leonard Bernstein e Luchino Visconti e W.H. Auden eTennessee Williams e Benjamin Britten e Christopher Isherwood eSam Barber e Christian Berard e Virgil Thomson e John Gielgud eJerome Robbins e Cecil Beaton e Paul Bowles e tanti divi e divedel cinema e teatro e musica e danza fino a Rudolf Nureiev nonappartenevano davvero alla cultura contestatrice e protestataria(arrabbiata o lamentosa) dei movimenti di liberazione sessuale chedagli anni sessanta in poi hanno creato in pratica soprattutto ghettie separatezza, volendo evidenziare ed etichettare tutti i dettaglidella diversità”.Sulla temperie di quel mondo, che formava una specie di allegrabrigata, sempre in movimento tra soirées, premières, pettegolezzi,sbornie, ribalderie, romanzi e grandi chiacchiere sui romanzi,gite a Spoleto, serate alla Scala, “grazie delle magnifiche rose”,bloody Mary, balli delle Dogaresse e quant’altro, esistono duescuole di pensiero. La prima è appunto quella esposta da Arbasino:chi non ha appartenuto a quel mondo, tra gli anni trenta e gli annicinquanta, non ha conosciuto la douceur de vivre.La tesi opposta si fonda ovviamente su indizi diversi: la tragicafine dello stesso Truman Capote, la morte di Pasolini, i romanzi diSaba e di E.M. Forster, rimasti chiusi nei cassetti e usciti postumi,certe lettere di Thomas Mann, emerse solo tardivamente; insommatutta una serie di fatti e personaggi di segno opposto, che farebberopensare a un lungo crepuscolo del tabù di quello che in età vittorianafu chiamato l’“amore che non osa dire il suo nome”. Definizioneche oggi suona più remota della guerra anglo-boera.È probabile che le due verità siano convissute. L’opera di ColePorter ne costituisce una delleprove. Porter riuscì a fondere nellesue canzoni inquietudine e allegria,cinismo e tenerezza, erotismoe reticenza, incanto e disincanto.Con l’aggiunta di qualcosache fa pensare ancora una volta aun verso di Auden: “La verità, viprego, sull’amore”. Ovvero:[38] Cole Porter al pianoforte. What Is This Thing Called Love?<strong>10</strong>


<strong>The</strong> <strong>Venice</strong> <strong>International</strong> <strong>Foundation</strong>Cole Porter: un ricordoOLGHINA DI ROBILANT[39] Foto di gruppo al Lido. Prima fila: la contessa Buccino, Fanny Brice, LelaEmery, Dorothy Fellowes-Gordon; seconda fila: Linda (moglie di Cole), Jane SanFaustino (nonna di Gianni Agnelli), Elsa Maxwell, Dolly O’Brien, il conteBuccino, Linda Lee; in piedi: uno sconosciuto, Cole Porter (col cappello), JayO’Brien, uno sconosciuto, Carlo di Robilant (padre di Olghina), uno sconosciuto.Fece ballare tutta Venezia. Non solo sulle note delle sue musiche,ma spronando, “alla lettera”, gli amici dovunque trovasseun’orchestra, un grammofono, a volte anche solo chiedendoa qualche amico di battere un ritmo con le posate sul tavolo.Così lo ricordavano gli amici veneziani. A Cole Porter piacevaballare quasi quanto gli piaceva comporre musica. “Ho in testa lemelodie e so ballare anche stando fermo...” mi disse, quando, inetà avanzata, aveva perso l’uso delle gambe per un incidente ed eracostretto su una sedia a rotelle. “Ci sono due modi di ascoltare lamusica – spiegò – con il semplice trasporto delle note e la lorostruttura, e con l’immaginazione e la danza. A me piace fantasticaredanzando e nella mia mente so essere più bravo di Fred Astaire.Forse a suo tempo lo sono stato...”. Non si era reso famoso per lestesse virtù di Fred Astaire, comunque, ma aveva, senz’altro, regalatoa Fred Astaire le note più armoniose e famose per lo sfondomusicale di tanti film ed esibizioni.D’estate, negli anni venti, Cole Porter prendeva in affitto PalazzoRezzonico a Venezia ed era regolarmente invitato nelle capanneall’Excelsior sulla spiaggia del Lido. Portava immensi cappellidi paglia, vestaglie esotiche sopra il costume da bagno e laterrazza dell’albergo, dove a volte suonava un’orchestra, era un suoapprodo favorito per danzare con la moglie Linda. Ballava anchesul bagnasciuga, sguazzando nel mare piatto, con la felicità di unbambino. Pare fosse trascinante il suo entusiasmo. Prendeva a piroettareanche in Piazza San Marco grazie alle orchestrine che suo-S P E C I A L E C O L E P O R T E Rnavano al Florian eal Quadri.Una volta fecefare un palco galleggiante,tra gli yachte le corazzate diguerra alla fonda nelbacino di San Marco,dove i veneziani e lepersonalità di queitempi ballarono iprimi charleston. I [42] Cole Porter con gli amici in Piazza San Marco.balli comunque sisusseguivano nei palazzi sul Canal Grande, specialmente nel mesedi settembre. Cole era, per tutti, un ospite fisso e fu proprio a Veneziache diede battesimo alla sua canzone più nota Night and Day.Volle provarne l’effetto su quel pubblico di teste coronate, attori famosi,personalità che giungevano da ogni parte del mondo. Fu cosìche Night and Day vide la luce, ufficialmente, sulla laguna. “Mi accorgevodi aver trovato la melodia vincente quando osservavo lecoppie stringersi trasognate al ritmo di Begin the Beguine o altre miecomposizioni – ebbe a spiegarmi anni più tardi – quando invecevedevo la gente chiacchierare coprendo con la voce una mia musicala cestinavo. La stracciavo subito”.Durante le estati veneziane Cole e Linda frequentavano regolarmentePalazzo Mocenigo, ospiti di Andy e Gabriella di Robilant.Scriveva Gabriella Bosdari, principessa Giardinelli ed ex mogliedi Andrea di Robilant nel suo libro Una gran bella vita (Mondadori,1988): “Il giovane Cole Porter era molto in voga in queglianni e lui e sua moglie Linda trascorrevano molto tempo a Venezia.Venivano spesso al palazzo e, alla fine della serata, Cole si sedevaal pianoforte e, con quell’aria trasognata, suonava le sue inimitabilimelodie per una platea inebriata dalla musica e dal VeuveCliquot. Chiedemmo a Linda di fare da madrina a Carlo [al battesimodel figlio Carlo di Robilant]. Le critiche della società veneziananon ci preoccuparono troppo”. Fu in virtù di quell’amicizianata in laguna che, anni più tardi, Cole, divenuto vedovo e costrettosu una sedia a rotelle, volle andare a trovare Olga di Robilantmarchesa di Cadaval, sorella di Andy, nella sua villa a Sintrain Portogallo.E fu in quell’occasione, a casa di mia zia, che lo conobbi. Neavevo sentito parlare in famiglia. Avevo ballato, con i miei primiamori, sulle note delle sue melodie più famose. Lo attesi con l’ansiadi una fan. Arrivò accompagnato da due suoi amici, Debbie Reynoldse il marito Eddie Fisher, oltre a un robusto giovanotto dall’aspettodi un cowboyche sospingeva la sediaa rotelle e gliscriveva la musicaquando lui componeva.“Compongosempre – esclamò[40-41] Spensierata vita balneare difine anni venti: alla frenetica danzasul bagnasciuga del Lido segue... ilmeritato riposo![43] Cole Porter aSintra; da destra: ilfactotum che gli scrivevala musica e Olghina diRobilant.11


<strong>The</strong> <strong>Venice</strong> <strong>International</strong> <strong>Foundation</strong>quando si mise alla tastiera del pianoforte la prima sera del suo arrivo– ma non scrivo le note – aggiunse con aria di sfida – perderei ilfilo se mi mettessi a scrivere. Ci pensa lui” e partiva strimpellando.Cercava l’armonia di cose che canticchiava, le aggiustava, quindi lerisuonava e le combinava con accordi diversi. Erano canzoni e arieche si sovrapponevano e si perdevano nell’aria. Perse, davvero perse,perché alla fine, insoddisfatto, stracciava quanto il cowboy avevameticolosamente trascritto. Gli domandai allora se provava rimpiantoper i tempi passati e la Venezia della sua gioventù. “Mi mancamia moglie Linda – rispose – non m’importa, se non posso camminare,non sono mai stato un maratoneta. È il non poter ballare ilcastigo peggiore. I tempi andati? Li abbiamo vissuti sgambettandocome matti. Tutto iniziava ballando. Il feeling nasceva quando aveviuna partner tra le braccia, e Venezia era il set più fantastico delmondo per tali eventi. C’era il profumo di quei fiori…, cos’erano?gardenie? C’erano le luci che si riflettevano sull’acqua ferma. C’eralo splendore maestoso dei palazzi... ah, Venezia!”.La risposta era sì, rimpiangeva eccome gli anni ruggenti sullalaguna. L’indomani Olga Cadaval organizzò per Cole una serata dimusiche portoghesi con la sorella di Amalia Rodriguez, Celeste,che cantava il fado e alcuni ballerini che eseguivano danze popolari.Accadeva in giardino e tra gli ospiti c’era anche Umberto II diSavoia. Cole giudicò il fado triste ma estremamente accattivante.“Sono arie bellissime tirate con un elastico…” – mormorò – “Tusapresti trasformarle in musiche ballabili?” – domandò Umberto –“Ci puoi scommettere!”, esclamò Cole. Detto e fatto perché all’unadi notte si mise al pianoforte e prese ad arrangiare, con un suo stileritmato, alcune arie che Celeste aveva cantato. Debbie, che stavain piedi accanto al pianoforte, prese invece a farne una sua versionetip-tap. Fu probabilmente l’unica volta in cui un fado divennesfondo per un tip-tap.Era un tipo molto romantico Cole. Sognatore. Impazziva pervecchi oggetti che gli suggerivano personalità e mondi fantasiosiod operettistici. Non stava ad ammirare quadri antichi o libri storici,come la maggior parte degli ospiti, ma si gingillava con unventaglio ottocentesco, un portasigarette con lo stoppino di Fabergé,un piccolo binocolo d’avorio da usare all’opera… “Riesco avedere il damerino che usava questo oggetto.” borbottava imitandola smorfia di uno spettatore intento a spiare il pubblico. C’eranel salotto di Sintra una splendida spinetta del Settecento cheUmberto II aveva regalato a Olga. Cole non volle posare le dita suquella tastiera: “sarebbe un sacrilegio”, disse. Trascorse invece untempo lungo osservando le figurine dipinte sulla lacca dello strumento:musicisti, strumenti antichi, figure danzanti. Lo trascinai auna corrida e Cole non parve troppo interessato. Finché non arrivaronoi cavalli e cavalieri (rejoneadores) che eseguivano numeri diAlta Scuola toreando. Il fatto che anche i cavalli potessero ballarelo esaltò oltre ogni dire. “Il paso-doble è stato sicuramente inventatoper loro!”, decretò.Quella stessa sera prese a suonare musichette qualsiasi con iritmi secchi e precisi di una marcia. Perché Cole adattava le suemusiche e le armonie nate dalla sua fantasia alle immagini e ai sogniche maggiormente lo ispiravano al momento. Probabilmente èquesta la ragione per cui le composizioni di Porter si differenzianole une dalle altre in modo tale da sembrare, a volte, ideate e scritteda genialità diverse. Da Night and Day a Kiss Me, Kate al fado trasformatoo il paso-doble c’è uno straordinario viaggio da seguire cheS P E C I A L E C O L E P O R T E Rricalca l’immaginario di un colossale talento più che uno stile preciso.Era, a pensarci bene, il mondo di Cole. Essere stati introdottida lui in quel mondo è stato un privilegio che assaporo, col sennodi poi, anche quando vedo una pubblicità televisiva ideata sullenote di Night and Day.Cole non somigliava in alcun modo alla figura di Cary Grantche interpretò, in unfamoso film, la suavita. Non avevaquell’aspetto e quellemaniere, forsenemmeno quell’eleganza.Ma aveva unmagnetismo prepotente,chissà piùpredominante diCary Grant. Era bizzarroe pieno diumori contrastanti.Ora ridanciano, ora [44] Cary Grant e Alexis Smith in Night and Day.triste, ora malizioso,ora dispettoso. Aveva le caratteristiche di un elfo: acume, senso satirico,umorismo, sentimentalismo e romanticismo a iosa, fantasia,senso critico e una minuziosa percezione nell’individuare caratteristichee dettagli sia nelle persone che negli ambienti o nelle atmosfere.Diceva, indicando una giovane ospite di una serata affollata:“C’è profumo di Spagna e mistero arabo nel modo di camminaredi quella ragazza, chi è?”. Era effettivamente una giovane amazzonedi Siviglia, aspirante rejoneadora, figlia di una gitana flamenca edi un torero. Oppure, indicando una brutta ragazza schiva e gentile:“Quella ha una magnifica carcassa, ossa aristocratiche, la conosci?”.Si trattava di una principessa di famiglia reale nordica. Pignoloe preciso nel voler riconoscere le radici di ognuno alla primaocchiata.Curioso, entusiasta, divertito, pungente. Traduceva le sue impressionisulla tastiera del pianoforte. “Tu sei così – esclamava pigiandocon violenza i tasti a imitazione di una sinfonia beethoveniana– ma anche così”, aggiungeva strimpellando una sequenzaaffrettata di note leggere con la mano destra e a tempo di rumba.Ridevo. Il cowboy chiedeva: “Scrivo?”. E Cole: “Ma cosa vuoi scriverese sto solo scherzando!”. Peccato. Avrei conservato quello“scherzo” come un cimelio.Seppi solo dopo che Cole aveva studiato musica a Harvard econ d’Indy a Parigi. Mi ero convinta che non conoscesse del tuttoil rigo e le note o che avesse dimenticato l’aspetto tecnico del suolavoro. Questo perché, in una casa come quella di Sintra, dove siaggiravano musicisti classici come Rubinstein, Menuhin, Maazele tanti altri, gli spartiti svolazzavano dovunque come foglie inautunno. La ventata di giovanile freschezza e inventiva che portòCole Porter, la voglia di festeggiare, brindare e scherzare che luispargeva intorno a se era il suo spirito indomabile; uno spiritoche non aveva nulla da spartire con l’esile figura rannicchiata nellasedia a rotelle e offesa dal tempo. Uno spirito gigantesco chealeggiava, ed aleggia sempre, nelle sue musiche. Una dimensionela cui vivacità si faceva, e continuerà a farsi, beffe delle limitazionireali della vita. Conoscerlo è stata una breve ma splendidaeuforia musicale.12


<strong>The</strong> <strong>Venice</strong> <strong>International</strong> <strong>Foundation</strong>Le radici letterarie di Cole PorterROSELLA MAMOLI ZORZI[46] Una rara immagine del 1889: ilpoeta inglese Robert Browning sale loscalone di Ca’ Rezzonico.Itesti delle canzoni di Cole Porter, rimasti – con la musica –nella storia dei grandi musicals, appartengono alla cosiddetta“cultura popolare”. Eppure molte delle lyrics di Porter affondanole loro radici nella cultura “alta”, quella delle grandi universitàamericane della Ivy League, quali Yale e Harvard, non a casofrequentate da Porter, anche se Harvard, come è noto, venne abbandonatadal giovane, in realtà obbligato dal nonno a iscriversi auna facoltà di legge che non gli interessava affatto, per dedicarsiinvece alla musica.Fu a Yale che Porter lesse igrandi classici inglesi, da Byrona Shelley, e forse fu proprio Byrona offrire al giovane il mitoVenezia, la città che per il poetainglese era stata “l’isola più verdedella [sua] immaginazione”.A Venezia Porter soggiornò piùvolte, a partire dal 1923: nonsolo a Palazzo Barbaro, per alcunesettimane nel 1923, ma anchea Palazzo Papadopoli(1924), dove gli allievi di Dia-[45] Palazzo Barbaro: una delleresidenze veneziane di Cole Porter.ghilev – del cui amante, Kochno,Porter si era innamorato –ballarono su un palco allestitonel giardino, sullo sfondo delCanal Grande, e infine a PalazzoRezzonico (1926), dove un’ospitedi Porter vide – così raccontò– il fantasma di un altrogrande poeta inglese, RobertBrowning, che in quel palazzoera spirato (in realtà Mrs. vonRath vide i fantasmi dei “dueBrowning”, ignorando forse cheS P E C I A L E C O L E P O R T E R[47] La copertina dello spartito di OldFashioned Garden.Elizabeth Barrett Browning, morta a Firenze molti anni prima, inquel palazzo non aveva mai messo piede).Assieme ai romantici inglesi, a Yale Porter lesse e recitòShakespeare, parte fondamentale del canone letterario ma anche diquello teatrale del tempo. La pratica del testo shakespeariano dovetteessere un’esperienza importante per il giovane musicista: èsicuramente testimoniata da diversi riferimenti al “Bardo” in diversecanzoni, a incominciare dal quella intitolata Brush Up YourShakespeare (Rispolverati lo Shakespeare), in Kiss Me, Kate (1948), doveben tredici tra commedie e tragedie di Shakespeare sono nominate,naturalmente con ironia. A queste va aggiunta la non nominata<strong>The</strong> Taming of the Shrew (La bisbetica domata), che costituisceuna sorta di “fonte” per l’intero musical. Tra questi tredici drammi,si noti, non sono ricordati soltanto i più noti, quali Otello, Amleto,Macbeth, Il mercante di Venezia, ma vi sono riferimenti anche adrammi assai meno popolari, quali il Coriolanus o il Troilus e Cressida.L’ironico riferimento a Veneree Adone – (“And if stillshe won’t give you a bonus /You know what Venus got fromAdonis!”) – allude, al di là dellarima, al magnifico poemettoshakespeariano Venus and Adonis.In You’re the Top vi è un’allusioneanche ai sonetti diShakespeare, il famoso canzonierededicato alla misteriosadama bruna, forse un uomo.Ancora allusioni shakespearianesono il verso “Hamlet’s ghostwithout a darkness”, in APicture of Me Without You, il riferimentoa Oberon e Titania in Let’s Not Talk about Love, quei fiori“eglantines” e “columbines” di Old Fashioned Garden, o ancora ilriferimento alla “troupe of strolling players” che compare nel primoverso di We Open in <strong>Venice</strong>. Anche altre canzoni, quali ad esempioCherry Pies Ought to Be You si riferiscono a Shakespeare (“EveryWill Shakespeare line ought to be you”) o ai suoi personaggi (qui:“Romeo in disguise ought to be you”); del resto Romeo e Giuliettasono tra i grandi amanti della letteratura, assieme a Eloisa eAbelardo (in Just One of Those Things), Ginevra e Lancillotto (inMost Gentlemen Don’t Like Love), a Paolo e Virginia (Oh, What aPretty Pair of Lovers). Altre canzoni contengono riferimenti a grandiautori – da Omero a Euripide a Sofocle a Saffo, a grandi poetiinglesi quali Pope, Shelley e Keats, all’americano Whitman (inWhich). Sono citati anche autori contemporanei a Porter come DorothyParker (più volte), Steinbeck o Clifford Odets.Sicuramente le letture di Yale – ma anche quelle della buonascuola che precedette l’università – costituirono una base letterariasu cui Porter potè giocare con la sua straordinaria abilità linguistica,in una giustapposizione sempre ironica e dissacrante, ma nonper questo meno colta. Tra le molte attività teatrali e musicali diYale, il giovanissimo Porter scrisse anche una sorta di satira o burlesquedi un grande classico americano, La capanna dello zio Tom, intitolatoAn’ the Villain Still Pursued Her.La letteratura fa dunque parte dei “materiali” più svariati usatiper costruire ironia e rime: ci sono i grandi magazzini (Saks in Acein the Hole, ma anche in altre canzoni), le macchine (le Brewster),ma anche personaggi della mitologia e letteratura greca (Afroditeed Elena di Troia); Porter inserisce nelle sue lyrics anche luoghisimbolodella tradizione americana, quale Plymouth Rock dove,secondo leggenda, sbarcarono i Puritani del Mayflower nel 1620(in Anything Goes), presidenti, ad esempio Calvin Coolidge (1923-29) (in You’re the Top) o “Franklin” che altri non è se non FranklinDelano Roosevelt, dato che “Missus R.”, citata poco sopra in connessionecon “a bed from Simmons”, allusione assai poco chiara allettore di oggi, altri non è che Mrs. Roosevelt, autrice di un programmaradiofonico finanziato in quegli anni dalla ditta Simmonsproduttrice, appunto, di materassi.Non mancano i riferimenti ai pittori, a incominciare dal titoloe dalla rappresentazione di una delle sperimentazioni parigine diPorter, <strong>The</strong> Blue Boy Blues, ispirato al famoso quadro <strong>The</strong> Blue Boydell’inglese Gainsborough, venduto a un ricco americano durante13


<strong>The</strong> <strong>Venice</strong> <strong>International</strong> <strong>Foundation</strong>un’asta a Parigi; in You’re the Top compare un altro quadro di unpittore americano (You’re Whistler’s Mama), lo straordinario ritrattodella madre eseguito da J.A. Whistler intorno al 1865. In questastessa canzone compare anche Botticelli, a far rima con Shelley.Se c’è una certa ricerca di americanità nel primo Porter, si pensial fiasco di See America First, dove si dichiara “I’m the enemy ofEuropean Kings”, il penchant colto ed europeizzante di Porter sicoglie nei riferimenti ai luoghi della cultura per eccellenza, quali imusei (il Louvre, la National Gallery) o il Colosseo.Che Porter fosse ben consapevole degli effetti che voleva produrrecon le sue lyrics è evidente dai cambi che operò sulle stesse aseconda della destinazione dello spettacolo. Se questo doveva andarein scena in Inghilterra, Porter mutava qualche nome: adesempio, per il pubblico inglese, i “Bendel bonnets” divennero“Ascot bonnets”, il grande magazzino Saks divenne [Jean] Patou,e la cantante e attrice Irene Bordoni, protagonista di Paris (1928),divenne Tallullah Bankead.Night and Day incomincia così: “Like the beat beat beat of thetom-tom / When the jungle shadows fall”: è forse eccessivo pensarea Eugene O’Neill e al suo dramma espressionista Emperor Jones(1921), dove il protagonista si inoltra nella giungla e sprofondanel suo inconscio e nell’inconscio collettivo al suono dei tamburi.Eppure quell’insistenza sui tamburi collegati alla giungla sembraessere qualcosa di più che un semplice riferimento alla musicaafro-americana o al jazz, tanto più che O’Neill è esplicitamentenominato tra le cose migliori in You’re the Top.Non bisogna, naturalmente, caricare di considerazioni accademichele incantevoli canzoni di Cole Porter, maestro di musica edi giochi linguistici ironici: Monna Lisa compare certo soprattuttoperché fa rima con la torre di Pisa. Eppure alcuni di questi riferimentimostrano la vasta cultura di Porter.Miss Otis RegretsShe’s Unable to Lunch Todaytratto da William McBrien, Cole Porter. A Biography,New York, Alfred A. Knopf, 1998As the 1940s advanced Porter could look back on a healthynumber of musical scores of shows and films, many ofwhich are now classics. (Cole claimed as the 1930s endedthat he couldn’t tell how many shows he had written, as he “hatedstatistics”). Even the shows that were never produced – Star Dust,for example – yielded songs that reappeared in subsequent showsand became great hits. Guy Bolton was to collaborate with Porteron a show to be called Ever Yours, which remained unproduced buthad, among other numbers, Miss Otis Regrets.Miss Otis regrets she’s unable to lunch today,Madam,Miss Otis regrets she’s unable to lunch today.She is sorry to be delayed,But last evening down in lover’s lane she strayed,Madam,Miss Otis regrets she’s unable to lunch today.S P E C I A L E C O L E P O R T E RWhen she woke up and foundThat her dream of love was gone,Madam,She ran to the manWho had led her so far astray,And from under her velvet gownShe drew a gun and shot her lover down,Madam,Miss Otis regrets she’s unable to lunch today.Several performers have claimed it as a number Porter wrotefor them. Bricktop said that one evening in Paris Cole came toher club and said, “Brick, I’ve written a song for you.” It wasMiss Otis Regrets. Cole claimed in a 1939 interview he didn’t rememberhow the idea came to him except that leafing idly throughthe Social Register one day, he came upon the name “Otis.”Since he wasn’t in a mood to write about elevators, he thought hewould write about a well-born young lady who had done wrong.Said Cole: “You haven’t heard anything until you’ve heard MontyWoolley sing it. In fact he wasthe first one ever to sing it. Igave it to him and he did it atone of Elsa Maxwell’s parties,and he was the life of the partyfor the evening thereafter.” OneAmerican sleuth wanderedwhether or not Goethe’smother was Porter’s source: inanswer to an invitation she replied,“I must ask to be excusedas I have to die.”<strong>The</strong> Will[48] Cole Porter ed Elsa Maxwell, lagiornalista a cui dedicò la canzone.tratto da Charles Schwartz, Cole Porter. A Biography,New York, Da Capo Press, 1977In compliance with Cole’s wishes there was a minimum ofpomp and ceremony in connection with his funeral. He hadbeen very specific about funeral arrangements in his will,which he had drawn up and signed some two years earlier. Cole’sinstructions were:I direct my Executors to arrange for my burial in Peru, Indiana.I further direct my Executors to arrange for no funeral or memorialservice, but only for a private burial service to be conductedby the Pastor of the First Baptist Church of Peru, in the presenceof my relatives and dear friends. At such service I requestsaid Pastor to read the following quotation from the Bible, “I amthe resurrection and the life; he that believeth in me, though hewere dead, yet shall he live; and whosoever liveth and believethin me shall never die,” and to follow such quotation with theLord’s Prayer.I request that the foregoing be substantially the entire burialservice, and that neither said Pastor nor anyone else deliver anymemorial address whatsoever. I particularly direct that there be noservice of any kind for me in New York City.14


<strong>The</strong> <strong>Venice</strong> <strong>International</strong> <strong>Foundation</strong><strong>The</strong>se instructions were followed to the letter. Cole’s body wassent home to Peru from Santa Monica, and, after simple services,buried in Mount Hope Cemetery between the graves of Lindaand—ironically, since Cole was not very close to him in life—hisfather. (Many reports have erroneously—and rather romantically—claimedthat Cole is buried between the two most importantwomen in his life: Kate and Linda. Whatever sentimental justificationthere may be for this claim, it is wholly inaccurate.) And soin essence Cole’s life had come full circle, ending as it had started.Cosmopolite Cole had returned to his basic Indiana roots at death.A small, simple gravestone (it lists only his name and dates ofbirth and death), similar to those of his pioneer-stock Hoosier ancestorswho lie nearby, marks Cole’s final resting place.Despite Cole’s lavish living and his frequent worries—especiallywhen he was in a depressed mood—that he was goingbroke, he left a gross estate of close to six million dollars. And itis easy to see why his estate was so large. Besides his inheritancesfrom Kate and Linda, his own earnings were enormous. Forexample, in the year immediately preceding his death, eventhough he had not written any new songs since the amputation,he still earned over five hundred thousand dollars in royalties andincome from his music and lyrics. If to that figure one adds themonies he received from his family’s business interests, it is clearthat the total amount he earned for that year was in the high sixfigures. With so much money, plus additional assets at his disposal,it was perhaps to be expected that Cole had many bequests tomake in his twenty-nine-page will, including gifts of paintings,jewelry, and memorabilia to old friends, as well as cash bequests,mainly ten thousand dollars each, though a few got lesseramounts, to employees and others close to him. Cole also madegenerous bequests to Williams College and Yale University. Butthe bulk of Cole’s estate went to his first cousin, Jules Omar Cole,and Jules’s son, James. Between them they were awarded,among other things, Cole’s property in Peru and half the incomefrom Cole’s copyrighted music. <strong>The</strong> other half-interest in Cole’scopyrighted music went, surprisingly, not to a relative or an institution,but to a friend, Ray C. Kelly, and his children. No explanationwas given by Cole for this generosity to Kelly, nor hasKelly publicly discussed the matter. As far as can be learned, Coleknew Kelly over a long period of time, though they seldomsaw each other in Cole’s final years (according to Henry Burke,Kelly visited Cole only twice, at Williamstown, during the entireperiod that Burke worked for Cole as valet). Considering theenormity of this legacy to Kelly, it is understandable that speculationabounds as to why Kelly was so favored. But, like manyother aspects of Cole’s life that have been shrouded in secrecy, itis unlikely that all the ramifications involved in this rather unusualbequest will ever be known.Cole’s popularity since his death has been as strong as ever, asevidenced by the numerous television specials in his honor, themany revivals of his shows, the extensive performances of his individualsongs, and the quantity of material that is continuallybeing published about him. Cole was a unique character when helived, and a unique character he has remained. We may never seethe likes of him again. He left such a strong imprint on our heartsand minds that he is still with us—as saucy as he always was—inspirit. Long may that continue!S P E C I A L E C O L E P O R T E RWe Open in <strong>Venice</strong>Kiss Me, Kate, 1948A troupe of strolling players are we,Not stars like L.B. Mayer’s are we,But just a simple bandWho roams about the landDispensing fol-de-rol frivolity.Mere folk who give distraction are we,No <strong>The</strong>atre Guild attraction are we,But just a crazy groupThat never ceases to troopAround the map of little Italy.We open in <strong>Venice</strong>,We next play Verona,<strong>The</strong>n on to Cremona.Lotsa laughs in Cremona.Our next jump is Parma,That dopey, mopey menace,<strong>The</strong>n Mantua, then Padua,<strong>The</strong>n we open again, where?We open in <strong>Venice</strong>,We next play Verona,<strong>The</strong>n on to Cremona.Lotsa bars in Cremona.<strong>The</strong> next jump is Parma,That beerless, cheerless menace,<strong>The</strong>n Mantua, then Padua,<strong>The</strong>n we open again, where?We open in <strong>Venice</strong>,We next play Verona,<strong>The</strong>n on to Cremona.Lotsa dough in Cremona.Our next jump is Parma,That stingy, dingy menace,<strong>The</strong>n Mantua, then Padua,<strong>The</strong>n we open again, where?We open in <strong>Venice</strong>,We next play Verona,<strong>The</strong>n on to Cremona.Lotsa quail in Cremona.Our next jump is Parma,That heartless, tartless menace,<strong>The</strong>n Mantua, then Padua<strong>The</strong>n we open again, where?In <strong>Venice</strong>.Cenni Bibliografici• ROBERT KIMBALL (a cura di), Cole, con un saggio biografico diBrendan Gill, New York, 1971.• ROBERT KIMBALL (a cura di), <strong>The</strong> Complete Lyrics of Cole Porter,New York, 1983.• WILLIAM MCBRIEN, Cole Porter. A Biography, New York, 1998.• CHARLES SCHWARTZ, Cole Porter. A Biography, New York, 1977.15


<strong>The</strong> <strong>Venice</strong> <strong>International</strong> <strong>Foundation</strong>La marchesa Olga CadavalMARINA GREGOTTImia biografia? Non ci penso proprio, dovreiparlare male di troppe persone!”. Era brillante, la“Unamarchesa Cadaval, classe 1900, una verve e un’attitudineal comando che le venivano da generazioni al potere, percenso e aristocrazia. Ma alle telecamere della BBC si era concessa, eper ben due ore, raccontando la sua vita straordinaria, prima discomparire, a 97 anni, nella sua casa di Colares, la “Quinta de Piedade”,a pochi chilometri da Sintra.Nata Robilant, aveva studiato a Poggio Imperiale. Ma si ritrovaveneziana di adozione a vent’anni, quando il fratello Andy ereditadalle zie Mocenigo il palazzo sul Canal Grande, noto per averospitato nelle sue sale Giordano Bruno e poi Lord Byron. Carlo Robilant,figlio di Andy, ricorda di aver fatto i compiti su quella stessascrivania che Byron utilizzò per comporre i versi del Don Juan.È una Venezia favolosa quella degli anni venti e trenta, croceviadi una cultura e di una mondanità cosmopolita che ben si adatta auna ragazza privilegiata, piena di curiosità per il mondo. “Tutti imiei amici andavano in spiaggia – raccontava – ma io invece mi rifugiavocon Diaghilev e la Nijinskaia, sorella del famoso ballerino,che era coreografa nel night dell’Excelsior. Si chiamava ‘Le jardinde ma sœur’ e là ho assistito alle prove dei Balletti Russi”.Olga Robilant, musicofila appassionata, era anche l’organizzatricedegli “Amici della Musica”. Aveva iniziato l’attività dell’associazionecon un concerto del giovanissimo Rubinstein, vincitoreallora del suo primo concorso pianistico. “Erano stati i miei amici,i duchi Decazes, a segnalarmelouna sera, Rubinstein era mio ospitee doveva ripartire per Parigi coltreno di mezzanotte... Per passareil tempo, lo porto a cena dai Decazes,dall’altra parte del canale. Lìc’erano Stravinskij e Ravel. Ceniamo,poi Ravel si mette al piano e[49] 1986: Olga Cadaval, adestra, al balcone di PalazzoMocenigo con Nela Rubinstein,vedova del grande pianista.ci dice ‘Ragazzi, questa notte hocomposto un valzer, vediamo se viriesce di ballarlo’. E così ballai ilvalzer di Ravel, assolutamente impraticabile,con Rubinstein che miarrivava al petto, ricordo ancora quel suo ciuffetto rosso di capelliche mi solleticava il naso”.Il mondo intero passa in quegli anni da Palazzo Mocenigo, alsuo balcone sul canalazzo si affacciano gli artisti e i potenti delmondo, da Picasso a Churcill. “Ma il mio più grande amico eraCole Porter, stavamo sempre insieme. Aveva affittato Ca’ Rezzonico,sul Canal Grande, dove viveva con la moglie e un amico. Nonsono mai riuscita a capire se questo fosse il suo amante o quellodella moglie”.Quando sposa il marchese Antonio Cadaval, Olga entra nellafamiglia dei più grandi latifondisti del Portogallo. Cugini dei Braganza,i Cadaval avevano raggiunto un tale potere che nell’Ottocentofurono esiliati, proprio per aver suscitato delle gelosie nellafamiglia reale. Cattolicissima e spregiudicata insieme, Olga Cadavalregnò sulla società di Lisbona, regalando alla città concerti indimenticatidei più grandi interpreti del tempo, tutti legati a lei daA P P R O F O N D I M E N T Ivecchia amicizia, che si svolgevano nel giardino della sua casa diSintra. Fu ancora lei a ospitare Umberto e Maria José di Savoia,quando nel primo anno del loro esilio stavano ancora sistemandoVilla Italia, a Cascais. Un punto debole c’era: con lei non si potevaparlare di politica; era stata una fedele amica di Salazar e non ammettevacritiche.Rimasta vedova subito dopo la guerra, Olga assisteva con dispiacereal disfarsi del palazzo veneziano. Il fratello Andy avevavenduto parte della casa e degli arredi. Molti dei ritratti Mocenigoandarono a decorare sale e bagni (civetteria del grande mondano)di Charles de Beistegui, il barone franco-messicano che aveva compratoPalazzo Labia. Fu un capriccio di breve durata e un’asta dimobili e quadri mise fine alla stagione dei grandi balli frequentatidal bel mondo internazionale. Informata, Olga si affrettò a telefonareal suo amministratore veneziano dando un ordine secco quantoconciso: “Mi ricompri i dogi”. Ma l’incaricato equivocò e invecedei dogi Mocenigo, comprò a casaccio altri ritratti dogali che oggipendono piuttosto incongruamente sotto le frises del Sansovino.Olga lo raccontava ridendo.Irriverente, prendeva il caffè su di uno stendardo ricamato inseta e fili d’argento che, alla fine del Settecento, accompagnava leuscite pubbliche dell’ultimo doge di famiglia, Alvise IV Mocenigo,da lei trasformato in tavolino con l’aggiunta di quattro gambedi legno. Impaziente, aveva ordinato di abbassare le tele del Padovanino,nel salone sul canale, sostenendo che a quell’altezza non sivedeva niente. Una parte dei “Fasti di Tommaso Mocenigo”, nonsi sa perché, era ripiegato all’interno, formando una protuberanzasotto il broccato che tappezzava la parete. L’arredamento era quantomai singolare: poltrone anni quaranta a forma di conchiglie foderatein raso turchese si alternavano a tavolini ottagonali conzampe di cerbiatto. In un angolo compariva un reperto storico eun po’ sinistro, il girello in legno dorato, dotato di rotelline, chespinto dalle ancelle aiutava a camminare l’ultima regina di CiproCaterina Cornaro.Subentrata al fratello nelpiano nobile del palazzo, diventatoormai un condominio, OlgaCadaval arrivava ogni tanto aVenezia con i suoi amici musicisti,i più assidui erano Rubinsteine Rostropovic. Si spalancavanole finestre del suo appartamentoe chi passava in giardinoascoltava concerti straordinari.“E pensare – sospirava Olga –che i condomini si lamentavano”.Negli ultimi anni, dopo[50] Maria José ospite a casa di OlgaCadaval agli inizi degli anni novanta.aver ospitato “la regina”, come ancora la chiamava lei, Maria José,per una fugace visita sulla laguna, a Venezia non veniva più volentieri.“Tutti i miei amici sono morti – diceva – cosa vengo a fare?”.Ma a Lisbona era di casa all’ambasciata d’Italia e adorava essere invitataa cena. Arrivava allora in macchina con il suo autista da Colarese intratteneva gli ospiti con ricordi spiritosi, opinioni moltoprecise sul mondo, conversazioni sull’architettura, ne ricordo unasul futurista Sant’Elia, e sui letterati portoghesi che erano statitutti suoi grandi amici. Le sue convinzioni erano granitiche, conesse ha attraversato il secolo, infaticabile testimone del Novecento.16


<strong>The</strong> <strong>Venice</strong> <strong>International</strong> <strong>Foundation</strong>Rerum Venetiarum Fragmenta*ANTONIO FOSCARI* Trascrizione dell’intervento del 30 novembre 2001 alla tavola rotonda, promossadalla Fondazione Venezia 2000, in vista della pubblicazione Venezia Fabbricad’Arte di Fabio Isman per i tipi di Venezia Altrove.Certamente si possono recuperare opere veneziane dispersenel mondo. Non appena ho saputo che da Christie’s, aLondra, sarebbe stata battuta all’asta il 12 dicembre 2001l’anta del reliquario del Cardinal Bessarione dipinta da GentileBellini per la Scuola della Carità nel 1472, ho fatto subito, e conuna certa concitazione, delle telefonate(spero quelle giuste)perché quell’opera tornasse aVenezia. Il Cardinal Bessarioneche si vede in preghiera, di profilo,davanti al suo celebre reliquarioèil fondato r eideale –con il[52] Reliquiario delCardinale Bessarione,XIV-XV secolo. Venezia,Gallerie dell’Accademia.preziosissimolascito dicodici da[51] Anonimo veneto del XVI secolo,Ritratto del Cardinale Bessarione.Venezia, Gallerie dell’Accademia.lui fatto – della Biblioteca Marciana. Quelreliquario, peraltro, è ancora a Venezia,perché è conservato in quel Convento dellaCarità in cui sono ospitate le Gallerie dell’Accademia.Questa tavola bellissima, dipintaa tempera e ornata di oro e di argento,deve tornare a Venezia. Recuperi eccezionalidi tal sorte sono però rari; e non sono,credo, il modello di comportamentoche dobbiamo usare per pensare a un “lavoro”durevole ed efficace sul patrimonio culturaleveneziano disperso nel mondo. È meglio utilizzare modellipiù praticabili. Vediamone uno.È aperta in questi giorni a Londra, alla National Gallery, un’esposizionenella quale sono riuniti i vari “pezzi” del polittico diPisa dipinto dal grande Masaccio che vicende d’ogni genere hannodisperso, in tempi diversi, in vari musei di vari paesi del mondo.Questa riunificazione inaspettata, questa unità fugace che predelle,tavole e frammenti del polittico antico ritrovano – venendositutti insieme a disporre come Masaccio li concepì e li dispose – èun evento che suscita emozione. Rimaniamo sorpresi e proviamoammirazione nel vedere come l’intelligenza possa giocare con iltempo, e così smontare e rimontare a suo modo quel che il tempoha bizzarramente scompaginato.L’esempio che ci è offerto dagli amici inglesi credo possa essereassunto anche da noi come atteggiamento da tenere anche di frontealle tante dispersioni d’opere d’arte che Venezia ha conosciutonegli anni e principalmente nel momento della sua finale crisi politicae istituzionale. Possiamo cioè, anche noi, ricomporre nellaScuola di San Giovanni Evangelista la serie dei teleri dipinti daCarpaccio e da Gentile Bellini, o nella Scuola di San Marco la serieD I B A T T I T O[53-54] Gentile Bellini, Miracolo della reliquia della Croce al ponte di SanLorenzo e, a destra, Tintoretto, Trafugamento del corpo di San Marco. Le dueopere sono conservate alle Gallerie dell’Accademia di Venezia.[55] Lorenzo Lotto, San Nicolò ingloria. Venezia, Chiesa dei Carmini.dei teleri realizzati, per la sala superiore, da Jacopo Tintoretto.Giocheremmo un poco anche noi, lievemente, con il tempo e forniremoanche noi, ai “miracoli della croce” o ai “miracoli di San Marco”un temporaneo e imprevisto ricollocamento nello spazio stesso,e sulle mura, per cui essi furono pensati e realizzati.Esercizi intellettuali di questo tipo e l’appagamento che da essipuò derivare si possono però conseguire anche con mezzi più semplicidi quelli – sofisticati e laboriosi – che servono per lo spostamentodelle opere d’arte. Viviamo, infatti, in un’epoca che ci offreinfinite e raffinate tecniche di riproducibilità dell’opera d’arte. Intendodire che non è difficile immaginare di collocare delle riproduzioniperfette di opere d’arte in quei contesti, in quegli spazi, inquelle sistemazioni, in cui esse furono originariamente concepite.Un’eccellente riproduzionefotografica della sontuosa paladi San Nicolò in gloria dipinta daLorenzo Lotto per l’altare dellachiesa di Santa Maria dei Carminiha egregiamente sostituitol’originale (senza che molti sene avvedessero) durante tutto ilperiodo dell’assenza della telaantica, quando essa è stata trasferita,se non ricordo male, aBergamo per quella importanteesposizione che lì si tenne. E allora,perché un’ottima riproduzionedella pala del Basaiti cheè conservata nelle Gallerie dell’Accademianon può essere portataa occupare la sua collocazioneoriginaria nell’altare dellachiesa di San Giobbe, predispostoper essa da Tullio Lombardo? Perché la tela del Pordenone cheè ora, anch’essa, alle Gallerie dell’Accademia non può apparire inriproduzione al suo posto originario nella chiesa di San GiovanniElemosinario di modo che il corpo arcuato di San Sebastiano si dispongaancora, flessuoso, secondo andamento dell’arco in pietraentro il quale si doveva, un tempo, inserire? [ndr: la tela è stata ricollocatanella chiesa nel febbraio 2002].Nessuno pensi che io intenda aprire querelles fra le Soprintendenzee la Curia sul tema del possesso di tali opere! Posso cambiaresubito gli esempi – per evitare un rischio del genere – indicandopale e tele che sono conservate in musei stranieri. Il fatto è che,portando nei loro luoghi d’origine delle riproduzioni di opere anti-17


<strong>The</strong> <strong>Venice</strong> <strong>International</strong> <strong>Foundation</strong>[56-57] Apollo Lykeios. Venezia, Museo Archeologico. A destra, il vestibolo dellaMarciana adattato a museo statuario in un disegno di Antonio Maria Zanetti.D I B A T T I T Oche, eseguite, naturalmente, a regola d’arte, si compie un’operazionecritica per nulla affatto trascurabile. Queste immagini entrano acontatto – e quindi in dialogo – con quegli altari, quegli inquadramentiche per esse sono state concepiti da lapicidi, ebanisti e architettiche avevano un colloquio diretto con il pittore e ne seguivano,spesso, le direttive. Trovano l’altezza che ad esse era stata originariamenteassegnata. Colgono l’illuminazione da quelle stesse fontidi luce che l’artista, concependole, aveva attentamente studiato.Vorrei richiamare l’attenzione su un dato non marginale: porreun problema del genere significa prescindere da quel sentimentodi fatalismo che spesso prende l’animo dei perdenti e sfuggire allatentazione di iscriversi nel novero di coloro che si compiacciononel sentirsi “vittime” della storia. Ma significa anche entrare in unordine di problemi e di riflessioni d’ordine generale che sono attualisullo scenario internazionale. Basti pensare al dibattito vivacissimoche si va svolgendo sul tema della restituzione dei marmidi Fidia alla Grecia e sull’ipotesi – siano o no restituiti i marmi –di porre entro il timpano del Partenone delle copie perfette diquei marmi, ora conservati al British Museum.Facciamo un esempio veneziano che è quasi clamoroso per lasingolarità del caso. Al Museo Archeologico – che è ospitato nelleProcuratie Nuove – sono depositati i “pezzi” della collezione che ilcardinale Grimani donò alla Repubblica alla fine del Cinquecento.È opportuno, probabilmente, che stiano lì, ove gli studiosi li possonoosservare da vicino, studiando bene tutti i dettagli. Ma perchémai – non riuscirò mai a capirlo! – una replica perfetta di quei“pezzi” non viene installata nell’antisala della Libreria sansovinianaove vi sono ancora le mensole e le installazioniprogettate da Vincenzo Scamozziper accoglierli? Perché un’altra serie di copienon è riportata nella collocazione originariain Palazzo Grimani ove vi è un interessantissimo allestimentorinascimentale espressamente concepito per esporre quella raccolta?Avremmo – se così facessimo – due eccezionali documentidi museografia antica e una documentazione singolarissima, unicaal mondo, del processo storico di formazione di uno dei primi museiche il mondo occidentale abbia conosciuto.Se accettassimo stimoli di tal genere e ci impratichissimo conesperienze di questo tipo potremmo allora, eventualmente, farequalche passo in avanti e interrogarsi sull’opportunità (o sulla necessità)di porre delle copie in sostituzione delle sculture che stannoesposte alle intemperie, nelle facciate delle nostre chiese, inun’atmosfera per molti versi aggressiva a causa dell’inquinamentodell’aria. E, contestualmente, chiedersi se le sculture originali nonpossono essere usate per potenziare la raccolta di beni artistici riunitiall’interno di ciascuna chiesa o costituire il nucleo di un nuovomuseo della scultura veneziana – che a Venezia, paradossalmente,manca – da realizzare entro una chiesa idonea allo scopo, per lecaratteristiche del suo spazio e della sua luminosità.Ma, senza lasciarci prendere la mano dalla fantasia, possiamorientrare nelle nostre chiese – risorsa immensa di Venezia, dacchétutti i palazzi hanno perso la loro antica essenza – e portare un pocopiù avanti il discorso che prima abbiamo semplicemente abbozzato.Perché cercare in giro per il mondo, in musei lontani, quelche abbiamo materialmente perduto? Perché fissare la nostra attenzionequasi esclusivamente sui beni materiali che ci sono stati sottratti?Perché non prendere coscienza, invece, delle cose che abbiamoperduto senza che ci siano state sottratte? Abbiamo perduto(faccio ancora un esempio) un patrimonio enorme di cultura liturgica;e non abbiamo nemmeno un intellettuale, qui, che si sia postoil problema di salvare questo patrimonio o anche semplicementedi studiarlo. E allora viene spontanea una domanda. Perchéuna chiesa almeno, fra le tante che Venezia annovera, non diventaun luogo deputato per ricerca su questo bene culturale e, se è ancorapossibile, per la sua conservazione?Da una riflessione su interrogativi di questo tipo potrebbe discendereil progetto di conservare, in una chiesa almeno, un corredoliturgico completo e di riunire (faccio sempre e solo esempi) inuna seconda chiesa tutti gli argenti delle chiese veneziane e in unaterza tutti i paramenti sacri. Queste sono le operazioni che, a mioavviso, si dovrebbero compiere nel momento in cui è abbastanzaevidente il rischio che molte chiese vengano chiuse per mancanzadi sacerdoti e di fedeli. Si verrebbero a creare, infatti, delle nuovestrutture museali solo utilizzando diversamente del materiale dicui disponiamo. Sì, perché ogni museo nasce da una raccolta, dauna riunificazione di oggetti d’arte omogenei che sono altrimentiseparati fra loro, dispersi, illeggibili nel loro insieme. Cerco di direche se ci si pone in un’ottica culturale attenta ai temi della conservazionee del valore del patrimonio artistico, ci si rende contofacilmente di quanto consistente è il patrimonio che giace in armadi,in cassetti, in celle, in depositi che sono lontani uno dall’altro,in linea d’aria, meno di un chilometro. È tutto a Venezia. Unimpegno del genere ci trova impreparati. Lo so. Ma credo che se celo ricordiamo, esso, a poco a poco, assume evidenza ai nostri occhi,stimola le nostre energie e – chissà – riesce forse a concretarsi.Per non insistere – per tema d’annoiare – sposto un poco ilcampo dell’attenzione. Cerco di indicare un altro modo in cui sipuò usare il materiale di cui disponiamo senza andare tanto lontano.Vi racconto quello che sta pensando uno studioso americano,Randy Michelson che – unico al mondo, probabilmente – conoscein modo sorprendente la liturgia e il cerimoniale della cappellaMarciana. Egli ha immaginato un programma che coinvolge unadozzina almeno di chiese veneziane. Di ciascuna, questo musicologoappassionato ha studiato l’architettura e l’apparato decorativo;per ciascuna ha identificato un repertorio di musiche – evidentementesacro – e una particolare regia per la registrazione audiovisivadella loro esecuzione. In tal modo egli si propone di creare –oltre all’evento che coincide con l’esecuzione di ciascuna “rappresentazione”– una serie di CD-Rom che documentano la complessitàdelle forme artistiche (architettura, pittura, scultura, musica)che concorrevano a formare la cultura, nel caso particolare la culturasociale e religiosa, di Venezia nei secoli passati.18


<strong>The</strong> <strong>Venice</strong> <strong>International</strong> <strong>Foundation</strong>Rimanendo sempre nel campo delle divagazioni, vi raccontoanche l’idea di un regista italiano, Pierluigi Pizzi, che tempo addietrosi era offerto di curare la regia di una regata – se non ricordomale quella che cadeva nel centenario di Giacomo Casanova – cercandodi riproporre, con riprese che dovevano essere condotte simultaneamentenei palazzi prospicienti il Canal Grande, nei museie nelle collezioni, oltre che evidentemente nel Canal Grande, unapercezione complessa e articolata di uno spettacolo tradizionale veneziano.E aveva proposto all’Amministrazione Comunale, insensibileallora a qualsiasi sollecitazione di questo tipo, di creare unprogramma con cui la Regata – manifestazione ormai agonizzante– potesse ogni anno, nei tempi a venire, essere organizzata con unadiversa regia, in modo che si venisse a creare una “raccolta” di regateper qualche verso memorabili e, comunque, memorizzate.Come è ben evidente, bastano saperi, competenze e passioneper “restituire” a Venezia momenti altrimenti perduti della suatradizione e per far veicolare la nozione della ricchezza di una civiltàdi cui si va perdendo anche la percezione. Oggi abbiamostrumenti e tecnologie, che ci consentono, anzi ci suggeriscono, diragionare in questo modo.Quel che ho detto fino a qui corrisponde però parzialmente almio modo, oggi, di sentire. Mi pare che nell’atto di riproporre alcuneimmagini nella loro antica collocazione e nel piacere di crearedelle rievocazioni vi sia ancora qualcosa di effimero o, per megliodire, qualcosa che si esaurisce nel presente; qualcosa che perfezionala percezione di Venezia ma, in un certo senso, proprio perché lamette ancor più a fuoco nella sua dimensione passata, la offre ancoraun poco di più allo spettatore. La rende oggetto, quand’anchefosse oggetto di culto. La allontana dunque un poco da noi, dalpresente. A mio avviso, per ridurre la distanza fra noi e il passatodobbiamo cercare invece di radicare il passato nel presente. Dirò meglio:dobbiamo concepire il passato come materia del presente.Anziché soffrire, come si trattasse di una privazione, della perditadi beni artistici, a me pare che sia preferibile assumere un atteggiamentoattivo, costruire per esempio un laboratorio che curiscientificamente, con i mezzi che le tecnologie consentono, il censimentodel materiale artistico veneziano disperso nel mondo, riconnettendoidealmente ciascuna opera al palazzo, alla chiesa o allacollezione da cui essa proviene. Forse sono proprio le Grandi Galleriedell’Accademia che si vanno progettando che debbono programmarenel loro senso un’attività di questo genere. Per spiegarel’impulso che mi muove in questo embrionale ragionamento faròancora degli altri esempi.Manca un qualsiasi “museo” che documenti il ruolo svolto daVenezia nell’evoluzione della cultura teatrale europea. Perché dunquenon usare la Fenice che andiamo ricostruendo come occasioneper affrontare questo problema? Non posso mancare di registrare,al proposito, la mia profonda soddisfazione dall’attenzione con cuigli architetti responsabili della realizzazione del progetto di AldoRossi hanno preso in considerazione questa ipotesi che ho formulatoin modo sintetico in una “opinione” pubblicata recentementeda un giornale. Perché non riservare una parte dell’immensa sequenzadi immobili dell’Arsenale per avviare la costruzione di un“museo” – uso questa parola, anche se mi rendo conto che il suonodi essa non sempre è convincente – della cultura armatoriale veneziana?È inaudito che a Venezia non vi sia una struttura di questogenere, dal momento che la grandezza della Serenissima si fondavaD I B A T T I T Oproprio sulla potenza del suoimpero marittimo. Operazionidel genere non sono necessariamentelaboriose, seriose e pocoredditizie. Esse possono esserecondotte con allegria, con sensodella provocazione. Fermiamociun attimo all’Arsenale: immaginateil successo di pubblico che[58] Il Bucintoro in un dipinto diFrancesco Guardi.può avere un cantiere aperto alle visite in cui materialmente si costruisceuna galera. Pensate al clamore che susciterebbe su tutti imedia del mondo la decisione di ricostruire il Bucintoro. È unainiziativa intrigante e suggestiva avviare la ricostruzione di questosingolare “Trono galleggiante” del doge – rappresentato mille voltedai pittori antichi, pensate a Canaletto –, incendiato da Napoleoneper distruggere, con esso, uno dei simboli più suggestividella Serenissima.Il ragionamento sull’Arsenale è un approccio che si può concretamenteapplicare ad altri casi. Perché non concepire la Marciana– oltre che come museo di codici preziosissimi – come un centrodi ricerca e di esposizione che si concentra sulla storia dell’editoriaveneziana? Chi sa oggi che, ancora nel Settecento, a Veneziac’erano più di duecento editori e tipografi? L’inaudita ricchezzadelle iniziative editoriali concentrate a Venezia, è stata un momentoimportante nella storia dei media. È un precedente significativodell’esigenza politica di una generale libertà di espressione. Allostesso modo potremmo chiederci perché non riunire a Palazzo Mocenigole altre collezioni di stoffe presenti a Venezia e perché nonfare di quella istituzione un perno decisivo, in Europa, della storiadella moda. Gli spunti si affollano nella mente; non è dunque ilcaso di insistere. Quel che importa infatti non è moltiplicare gliesempi, ma ribadire che queste operazioni puntano tutte a radicareil passato nel presente. Un approccio del genere non è dettato damoti sentimentali bensì dalla volontà di creare lavoro, competenze,specializzazioni. Di trasformare l’interesse, o anche semplicementela curiosità per il passato, in una forma di viva attenzioneper il presente. Di trasformare l’esercizio della memoria in lavoroscientifico. Di ingaggiare nelle operazioni che discendono da questoimpulso quei giovani che frequentano le nostre facoltà di storia,di storia dell’arte, di conservazione e di economia. Altrimentiper quale fine li educhiamo a queste discipline?Vi è un sogno che anima questa mia proposta: che a Venezia sivenga a formare una struttura della conoscenza e, con essa, una coscienzaculturale che possa prendere il posto di un corpo sociale, lacittà, che va estinguendosi. Solo una viva “coscienza culturale” –quando essa è incarnata in organismi operativi – può essere infattiun complemento efficace e forte (e quindi, concretamente, una critica)per un’economia turistica che altrimenti è destinata a sprigionareanche a Venezia in modo perverso le componenti meramentecorporative che sono latenti nella sua essenza.Se avviamo un processo del genere, se riusciamo a gestire intermini culturali “questa disseminazione di arte e cultura” di cui ciparla Giuseppe De Rita nella lettera in cui ci ha convocato a questariunione, Venezia vedrà forse crescere nel suo seno degli uomini,delle competenze, delle specializzazioni di cui non solo Venezia habisogno. Ne ha bisogno la cultura europea in questa fase importantedella sua storia o, per meglio dire, della sua evoluzione. Conclu-19


<strong>The</strong> <strong>Venice</strong> <strong>International</strong> <strong>Foundation</strong>do. Sarebbe bello che Venezia potesse crescere una nuova generazionedi intellettuali e di artisti e conoscere una nuova diaspora cheportasse i suoi uomini migliori in giro per il mondo, seguendo letracce di Tiepolo che andò in Spagna, di Canaletto che andò in Inghilterra,di Goldoni che andò in Francia, di Casanova che andò inGermania e di Da Ponte che andò a morire a New York.Riflessioni sulla statua di NapoleoneFRANCESCO MOLINARIIl Corriere della Sera, con un articolo di Gian Antonio Stella del3 febbraio 2002, ha dato notizia dell’acquisto, operato per353.000 Euro dal Comité pour la Sauvegarde de Venise e dallaFondazione Cassa di Risparmio di Venezia della statua di NapoleoneI, Imperatore dei francesi e Re d’Italia, scolpita in marmoda Domenico Banti. La statua, alta circa due metri e mezzo, nel1811 fu collocata a Venezia davanti al Palazzo Ducale, donde vennerimossa nel 1814. Solo di recente è stata ritrovata nel mercatoantiquario. A detta dell’articolista, l’effigie napoleonica, donataalla città di Venezia dai due acquirenti, dovrà tornarvi con il beneplacitodell’Amministrazione Comunale, a sostegno del quale ilProfessor Giandomenico Romanelli, Direttore dei Civici Musei,ha ineccepibilmente rilevato che la statua è un’acquisizione interessante,poiché rappresenta un documento importante di storiaveneziana. Egli pensa opportunamente di collocarla in un sito nonancora individuato dell’Ala napoleonica del Museo Correr e nondov’era originariamente.La donazione e i propositi del Comune hanno suscitato incittà, oltre a sobri dissensi – fra i quali quello di Alvise Zorzi –,indignazioni infuocate. L’avversione alla valorizzazione della statuatrae fondamento da sentimenti di rimpianto e rancore, ancorvivi dopo due secoli, per l’estinzione della Repubblica di Venezia,che Bonaparte volle, al culmine della sua avventura in Italia e Austria,e che i suoi padroni del Direttorio non s’erano certo propostiall’inizio della campagna affidata al giovane generale.Qui si vuole esprimere un diverso modo di sentire. I monumentie i documenti storici sono beni da custodire ed esibire perl’educazione del cittadino, quali che siano le circostanze in cui sisono formati. In un territorio possono rinvenirsi monumenti prodottidai vinti e dai vincitori, ma la dignità del monumento trascendevuoi il riferimento politico ai popoli o alle fazioni che abbianorivestito uno di tali ruoli, vuoi i sentimenti di simpatia o diavversione o, addirittura, di identificazione o, al contrario, di verae propria inimicizia, che si provino per vinti o vincitori.Un monumento, anche quando non abbia una particolarequalità estetica, serve a darci una certa coscienza del passato equasi sempre a far riemergere, con pietà e terrore, la memoria dilontane sciagure: nella specie, la memoria della caduta dell’anticaRepubblica e del tradimento, con il quale vennero ceduti permezzo di Bonaparte “liberatore” all’Impero (non ancora d’Austria)i suoi territori; ma sciagure furono anche la posteriore battagliadi Waterloo e l’esilio a Sant’Elena, che segnano la fine disperatae la morte di Napoleone Bonaparte. Peraltro, non puònemmeno essere dimenticato che le imprese napoleoniche e l’organizzazionepolitica che Napoleone diede all’Italia, sono fra leD I B A T T I T Oconcause del Risorgimento, i cui protagonisti sperarono – né levicende della seconda guerra mondiale hanno tolto il merito ditale disegno – che conquiste, distruzioni e oltraggi, come quelliche subirono Venezia e altri stati italiani ad esito della campagnad’Italia, sarebbero stati impediti da una nazione italiana libera eforte. Per vero, Venezia, che per secoli fu una notevole, e taloragrande, potenza, solo nella sua fase di decadenza subì la conquistastraniera; ma gli altri stati italiani alternativamente dalla cadutadell’Impero romano in avanti, per la loro intrinseca debolezzaanche nella maggiore prosperità economica, la subirono conuna certa costanza.Per stemperare i postumirisentimenti gioveràpoi osservare che la Repubblicadi Venezia, con lacampagna d’Italia, venne atrovarsi in una situazioneche, per essere sostenibile,avrebbe richiesto la disponibilitàin terraferma diuna forza militare, quale lacultura politica della suaclasse dirigente e i mezzidel suo tesoro non avrebberopotuto sorreggere:tuttavia, quando un territorio,a torto o a ragione,viene invaso dallo straniero,le responsabilità di taledebolezza gravano sempresul sovrano; senza dire chemolti dei vandalismi subiti[59] Domenico Banti, Teodoro Matteini eFelice Zuliani, Statua di Napoleone I,1811-1813. L’acquaforte documenta lagrande scultura di Banti eretta nel 1811 inPiazzetta San Marco e quasi distrutta nel1814 all’arrivo degli austriaci.in quel torno di tempo dalla città e dai domini sono da attribuireai residenti di quei territori (nei medesimi posti anche la grandissimaparte dei vandalismi “edilizi” attuali è da attribuire ai residentie non ai forestieri!).In conclusione, ben rivenga a Venezia la statua di Napoleonedel veronese Banti. Lasciamo che essa si affianchi idealmente aquella canoviana, eretta in bronzo nel cortile dell’Accademia diBrera a Milano. Quali posteri,avremo una ragione in più perporci la domanda se quella di Napoleone“fu vera gloria”. Lasciatacadere l’indignazione, in tuttamodestia faremo bene a permettereche ulteriori posteri, meditandosui marmi e sui bronzi che dovremoimpegnarci a lasciar loro intatti,pronuncino, se vorranno esapranno, “l’ardua sentenza”. Conciò noi – e per noi gli amministratoridel Comune di Venezia –avremo adempiuto il nostro doveredi custodi delle memorie, soventedolorose, della patria.[60] La statua di Napoleone nel cortiledell’Accademia di Brera a Milano.20


<strong>The</strong> <strong>Venice</strong> <strong>International</strong> <strong>Foundation</strong>Montblanc Arts Patronage Awardalla <strong>Venice</strong> <strong>International</strong>Il Montblanc Arts Patronage Award è stato istituito nel 1992per onorare e supportare tutte quelle personalità che hannodedicato tempo, energia e denaro in nome della passione perle arti e per il loro fiorire.Ogni anno, uno dei miei impegni più piacevoli come Presidentedella Fondazione Culturale Montblanc è quello di assegnarei premi ai mecenati dell’arte come riconoscimento per l’impegnoche dedicano alla cultura.Il premio Montblanc Arts Patronage è assegnato a mecenati didieci paesi nel mondo; i vincitori, selezionati da una giuria internazionaledi famosi artisti, ricevono il proprio premio durante unacerimonia che si tiene in ogni singolo paese.Ogni vincitore riceve la somma di 15.000 Euro da destinare aun nuovo progetto d’arte, a propria scelta, e una penna d’oroMontblanc, in edizione limitata, realizzata esclusivamente perquesto evento.I vincitori del Montblanc Arts Patronage Award 2002 sonoBluma Appel, Canada; Corinne Ricard, Francia; Irene Sculte-Hillen,Germania; Michelle Yeoh, Hong Kong; Franca Coin, Italia;Yutaka Sado, Giappone; Tan Siah Kwee, Singapore; il duca di Soria,Spagna; Griff Rhys Jones, Regno Unito; Rosie O’Donnell,Stati Uniti.A tutti coloro che non sono riconosciuti pubblicamente nel lororuolo di mecenati, ma che hanno destinato all’amore per la culturae l’arte tutta la loro vita, va il nostro più grande incoraggiamentoaffinché questi sforzi non siano vani per la sopravvivenzastessa delle arti.Lord DouroChairman of the MontblancCultural <strong>Foundation</strong>La vincitrice per l’Italia dell’edizione 2002 è stata Franca Coinper il suo contributo come Presidente della <strong>Venice</strong> <strong>International</strong><strong>Foundation</strong>, dedita al supporto dei musei e delle gallerie d’artedi Venezia, con particolare riferimento al restauro e alla conservazionedi quadri, affreschie sculture. Ilpremio è stato destinatoal restauro dell’affresco“Il Trionfodella poesia” di GaspareDiziani postonella Sala dei Pastellidi Ca’ Rezzonico.[61-62] La suggestivasala del Chiostro di SanMarco a Milano, sededella premiazione. Adestra, Franca Coin (alcentro) festeggiata daCarlo Caimi, PaoloCosta, Lord Douro,Giustina Destro eGiancarlo Galan.A T T I V I T ÀIl Trionfo della Poesiadi Gaspare DizianiFILIPPO PEDROCCO, Conservatore di Ca’ RezzonicoQuando nel 1935 il Comune di Venezia acquistò palazzoRezzonico, le uniche opere settecentesche presenti nellesale erano degli affreschi: quelli del Crosato nel Saloneda Ballo e i quattro soffitti che decorano le sale prospicienti il riodi San Barnaba al primo piano, realizzati nell’occasione del matrimoniotra il futuro procuratore di San Marco Ludovico Rezzonicoe Faustina Savorgnan, celebrato il 16 gennaio del 1758. Tra questi,ovviamente assai famosi sono i due realizzati da GiambattistaTiepolo, che si trovano rispettivamente nella sala dell’AllegoriaNuziale e in quella del Trono, che sono stati restaurati in previsionedella mostra sul pittore tenutasi nel 1996 nel museo; a tortomeno considerati dalla critica sono invece gli altri due, quello diGaspare Diziani che decora il soffitto della Sala dei Pastelli e quellodi Jacopo Guarana nella successiva Sala degli Arazzi.L’affresco del Diziani,su cui <strong>The</strong> <strong>Venice</strong><strong>International</strong><strong>Foundation</strong> intendeora concentrare ipropri sforzi per affrontarneil restauro,raffigura il trionfodella Poesia sulle artisorelle, la Pittura,la Scultura, l’Architetturae la Musica;un putto, armato diuna fiaccola, scaccial’Ignoranza, facendolaprecipitare nelvuoto. Funge da cornicealla scena centraleun ricco fregio[63] Gaspare Diziani, Il trionfo della Poesia.a chiaroscuro con altre figure allegoriche e motivi architettonici.Non è assolutamente da escludere l’ipotesi formulata in passatoche il tema della figurazione sia stato scelto in omaggio a QuintilianoRezzonico, che fu poeta e letterato di una certa fama al suotempo. Se nella struttura compositiva l’affresco ricorda analogherealizzazioni tiepolesche, la qualità fortemente contrastata delchiaroscuro e l’uso di un colorismo acceso costituiscono ottime testimonianzedella robusta vena decorativa del Diziani ancora nellafase avanzata della sua lunga attività.La sua assegnazione al Diziani è merito della critica recente: inpassato, infatti, esso era stato assegnato – in assenza di documentazionistoriche che ne accertassero la paternità – a un pittore dellacerchia di Giambattista Crosato o, addirittura, allo stesso GiambattistaTiepolo; solo nel 1963 Klara Garas ha indicato le evidentiaffinità dell’affresco di Ca’ Rezzonico con le opere certe del Dizianirisalenti alla seconda metà del sesto decennio del Settecento quali,in particolare, gli affreschi della biblioteca di palazzo Widmann aVenezia (1755-60) e quello di palazzo Contarini a San Beneto, eseguitonello stesso torno di tempo, trovano l’unanime consenso del-21


<strong>The</strong> <strong>Venice</strong> <strong>International</strong> <strong>Foundation</strong>la critica successiva. Ma tale difficoltà nella corretta attribuzionedell’affresco di Ca’ Rezzonico non deve stupire più di tanto, allaluce del fatto che la figura di Gaspare Diziani – che pure fu unodei maggiori decoratori attivi a Venezia e nei domini della Serenissimanel corso del medio Settecento – è stata studiata con attenzionesolo in tempi relativamente recenti, grazie in particolarealle ricerche di Anna Paola Zugni Tauro, sfociate nella monografiatuttora attuale edita nel 1971.Gaspare è nato a Belluno nel 1689 e ha svolto il suo primo apprendistatonella bottega di un mediocre artista locale, AntonioLazzarini; ma dopo il suo trasferimento a Venezia, avvenuto attornoal 1709, lavora dapprima nell’atelier di Gregorio Lazzarini esubito dopo si avvicina alla cerchia del suo celebre conterraneo SebastianoRicci. Di questo primo periodo veneziano sono da ricordaresoprattutto la tela della chiesa dei Carmini con l’Elemosina diAngelo Paoli e l’Ingresso di Cristo a Gerusalemme dipinto per la ScuolaGrande di San Teodoro.Successivamente Gaspare viaggia molto: nel 1717 si trova aMonaco di Baviera, l’anno successivo è presso la corte di Dresda,dove lavora anche come scenografo teatrale, e successivamente sireca a Londra, per giungere a Roma con ogni probabilità nel1726, chiamato dal cardinal Ottoboni. Dal 1720 è iscritto allaFraglia dei pittori veneziani e già sul finire degli anni trenta risultaessere uno dei pittori di figura di maggior prestigio sulla piazzaveneziana e la sua attività diviene quasi frenetica.Nel 1733 firma e data quattro grandi tele nella sagrestia diSanto Stefano a Venezia, nel 1748 lo scalone dei Gesuiti di Veneziae il salone di Ca’ Zenobio ai Carmini e nel 1750-51 affresca ilbaldacchino per l’altar maggiore della Basilica del Santo a Padova.Nel 1750 è tra i fondatori dell’Accademia veneziana di Pittura ene diventa il presidente fra il 1760 e il 1762 e nuovamente nel1766. Nel 1757 a Venezia esce l’edizione Zatta della Divina Commediaper la quale Gaspare aveva disegnato le illustrazioni di alcunicanti dell’Inferno; nel 1762 esegue le tele del presbiterio deiCarmini e quelle del soffitto della Scuola di San Giovanni Evangelista.Muore improvvisamente nel 1767, mentre si trovava in uncaffè di Piazza San Marco.IL RESTAUROL’intervento di restauro dell’affresco si svilupperà in diverse fasi,comprendendo la pulitura e il reintegro pittorico dell’opera. Esso,come gli altri di questo piano, presenta colature molto evidenti dibitume, dovute con ogni probabilità alla presenza della soffittaturaa cantinelle che regge l’intonaco dipinto. Inoltre nel tardo Ottocento,allo scopo di mascherare queste alterazioni già allora evidenti,è stato eseguito una pesante ridipintura che copre la maggiorparte della decorazione originale.L’affresco presenta tuttavia ancora molte finiture originali atempera, eseguite a secco, che, essendo molto delicate, vanno prefissateprima dell’intervento di pulitura. Sarà indubbiamente necessario,inoltre, eseguire prove di pulitura per calcolare tempi epercentuali dei solventi da usare, specialmente sui verdi e sugli azzurri,particolarmente delicati perché eseguiti con colori vegetali,e su zone diverse. Si prevede che l’operazione di pulitura verrà eseguitacon una serie di impacchi di solventi, valutandone zona perzona i risultati e il livello di recupero dei colori originali sottostantiora celati.A T T I V I T ÀUna volta completata la pulitura dai rifacimenti e dallo sporco,e completato il fissaggio del colore e degli intonaci, si procederàal restauro pittorico ad acquerello e, ove vi sono mancanze, siprocederà ricostruendo le parti mancanti con il metodo dellascomposizione cromatica. Un leggero fissaggio finale a spruzzocompleterà l’intervento.LA RACCOLTA FONDIPer il restauro dell’affresco di Gaspari Diziani verrà avviata nelprossimo autunno una specifica campagna denominata “ProgettoGaspari Diziani”. Oltre al premio Montblanc, al restauro sono statidestinati i fondi raccolti nella lotteria organizzata durante ilPranzo di Gala a Ca’ Rezzonico del 21 giugno in occasione dellaSesta Assemblea dei Soci.Ringraziamo i nostri soci ALPINE, DONNA ELISSA, LEO SCHA-CHTER eGIORGIO VISCONTI per averci messo gentilmente a disposizionerispettivamente: un Car Navigator, quattro borse di coccodrillocollezione 2003, un diamante Leo Cut, un ciondolo gioiello.Cause Related Marketing: un caso concretoLeo Schachter Art <strong>Foundation</strong> e Musei Civici VenezianiSONIA PIZZORNO FRASCHETTISono sempre stata convinta che i contenuti di una comunicazionemoderna debbano essere sufficientemente anticipativirispetto alle problematiche che si vivono quotidianamente eche, oltre ad assolvere allo specifico obiettivo di supportare leaziende nel loro percorso, debbano anche assolvere a una funzionesociale. Può sembrare utopico quello che penso ma, nella realtà, sipossono elencare una serie di aziende che in un non così lontanopassato hanno già operato in tal senso lasciando un segno tangibiledella loro sensibilità nell’agire: il villaggio Crespi per gli operaidel Corriere della Sera, il villaggio Solvay, Olivetti a Ivrea etanti altri.In questi tempi spesso si è accusato la comunicazione di cavalcareed esasperare gli argomenti più facili per alimentare un consumismoviolento, insensibile a ogni etica, spronato solo ad accresceregli utili delle aziende in un’ottica temporale limitata. Certamenteparte di queste critiche identificano un’idea di benessere legatail più delle volte a confini e a situazioni geograficamente bendefiniti. Non ci si raffrontava con il resto del mondo. Ognuno giocavanel proprio territorio con piccole o grandi problematiche. Lacrescita era legata e relegata solo a un universo circoscritto. Oggitutto è cambiato o sta cambiando.I confini, intesi come allora, non ci sono più. La nostra identitàe i nostri credo, le nostre certezze, sono sempre più “violentate”,sempre meno solide perché continuamente messe a raffronto con il“sistema mondo”. Il nostro vivere è sconvolto da questa enormevoragine che si è aperta. Occorre sempre di più, per sentirci solidi,recuperare le nostre radici, confermarci nella nostra storia attraversola cultura, l’arte, la solidarietà. Sentiamo sempre di più il bisognodi appropriarci di questi valori che appartengono da semprealla vita dell’uomo rielaborandoli in chiave moderna per una qualitàmigliore di vita. Oggi, forse, è ritornato sul tavolo delle aziendee dei comunicatori il compito di dare un contributo fattivo a22


<strong>The</strong> <strong>Venice</strong> <strong>International</strong> <strong>Foundation</strong>una informazione meno edonistica e che risponda di più alle pressantiesigenze del consumatore del mondo occidentale. Un consumatoresempre più evoluto, attento, informato che si confronta direttamenteo indirettamente con il mondo che lo circonda.Traducendo in modo forse brutale e pragmatico, oggi, parteciparealla crescita culturale, fare del bene, è una incredibile occasionedi business. È la certezza di costruire per le aziende un’opportunitàche va oltre al bieco consumo o utilizzo di un prodotto: è l’opportunitàstraordinaria di consolidare, educare, coinvolgere, alimentareun rapporto, sia all’interno dell’azienda stessa, sia con l’esterno,perché tutti sentiamo e abbiamo un comune multiplo nellenostre esigenze: il bisogno di valori inconfutabili.Per ottenere un’ottimizzazione nella triangolazione azienda –fruitore della comunicazione – partner culturale, occorre però avereun approccio nuovo uscendo dalla semplice e comoda “sponsorizzazione”per diventare partner effettivi e costruttivi dell’offerta,dove tutti i tre componenti della triangolazione diventano partnerattivi. L’azienda nell’identificare il percorso, il partner culturalenell’appoggiare per l’area di sua competenza la strada scelta e ildestinatario finale dando il suo consenso attraverso la fruizionedella proposta.<strong>Venice</strong> <strong>International</strong> <strong>Foundation</strong> ha iniziato insieme a LeoSchachter a lavorare in questo senso. Appoggiata dalla sua agenziaBRB Grey, Leo Schachter, una delle più grandi aziende operanti neltaglio dei diamanti, ha deciso di lanciare in Italia un nuovo prodotto:un diamante dal taglio particolare chiamato Leo Cut. Per il lanciola società decide di fondare Leo Schachter Art <strong>Foundation</strong> e diinvestire parte del proprio budget di comunicazione nel recuperodi una tela del Tiepolo e nell’allestimento di una mostra. Una mostraperò non già preesistente ma studiata ad hoc e in funzione di alcunedelle esigenze del partner culturale: la <strong>Venice</strong> <strong>International</strong><strong>Foundation</strong>.Nasce così un’operazione che vede coinvolti Leo Schachter a360 gradi: dai dipendenti, alla distribuzione, al pubblico di riferimento,alla <strong>Venice</strong> <strong>International</strong> <strong>Foundation</strong> che si trova con unlancio importante della propria sede – Ca’ Rezzonico Museo delSettecento Veneziano – e con un introito che le permette di recuperareun’importante opera d’arte, al fruitore finale della comunicazioneche, oltre a ricevere un’informazione importante sulle caratteristichedel prodotto in lancio, potrà godere ed essere partecipe delrecupero di un’importante opera d’arte e avere accesso a una mostrapensata e costruita da grandissimi esperti su un tema però coerenteal prodotto comunicato.Nel caso specifico la mostra farà rivivere, attraverso un percorsoche si sviluppa in dieci sale del museo di Ca’ Rezzonico, unagiornata di una nobildonna veneziana del Settecento. Il percorsosarà arricchito di quadri e oggetti mai esposti con dieci creazionistudiate appositamente per l’evento da dieci gioiellieri-interpretidi Leo Cut. Un ponte ideale quindi tra passato e presente per fareavvicinare il vasto pubblico di Venezia a un patrimonio universalee senza confini: quello dell’arte, della cultura e dell’informazione.In conclusione, oggi lavorare con successo significa pensare,creare, costruire quotidianamente comunicazioni ed eventi in lineacon le esigenze del nuovo mondo globale incidendo in maniera positivanella vita dell’uomo, contribuendo a costruire ottime opportunitàper le aziende, per chi lavora nell’azienda, che poi è anchechi consuma, e per chi ci circonda e ci deve dare fiducia.C O M U N I C A Z I O N IRaffaella AlibrandiGiovanni Alliata di MonterealeAntiquusApriliaLuciana Are FilonziAriston CaviAssicurazioni GeneraliMaria Gabriella AttardiBanca LombardaBanca MediolanumGiuseppe Barranco di ValdiviesoAnnabella BassaniAldo BassettiMonica BedeschiGilberto BenettonMiranda BergamoAdriana BertiGiancarla BertiGiovanni BettaninClaudia Boccardo ColomberaCarla Bonsembiante MacolaMaria Laura BoselliAlberto e Mario BovoGiorgia BrionMira Caizzi ForteAntonella CameranaSergio CamerinoUgo CamerinoSerena CamerlengoPaola CaovillaPaola Caprotti BagnascoCassa di Risparmio di VeneziaLetizia Castellini BaldisseraRoberto CelliRomeo ChiarottoFrances ClarkePiergiorgio e Franca CoinConsorzio Venezia NuovaCarloalberto CornelianiSerena Corvi MoraDomenico D’AngeloCarla D’Orazi SpagnaCesare Dal PalùGiuliana Dall’OraMita De BenedettiPaola De BenedettiAldo Mauro De LiperiMariuccia de LordPatrick DespatureGiustina DestroRoberta DroulersEuropa Palace HotelFacco PubblicitàLella Fantoni CavaggionMaria Cecilia FiorucciI nostri Soci del 2001Nicoletta FiorucciSilvia FiorucciFondazione Il CampielloFondazione MazzottaMary GaggiaOrestina GardellaClaudia Gian FerrariMarino GolinelliGrafiche QuattroGrand Hotel et de MilanGiorgio GratiRandolph GuthrieMirella HaggiagPiergiusto JaegerLaura LaureatiLavazzaMario e Gloria LevoniMaloFranca ManciniChristian ManteroGirolamo MarcelloAndriana Marcello del MaynoAldo MaugeriGiancarlo MibelliGianni MilnerEnrico MingardiMissiagliaFrancesco MolinariGianni MontiLuigi MoscheriCarla Nani MocenigoNylstarFederica OlivaresCarlo OrlandiniGiovanni PandiniSergio PascucciPupa PellegriniGuido PennisiPierpaolo PiccinelliMiuccia PradaSamaritana RattazziRemer HoldingJuan RibasCesare RiminiGuido RoncaliAntonella RotunnoErnesto Rubin de Cervin AlbrizziRossana Sacchi ZeiAugusta SadaGiuliana Sansone CoenSave Aeroporto di VeneziaSimodSisetSocietà Autostrade Venezia PadovaPaolo Stimamiglio23


<strong>The</strong> <strong>Venice</strong> <strong>International</strong> <strong>Foundation</strong>Vittorio e Tatiana TabacchiGuido e Letizia TaidelliCesare TrevisaniSalvatore TrifiròGiorgina VenostaGiulia Venturini FrosiLaura VillaniGraziano VisentinI nostri Soci al 12 giugno 2002Tommaso e Anna AddarioGiovanni AlliataRoberto AlloccaGiampaolo AngelucciAntiquusLuciana Are FilonziMaria Gabriella AttardiAssociazone Veneziana AlbergatoriMaria Teresa BabanicasPaola BagnascoGiuseppe Barranco di ValdiviesoReginald BartholomewAnnabella BassaniTony BassaniAldo BassettiMonica BedeschiMiranda BergamoGiancarla BertiLeonida BertiAlessandra Borletti SpadaforaMaria Laura BoselliAlberto e Mario BovoArianna BrioschiAntonio BucciarelliMira Caizzi ForteAntonio e Luciana CarraroLetizia Castellini BaldisseraRoberto CelliMargherita Cirino GabrielePiergiorgio e Franca CoinConsorzio Venezia NuovaCarlalberto CornelianiCarla D’Orazi SpagnaMariuccia de LordMaria Luisa De StefaniGiustina DestroPaola DoriaEuropa Palace HotelLella Fantoni CavaggionFathia Fassi FihriFireFondazione Il CampielloFederica Formilli FendiRoberto GabeyEnrico VitaliMassimo Vitta ZelmanCesare VivanteMarco ZanchiBruno ZaniniAngelo Zegna di MonterubelloGianfranco ZoppasAlessandro ZoppiMary GaggiaVittorio GalelliMarino e Paola GolinelliStefano GorghettoFranco GrosoliRiccardo IllyMaria Luisa JaegerPiergiusto JaegerMario e Gloria LevoniSergio e Luisa Loro PianaGirolamo MarcelloAndriana Marcello del MaynoValentino e Mirella MartelliBeatrice MarzanoAttilio MaseriMatteo de NoraChantal MerieuxFrancesco MerloniEnrico MingardiFrancesco MolinariGianni MontiLuigi MoscheriPaolo NegratoGiampaolo NucciGiovanni PandiniSergio PascucciPier Paolo PiccinelliCesare RiminiPierre RosenbergRossana Sacchi ZeiGiuliana Sansone CamerinoSchachter & NamdarSimodSitlaSocietà Autostrade Venezia-PadovaSocietà Acqua MarciaVittorio e Tatiana TabacchiGuido TaidelliMaria Teresa Venturini FendiLaura VillaniEnrico VitaliWorld President OrganisationMarco ZanchiAngelo Zegna di MonterubelloC O M U N I C A Z I O N INotturni d’Arte a VeneziaGiovedì 20 giugno inizia a Palazzo Ducale “Notturnid’Arte a Venezia. Misteri e racconti dalla immagini”.L’iniziativa, ideata dai Musei Civici Veneziani in collaborazionecon Chorus-Associazione Chiese di Venezia, è realizzatacon il contributo di <strong>The</strong> <strong>Venice</strong> <strong>International</strong> <strong>Foundation</strong>.Il progetto prevede da un lato un utilizzo insolito delle sedi incui si svolge – Palazzo Ducale, Chiesa di San Polo, Chiesa di SanGiacome dell’Orio e Ca’ Rezzonico – e dall’altro un approccio inusualealla “conferenza”. Si tratta infatti di un breve ciclo di incontritenuti da quattro importanti storici dell’arte che affronteranno temidiversi, ricchi di suggestione e accomunati in qualche mododalla cifra dell’enigma o del racconto espresso attraverso il segno.Innovativa è anche per Venezia la proposta di usare musei e chiesecome luoghi di incontro serale per godere appieno, nella dolcezzadelle sere d’estate, dei loro tesori d’arte e per approfondirne alcuniaspetti con la leggerezza dell’insolito. Il programma prevede:• Giovedì 20 giugno, ore 21, Palazzo Ducale, Sala dello ScrutinioGIANDOMENICO ROMANELLI, Le dame del Carpaccio: il mistero deldipinto tagliato.• Venerdì 28 giugno, ore 21, Chiesa di San PoloAUGUSTO GENTILI, L’ultima cena di Tintoretto nella chiesa di SanPolo• Giovedì 4 luglio, ore 21, Chiesa di San Giacomo dell’OrioSTEFANIA MASON, Un parroco, un artista, una devozione: pittura dimaniera e fede riformata• Venerdì 12 luglio, ore 21, Ca’ RezzonicoCARMELO ALBERTI, La visione e l’enigma: attravzioni, illusioni,realtà quotidiana nei dipinti di Pietro LonghiFreschi di stampa• ROMA BOGNOLO, Tarnowska, la cattiva Maria, Pescara, EdizioniTracce, 2001, Euro 14,46La donna, per la quale molti uomini si uccisero, rivive in queste paginequale protagonista di un fatto realmente accaduto, che dal 1907 al 19<strong>10</strong>ha portato Venezia sulle pagine dei giornali internazionali.•PIETRO BORTOLUZZI, La “buona educazione repubblicana” del Comitatodi Pubblica Istruzione, Silea (TV), Piazza, 2001, Euro 12,00In tempi in cui l’istruzione pubblica è messa in discussione, ripercorrerel’attività del Comitato d’Istruzione Pubblica assume un valore conoscitivoe divulgativo. Nel volume vi sono non solo di norme per la scuola pubblicama modelli di vita, regole morali e organizzative che riguardano i moltepliciaspetti della vita collettiva, con l’obiettivo della buona educazione repubblicana,per suscitare nei cittadini l’amore alla libertà e alla virtù.• ATTILIA DORIGATO, L’arte del vetro a Murano, Venezia, ArsenaleEditrice, 2002, Euro 50,00Questo studio aggiornato, che si avvale di una straordinaria documentazionefotografica, si propone come testo fondamentale per la conoscenza dellastoria del vetro.24


<strong>The</strong> <strong>Venice</strong> <strong>International</strong> <strong>Foundation</strong>• CARLO LODOLI, Della censura dei libri. 1730-1736, Venezia, Marsilio,2002, Euro 12,00Carlo Lodoli, nominato nel 1723 dalla Serenissima “revisore dei libri dadare alle stampe”, interpretò questo suo ruolo prestando attenzione a impedirela pubblicazione di quei libri che potevano recare danno alla sicurezzadello stato e all’opportunità di evitare che incappassero nella censuralibri utili e, perciò stesso, innocui sotto il profilo della retta dottrina.• CARLO OSSOLA, Parigi-Venezia. Cultura, relazioni, influenze negliscambi intellettuali del ’700, Firenze, Olschki, 2002, Euro 45,96Riflessione e rappresentazione di una civiltà che, nel conoscersi matura,critica i propri limiti e si consegna – fervida o sorridente, ignara o riottosa– al proprio rinnovamento. Un percorso, lungo il doppio viaggio di Rousseaua Venezia e di Goldoni a Parigi, che si propone tra le ragioni del“cuore” e le ragioni dei lumi nel pieno Settecento europeo.• SILVANO TAGLIAPIETRA, I Muranesi nel Settecento, Spinea (VE),Edizioni Helvetia, 2002, Euro 40,00La decadenza delle corporazioni del vetro, amori illeciti in convento, spietra i maestri vetrai... Il “Secolo dei Lumi” non illumina Murano, costrettaa una lenta agonia dal giogo della Serenissima. L’autore – storico e vetraio– ci racconta la vita dei muranesi del Settecento con un metodo precisoe documentaristico e un registro vivace e accessibile che regala momentidi emozione e spunti di riflessione sul passato e sul futuro dell’isola.Mostre & Esposizioni a Venezia• L’America di Pollock: Pollock a Veneziafino al 30 giugno: tutti i giorni 9-19Museo Correr, Piazza San Marco, tel. 041 5225625Approfondimento a p. 3.• L’America di Pollock: La Scuola di New York. Il Gruppodegli Irascibilifino al 30 giugno: tutti i giorni 9-19Mestre, Centro Culturale Candiani, tel. 041 2386111Approfondimento a p. 3.• Ashes and Snow. BiAnimale Ifino al 6 luglio: tutti i giorni <strong>10</strong>-19, sabato e domenica fino alle 22Corderie, Artiglierie e Gaggiandre dell’Arsenale, tel. 041 5200463Approfondimento a p. 4.C O M U N I C A Z I O N I• Magia, alchimia, scienza dal ’400 al ’700fino al 27 luglio: tutti i giorni 9-19Biblioteca Nazionale Marciana, San Marco 7, tel. 041 5208788Approfondimento a p. 4.• Robert W. Firestone. <strong>The</strong> Adventure of Imagesfino al 14 luglio: da martedì a domenica 11-19Museo di Santa Apollonia, Ponte della Canonicatel. 041 5239315Molto noto negli Stati Uniti anche come teorico della psicoterapia, Firestoneè giunto a una sua personale e caratterizzata cifra espressiva permezzo di immagini digitali create al computer, conservando tuttavia unforte “sentimento della pittura”, ottenuta con l’impressione a “getto di colore”sulla tela. La straordinaria libertà immaginativa dell’artista gli consentedi affrontare differenti temi visivi che vanno dall’astrazione geometricae informale al ritratto, dal paesaggio reinventato alla sovrapposizione dielementi figurativi, esprimendo un nuovo e interessante linguaggio formalenel quale convivono la sensibilità della mano dell’artista e l’elettronica.• Maren Heyne. Finestre & Finte Finestrefino al 15 luglio: da lunedì a venerdì <strong>10</strong>-17, sabato <strong>10</strong>-13 / 16-19Palazzo Albrizzi, Cannaregio 4118, tel. 041 5232544L’artista tedesca cattura l’attimo fuggente nell’istante fotografico, non lasciandonulla al caso. L’oggetto, cui luce e ombra, distanza e vicinanza,personale stato d’animo danno forza espressiva, è osservato nei lunghi preliminariche precedono la decisione a cristallizzarne l’immagine. Il percorsoespositivo si configura come un viaggio esplorativo di luoghi immaginariin cui ci orientiamo con le nostre fantasie oniriche sulla scorta di pochiindizi: il tipo di intelaiatura delle finestre, tende, ragnatele, giochi chiaroscurali.• Giuseppe e Alberto Samonà. Lezioni di architetturafino al 26 luglio: da lunedì a venerdì <strong>10</strong>-17Ex Cotonificio Veneziano di Santa Marta, Dorsoduro 2196,tel. 041 257<strong>10</strong>11Nell’anno in cui l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia festeggiai 75 anni della sua fondazione, un modo per riflettere sulla sua storiaè quello di promuoverne la conoscenza attraverso lo studio del pensiero edella figura di uno dei suoi principali protagonisti, Giuseppe Samonà,preside dell’ateneo dal 1943 al 1972. La mostra intende restituire lacomplessità della personalità di Giuseppe Samonà e del figlio Alberto proponendouna selezione dei loro progetti più significativi: dalla Camera deiDeputati al concorso per l’università delle Calabrie, dal teatro di Sciaccaalle ville a Falconarossa fino ai progetti urbanistici per Cadoneghe.• La natura, l’arte, la meravigliafino all’8 luglio: da mercoledì a lunedì 8.30-15Fondazione Bevilacqua La Masa, Palazzina Tito, Dorsoduro 2826,tel. 041 5207797Venti artisti contemporanei di livello internazionale, tra cui GiovanniAnselmo, Alighiero Boetti, Maurizio Nannucci, Piero Gilardi, RicardoBrey, si sono confrontati con gli ambienti, le testimonianze archeologiche,gli animali del Museo di Storia Naturale di Verona, del Museo di StoriaNaturale di Vicenza, del Museo Bellona di Montebelluna, con la faunadei Colli Euganei, a Villa Beatrice d’Este, con le pietre del Museo di CavaBomba a Baone. Nel Palazzetto Tito le opere di questi artisti si ritrovanoinsieme, fornendo uno spaccato di alto livello sull’arte contemporanea.• Temi e variazioni. Arte del dopoguerra dalle collezioniGuggenheimfino al 4 agosto: da mercoledì a lunedì <strong>10</strong>-18, sabato fino alle 22Peggy Guggenheim Collection, Dorsoduro 701, tel. 041 2405411Approfondimento a p. 5.• Nicolas Leivadal 19 luglio al 26 agosto: da mercoledì a lunedì 15-19Fondazione Bevilacqua La Masa, Palazzina Tito, Dorsoduro 2826,tel. 041 5207797Nello spazio di approfondimento estivo dedicato all’arte contemporanea internazionale,sarà ospite il noto artista argentino.25


<strong>The</strong> <strong>Venice</strong> <strong>International</strong> <strong>Foundation</strong>• Mare Mitodal 6 luglio al 9 settembre: da lunedì a sabato 8.45-13.45Museo Navale padiglione delle Navi e Arsenale, tel. 041 2709555Diciannove artisti mettono in scena – con opere appositamente realizzateper questa iniziativa – una rassegna straordinaria di linguaggi e metodologieespressive: dal figurativo all’astratto, dal concettuale al materico ecosì via, ispirati al mare. Oltre ai grandi nomi dell’arte contemporanea –Folon, Arman, Louis Cane – sono presenti alcuni protagonisti dell’artepiù giovane che presentano invenzioni particolarmente affascinanti.• Navigare e Descrivere. Portolani, isolari e carte nautichedalle collezioni del Museo Correrfino al 15 settembre: tutti i giorni 9-19Museo Correr, Piazza San Marco, tel. 041 5225625Approfondimento a p. 3.• Sonia Delaunay. Gli anni dell’Atelier Simultanéfino al 14 ottobre: da mercoledì a lunedì <strong>10</strong>-19Fondazione Bevilacqua La Masa, San Marco 71, tel. 041 5207797Approfondimento a p. 5.• Memoria scolpitafino al 16 ottobre, da domenica a venerdì <strong>10</strong>-19; dal primo ottobrefino alle 17; chiuso durante le festività ebraicheMuseo Ebraico, Cannaregio 2902/b, tel. 041 715359Le immagini dell’etnografo David Goberman ritraggono lapidi scolpitetra il XVIII e il XIX secolo dei cimiteri di piccoli paesi e villaggi diquella parte di Russia nota come Jewish Pale (zona di residenza ebraica),che si estende da Minsk a Varsavia e da Vilna al Mar Nero, dove gliebrei russi furono costretti a trasferirsi dalla fine del XVIII secolo allaprima guerra mondiale.• L’approccio dell’uomo bizantino attraverso l’occhio di uncollezionistafino al 31 ottobre: tutti i giorni <strong>10</strong>-14Istituto Ellenico di Studi Bizantini e Postbizantini, Castello 3412,tel. 041 5226581Inaugurata da Sua Santità il Patriarca Ecumenico Bartolomeo, la mostrapresenta amuleti, croci e altri oggetti di culto del periodo bizantino epostbizantino appartenenti alla collezione di Giorgio Tsolozidis.C O M U N I C A Z I O N Imetterà in luce anche la vita di corte che lo attorniava: il palazzo, la famiglia,l’harem, i funzionari, le espressioni artistiche riservate alla regalità.• Luce di taglio: preziosi momenti di una nobildonnaveneziana. Una giornata di Faustina Savorgnan Rezzonicodall’11 settembre al 6 gennaio: fino al 31 ottobre da mercoledì a lunedì<strong>10</strong>-18; dal primo di novembre da mercoledì a lunedì <strong>10</strong>-17Ca’ Rezzonico, Dorsoduro 3136, tel. 041 24<strong>10</strong><strong>10</strong>0Un singolare percorso all’interno del Museo del Settecento Veneziano permetteràdi conoscere la quotidianità della vita della dama veneziana e diammirare dieci originali gioielli ispirati alle varie stanze del palazzo ecreati appositamente per questa esposizione (vedi articolo a p. 22).Musei & d’Intorni* = libero accesso con l’Art Pass di <strong>Venice</strong> <strong>International</strong> <strong>Foundation</strong>•BASILICA DI SAN MARCO, PALA D’ORO, TESORO E GALLERIAPiazza San Marco, tel. 041 5225697tutti i giorni 9.45-17; la Basilica nei giorni festivi 14-17•CA’ D’ORO E GALLERIA FRANCHETTICannaregio 3932, tel. 041 5238790da martedì a domenica 8.15-19.15, lunedì 8.15-14•CA’ REZZONICO MUSEO DEL SETTECENTO VENEZIANO*Dorsoduro 3136, tel. 041 24<strong>10</strong><strong>10</strong>0da mercoledì a lunedì <strong>10</strong>-18, da novembre chiusura alle 17•CAMPANILE DI SAN MARCOPiazza San Marco, tel. 041 5224064tutti i giorni 9.30-17, da luglio apertura fino alle 20•CASA GOLDONI*San Polo 2794, tel. 041 5236353da lunedì a sabato <strong>10</strong>-17, da novembre chiusura alle 16•CATTEDRALE E CAMPANILE DI TORCELLOIsola di Torcello, tel. 041 2702464tutti i giorni <strong>10</strong>.30-17.30, da novembre <strong>10</strong>-17Anticipazioni• 8. Mostra Internazionale di Architettura – NEXTdall’8 settembre al 3 novembre: tutti i giorni <strong>10</strong>-18Giardini di Castello e Arsenale, tel. 041 5218861Approfondimento a p. 6.• I Faraoni dell’antico Egittodal 9 settembrePalazzo Grassi, San Marco 3231, tel. 041 5231680La mostra ospiterà centinaia di pezzi provenienti da tutto il mondo, contornatida una suggestiva scenografia. Con pezzi provenienti dalle più importanticollezioni egittologiche, tra cui ovviamente quelle del museo del Cairo,la mostra illustrerà i vari aspetti della figura del sovrano egiziano ma•CHIESA E CAMPANILE DI SAN GIORGIO MAGGIOREIsola di San Giorgio Maggiore, tel. 041 5227827tutti i giorni 9.30-12.30 / 14-18•COLLEZIONE PEGGY GUGGENHEIMDorsoduro 701, tel. 041 2405411da mercoledì a lunedì <strong>10</strong>-18, fino a ottobre sabato <strong>10</strong>-22•CONVENTO DI SAN FRANCESCO DEL DESERTOIsola di San Francesco del Deserto, tel. 041 5286863da martedì a domenica 9-11 / 15-17•FONDAZIONE QUERINI STAMPALIACastello 4778, tel. 041 2711411da martedì a giovedì e domenica <strong>10</strong>-18, venerdì e sabato <strong>10</strong>-2226


<strong>The</strong> <strong>Venice</strong> <strong>International</strong> <strong>Foundation</strong>•GALLERIE DELL’ACCADEMIADorsoduro <strong>10</strong>50, tel. 041 5222247da martedì a domenica 8.15-19.15, lunedì 8.15-14•ORATORIO DEI CROCIFERICannaregio 4905, tel. 041 2702464venerdì <strong>10</strong>-12.30, sabato 15.30-19.30•MONASTERO MECHITARISTAIsola di San Lazzaro degli Armeni, tel. 041 5260<strong>10</strong>4tutti i giorni 15.25-17•MUSEI DI PIAZZA SAN MARCO* (percorso integrato Palazzo Ducale,Museo Correr, Museo Archeologico, Biblioteca Marciana)tel. 041 5224951, tutti i giorni 9-19, da novembre chiusura alle 17MUSEO DEL MERLETTO*Isola di Burano, Piazza Galuppi 187, tel. 041 730034da mercoledì a lunedì <strong>10</strong>-17, da novembre chiusura alle 16•MUSEO DEL VETRO*Isola di Murano, Fondamenta Giustinian 8, tel. 041 739586da giovedì a martedì <strong>10</strong>-17, da novembre chiusura alle 16•MUSEO DIOCESANO DI ARTE SACRACastello 4312, tel. 041 5229166da lunedì a sabato <strong>10</strong>.30-12.30•MUSEO DEI DIPINTI SACRI BIZANTINIIstituto Ellenico, Castello 3412, tel. 041 5226581tutti i giorni: <strong>10</strong>-17•MUSEO DI TORCELLOIsola di Torcello, Palazzo del Consiglio, tel. 041 730761da martedì a domenica <strong>10</strong>-17.30, da novembre chiusura alle 17•MUSEO EBRAICOGhetto Novo, Cannaregio 2902/b, tel. 041 715359da domenica a venerdì <strong>10</strong>-17, da giugno chiusura alle 19•MUSEO ORIENTALECa’ Pesaro, Santa Croce 2070, tel. 041 5241173da martedì a domenica 9.15-13.15entrata ogni ora ai minuti 15C O M U N I C A Z I O N I•OSPEDALETTO E SALA DELLA MUSICACastello 6691, tel. 041 2702464da giovedì a sabato 15.30-18.30aperture straordinarie su prenotazione•PALAZZO CINIDorsoduro 864, tel. 041 52<strong>10</strong>755visita su prenotazione•PALAZZO LABIACannaregio 275, tel. 041 781277da mercoledì a venerdì 15-16 previa prenotazione telefonica•PALAZZO MOCENIGO*Canta Croce 1992, tel. 041 721798da martedì a domenica <strong>10</strong>-17, da novembre chiusura alle 16•PALAZZO ROTASan Marco 834, tel. 041 2718750da lunedì a sabato <strong>10</strong>-18.30•SCALA CONTARINI DEL BOVOLOSan Marco 4299, tel. 041 2702464tutti i giorni <strong>10</strong>-18, da novembre sabato e domenica <strong>10</strong>-16aperture straordinarie su prenotazione•SCUOLA DALMATA DI SAN GIORGIO DEGLI SCHIAVONICastello 3259/a, tel. 041 5228828da martedì a sabato 9.30-12.30 / 15.30-18.30, domenica <strong>10</strong>-12•SCUOLA DEI CARMINIDorsoduro 2617, tel. 041 5289420da lunedì a sabato 9-18, domenica 9-16•SCUOLA GRANDE DI SAN GIOVANNI EVANGELISTASan Polo 2454, tel. 041 718234, visita su prenotazione telefonica•MUSEO STORICO NAVALECastello 2148, tel. 041 5200276da lunedì a venerdì 8.45-13.30; sabato 8.45-13•SCUOLA GRANDE DI SAN ROCCOSan Polo 3052, tel. 041 5234864fino al 2 novembre: tutti i giorni 9-17.30Ufficio di redazione<strong>The</strong> <strong>Venice</strong> <strong>International</strong> <strong>Foundation</strong>Ca’ Rezzonico, Dorsoduro 3136, 30123 Veneziatel. & fax 041-2774840, e-mail veniceinter@tin.itRedazione, impaginazione e ricerca iconograficaCinzia BoscoloAssistenti di redazione: Maura Collarini, Carla D’Orazi,Grace Padallan, Luisa RoccaStampaGrafiche Quattro, Santa Maria di Sala (VE)© Copyright 2002<strong>The</strong> <strong>Venice</strong> <strong>International</strong> <strong>Foundation</strong>Tutti i diritti riservati.Per i contributi, la <strong>Venice</strong> <strong>International</strong> ringraziaSergio Camerino, Olghina di Robilant, Antonio Foscari,Marina Gregotti, Rosella Mamoli Zorzi, FrancescoMolinari, Filippo Pedrocco, Sonia Pizzorno FraschettiPer la collaborazione si ringrazianoMartina Mian, Francesca Scarpa, Bruno Tosi, AnnaTurcato e gli Uffici Stampa di “Ashes and Snow”,Biblioteca Nazionale Marciana, Biennale di Venezia,Fondazione Bevilacqua La Masa, Peggy GuggenheimCollection, Istituto Ellenico di Studi Bizantini, IstitutoUniversitario di Architettura di Venezia, Montblanc Italia,Musei Civici Veneziani, Museo Ebraico, Museo Diocesano diArte Sacra, Museo Storico Navale, Palazzo Albrizzi,Palazzo Grassi.Referenze fotograficheBiblioteca Nazionale Marciana (nn. 16-17); Biennale diVenezia (nn. 22-26); Olghina di Robilant (nn. 39, 41,43); Fondazione Bevilacqua La Masa (nn. 20-21); PeggyGuggenheim Collection (nn. 18-19); Franca Mancino (n.1); Musei Civici Veneziani: Ufficio Comunicazione eMarketing (nn. 2-12); Ufficio Stampa “Ashes and Snow”(nn. 13-15); Ufficio Stampa Montblanc Italia (nn. 61-62);Bruno Tosi (nn. 49-50).Le immagini nn. 27-38, 40, 42, 44-48, 51-60, 63 sonotratte da pubblicazioni in commercio.Chiuso redazionalmente il 14 giugno 2002.La redazione non è responsabile di eventuali variazioninelle programmazioni annunciate.27


<strong>The</strong> <strong>Venice</strong> <strong>International</strong> <strong>Foundation</strong>Scheda di adesioneDesidero aderire a THE VENICE INTERNATIONAL FOUNDATION come:SOCIO € 516,00SOCIO SOSTENITORE € 2.582,00SOCIO BENEMERITO € 5.164,00Nome: _____________________________________Personale: __________________________________Cognome: __________________________________Azienda: ___________________________________Indirizzo: _________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________Telefono: ___________________________________Fax: _______________________________________Assegno/Bonifico : _____________________________________________________________________________Banca: ______________________________________________________________________________________intestato aTHE VENICE INTERNATIONAL FOUNDATIONversamento sul conto corrente numero6465<strong>10</strong>/SCassa di Risparmio di Venezia(abi 06345 – cab 02000)Sede Centrale – San Marco 4216 – 30124 VeneziaSOCIO ORDINARIO€ 516,00• art pass di libero accesso ai Musei Civici Veneziani:i Musei di Piazza San Marco (PalazzoDucale, Museo Correr, Torre dell’Orologio, BibliotecaMarciana, Museo Archeologico), Ca’ Rezzonico,Museo Vetrario di Murano, PalazzoMocenigo, Casa Goldoni, Ca’ Pesaro, MuseoFortuny, Museo di Storia Naturale, Museodel Merletto di Burano• pre-view esclusive alle mostre organizzate dalComune di Venezia• invio note informative sui servizi e sulle attivitàculturali organizzate dal Comune di Veneziae su quelle a esso gemellate• invio note informative su eventi speciali eviaggi organizzati per eventi culturali gemellati• partecipazione agli eventi associativi esclusiviSOCIO SOSTENITORE€ 2.582,00• stesse prerogative dei Soci Ordinari• libera circolazione ai musei con tre ospiti accompagnatidal socio• catalogo delle mostre organizzate dal Comunedi Venezia• possibilità di utilizzo esclusivo, su richiesta,dei locali e dei servizi di caffetteria*• possibilità di visite guidate esclusive durantel’orario di apertura dei musei e delle mostre* i costi, calcolati sulla base degli spazi e dei servizirichiesti, saranno di volta in volta comunicati.SOCIO BENEMERITO€ 5.164,00• stesse prerogative dei Soci Sostenitori• studio di programmi di utilizzo dell’immaginedei Musei a fini aziendali• possibilità di inserimento di marchio e messagginelle linee di marketing dei Musei• uso esclusivo, su richiesta, degli spazi* nonadibiti a mostre temporanee per eventi aziendali• apertura esclusiva e utilizzo, su richiesta, deglispazi museali al di fuori dell’orario diapertura*• invito alle cerimonie inaugurali delle grandimostre• prelazione sulla sponsorizzazione di mostreed eventi* i costi, calcolati sulla base degli spazi e dei servizirichiesti, saranno di volta in volta comunicati.28

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!